2. I CERTIFICATI SUPPLEMENTARI DI PROTEZIONE IN AMBITO COMUNITARIO …
2.1. D EFINIZIONI
Come prima cosa, per poter affrontare propriamente l'analisi del Regolamento che disciplina i certificati supplementari di protezione – Reg. n.
469/2009/CE – è indispensabile spendere alcune parole sulle definizioni che lo stesso testo normativo dà, al proprio articolo 1, dei termini “medicinale”,
“prodotto” e “brevetto di base”168.
Procedendo con ordine, ai fini del Regolamento, deve intendersi:
• per “medicinale”: “ogni sostanza o composizione presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane o animali, nonché ogni sostanza o composizione da somministrare all’uomo o all’animale allo scopo di stabilire una diagnosi medica o di ripristinare, correggere o modificare funzioni organiche dell’uomo o dell’animale” (art. 1, lett. a)169;
168 Per completezza, va precisato che alle lettere d) ed e) dell'art. 1 vengono altresì fornite le definizioni di “certificato” e “domanda di proroga”, da intendersi rispettivamente come
“certificato protettivo supplementare” e “domanda di proroga del certificato ai sensi dell'articolo 13, paragrafo 3 del [presente] regolamento e dell'articolo 36 del regolamento (CE) n. 1901/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativo ai medicinali per uso pediatrico”.
Si noti, invece, come nessuna definizione venga data del concetto “autorizzazione all'immissione in commercio” ovvero del termine “principio attivo”.
169 Si riporta, per un confronto, la definizione di “medicinale” data dal D. Lgs. 24 aprile 2006, n. 219 di attuazione della Dir. n. 2001/83/CE: “1) ogni sostanza o associazione di sostanze presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane; 2) ogni sostanza o associazione di sostanze che può essere utilizzata sull'uomo o somministrata all'uomo alla scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche,
• per “prodotto”: “il principio attivo o la composizione di principi attivi di un medicinale” (art. 1, lett. b);
• per “brevetto di base”: “un brevetto che protegge un prodotto in quanto tale, un processo di fabbricazione di un prodotto o un impiego di prodotto e che è designato dal suo titolare ai fini della procedura di rilascio di un certificato” (art. 1, lett. c)170.
Ora, mentre le definizioni di “brevetto di base” e “medicinale” appaiono di primo acchito sufficientemente chiare e di non particolarmente difficile comprensione, a destare qualche perplessità è quella relativa al concetto di
“prodotto” (il quale, tra l'altro, risulta in alcuni casi sovrapporsi, all'interno dello stesso regolamento, con il concetto di “medicinale”171).
Facendo riferimento alla lettera b) dell'art. 1, infatti, il “prodotto” altro non sarebbe che il principio attivo o la composizione di principi attivi di un medicinale; fin qui tutto molto semplice. Sennonché, il regolamento omette di definire cosa debba intendersi per “principio attivo” (e, conseguentemente, per
“combinazione di principi attivi”).
esercitando un'azione farmacologica, immunologica o metabolica, ovvero di stabilire una diagnosi medica”.
170 Il concetto di “impiego di un prodotto” viene descritto al paragrafo 29 dell'Explanatory Memorandum laddove viene precisato che esso consiste nella nuova applicazione di un prodotto nuovo o conosciuto (ossia di quelli che sono comunemente indicati come “second medical use claims”).
171 Ambiguità, questa, che, oltre ad emergere dalla lettera dell'art. 3 (il quale fa riferimento al
“prodotto in quanto medicinale”), è stata evidenziata anche dall'Avvocato Generale nelle conclusioni presentate nelle cause (riunite) C-322/10 (Medeva BV/Comptroller General of Patents) e C-422/10 (Georgetown University/ Comptroller General of Patents), laddove è stato fatto notare l'apparente contrasto tra il titolo stesso del Regolamento n. 469/2009/CE (che recita testualmente “certificato protettivo supplementare per i medicinali [enfasi aggiunta]”) e l'art. 2 il quale afferma che è il prodotto a formare oggetto del certificato.
Tale carenza di precisazioni, non costituirebbe un problema se la definizione di “prodotto” (che, come abbiamo visto, dipende dal significato attribuibile a “principio attivo”) non fosse cruciale per l'interpretazione dell'intero regolamento.
Fortunatamente, sul punto è intervenuta la Corte di Giustizia, la quale, dopo essere stata investita della questione relativa alla portata da riconoscere al termine “principio attivo”, si è pronunciata affermando che ad esso debba essere dato il significato attribuitogli nel linguaggio comune, precisando al contempo che non può considerarsi “principio attivo” un eccipiente172 (e ciò a prescindere dall'importanza di tale eccipiente nel determinare l'efficacia del medicinale) né una sostanza che non abbia di per sé un effetto terapeutico (con la conseguenza che la combinazione di un principio attivo e di una sostanza priva di autonomo effetto terapeutico non possa considerarsi una
“composizione di principi attivi”, ossia un “prodotto” ai sensi dell'art. 1, lett. b) del Regolamento).
