Premesso che le tre questioni pregiudiziali appena citate potevano sostanzialmente essere considerate come un'unica richiesta di chiarimenti in merito al fatto se fosse da ritenersi rientrante nella definizione di “prodotto protetto da un brevetto di base in vigore” – ai sensi dell'art. 3, lett. a) del regolamento n. 469/2009/CE – un principio attivo che fosse ricompreso in una formula funzionale contenuta nelle rivendicazioni brevettuali, ovvero se fosse necessario che esso risultasse menzionato nelle medesime rivendicazioni mediante una formula strutturale, le risposte al quesito, così formulato, che vennero proposte dalle parti in causa furono – come facilmente intuibile – diametralmente opposte.
A fronte dell'argomentazione portata dalla Eli Lilly secondo cui, per poter validamente essere “protetto” dal brevetto, il principio attivo avrebbe dovuto essere sufficientemente individuato ed illustrato nelle descrizioni e nelle rivendicazioni di tale brevetto251 (con la conseguenza che il tabalumab, ossia il
251 Impostazione, quella citata, condivisa anche dal governo francese (secondo il quale, ispiratosi alle norme della Convenzione sul brevetto europeo ed al protocollo interpretativo dell'art. 69 della stessa, le rivendicazioni avrebbero dovuto riguardare inequivocabilmente –
principio attivo oggetto di causa, non risultando menzionato nelle rivendicazioni non avrebbe potuto essere considerato “protetto” ai sensi dell'art. 3, lett. a)252), la HGS sostenne che un prodotto potesse essere considerato menzionato nelle rivendicazioni di un brevetto di base e, pertanto,
“protetto” da tale brevetto, qualora tale menzione fosse espressa mediante una formula o una definizione funzionale, anche tramite l'indicazione dell'appartenenza del prodotto ad una classe terapeutica specifica.
Sentite le osservazioni presentate da tutti i soggetti interpellati, così come supra riassunte, la Corte risolse le questioni pregiudiziali che le erano state poste dichiarando che:
“L'articolo 3, lett. a), del regolamento (CE) n. 469/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, sul certificato protettivo supplementare per i medicinali, dev'essere interpretato nel senso che, per poter ritenere che un principio attivo sia “protetto da un brevetto di base in vigore”
ai sensi di tale disposizione, non è necessario che il principio attivo sia menzionato nelle rivendicazioni di tale brevetto mediante una formula strutturale. Qualora tale principio attivo sia coperto da una formula
alla luce della descrizione dell'invenzione contenuta nel brevetto di base – il principio attivo per il quale veniva richiesto il SPC) e dal governo lettone (per cui, sebbene il ricorso ad una definizione o ad una formula funzionale di un principio attivo non costituisse di per sé un ostacolo al rilascio di un SPC, perché un principio attivo potesse considerarsi protetto da un brevetto di base sarebbe stato necessario che esso fosse rivendicato più specificatamente nelle descrizioni del brevetto, in modo tale da risultare chiaramente individuato), nonché dalla Commissione (ad avviso della quale le rivendicazioni del brevetto di base, pur senza necessariamente contenere un riferimento letterale al principio attivo, avrebbero dovuto far emergere inequivocabilmente che il principio attivo per il quale veniva richiesto il SPC vi fosse effettivamente rivendicato).
252 E ciò nonostante il fatto che il tabalumab non avrebbe potuto essere immesso in commercio durante il periodo di validità del brevetto, senza che tale commercializzazione risultasse in violazione della privativa di cui la HGS era titolare.
funzionale contenuta nelle rivendicazioni di un brevetto rilasciato dall'Ufficio europeo dei brevetti, tale articolo 3, lett. a), non osta, in linea di principio, al rilascio di un certificato protettivo supplementare per tale principio attivo, a condizione però che, sulla base di tali rivendicazioni, interpretate in particolare alla luce della descrizione dell'invenzione, come prevedono l'articolo 69 della convenzione sulla concessione dei brevetti europeo e il protocollo relativo all'interpretazione di tale articolo, sia possibile concludere che tali rivendicazioni si riferivano, implicitamente ma necessariamente, e in maniera specifica, al principio attivo di cui trattasi, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare”.
