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Che Valentiner nutrisse una particolare attitudine verso le opere di artisti a lu

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I. Che Valentiner nutrisse una particolare attitudine verso le opere di artisti a lu

contemporanei si coglie sin dagli anni della sua formazione. Del resto, per un gio- vane venticinquenne che si addottorava ad Heidelberg nel 1905, sarebbe difficile non considerare il ruolo che le polemiche che proprio in quell’anno si scatenarono tra il suo maestro, Thode, ed il più attivo promotore dell’arte francese in Germania, il critico Julius Meier-Graefe, probabilmente ebbero nell’accelerare una presa di

posizione sulla contemporaneità93. Nel giugno di quell’anno, infatti, il proteifor-

me professore scendeva nell’agone del dibattito sull’arte moderna con una serie di lezioni dedicate agli artisti che riteneva l’incarnazione dei valori tedeschi: Arnold

Böcklin e Hans Thoma94. Il contributo di Thode giungeva come risposta al testo

93 Per il concetto di ‘impressionismo’ in Meier-Graefe cfr. K. Moffet, Meier-Graefe… cit., pp. 93-

96.

94 H. Thode, Böcklin und Thoma. Acht Vorträge über neudeutsche Malerei, Heidelberg 1905. La più

convincente e utile messa a fuoco del problema, anche (e soprattutto) per i suoi risvolti politici, si legge in P. Paret, The Berlin Secession… cit., pp. 170-182. La figura di Thode attende ancora una piena chiarificazione. L’unico testo monografico dedicatogli è A. M. Szylin, Henry Thode

(1857-1920). Leben und Werk, Francoforte s. M. 1993, in particolare pp. 135-153 (cfr. il capitolo

precedente, par. 2). Per i temi che qui interessano si vedano anche: W. Ranke, «Le cas Bœcklin».

Un épisode toujours actuel de l’art en Allemagne, in ‘Revue de l’art’, 45, 1979, pp. 37-49; M.

Passini, Henry Thode (1857-1920), in M. Espagne, B. Savoy (a cura di), Dictionnaire… cit., pp. 301-308; Ead., Arte italiana e arte tedesca nell’opera di Henry Thode, in S. Frommel, A. Bruccu- leri (a cura di), L’idée du style dans l’historiographie artistique. Variantes nationales et transmis-

sion, atti del convegno (Cortona), Roma 2012, pp. 273-283. Su Meier-Graefe, in generale, il testo

di riferimento è ancora K. Moffett, Meier-Graefe… cit. (cui di volta in volta, nel corso delle note, si indicheranno i vari riferimenti), da integrare, per il ‘caso Böcklin’, con la bibliografia indicata su Thode. A questi si può affiancare, soprattutto per la posizione di Meier-Graefe nel contesto degli scambi tra Francia e Germania, R. Jensen, Markenting Modernism… cit., pp. 235-263. Un riepilogo in C. Krahmer, Julius Meier-Graefe (1867-1935), in M. Espagne, B. Savoy (a cura di),

Dictionnaire… cit., pp. 139-148. Da ultimo si veda T. W. Gaehtgens, Le Cas Böcklin de Julius Meier-Graefe et les débats sur l’art moderne dans l’Empire allemand, in S. Allard, D. Cohn (a

cura di), De l’Allemagne 1800-1939. De Friedrich à Beckmann, catalogo della mostra (Parigi), Parigi 2013, pp. 210-221. Per la posizione di Richard Wagner e per il suo ruolo nella Germania alle porte del modernismo, si veda il ricco volume di W. Frisch, German Modernism. Music and

the Arts, Berkeley-Los Angeles 2005, in particolare pp. 7-87. Ma tutto il testo è un’utile messa a

fuoco dei temi della modernità e della loro circolazione nell’ambito dei compositori e degli artisti (si veda l’analisi del ciclo Brahms Phantasie, opus XII, pp. 95-106. Su questo ciclo klingeria- no cfr. anche A. Stolzenburg, L’artista figurativo come poeta: la grafica di Max Klinger, in B. Buscaroli Fabbri, Max Klinger, catalogo della mostra (Ferrara), Ferrara 1996, pp. 137-167 e pp.

di Meier-Graefe che, invece, indicava in Böcklin l’esempio perfetto del perché i tedeschi non riuscissero a trovare una loro propria via verso la modernità artistica95.

