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Il culmine di questo processo si ebbe nel 1897: due eventi, infatti, segnarono

questo anno come un punto focale del discorso che qui stiamo svolgendo. Ad Am-

sterdam si inaugurò una spettacolare esposizione dedicata a Rembrandt38, che vide

Bode partecipe dell’organizzazione39. È notevole, come ha sottolineato Haskell, che

l’esposizione fosse stata organizzata per celebrare l’incoronazione della giovane regina Wilhelmina. Proprio per questo motivo la maggior parte delle case regnati d’Europa si mobilitò per inviare opere in prestito (dal Museo di Berlino giunse, ad esempio, L’uomo dall’elmo d’oro), e seguendo questo esempio anche collezionisti

privati e nobili inviarono dipinti ad Amsterdam40. L’esposizione rimase un modello

per le successive mostre temporanee, ed è importante rilevare che erano esposte

tanto le opere quanto le riproduzioni fotografiche prestate da Charles Sedelmeyer41,

offrendo così la possibilità di ammirare l’intera carriera dell’artista. Sedelmeyer era il mercante d’arte più attivo nella vendita di opere di Rembrandt, collaborando fianco a fianco con Bode, nonché editore di quella che di lì a breve sarebbe diven-

tata l’opera di riferimento sul pittore olandese42. Nel momento in cui l’esposizione

allo Stedelijk Museum aprì i battenti, infatti, erano stati pubblicati solo i primi due volumi del monumentale catalogo ragionato dell’artista. L’opera, a cura di Bode e di Cornelis Hofstede de Groot, come detto edita dal mercante parigino Sedelmeyer, era la base concettuale sulla quale la mostra si era costruita. All’apertura dell’espo-

sizione di Amsterdam Hofstede era da un anno direttore del Rijksprentenkabinet43;

38 La mostra del 1898 è stata dettagliatamente ricostruita da P. J. J. Van Thiel, De Rembrandt-

tentoonstelling van 1898, in ‘Bulletin van het Rijksmuseum’, 40, 1992-93, pp. 11-93. A questo si

aggiunga C. B. Scallen, Rembrandt… cit., pp. 132-154. Sull’evento e sul suo significato politico si veda F. Haskell, La nascita delle mostre. I dipinti degli antichi maestri e l’origine delle sposi-

zioni d’arte, Milano 2008, pp. 139-142. A questo si può aggiungere J. Stückelberger, Rembrandt und die Moderne… cit., pp. 53-55.

39 Cfr. C. B. Scallen, cit., pp. 133-134; G. Luijten, Wilhelm von Bode und Holland, in T. W. Gaeht-

gens, P.-K. Schuster (a cura di) ‘Kennerschaft’… cit., p. 73.

40 Cfr. F. Haskell, cit.

41 P. J. J. Van Thiel, cit., p. 24. Su Charles Sedelmeyer (1837-1925) si veda almeno C. Huemer,

Charles Sedelmeyer (1837-1925). Kunst und Spekulation am Kunstmarkt in Paris, in ‘Belvedere.

Zeitschrift für bildende Kunst’, 2, 1999, pp. 4-19.

42 W. Bode, C. Hofstede de Groot, The Complete Work of Rembrandt, History, Description and He-

liographic Reproduction of all the Master’s Pictures, with a study of his life and his art, 8 voll.,

Parigi 1897-1906. Su questo catalogo si vedano le considerazioni di C. B. Scallen, cit., pp. 169- 179.

aveva incontrato Bode nel 1889 a Lipsia, ed aveva scritto poi allo studioso per avere un parere su un’opera di Elinga in suo possesso. In breve tempo i due iniziarono una corrispondenza che portò l’olandese, grazie all’aiuto di Bode, ad avere un posto al

Gabinetto di Grafica di Dresda nell’ottobre del 189044. Nel lavoro di catalogazione

Bode aveva sempre l’ultima parola nel giudicare le singole opere, spesso anche

contro i pareri espressi da Hofstede de Groot in suoi precedenti scritti45. Rispetto

al numero di quadri pubblicati all’altezza del 1883, nel catalogo si giungeva ad attribuire al pittore più del doppio delle opere, per un totale di 595 dipinti46. L’im-

ponente operazione editoriale prevedeva che i volumi venissero pubblicati contem- poraneamente in inglese, francese e tedesco, e rispetto alle critiche mosse da Bode a Vosmaer nel 1870, era organizzata in senso cronologico. Parallelamente si seguiva

un raggruppamento per temi o soggetti47. Come ha mostrato l’analisi di Catherine

Scallen, le attribuzioni ed i giudizi espressi da Bode nel catalogo, non vennero in- crinati se non negli anni Dieci del Novecento48.

