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Unità 2 t Gli stili gastronomici

4 Le cucine scientifiche e sperimentali





La cucina destrutturata

Nasce da un’idea dello chef spagnolo Ferran Adrià che nel suo ristorante El

Bulli, vicino a Barcellona, tra gli anni ’80 e gli anni ’90 del secolo scorso, definì

questa originale proposta, che fu poi ripresa da quasi tutti i cuochi del mon- do. Piatti già noti e ben conosciuti, dopo essere stati studiati, sono rivisitati (è quindi una cucina di rivisitazione) e proposti in forme, colori, consistenze (texture) che sconvolgono completamente il piatto originale da cui prendono spunto, ma ne mantengono, e spesso migliorano, il sapore. Gli ingredienti con cui è lavorato il piatto originale sono separati, rielaborati creativamente e ricomposti in una nuova presentazione.





La cucina molecolare

Precursore di questo genere di cucina fu sempre Ferran Adrià, insieme allo chef britannico Heston Blumenthal, al francese Pierre Gagnaire e all’italiano Ettore Bocchia. La cucina molecolare e la destrutturata non sono necessaria- mente due generi di cucina diversi, anzi, spesso una è complementare all’altra ed è difficile definire un piatto destrutturato rispetto a uno molecolare.

Tarako spaghetti: un classico italiano abbinato a un classico giapponese. Il tarako è un condimento giapponese a base di uova marinate di merluzzo pollack d’Alaska, solitamente servito con riso.

I piatti della cucina destrutturata molto spesso non ricordano per niente la versione originale. Nell’immagine, insalata destrutturata e servita come stuzzichino.

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Unità 2 | Gli stili gastronomici

La cucina molecolare si basa sul concetto di trasformazione chimica e fisica che gli alimenti subiscono in cucina per mezzo delle lavorazioni e delle cottu- re. Sia chiaro che le trasformazioni chimico-fisiche sono sempre avvenute in cucina, ma gli studi e le sperimentazioni avvenute dagli anni ’80, grazie a chef “rivoluzionari” e scienziati (come Nicholas Kurti, fisico ungherese che coniò il termine gastronomia molecolare, Hervé This, chimico francese, Davide Cas- si, fisico italiano, tra i tanti), hanno implementato le conoscenze in materia e favorito lo sviluppo di nuove tecniche di preparazione e di diversi metodi di cottura. Sono nati piatti innovativi e all’avanguardia in cui le consistenze (texture), le forme e le temperature di servizio sono state stravolte e rese in- solite rispetto alle nostre abitudini alimentari. La cucina molecolare continua ancora oggi ad avanzare nella ricerca e nella sperimentazione e si sta evolven- do in altre correnti, come la cucina d’avanguardia, la cucina sperimentale e, su tutte, la cucina modernista, termine forse più adatto per definire questa tendenza.

Tra le tecniche innovative più usate, con riferimento alla cucina molecolare/ modernista, citiamo le seguenti.

• Raffreddamento con azoto liquido. L’azoto liquido raffredda gli alimen-

ti molto più velocemente, rispetto all’azione di un normale abbattitore o di una gelatiera. Le molecole dell’ingrediente raffreddato con azoto si cri- stallizzano in strutture molte più piccole rispetto a quelle congelate. Si pos- sono preparare gelati, mousse, semifreddi istantanei di qualsiasi alimento, senza zuccheri aggiunti o comunque con una quantità di zuccheri ridotta,

che danno un’ottima sensazione di palatabilità, senza anestetizzare le

papille gustative.

L’azoto liquido è versato dentro un recipiente in cui è presente l’alimento o la preparazione da raffreddare, che viene mescolato con una frusta per pochi istanti. Durante l’operazione, che va eseguita con cura perché poten- zialmente pericolosa (si lavora a –196 °C), si espande nell’aria una nube di vapore bianco.

• Frittura negli zuccheri. Una miscela di zuccheri è portata a +165 °C e

in essa vengono “fritti” ingredienti che in tal modo mantengono sapore e liquidi al proprio interno, presentando una crosticina esterna dovuta alla reazione di Maillard, tipica della tecnica tradizionale della frittura. Gli zuccheri, essendo più viscosi, non penetrano all’interno dell’alimento, pre- servando il gusto originario. È una cottura senza grassi inventata da Ettore Bocchia.

• Pressurizzazione al sifone. Uno o più ingredienti liquidi o semiliquidi

(solitamente con presenza di grassi come la panna), miscelati tra loro, sono versati in un sifone da cucina, senza l’aggiunta di emulsionanti. Si avvitano una o due cartucce di gas (N2O) e si pone in frigorifero (+3 °C) o

a bagnomaria (+65 °C), a seconda della ricetta. Al momento del servizio, si agita e si preme l’estrusore per far uscire la spuma. Il gas penetra nel li- quido all’interno del sifone e ne fa aumentare il volume all’uscita.

