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2. Recupero del cromo

1.7.1.3 Cuoio idrolizzato

L’utilizzazione in Italia del cuoio torrefatto e/o idrolizzato in agricoltura, è abitudine consolidata e le origini di questo prodotto risalgono agli anni ’30. Il cuoio idrolizzato in Italia appartiene alla categoria dei concimi organici azotati secondo le disposizioni della legge nazionale sui fertilizzanti (MAF-Legge n. 748/84). In realtà il termine che compare nella legge 748/84 è ancora quello di

“cuoio torrefatto”, ma tenuto conto del processo produttivo il termine di “cuoio idrolizzato” appare più rispondente alle caratteristiche del prodotto. Le materie prime utilizzate per la produzione del

concime provengono dalla lavorazione delle pelli di conceria e sono costituite principalmente da rasature, croste e ritagli. Attraverso fasi controllate avviene la denaturazione delle molecole organiche senza la presenza di enzimi idrolitici, durante il processo si ha un continuo aumento della temperatura e della pressione fino a raggiungere valori di 106°C e 6 bars che assicurano la completa sterilizzazione. Il prodotto che si ottiene ha un aspetto gelatinoso con elevata umidità, che a questo punto viene sottoposto ad un processo di essiccazione a 105°C fino ad ottenere un’umidità inferiore al 12%. Al termine, il prodotto essiccato viene raffreddato con flusso di aria controcorrente e separato successivamente in polvere e scaglie che vengono stoccate in aree separate.

Le acque di processo derivanti dalle fasi di idrolisi ed essiccazione vengono raccolte e sottoposte a depurazione. La differenza tra cuoio idrolizzato in polvere (Ø<3 mm) e in scaglie (Ø>3 mm) consiste nell’avere mercati ed impieghi differenti. Il cuoio in polvere viene prevalentemente utilizzato come fonte di azoto e carbonio organico per la preparazione dei concimi organo-minerali, mentre il cuoio in scaglie è direttamente impiegato in agricoltura come concime organico azotato.

Nel 1993 sono state prodotte in Italia 75.000 t di cuoio idrolizzato poi utilizzato per vari scopi le cui percentuali sono riportate nel grafico 5:

a. In Italia per la concimazione di colture che necessitano di azoto organico a lenta cessione (40%);

b. Esportato in altri paesi dell’UE ed utilizzato come matrice organica per la produzione di concimi organo-minerali (33%). In Europa 400.000 t di concimi organo-minerali vengono prodotti utilizzando il cuoio come matrice apportatrice di azoto e carbonio organico;

c. In Italia come matrice organica per la produzione di concimi organo-minerali (26%);

d. Esportato in paesi extracomunitari (1%)

Grafico 5. Ripartizione della produzione di cuoio idrolizzato nei diversi settori di impiego

Esportazione extracomunitaria

1% Concimazione in

Italia 40%

Produzione concimi 26%

Esportazione UE 33%

Caratteristiche chimiche ed agronomiche

Le ricerche condotte su questo tipo di concime hanno evidenziato che si tratta di un prodotto caratterizzato da un’elevata presenza di carbonio organico (40-42%) e una cospicua quantità di azoto organico (10-13%). Principale componente del cuoio è il collagene, un’insieme di proteine fibrose tipiche delle pelli animali, caratterizzate da una elevata presenza di amminoacidi (in genere glicina, prolina, alanina, acido glutammico ed idrossiprolina) con un rapporto C/N inferiore a 5. Il prodotto contiene anche altri elementi della fertilità, quali fosforo (P2O5), potassio (K2O), zolfo (SO3) e microelementi (ferro, rame, zinco) che di solito sono presenti in quantità insufficienti per essere dichiarati in etichetta.

L’azoto del cuoio idrolizzato è pertanto di natura proteica e il contenuto nel concime è decisamente elevato. L’idrolisi delle materie prime riduce la lunghezza delle molecole proteiche e rende più facile nel terreno l’aggressione da parte dei microrganismi, ma non comporta apprezzabile formazione di azoto ammoniacale (N-NH4). La frazione di azoto maggiormente rappresentata è quella dell’N organico, ben strutturato nel collagene e non idrosolubile. Tuttavia dal punto di vista agronomico, sia l’N organico solubile, che quello ammoniacale sono importanti perché prontamente disponibili per l’assorbimento radicale. Perciò i benefici agronomici conseguibili con una concimazione con cuoio idrolizzato sono da considerarsi a medio e lungo periodo, anche se un significativo risultato nell’immediato si può avere in relazione alle caratteristiche del terreno. La frazione di N preponderante che si trova nelle strutture complesse del collagene, può rendersi disponibile all’assorbimento dei vegetali esclusivamente in seguito a processi di mineralizzazione della sostanza organica, mineralizzazione fortemente condizionata dalla fertilità biologica del suolo;

quanto più elevata sarà quest’ultima tanto maggiore risulterà la quantità di azoto mineralizzata in breve tempo (Benedetti e Ciavatta, 1998).