Dalla lettura del dispositivo, appare chiaro che, per giungere ad una simile conclusione, il giudice comunitario ha preso le mosse dal proprio precedente Medeva ed in particolare dalla considerazione secondo cui, al fine di stabilire se un prodotto sia “protetto da un brevetto di base in vigore” ai sensi dell'art. 3, lett. a) del regolamento n. 469/2009/CE, non possa essere fatto ricorso alle norme che definiscono quali attività costituiscano violazione del brevetto253 (cosicché a nulla sarebbe rilevato, nel caso in esame, il fatto che la commercializzazione del principio attivo da parte della Eli Lilly, durante il periodo di validità del brevetto, avrebbe costituito una violazione di quest'ultimo), dovendosi piuttosto accertare se il principio attivo (o la combinazione di principi attivi) oggetto del certificato risulti specificatamente rivendicato dal brevetto di base254
253 Ossia all'infringement test.
254 Vedasi, a tal proposito, il punto 25 della sentenza Medeva nonché il punto 31 dell'ordinanza emessa nel giudizio University of Queensland ed il punto 30 dell'ordinanza resa nel caso Daiichi Sankyo, laddove la Corte ha sancito che l'art. 3, lett. a) del regolamento n. 469/2009 osta al rilascio di un SPC avente ad oggetto principi attivi che non sono menzionati nel testo delle rivendicazioni di un brevetto di base.
Allo stesso modo, si veda il considerando 14 del regolamento n. 1610/96/CE sull'istituzione
Si noti, infatti, come sia stato partendo da queste premesse che la Corte, nel rilevare come il principio tabalumab non risultasse nominativamente menzionato nelle rivendicazioni del brevetto della HGS né altrimenti specificato nelle descrizioni e nei fascicoli del medesimo brevetto (non essendo quindi individuabile in quanto tale), ha ribadito – richiamando, come detto, la sentenza Medeva – che un principio attivo non menzionato nelle rivendicazioni di un brevetto di base mediante una definizione strutturale o funzionale non può essere considerato protetto ai sensi dell'art. 3, lett. a), precisando al contempo come la disposizione in ultimo citata non imponga necessariamente che il principio sia rivendicato mediante una definizione strutturale, risultando di per sé sufficiente – affinché esso possa essere considerato “protetto” – che il principio attivo corrisponda ad una definizione funzionale contenuta nelle rivendicazioni di un brevetto rilasciato dall'UEB (ciò a condizione, però, che sulla base di tali rivendicazioni, interpretate alla luce della descrizione dell'invenzione, sia possibile concludere che esse si riferiscono, implicitamente ma necessariamente, e in maniera specifica, al principio attivo per cui si richiede il SPC).
Dalla lettura della motivazione della sentenza, la Corte sembra porre a fondamento del principio per cui l'SPC non può essere concesso ove le rivendicazioni del brevetto di base non si riferiscano, quanto meno
“implicitamente ma necessariamente, e in maniera specifica” al principio attivo l'idea che la protezione complementare non sia concedibile se “il titolare del brevetto non abbia intrapreso azioni dirette ad approfondire e a precisare la sua invenzione in modo da individuare chiaramente il principio attivo idoneo ad essere sfruttato commercialmente in un medicinale rispondente alle esigenze di determinati pazienti”. In un simile contesto, infatti, rilasciare un
di un certificato protettivo complementare per i prodotti fitosanitari, il quale fa espresso riferimento alla necessità che i “prodotti” “formino oggetto di brevetti che li rivendicano specificatamente”.
SPC al titolare del brevetto equivarrebbe a riconoscere un “premio” ad un soggetto diverso da quello che ha effettivamente realizzato gli investimenti necessari per sviluppare il medicinale al di là delle specificazioni del brevetto fonte (ossia il titolare dell'AIC), disconoscendo così l'obiettivo del regolamento n. 469/2009/CE (così come enunciato nel considerando 4 di quest'ultimo).