I presupposti di questo attacco si trovavano già nella prima edizione della Entwic- klungsgeschichte der modernen Kunst, pubblicato l’anno precedente96. Ciò che si

scontrava erano due posizioni che riassumevano in sé una serie di problematiche che avevano un lungo corso nella Germania guglielmina: icasticamente, dietro i due capofila, si raccoglievano le due opposte fazioni degli ‘illuminati’ e dei ‘filistei’,

prendendo a prestito la definizione di Jensen97, che contrapponevano due opposte

visioni nei confronti della situazione artistica tedesca98.

Quando l’anno successivo Meier-Graefe diede alle stampe Der Fall Böcklin99, lo

scontro verso il pittore svizzero divenne aperto. Richiamando nel titolo e nell’im-

postazione il nietzschiano Der Fall Wagner100(1888), Meier-Graefe applicava le

categorie che il filosofo aveva utilizzato per il compositore, all’arte di Böcklin. In questo senso anche il riferimento al concetto di ‘unità’ è mediato dallo scritto di Nietzsche, e il critico lo adotta in riferimento a Böcklin e Menzel per dimostrare come proprio queste ‘unità’, e cioè gli elementi ultimi che costituiscono le opere, le costanti invariabili – ad esempio in pittura la massa e la linea, i contrasti pittorici

229-235).

95 J. Meier-Graefe, Der Fall Böcklin und die Lehre von den Einheiten, Stoccarda 1905; cfr. anche K.

Moffet, Meier-Graefe… cit., pp. 52-60. Si noti che Böcklin, nato a Basilea nel 1827, era appunto svizzero: ci troviamo di fronte al medesimo caso di ‘annessione culturale’ che da Berlino si era praticato anche nei confrotni di Rembrandt. Cfr. il capitolo precedente.

96 J. Meier-Graefe, Die Entwicklungsgeschichte der modernen Kunst, Stoccarda 1904. L’opera ebbe

varie riedizioni, nelle quali l’autore apportò via via diverse modifiche. Cfr. K. Moffet, Meier-

Graefe… cit., pp. 47-51. In particolare Moffet ha osservato che “seen in historical perspective,

what is indeed remarkable, however, is how close the book [cioè la Entwicklungsgeschichte, ndr] is to our present view of the nineteenth century. It is extraordinary as much for what it omits as for what includes. […] One has only to compare it to Richard Muther’s Geschichte der Malerei

im 19. Jahrhundert of 1893 with its catalogue approach and its inclusion of masses of irrelevant

academic artists to see how clearly Meier-Graefe was able to value the best artist of the nineteenth century”, ibid., p. 50.

97 Cfr. R. Jensen, Marketing Modernism… cit., p. 261.

98 Giustamente ha notato Peter Paret che “All participants in the controversy, from Meier-Graefe to

Thoma, were convinced that the issue went far beyond aesthetics, and it is difficult for the later observer not to agree with Thode that its implications were significant. Two views of life, of the culturally and politically permissible, had clashed; the intolerance of one side found the tolerance of the other pernicious.”, Id., The Berlin Secession…, cit., p. 181. Un utile quadro emerge anche da Id., The Artist as Staatsbürger: Aspects of the Fine Arts and the Prussian State before and du-

ring the First World War, in ‘German Studies Review’, 6, 3, 1983, pp. 421-437.