Il catalogo divenne ben presto un punto di riferimento per gli studi successivi, garantendo ai due curatori un’autorità quasi indiscussa sulla materia e ponendoli come irrinunciabile esempio metodologico per gli studiosi. Il giovane Valentiner, dunque, muoverà i primi passi di studioso affacciandosi in quello che era diventato un campo d’azione strategico per Bode.

Un evento come la mostra di Amsterdam o la pubblicazione del monumentale catalogo dell’artista, sono però il frutto di un processo innescatosi al principio del decennio. Quando Julius Langbehn pubblicò il suo Rembrandt als Erzieher, si inau- gurò un processo di rilettura attualizzante dell’artista, in parte già avviato, che in- fiammò gli studiosi. Il testo ebbe un enorme successo, tanto che, nel giro di un anno si giunse alla trentasettesima edizione49. Il titolo del testo di Langbehn faceva riferi-

44 Su Hofstede de Groot cfr. R. E. O. Ekkart, in The Dictionary of Art, s. v.; per il suo rapporto nel

contesto degli specialisti di Rembrandt cfr. C. B. Scallen, cit., pp. 103-126, in particolare 107- 117. Si veda poi M. Sterne, The Passionate Eye. The life of William R. Valentiner, Detroit 1980, pp. 53-69.

45 Cfr. C. B. Scallen, cit., p. 171.

46 Ibid., p. 172. La Scallen ha acutamente notato che “by the time this catalogue was finished,

the view it presented of Rembrandt’s capacity, range, and quality as an artist was much more amorphous, and much less accurate, than it had been two decades earlier”, ivi.

47 Ad esempio, il secondo volume era dedicato ai ritratti degli anni Trenta, alle rappresentazioni di

scene storiche, cfr. C. B. Scallen., cit., p. 171.

48 C. B. Scallen, cit., pp. 178-179.

49 Si fa riferimento a J. Langbehn, Rembrandt als Erzieher. Von einem Deutschen, Lipsia 1890 (da

cui si cita e a cui sono da intendersi i riferimenti alle pagine) e alla recensione di Wilhelm Bode in

mento alla terza delle ‘meditazioni intime’ di Friedrich Nietzsche, Schopenauer als Erzieher, del 1874, ed in parte ne condivideva l’impianto di ‘pessimismo cultura-

le’50. Nelle sue pagine Langbehn additava l’artista a modello da seguire per recupe-

rare lo spirito più autentico del Geistleben tedesco, in opposizione al decadimento sociale e morale a lui contemporaneo. In questo processo, secondo Langbehn, si erano persi i caratteri più propri di quello spirito autenticamente germanico, e ne riconosceva i responsabili anche negli accademici. In particolare aveva attaccato anche i musei, additandoli come perfetto esempio del decadimento culturale, ed aveva paragonato gli oggetti esposti nelle sale alle colonne di un dizionario: come queste non riescono a trasmettere la vitalità di una lingua, così le opere in un museo non trasmettono la vera essenza della vitalità artistica. Secondo Langbehn i musei avrebbero dovuto invece aiutare a cogliere la connessione tra l’arte e la sua vera fonte: l’unità del carattere nazionale di un popolo51. Nel suo testo egli insiste molto

zione del testo: A. J. Langbehn, Rembrandt come Educatore, a cura di V. Pinto, Torino 2013. Per la storia testuale e le successive elaborazioni del testo cfr. V. Pinto, Rembrandt come educatore.