Questa frazione di azoto è a lenta cessione (slow release) il cui rilascio è strettamente correlato ai processi di mineralizzazione del carbonio organico nel suolo. I risultati sperimentali hanno evidenziato che dopo un anno dall’incorporazione nel terreno, la mineralizzazione del cuoio oscillava da 40% al 60-70% in terreni con tessitura argillosa e in quelli con tessitura sabbiosa rispettivamente.

I microrganismi del terreno sono facilitati nell’utilizzare il cuoio idrolizzato, specie in forma di polvere, come fonte di amminoacidi per costruirsi le proteine, quindi anche la mineralizzazione può decorrere più rapidamente. La percentuale di mineralizzazione dell’N-organico può variare nel tempo e nello spazio. Condizioni di forte aerobiosi del terreno concomitanti con tessiture sabbiose, accelerano i processi di mineralizzazione del concime.

L’assenza di perdite di azoto per denitrificazione e volatilizzazione, la lenta cessione dell’azoto e la progressiva umificazione del concime, sono caratteristiche che rendono il cuoio idrolizzato un concime assai apprezzato in agricoltura.

Nei paesi occidentali i processi industriali di concia impiegano in modo prevalente il cromo, per le sue caratteristiche di efficienza e per la qualità media delle pelli conciate. Alla fine del processo di trattamento le pelli conciate al cromo contengono cospicue quantità di metallo allo stato trivalente (Cr(III): 0.9-3%). La presenza del metallo pesante in un concime organico ad esteso impiego agronomico ha determinato in passato nei ricercatori un certo interesse per l’eventuale possibilità di inquinamento del terreno, vegetali ed acque, anche se oggi gli studi fatti fanno apparire il problema risolto. Molti autori sono d’accordo nel sostenere che questi rischi sono irrilevanti e la quantità di cromo lisciviato attraverso il suolo e assorbito dalle colture è insignificante, in quanto, come già detto in precedenza, il cromo è insolubile nel suolo, al massimo può accumularsi sui tessuti esterni delle radici senza essere traslocato nel resto della pianta.

Il rischio maggiore quando si somministra al suolo prodotti organici contenenti Cr(III) è quello di una possibile ossidazione a Cr(VI). In realtà nel suolo la presenza di carbonio organico favorisce le condizioni di riduzione del Cr(VI) a Cr(III), anche nel caso di aggiunta al terreno della forma ossidata. Bartlett e James hanno evidenziato il potere di un suolo ad ossidare il Cr(III) a Cr(VI). Nel caso in cui un terreno abbia un potere ossidante ≥1µmole si deve escludere la possibilità di utilizzare materiali contenenti cromo in quel suolo. Le prove condotte su suoli italiani non hanno mai evidenziato la presenza di cromo esavalente in nessun ambiente pedoclimatico, neppure in

A tale proposito un lavoro svolto da Ciavatta e Sequi (1989) è stato fatto per capire se apprezzabili quantità di Cr(III) e Cr(VI) vengono rilasciate dopo l’aggiunta di cuoio idrolizzato granulato e in polvere applicato a due diversi tipi di suoli, uno argilloso l’altro franco-sabbioso. I processi di maturazione della componente organica sono stati monitorati nel tempo utilizzando il grado di umificazione DH (rapporto percentuale tra la frazione umificata (acidi umici + acidi fulvici) e il carbonio estraibile totale (TEC)). L’umificazione del prodotto dopo un apparente calo iniziale, incrementava successivamente con l’evoluzione del materiale organico aggiunto e dopo circa un anno si poteva considerare terminata, dato che essa raggiungeva i livelli originali. Al termine delle prove, quando i processi di umificazione erano praticamente conclusi, circa il 50% del carbonio organico era mineralizzato. Il tipo di suolo ha un piccolo effetto sui processi di mineralizzazione, all’inizio più lento nei suoli argillosi.

La solubilizzazione del cromo nel terreno subiva solo un leggero aumento all’inizio (dopo circa 40 giorni), per poi decrescere rapidamente. Anche la frazione estraibile con EDTA (acido etilendiamminotetracetico), cioè più facilmente mobilizzata, seguiva un andamento analogo a quello descritto per la frazione solubile in acqua, a dimostrazione che il cromo veniva tenacemente insolubilizzato nel terreno, cioè il cromo nel terreno subiva un fenomeno di insolubilizzazione tale da essere bloccato immediatamente anche a dosi elevate

Nessuna traccia di Cr(VI) è stata inoltre ritrovata in terreni addizionati di cuoio; se veniva aggiunto sperimentalmente Cr(VI) ai terreni, questo veniva immediatamente ridotto a Cr(III).

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