99 J. Meier-Graefe, Der Fall Böcklin… cit.

100 F. Nietzsche, Der Fall Wagner. Ein Musikante-Problem, Lipsia 1888. L’edizione italiana si trova

in F. Nietzsche, Opere di Friedrich Nietzsche, vol. VI, t. III, a cura di G. Colli, M. Montinari, Milano 1970.

e così via –, siano in realtà tradìti, perché le loro opere non raggiungono il grado di indipendenza tale da poter fare a meno di un testo, che spieghi il soggetto rappre- sentato. Questa mancata autonomia riduceva le tele dei due artisti ad essere “un’il-

lustrazione senza testo, un mosaico senza muro, un teatro senza spazio scenico”101.

Contro quello che venne considerato un vero e proprio affronto, Thode scagliò una imponente controffensiva, identificando nel suo avversario l’incarnazione del

fanatismo per l’Impressionismo francese102, che conduceva ad un indebito ricono-

scimento dei valori della pittura ‘pura’ impressionista: ad un’arte autonoma nei suoi mezzi e nei suoi fini, lo studioso contrapponeva la pittura ‘d’ideale’ tedesca, con- trassegnata e profondamente caratterizzata da una forte espressione del sentimento, da un rapporto privilegiato nei confronti della Natura – e da qui la vocazione ‘rea-

lista’ dell’arte tedesca –, una forza inventiva superiore103. Le conferenze di Thode

ebbero un’eco vastissima e suscitarono consensi in tutto il Paese104, tanto che si

101 J. Meier-Graefe, Der Fall Böcklin… cit., p. 258

102 H. Thode, Böcklin und Thoma…, cit. secondo Thode infatti i libri di Meier-Graefe “sie jedoch

die Meinung nicht nur eines Einzelnen aussprechen, sondern die Parole einer großen, immer mächtiger werdenden Parthei, welche ihren Hauptsitz in Berlin ist” (p. 2). L’obiettivo verso cui questo ‘partito’ (cioè la Secessione berlinese ed i suoi sostenitori, segnatamente Paul Cassirer e la sua galleria) tendeva, era doppiamente pericoloso: tanto dal punto etnico che da quello di vista

estetico, aspetti peraltro, secondo Thode, assolutamente inseparabili, cit., pp. 16-17. Cfr. P. Pa-

ret, The Berlin Secession… cit., pp. 174-177; A. M. Szylin, Henry Thode… cit., pp. 135-139; R. Jensen, Marketing Modernism… cit., pp. 257-263. In modo significativo, Thode, riecheggiò un articolo di Wagner stesso apparso nel Bayreuther Blätter del 1878 (ma scritto nel 1865), intito- lando la sua seconda lezione Was ist Deutsch?. Cfr. H. Thode, cit., pp. 22-40. Per una panoramica sul collezionismo di arte francese nelle collezioni private tedesche, dal quale emerge un interes- sante quadro dei gusti della borghesia colta, si veda B. Paul, Drei Sammlungen französischer im-

pressionistischer Kunst im kaiserlichen Berlin – Bernstein, Liebermann, Arnhold, in ‘Zeitschrift

des deutschen Verein für Kunstwissenschaft’, 42, 3, 1988 (numero monografico Sammler der

frühen Moderne in Berlin), pp. 11-30; A. Pophanken, F. Billeter (a cura di), Die Moderne und ihre Sammler… cit., in particolare A. Bambi, Die französische Moderne und ihren deutschen Samm- ler, in ibid., pp. 11-21.

103 Come ha sottolineato Michela Passini, il termine di paragone verso cui si costruisce il discorso di

Thode è quello dell’arte italiana e non quello dell’impressionismo, cfr. Ead. Arte italiana e arte

tedesca… cit., pp. 279-280. Vero è, del resto, che per i toni della polemica e per il suo carattere,

Thode avrebbe difficilmente costruito la sua posizione in rapporto dialettico con l’Impressioni- smo. Da un lato perché avrebbe voluto dire riconoscergli un ruolo che dal punto di vista dello stu- dioso esso non aveva affatto, e dall’altro (ma è una conseguenza di questa considerazione) perché il movimento francese costituiva una sorta di deriva della tradizione, autenticamente incarnata nel rapporto – certo complesso e riconosciuto come tale – tra arte tedesca e arte italiana.