La «ricerca» di una ragione analogica, in A. J. Langbehn, Rembrandt come Educatore… cit.,

pp. 369-397, in particolare pp. 375-379 (con un breve excursus sulla ricezione di Langbehn in Italia, pp. 396-397). Per la posizione di Langbehn nella Rembrandtforschung: J. Stückelberger,

Rembrandt und die Moderne… cit., pp. 47-53. Si veda inoltre J. J. Sheehan, Museums in the German Art World: from the end of the Old Regime to the rise of Modernism, New York 2000,

pp. 140-143. Utile e ricco di spunti è il recente V. Pinto, Apoteosi della Germanicità. I sentieri

di Julius Langbehn critico della cultura tedesco di fine Ottocento, Lecce 2009. In questo senso

il direttore dei Musei di Berlino già da tempo aveva assunto posizioni di questo tipo, si veda ad esempio W. Bode, Adam Elsheimer, der Römische Maler Deutscher Nation, in ‘Jahrbuch der Königlich-Preussischen Kunstsammlungen’, 1880, pp. 51-78, 245-262. Il testo venne poi ripub- blicato anche negli Studien: cfr. Id., Studien… cit., pp. 233-311. La discussione dell’appartenenza o meno dell’arte olandese alla storia tedesca è di solito indicata nella storiografia come Westfor-

schung. Cfr. D. Carasso, A new image: German and French thought on Dutch Art: 1775-1860,

in F. Grijzenhout e H. Van Veen (a cura di), The Golden Age… cit., pp. 108-129. L’intreccio di nazionalismo, politica e arte che per lungo tempo fu legato a Rembrandt è stato analizzato a fondo da C. B. Scallen, cit., passim. Per alcune considerazioni sull’uso che Langbehn fa del concetto di malerisch cfr. D. Adler, Leaps of faith… cit., pp. 127-130. A questi si può aggiungere M. Hel- lmold, Rembrandts Einsamkeit. Diskursanalytische Studien zur Konzeption des Künstlersubjekts

in der Moderne, tesi di Dottorato, Ruhr-Universität Bochum, Bochum 2001, pp. 83-85, 140-142.

Da ultimo si vedano gli studi di A. Chalard-Fillaudeau, Rembrandt, l’artiste au fils des textes.

Rembrandt dans la litérature et la philosophie européennes depuis 1669, Parigi 2004; Ead., Rem- brandt ou le génie du dépassement. Essai sur l’artiste hollandais dans l’histoire de l’art alleman- de, Sarrebruck 2010.

50 J. Stückelberger, Rembrandt und die Moderne… cit., p. 48; V. Pinto, Apoteosi della germanici-

tà… cit., pp. 153-158.

51 Cfr. J. Langbehn, cit., pp. 85-86. Per alcune considerazioni sul legame e lo snaturamento che

Langbehn opera di alcune teorie di Nietzsche, cfr. J. J. Sheehan, Museums… cit., pp. 142-143; V. Pinto, Apoteosi della Germanicità… cit., pp. 153-158. Emerge qui il problema della cosiddetta

Volkskunst, temrine nato nel 1876 (cfr. A. Payne, From Ornament to Object… cit., nota 144, p.

su Rembrandt come sorta di antidoto alla “vacuità spirituale”52 che pervade i centri

urbani della Germania, attaccando in particolar modo Berlino. Il carattere inaffer- rabile dell’esperienza estetica, incapace di essere descritto dal linguaggio scienti- fico, fortemente impregnato di caratteristiche mistiche e spirituali, è individuato

da Langbehn come antidoto alla corruzione spirituale del presente53. Queste teorie

esercitarono un enorme fascino, in un momento in cui la Germania era in cerca di un riscatto morale e spirituale. Raccolsero infatti il plauso tanto di artisti quanto,

seppur in misura minore, degli studiosi (con la notevole eccezione di Burckhardt54).

Lo stesso Bode recensì il testo positivamente, assegnandogli un posto di rispetto

nella recente letteratura sull’artista55. Questo testo poneva, con sconcertante bruta-

lità, il problema della modernità dell’artista, una modernità che, riconosciuta come tale, fosse in grado di costituire un esempio per il presente. E largo spazio a queste problematiche è dedicato anche nella monumentale monografia dell’artista che Carl Neumann pubblicò nel 1902. L’opera era il frutto diretto delle due esposizioni di Amsterdam e di Londra e registrava tempestivamente il dibattito critico del decen- nio appena conclusosi, inaugurando “lo studio post-romantico della critica d’arte

tedesca su Rembrandt”56. Nella sua premessa, che costituisce una rassegna della

più giovani storici dell’arte quali Wölfflin. Per questi problemi ho seguito A. Payne, From Orna-

ment to Object… cit., pp. 54-56 e pp. 107-108.