• Sferificazione. È una tecnica che permette di ottenere delle sfere da sostanze

liquide miscelate a sostanze colloidi come l’alginato di sodio. Il composto ottenuto è prelevato con una siringa e fatto colare a goccia in una bacinella contenente cloruro di calcio liquido. Si formano delle palline di misure di- verse, secondo la grandezza delle gocce fatte colare. Scolate con il cucchiaio per perline, sono usate per preparare piatti diversi e abbinamenti curiosi.

Palatabilità: gradevolezza

al gusto di un alimento. Il termine si usa in riferimento alla consistenza gradevole e alla scioglievolezza al palato di alimenti freddi, come gelati, o a tendenza grassa, come i formaggi.

Le spume possono essere sia salate sia dolci.

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Modulo 1 | Gastronomia, cultura e ristorazione

Gelatina di mango. Con le gelatine si possono fare moltissimi piatti di consistenze diverse e giocare con abbinamenti insoliti.

• Gelificazione. È una tecnica in uso da molti anni in cucina, ma molto usata

nella cucina molecolare per addensare sostanze liquide per mezzo di idro- colloidi. Le particelle gelificanti assorbono i liquidi rendendoli di consistenza vischiosa. Tra i gelificanti più comuni ricordiamo la gelatina animale, l’agar agar, la pectina, la carragenina, la gomma di xantano e la farina di carrube.

• Gelificazione elastica: grazie alla carragenina (polisaccaride estratto dal-

le alghe rosse) sciolta a caldo (+80 °C) nei liquidi, si possono ottenere dei gel elastici e trasparenti che solidificano a +40 °C. Una tecnica particolare consiste nell’iniettare il gel caldo dentro un tubicino di silicone alimentare immerso in acqua e ghiaccio. Il gel con il freddo raddensa. Con una pisto- la ad aria o con il sifone munito di adattatore, si soffia all’interno aria per estrarre gli spaghetti e usarli secondo necessità.

• Emulsione. Anche le emulsioni sono da sempre usate in cucina. Consistono

nell’ottenere l’unione di molecole altrimenti non congiungibili, come nel caso dell’acqua e dell’olio. La maionese, per esempio, è un’emulsione. Usan- do sostanze emulsionanti, come la lecitina di soia, si possono ottenere con relativa facilità delle schiume aeree leggere chiamate in gergo arie. La tecnica

COME SI USA IL SIFONE DA CUCINA

Per usare correttamente il sifone, è necessario che esso sia lavato (almeno la bottiglia) a temperature alte e asciugato con aria calda. Il lavaggio in lavastoviglie va bene. Poi si può procedere, su un piano, con le seguenti operazioni.

1. Versare il liquido cremoso dentro la bottiglia fino alla tacca indicata dal produttore e comunque mai sopra i due terzi del volume (1).

2. Avvitare con forza il tappo, assicurandosi che le guarnizioni siano presenti e integre (2). 3. Inserire la capsula di gas nel portacapsule (3).

4. Avvitare il portacapsule al tappo (o calotta). Si sentirà lo sfiato del gas che entra nella bottiglia (4). Se la dose della ricetta e la quantità di liquido lo richiedono, ripetere l’operazione con la seconda capsula.

5. Agitare il sifone per facilitare l’assorbimento del gas. Usare l’alimento, oppure conservarlo a bagnomaria o in frigorifero, secondo necessità.

In pratica

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Unità 2 | Gli stili gastronomici

Tra i prodotti fair trade (equo e solidale in inglese) più comuni ci sono il caffè, il tè, il cacao e lo zucchero di canna.

consiste nell’emulsionare, con frullatori a immer- sione, liquidi di vario genere con pochi grammi di lecitina o, nel caso di alcolici, di sucroestere (E473).

• Polverizzazione. Per mezzo della maltodestrina

(carboidrato in polvere non dolcificante, derivante dalla tapioca) è possibile ridurre in consistenza granulosa e fine dei liquidi grassi, come la panna, il cioccolato o gli oli. Le maltodestrine assorbono i liquidi formando una specie di polvere usata per guarnire e accompagnare piatti di ogni genere. L’o- lio extravergine, invece che liquido, è proposto in forma solida granulare.

Rombo con emulsione di funghi. La schiuma leggera si forma perché nel liquido si creano e stabilizzano delle bolle d’aria.

IL MANIFESTO DELLA CUCINA MOLECOLARE ITALIANA

Nel 2003 il fisico Davide Cassi e lo chef Ettore Bocchia hanno redatto il Manifesto della cucina molecolare ita- liana.

1. Ogni novità deve ampliare, non distruggere, la tradi- zione gastronomica italiana.

2. Le nuove tecniche e i nuovi piatti devono valoriz- zare gli ingredienti naturali e le materie prime di qualità.

3. Sarà una cucina attenta ai valori nutrizionali e al be- nessere di chi mangia, non solo agli aspetti estetici e organolettici.

4. Realizzerà i suoi scopi creando nuove texture di ingre- dienti scelti in base ai criteri sopra enunciati. Creerà le nuove texture studiando le proprietà fisiche e chimi- che degli ingredienti e progettando, a partire da que- ste, nuove architetture microscopiche.

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