104 Con la consueta incisività, Peter Paret, ha icasticamente inquadrato la problematica: “In itself,

nothing Thode said was new. It was a skillfull assembling of familiar claims and accusations into a consistent theory of German aesthetics that caused a storm of approval in Heidelberg and throughout Germany. His views were given additional weight by his accademic postion, by the scholarly setting of his lecutres, and also by their seemingly defensive occasion. Thode presen- ted himself as merely responding to Meier-Graefe’s attacks and to the Berlin Secession, the real

generò una lunga polemica tra il giugno e il luglio del 1905, tra Max Leibermann ed Hans Thoma sulla Frankfurter Zeitung cui prese parte anche Thode.

La posizione di Thode è tanto più interessante in quanto egli era forse il più accanito sostenitore di Richard Wagner, pubblicando con assiduità sul Bayreuther Blätter una serie di articoli dedicati al compositore, e giungendo, nel febbraio del 1903, a tenere una relazione pubblica su Wagner e il popolo tedesco alla Philarmonie di

Berlino105. Anche in Wagner, così come in Thoma, lo studioso vedeva realizzato il

principio per cui ogni grande arte avrebbe la sua radice ultima in un bisogno reli- gioso. Queste idee, rinfocolate anche dall’exploit delle lezioni heidelberghiane con- fluirono nella fondazione (1907) del Werdandibund, società artistica che avrebbe

dovuto innescare la rigenerazione della Germania attraverso l’arte tedesca106.

Queste polemiche dovettero acuire, nella sensibilità del giovane Valentiner, l’at- tenzione per i fenomeni artistici del suo presente. Se proprio sul wagnerismo del

power behind them; in this way he gave his supporters the important advantage of being able to see themselves as the threatened majority in a conflict not of their own making”, Id., The Berlin

Secession… cit., p. 177. Lo stesso studioso ha evidenziato come alcuni concetti di cui Thode si

servì per argomentare le sue posizioni, avrebbero avuto larga fortuna negli anni del Nazionalso- cialismo, cfr. Id., cit., p. 176, nota 32; p. 179, nota 42, e p. 181.

105 H. Thode, Wie ist Richard Wagner vom deutschen Volke zu feiern?, Heidelberg 1903. Su questa

conferenza cfr. anche A. M. Szylin, Henry Thode… cit., pp. 126-133. È utile qui richiamare il fatto che Thode aveva sposato la figlia adottiva di Wagner, Daniela von Bülow, e che intratteneva fitte relazioni con Cosima Wagner, la quale era spesso ospite del professore ad Heidelberg. Cfr. il capitolo precedente e infra. Come è noto a questa conferenza partecipò anche Heinrich Wölfflin, che però così scrisse, 15 febbraio 1903, in una lettera a i familiari: “Ich hätte ihn [Thode, ndr] nach dem Vortrag geschwind begrüßen sollen, aber diese Wagnerei steht mir so fern und kommt mir so veraltet vor, daß ich nicht wollte”. Cfr. J. Gantner (a cura di), Heinrich Wölfflin 1864-1945.

Autobiographie, Tagebücher und Briefe, Basilea-Stoccarda 1984, p. 183.