52 J. Langbehn, cit., p. 259.

53 Ibid., pp. 261-263. Per una discussione di questi aspetti cfr. D. Adler, Leaps of Faith… cit., pp.

128-129. Quanto il libro di Langbehn avesse avuto presa sul pubblico, lo si può valutare anche dal

pamphlet, anonimo, pubblicato a Lipsia nel 1911, sulla scia degli eventi della Protest deutscher Künstler di Carl Vinnen e della cosiddetta ‘controversia di Brema’, che attaccava il giudaismo

internazionale che si era insinutao nell’arte tedesca grazie ai suoi sponsors, Paul Cassirer e la Secessione di Berlino. Il libello, significativamente, si intitolava Die kranke deutsche Kunst;

Nachträgliches zu ,,Rembrandt als Erzieher“. Cfr. P. Paret, The Berlin Secession. Modernism and Its Enemies in Imperial Germany, Cambridge (Mass.) 1980, p. 189.

54 La distanza di Burckhardt dall’euforia di fine Ottocento per Rembrandt è stata ben messa a fuoco

da J. Stückelberger, Rembrandt un die Moderne… cit., pp. 232-249. Si può vedere anche V. Pinto,

Apoteosi della Germanicità… cit., pp. 163-168.

55 W. Bode in Preussische Jahrbücher, cit., in particolare pp. 303-304. Hermann Grimm rispose alla

recensione di Bode: H. Grimm, in ‘Nationalzeitung’, 20 marzo 1890. Cfr. comunque J. Stückel- berger, Rembrandt und die Moderne… cit., pp. 47-53, in particolare p. 51. Si veda anche, per una panoramica della ricezione del testo, V. Pinto, Apoteosi della Gemanicità… cit., pp. 249-267, in particolare per la recensione di Bode: pp. 249-250.

56 C. Neumann, Rembrandt, 2 voll., Berlino-Stoccarda 1902. Valentiner seguì alcuni dei corsi di

Neumann ad Heidelberg, e le teorie dello studioso avranno un certo peso nell’orientarlo verso l’arte contemporanea, offrendo a Valentiner un diverso approccio rispetto al ‘wagnerismo’ di Thode (per questi problemi cfr. comunque il capitolo IV). La citazione è da V. Pinto, Apoteosi

della Germanicità… cit., p. 291. Allo studio di Pinto rimando per alcune considerazioni su Neu-

letteratura ottocentesca sul pittore57, un intero paragrafo è dedicato alla discussione

di ‘Rembrandt come educatore’58.

È bene sottolineare, però, che la modernità del pittore passò anche attraverso gli artisti che scelsero di ispirarsi alle sue opere. Un processo originatosi intorno alla metà del secolo, infatti, fece sì che svariati pittori, soprattutto intorno al circolo di Wilhelm Leibl, iniziassero a guardare alle opere di Rembrandt e Frans Hals con rin-

novata sensibilità59. In questo percorso che vide coinvolte la Francia e la Germania,

la popolarità della pittura olandese del Seicento crebbe sino a divenire un modello anche per artisti del calibro di Gustave Courbet, ed è significativo che l’artista di Ornans, quando nel 1869 viaggiò a Monaco, scegliesse di copiare tre opere del

XVII secolo, tra cui Malle Babbe di Frans Hals ed un Autoritratto di Rembrandt60.

Nell’ambiente monacense questa riscoperta si congiunse con la scoperta del reali-

smo francese61 e via via contribuì a far sì che si abbandonasse l’immagine romanti-

ca di Rembrandt che si era assodata sino alla metà del XIX secolo, ed in particolare artisti come Max Liebermann, Lovis Corinth e Max Slevogt, iniziarono a scegliere

opere di Rembrandt come esempio di modernità62.

Il 1906 segnò lo zenith di questa tendenza a rileggere l’artista in chiave moderna: nell’anno del terzo centenario della nascita del pittore, infatti, si diede corso ad una serie di iniziative, espositive ed editoriali, il cui centro, molto spesso, fu costituito

proprio dal problema del rapporto di Rembrandt con la contemporaneità63.