La controversia che ha portato la Corte a statuire nei termini suddetti, comunemente nota come “caso Massachussetts Institute of Technology” (Causa C-431/04), può essere così riassunta: il M.I.T. – titolare di un brevetto avente ad oggetto un principio attivo noto per i propri effetti chemioterapici (la carmustina) in associazione con un polimero biodegradabile sviluppato per essere utilizzato quale dispositivo, destinato al rilascio di medicinali, impiantabile nel corpo umano (il polifeprosan), nonché di una AIC per il medicinale denominato Gliadel (consistente in un dispositivo da impiantare nella scatola cranica per il trattamento dei tumori cerebrali, tramite il rilascio,
172 Gli eccipienti sono quelle sostanze inerti non dotate di un'azione farmacologica e prive di proprietà terapeutiche che, ciò nonostante, unite in vario modo alla sostanza attiva, conferiscono al medicinale una forma idonea ad essere somministrata (compressa, capsula, supposta, soluzione iniettabile ecc.) e possono avere rilevanza per la sicurezza del medicinale stesso.
controllato dalla matrice biodegradabile in polifeprosan, dell'altamente citotossica carmustina) – aveva richiesto il rilascio di un certificato supplementare per la combinazione di carmustina e polifeprosan e, in subordine, per la sola carmustina; domanda, che il Deutsches Patent und Markenamt (l'equivalente tedesco del nostro Ufficio Italiano Brevetti e Marchi) aveva respinto, in quanto, in relazione alla domanda principale, il polifeprosan non poteva essere considerato un principio attivo e, in relazione alla domanda subordinata, la carmustina risultava essere già stata oggetto, da anni, di autonoma AIC.
Contro tale decisione il M.I.T. aveva presentato prima opposizione e poi ricorso per cassazione, sostenendo che il polifeprosan, permettendo una corretta somministrazione della carmustina (effetto non ottenibile in altro modo), contribuiva all'efficacia del medicinale (ragion per cui avrebbe dovuto essere considerato, non un mero eccipiente ovvero un componente ausiliario bensì, un ingrediente indispensabile del medicinale stesso).
Preso atto delle eccezioni sollevate, il Bundesgerichtshof ritenne opportuno interpellare la Corte di Giustizia, chiedendo a quest'ultima di chiarire, da un lato, se il concetto di composizione di principi attivi di un medicinale ai sensi dell'art. 1, lett. b) del Reg. n. 469/2009/CE presupponesse che gli ingredienti di cui la composizione era costituita fossero, ciascuno di per sé considerato, principi attivi con effetti medicinali e, dall'altro, se potesse ritenersi sussistente una composizione di principi attivi di un medicinale nel caso della combinazione di due ingredienti, di cui uno era una nota sostanza attiva e l'altro rendeva possibile una forma farmaceutica del medicinale tale da comportare una mutata efficacia della sostanza attiva.
Come abbia poi deciso la Corte (sancendo – vale la pena ripetere – da un lato, che il concetto di “composizione di principi attivi di un medicinale” di cui all'art. 1, lett. b) del regolamento deve interpretarsi nel senso che esso non include la combinazione di due sostanze delle quali una sola ha effetti terapeutici mentre l'altra è un eccipiente e, dall'altro, che non ha alcuna
rilevanza il fatto che l'eccipiente sia necessario per consentire di ottenere una determinata forma farmaceutica del medicinale173) è già stato detto, sebbene appaia opportuno evidenziare che le conclusioni a cui la stessa è giunta non hanno tenuto conto delle argomentazioni presentate dall'Avvocato Generale, il quale aveva osservato che il polifeprosan giocava un ruolo cruciale per il corretto funzionamento del farmaco in quanto conferiva al principio attivo caratteristiche nuove in termini di efficacia e sicurezza della somministrazione.
Sempre con riferimento al concetto di “prodotto”, resta infine da chiedersi se esso possa o meno prescindere dallo specifico uso in relazione al quale sia stato rivendicato.
E anche in merito a quest'ultima questione, come per la precedente, c'è da dire che è stata la Corte di Giustizia a fornire la chiave di lettura che ha permesso di ritrovare il bandolo della matassa.
Nella sentenza Yissum (emessa il 17 aprile 2007 nella causa Yissum v.
Comptroller174), essa ha infatti affermato che, non includendo l'espressione
“prodotto” l'uso al quale la sostanza è destinata, qualora un principio attivo già coperto da brevetto risultasse rivendicato in relazione ad un nuovo uso, esso non potrebbe essere considerato un “prodotto” diverso (dovendosi invece
173 A tal proposito, si noti che, nel ribadire che il concetto di “prodotto” deve essere interpretato nel senso stretto di “sostanza attiva”, il massimo giudice comunitario ha ritenuto opportuno citare il punto 11 del preambolo della proposta di Regolamento CEE del Consiglio 11 aprile 1990 secondo cui “non si tratta di rilasciare un certificato per ogni specialità medicinale brevettata che abbia ottenuto l'autorizzazione ad essere immessa in commercio. Può essere infatti rilasciato un solo certificato per prodotto, intendendo quest'ultimo nel senso stretto di sostanza attiva; eventuali modifiche di minore importanza apportate al medicinale, come un nuovo dosaggio, l'utilizzo di un sale o di un estere diversi, una forma farmaceutica diversa, non rendono necessario un nuovo certificato”
(così al paragrafo 19 della sentenza emessa il 4 maggio 2006).
174 C. di Giustizia, sentenza 17 aprile 2007, causa C-202/05, Yissum/Comptroller, Racc. 2007, I, 28-39.
identificare come il medesimo prodotto precedentemente rivendicato per altro uso).