106 P. Paret, The Berlin Secession… cit., p. 182; A. M. Szylin, Henry Thode… cit., pp. 170-173. Cfr.

anche K. Scheffler, Werdandi, in ‘Kunst und Künstler’, 6, 5, 1908, pp. 195-199, dove si legge, tra l’altro: “Sodann schiesst man von allen Seiten mit dem Wort décadence und versetz den französelnden Kunstrichtern, die Manet und Delacroix höher schätzen als Baluschek und Bran- denburg, Seitenhiebe. Es wird der Kunst energish ein ,,Zurück“ zugerufen. Zurück zum Guten, Wahren, Schönen, zum Grössen, Seelenvollen und Deutschen; zurück zum Idealismus und Indi- vidualismus fort vom Materialismus, von Naturalismus, von schamlosen Realismus. Die Kunst soll ,,wieder“ ein ,,Kulturfaktor“ werden. […] Henry Thode hat in seiner Festrede dann wieder einmal dekretiert, was deutsch sei. Er kam ungefähr darauf hinaus, der Deutsche sei unter den Völkern dieser Erde der einzige tüchtige und anständige Kerl. Vor einem Parterre von befrac- kten Herren und dekollierten Damen hat dieser Oberkonsistorialrat, der das Rednerpodium für eine Kanzel, und die Kanzel für eine Komödiantenbühne hält, von der Anspruchslosigkeit des deutschen Wesens erzählt” (ibid. pp. 195-196). E così conclude l’autore: “Darum wünschen wir, im Interesse der deutsche Kunst und der deutsche Kultur diesem neuesten patriotischen Klub mit dem unglaublichen Nornennamen recht bald einen sanftseligen Tod” (ibid. p. 199). È utile, per avere un’idea di quali fossero i rapporti tra arte cultura e religione secondo lo studioso, leggere un breve libretto frutto di una conferenza pronunciata ad Heidelberg il 19 novembre 1900: Id., Kunst,

suo maestro nutriva una serie di riserve, mi pare tuttavia che questo milieu non debba essere sottovalutato per il ruolo che può aver giocato nella sua formazione e per le successive inclinazioni verso l’arte moderna107.

Ad Heidelberg abbiamo visto che Valentiner seguì alcuni corsi di Carl Neu- mann108, e a lui si rivolse per avere un consiglio sulla carriera da intraprendere – se

dedicarsi cioè alla pittura o allo studio della Storia dell’arte. Sebbene scritte ad anni di distanza, le memorie gettano una luce su quel momento del suo percorso, quando ancora il ventaglio delle possibilità e delle scelte, per un giovane intraprendente e dotato, era ampio e variegato:

Neumann, who had less [rispetto a Thode] artistic sensitivity but wrote more entertainingly than either of them [cioè di Thode e Bode], and whose books enjoyed great popular success, mainly because those who merely want to be diverted when they occupay themselves with art are much more numerous than those who seek in art a deeper emotional experience. […] Thode objected to Neumann’s representation of Rembrandt as an opponent of the Italian Renaissance and of antiquity, and his desire to base upon this theory a program for the development of the art of our times. In the first place, it contradicted historical fact; […] Second, Thode dislike references to modern art, which was incomprehensible to him. I, on the other hand, was attracted to the ideas of Neumann, who knew instinctively what interested his audience and who, in his book Der Kampf um die neue Kunst, defended the rights of our own times. To be sure, this deftly written book with its intriguing title did not explore essential artistic problems. And yet, before I had decided whether to be an art historian or a painter, it was this book which induced me to ask Neumann, rather than Thode, for help in resolving my scruples of consience109.

107 In questo senso è interessante ciò che Valentiner scriverà ricordando Thode e Carl Neumann a

proposito di Rembrandt. Cfr. infra e il capitolo precedente.

108 Carl Neumann (1860-1934) svolse un periodo di insegnamento ad Heidelber dal 1894 sino al

1903-04, prima del suo trasferimento a Kiel. Tornò da professore nell’ateneo in cui aveva stu- diato nel 1911, succedendo, non senza proteste del predecessore, alla cattedra di Thode. Si veda A. Fink-Madera, Carl Neumann 1860 bis 1934, Francoforte 1993. Su di lui si leggano anche le pagine che scrisse Girogio Pasquali (pubblicate postume nel 1953 da Le Monnier a Firenze) a proposito di Deutsche und antike Welt (Monaco 1950), le Lebenserinnerungen di Ludwig Cur- tius: G. Pasquali, Storia dello spirito tedesco nelle memorie di un suo contemporaneo, Milano 2013, pp. 130-131, e, più in generale sull’ateneo di Heidelberg a inizio secolo, cfr. pp. 125-133. Cfr. anche supra, capitolo III.