57 Ibid., pp. 3-39. Nella sua analisi Neumann prende in esame i principali contributi di Thoré-Bür-

ger, Fromentin, Simmels e, infine, Langbehn.

58 Ibid., pp. 23-30.

59 Su queste problematiche si veda l’eccellente ricostruzione di J. Stückelberger, Rembrandt und die

Moderne… cit., pp. 21-59 e gli affondi monografici su quattro ‘pittori moderni’ (Liebermann, Sle-

vogt, Corinth e Nolde) ed il loro rapporto con Rembrandt. Alcune considerazioni (in particolare sulla genesi, in Francia, di un gusto per Rembrandt che fiorì in parallelo alla pittura relista) utili anche in V. Pinto, Apoteosi della Germanicità… cit., pp. 159-160. Sulla riscoperta di Hals, che fece da traino per quella di Rembrandt: F. S. Jowell, The Rediscovery of Frans Hals, in S. Slive (a cura di), Frans Hals, catalogo della mostra (Washington-Londra-Haarlem), Monaco 1989, pp. 61-86.

60 Cfr. ibid., p. 37. L’altra opera copiata da Courbet è un quadro la cui attribuzione oscialla tra

Velázquez e Murillo. Va detto che l’Autoritratto di Rembrandt è stato poi ricondotto ad una copia di un allievo, e si conserva oggi al Musée des Beaux-Arts di Besançon. La copia del quadro di Hals è oggi alla Kunsthalle di Amburgo.

61 J. Stückelberger, Rembrandt und die Moderne, cit., p. 36.

62 Sull’attività di questi tre artisti si concentra l’attenzione di Stückelberger: cfr. J. Stückelberger,

Rembrandt und die Moderne, cit., passim. Hals costituì anche una fonte d’sipirazione per Eduard

Manet, allorché dipinse Le Bon Bock (Philadelphia, Philadelphia Museum of Art), nel 1873. La fonte è stata riconosciuta nell’Allegro bevitore di Hals (Amsterdam, Rijksmuseum). Cfr. F. S. Jowell, The Rediscovery of Frans Hals, cit., p. 71.

In quest’anno, in tre interventi successivi, Wilhelm Bode, non perse occasione per sottolineare l’importanza del pittore come esempio per gli artisti contempora-

nei64. Proprio sullo spirito ‘germanico’ del pittore Bode insisterà nelle prime pagine

di un suo libro, sottolinenando come l’arte olandese avesse raggiunto la più piena espressione del suo carattere attraverso Rembrandt, la cui arte è puramente germa-

nica65. In particolare sottolineava come l’artista olandese fosse più vicino ad una

sensibilità moderna rispetto ai grandi, anche sommi, artisti del passato66; e nella

premessa al volume scritto a quattro mani con Valentiner, indicava in Rembrandt il modello cui è necessario ispirarsi per giungere a creare una rigenerazione dei mezzi

di notte, e l’Università di Amsterdam conferì dei dottorati honoris causa a Emil Michel, Jan Veth,

Abram Bredius ed ovviamente anche a Wilhelm Bode e Cornelis Hofstede de Groot. Venne pub- blicato in quell’anno W. Bode, Rembrandt und seine Zeitgenossen. Charakterbilder der grossen

Mesiter der holländischen und vlämischen Malerschule im Siebzehnten Jahrhundert, Lipsia 1906

(seconda edizione ampliata e aggiornata: Lipsia 1907, da cui si cita). Il libro venne recensito da Lionel Cust: L. Cust, recensione a W. Bode, Rembrandt und seine Zeitgenossen, in ‘The Bur- lington Magazine’, 9, 41, 1906, pp. 341-342. Si vedano anche W. Bode (a cura di), Rembrandt in

Bild und Wort, con un testo di W. R. Valentiner, Berlino 1906; W. Bode, Rembrandt. Des Meister Gemälde in 565 Abbildungen, Stoccarda-Lipsia 1906. Sempre nel 1906 uscì, a L’Aia, il terzo

volume delle fonti della storia dell’arte olandese: a cura di Hofstede de Groot, raccoglieva tutti i documenti noti sul pittore. Cfr. C. Hofstede de Groot (a cura di), Die Urkunden über Rembrandt