109 M. Sterne, The Passionate Eye… cit., p. 45. Il libro di Neumann cui fa riferimento Valentiner

venne pubblicato a Berlino nel 1897, ed ebbe effettivamente un ampio successo. Penso che que- sto testo abbia comunque avuto una certa influenza su Valentiner, nonostante successivamente egli abbia teso a minimizzare l’ascendenza di Neumann, in un’abile costruzione ex-post del suo percorso.

L’esempio di Neumann era, come anche scrive lo studioso, di certo in parte contra- stante con quello fornito da Thode, eppure in entrambi si può rintracciare una par- ticolare sensibilità nei confronti delle persone degli artisti, individuate come figure dotate di una particolare sensibilità nei confronti del mondo circostante, capaci, grazie ad essa, di dare vita alle loro opere. È proprio questo tipo di lettura del genio artistico, cresciuta sui presupposti dell’estetica tedesca di fine Ottocento che, al di là delle divergenze, unisce i due studiosi e che avrà una certa presa anche su Valen-

tiner110. Grazie ad un altro incontro, egli ebbe poi modo di conoscere “the strange

new things going on all over the world in the fields of art and literature, which we

in Heidelberg, under Thode’s biased leadership, knew nothing of”111. A portare que-

sta ventata di novità fu Eberhard von Bodenhausen, uno dei co-fondatori, insieme a Meier-Graefe, della rivista Pan, amico di Henry van de Velde e sostenitore della diffusione della modernità dell’arte francese in Germania, giunto ad Heidelberg per conseguire un dottorato112.

La più grande distanza nei confronti di Thode, Valentiner la ebbe però riguardo al suo impegno wagneriano. Quando divenne assistente della sua cattedra (1904- 1905), Thode lo invitò a partecipare alle riunioni della società wagneriana che presiedeva ad Heidelberg, dove lo studioso invitava gli ospiti di passaggio nella cittadina tedesca e dove, spesso, giungeva anche Cosima Wagner. Queste riunioni mettevano Valentiner a disagio, impacciato nel relazionarsi alla nobiltà tedesca e insofferente nei confronti della santificazione del compositore che lì si compiva, ma ancor di più, a voler dare fede a ciò che scrive nelle sue memorie, ciò che lo irritava era l’atteggiamento nei confronti della modernità artistica:

what disgusted me most about te conversation at the Wagner Society was the contempt for everything that might be called “modern” in art and life, and

110 Per questo particolare aspetto della critica di Thode cfr. M. Passini, Arte italiana e arte tedesca…

cit., passim.

111 Il passaggio è in M. Sterne, cit., p. 46.

112 Su Eberhard von Bodenhausen cfr. D. Freifrau von Bodenhausen-Degener, Eberhard von Boden-

hausen. Ein Leben für Kunst und Wirtschaft, Düsseldorf-Colonia 1953. Fondamentale è F. Bille-

ter, Zwischen Kunstgeschichte und Industriemanagement. Eberhard von Bodenhausen als Samm-

ler neoimpressionistischer Malerei, in A. Pophanken, F. Billeter (a cura di), Die Moderne und ihre Sammler… cit., pp. 125-147, con un elenco delle opere nella sua collezione (pp. 144-147).

Ovviamente le reprimende di Thode nei confronti di Bodenhausen non si fecero attendere, cfr. M. Sterne, cit., pp. 46-47. Valentiner e Bodenhausen rimasero in buoni rapporti e si incontrarono negli Stati Uniti nella villa di Johnson a Philadelphia, e successivamente durante la rivoluzione in Germania. Cfr. anche D. Freifrau von Bodenhausen-Degener, Eberhard von Bodenhausen… cit., pp. 26-28, 189, 199, 347.

the less Thode’s disciples knew about it, the more unreasonable they were in expressing their contempo for it. After several meetings my irritation reached the boiling point. Unable to control myself any longer, I burst out, unasked, in