(1575-1721), L’Aia 1906. Nelle pagine del Burlington Magazine venne dato particolare rilievo

a queste pubblicazioni, cfr. le recensioni, probabilmente di Charles Holmes, in ‘The Burlingotn Magazine’, 9, 1906, pp. 56-57. Per un’analisi del dibattito che incrinò, proprio a partire dal 1906, innescando un processo di revisione che deflagrò negli anni Dieci, l’autorità di Bode ed Hofstede de Groot cfr. C. B. Scallen, Rembrandt… cit., pp. 213-219. Si veda anche J. Stückelberger, Rem-

brandt und die Moderne… cit., pp. 58-59

64 Si fa riferimento a W. Bode, Rembrandt und seine Zeitgenossen, cit.; Id., Zur dreihundertjährigen

Wiederkehr von Rembrandt Geburtstag, in ‘Vossische Zeitung’, 326, 15 luglio 1906, p. 2; Id.,

premessa a Rembrandt in Bild und Wort, cit.

65 W. Bode, Rembrandt und seine… cit., p. 5. Per esteso il passo suona così: “Durch Rembrandt ist

die holländische Kunst erst zum reinen Ausdruck ihres Charakters gelagnt. Er bildet den Höhen- punkt ihrer malerischen Entwickelung. In Deutschland liebt man es jetzt, Rembrandt als einen Deutschen in Anspruch zu nehmen; richtig ist nur, daß er der Sproß eines rein germanischen Stammes und seine Kunst eine echt germaniche ist. Sie ist der mächtigste Ausdruck germanischer Kultur überhaupt, die unter ihren Künstlern teine vollkommneren Vertreter kennt”.

66 Id., Rembrandt und seine… cit., pp. 3-4, dove Bode cita come esempi Raffello e Michelangelo

e l’apprezzamento che Delacroix esprime per Rembrandt nei suoi diari. È notevolc ehe questa lettura fortemente attualizzante fosse stata applicata anche a Frans Hals, in particolare dal suo primo riscopritore, cioè Thoré-Bürger. In particolare negli anni Sessanta dell’Ottocento Bürger ripubblicò le sue recensioni ai Salons del 1840, cui antepose un saggio dedicato alle Nouvelles

Tendences de l’Art: W. Bürger, Nouvelles Tencences de l’Art, in ‘La Revue Germanique’, 19,

1862, pp. 60-80; Id., Frans Hals, in ‘Gazette des Beaux-Arts’, 24, 1868, pp. 219-230 e pp. 431- 448. Mi limito a segnalare che questo tipo di lettura può essere considerato il precedente diretto delle letture, in particolare, di Bode. Per delle più ampie considerazioni sul ruolo di Bürger cfr. F. S. Jowell, Thoré-Bürger and the Revival of Frans Hals, in ‘The Art Bulletin’, 56, 1, 1974, pp. 101-117, poi riconfluito in Ead. The Rediscovery of Frans Hals… cit., pp. 64-70.

espressivi in chiave tutta germanica67.

Il saggio di Valentiner si concludeva, significativamente, con un capitolo dedi-

cato all’“Importanza di Rembrandt per l’arte moderna”68. Ed è assi significativo

che proprio questo capitolo del testo venisse riproposto sulla rivista monacense

‘Jugend’69. “Come ha dimostrato la celebrazione di Rembrandt quest’anno” scrive

Valentiner,

doch ist, […] die Schätzung des Künstler so allgemein, daß Beziehungen zwischen den künstlerischen Anschauungen der Zeit Rembrandts und der unserigen bestehen müssen, aus der auf eine irgendwie verwandte Ausdrucksweise in seiner Kunst und in der modernen Kunst geschlossen werden darf70.

Il testo prosegue poi sulle capacità ‘pittoriche’ dell’artista e su come la ‘pitto- ricità’ delle sue opere fosse ottenuta con una padronanza tecnica assoluta, che gli permetteva di studiare la scomposizione della luce e delle ombre. È una lettura, quella di Valentiner, che rivela lo sbilanciamento dello studioso verso la modernità: egli spiega il modo in cui Rembrandt utilizza il colore, in stesure pittoriche che in taluni casi lasciano intravedere il processo di creazione del quadro, attraverso una