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Il D.Lvo 231/01 ed i modelli organizzativi di gestione

SEZIONE I MISURE DI TUTELA E OBBLIGHI Articolo 15 Misure generali di tutela

7.1 Il D.Lvo 231/01 ed i modelli organizzativi di gestione

Il Decreto legislativo 8 giugno 2001, n.231 disciplina la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società, degli enti o associazioni, anche prive di personalità giuridica, in relazione a comportamenti illeciti commessi da soggetti a loro collegati, che agiscono in violazione di specifiche norme penali al fine di favorire o avvantaggiare l’ente stesso. La responsabilità prevista per gli enti è formalmente di tipo amministrativo209 ma la si può sostanzialmente considerare di natura penale, poiché si configura allorquando si assiste alla commissione di un reato da parte di soggetti legati all’ente ed altresì la si accerta - così come espressamente indicata agli articoli 34, 35 e 36 del decreto - all’interno del medesimo procedimento penale. La competenza in ordine alle decisioni di responsabilità amministrativa degli enti è attribuita infatti allo stesso giudice penale competente per il reato dal quale tali responsabilità derivano.

«…si tratta di una responsabilità aggiuntiva rispetto a quella che grava sulle singole persone fisiche che pongono in essere il reato considerato come “presupposto” per l’applicazione della disciplina in questione».210

Occorre però, affinché venga stabilita una specifica responsabilità per l’ente, che la fattispecie per cui si procede sia stata commessa da soggetto che si trovi in posizione apicale o da questi sottoposto a direzione o a vigilanza, che il reato violato sia specificatamente inserito nel novero delle fattispecie previste (reato presupposto) e che il soggetto abbia agito, anche se non in via esclusiva, nell’interesse o a vantaggio dell’impresa stessa211.

209 D.Lgs. 231/01, Art. 1, co.1 «Il presente decreto legislativo disciplina la responsabilità degli enti per gli

illeciti amministrativi dipendenti da reato».

210 F. Bravo, Criminalità economica «violenta», compliance models e rating di legalità delle imprese, op.cit.p.71 211 Art. 5.

Responsabilità dell'ente

1. L'ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:

a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;

b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a). 2. L'ente non risponde se le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell'interesse

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In tal senso il testo di legge prevede una duplice responsabilità, una di tipo sostanziale per la persona fisica che ha commesso la violazione e, parallelamente, una di tipo amministrativa, a carico dell’impresa che ha tratto uno specifico vantaggio dagli effetti della condotta della norma violata.

L’introduzione nel nostro ordinamento di una specifica responsabilità da reato degli enti giuridici evidenzia una discrasia al principio previsto anche dall’art. 27 Cost.212, il quale stabilisce la natura dichiaratamente individuale della responsabilità penale e che, prima dell’introduzione del D.lgs.231/01, ha sempre escluso la configurabilità di responsabilità in capo a soggetti differenti dalle persone fisiche. Tuttavia il testo specifica come la norma disciplini la responsabilità degli enti per illeciti amministrativi dipendenti da reato. Pertanto la qualificazione giuridica scelta dal legislatore non è quella tipica della sanzione penale bensì è la comminazione di misure di carattere patrimoniale ed interdittivo, ancorché di natura cautelare, estremamente incisive e tali da poter gravare in maniera determinate sul patrimonio e sull’operatività dell’impresa213.

La previsione di responsabilità viene definita agli articoli 5, 6 e 7, dove si indica la necessità della sussistenza di una violazione di una delle fattispecie previste ed inserite nel novero degli articoli 24 e 25 duodices214; di un soggetto attivo vincolato all’ente da un rapporto funzionale; ed infine che la commissione del fatto sia nell’interesse o a vantaggio dell’ente stesso, con una espressa esclusione prevista

212 Art. 27, co.1 Cost. «La responsabilità penale è personale».

213 In questa sede non verranno trattati nello specifico i meccanismi sanzionatori previsti dal D.lgs 231/01 poiché per la loro complessità applicativa sarebbe indispensabile soffermarsi in maniera eccessiva, rischiando di perdere di vista il tema generale di questa dissertazione. A tal scopo è sufficiente ricordare come il Decreto 231 preveda la comminazione di:

a) Sanzioni pecuniarie, applicate per quote societarie (valore dipendente dalla tipologia, dimensione dell’ente, nonché dalla gravità del fatto);

b) Sanzioni interdittive, che consistono nell’interdizione dell’esercizio dell’attività, nella sospensiva o revoca di autorizzazioni e licenze funzionali alla commissione del fatto; nel divieto di contrattare con la PA, nell’esclusione da finanziamenti, agevolazioni fiscali, contributi o concessioni; nel divieto di pubblicizzare beni o servizi;

c) Confisca del prezzo o del profitto del reato; d) Pubblicazione della sentenza di condanna.

Per un esame più articolato delle procedure sanzionatorie si rimanda ex multis a F.Bravo, Criminalità economica

e controllo sociale, op.cit., pp 167-184.

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all’art.1 co.2, nel caso in cui i soggetti abbiano agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi.

E’ bene osservare come la responsabilità prescinda dall’individuazione della persona fisica che ha commesso il reato. L’illecito amministrativo verrà valutato anche in assenza di una identificazione del soggetto attivo poiché la responsabilità dell’ente è svincolata da quella del reo. Si tratta infatti di una autonoma responsabilità, così come previsto all’art. 8 che indica come «la responsabilità dell’ente sussiste anche quando: a) l’autore del reato non è stato identificato o non è imputabile; b) il reato si estingue per una causa diversa dall’amnistia».

Il Legislatore ha poi effettuato una tassativa elencazione, in continuo aggiornamento, delle fattispecie che possono prevedere la responsabilità oggettiva per l’ente, individuando a tal fine responsabilità specifiche per i reati contro la pubblica amministrazione, quelli associativi e di criminalità organizzata, i reati informatici, di terrorismo, di falso, quelli societari, di ricettazione, riciclaggio e reimpiego illecito di valuta, i reati di tipo economico, etc. Sono poi stati introdotti con l’art. 25 septies, i cosiddetti reati colposi d’evento, specificatamente individuati nell’omicidio colposo e lesioni personali, con violazione delle norme in materia di sicurezza e salute sul lavoro, ed altresì le ipotesi legate ai reati ambientali.

Come accennato, la natura sanzionatoria ha carattere misto, prevedendo conseguenze ed oneri differenti sul piano probatorio a seconda che ricorrano le ipotesi di cui all’art. 5 let. a) ovvero let. b)215. Nel primo caso si tratta di tutti quei soggetti che rivestono funzioni di rappresentanza, amministrazione o direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa, dotata però di autonomia finanziaria e funzionale, ovvero persone che esercitano funzioni di controllo o gestione dell’ente stesso. Nel secondo, invece, di soggetti subalterni, soggetti cioè sottoposti alla direzione o vigilanza dell’ente e privi di una loro autonomia funzionale.

215 Art. 5.Responsabilità dell'ente:

1. L'ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:

a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unita' organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;

b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a). 2. L'ente non risponde se le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell'interesse

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Il decreto prevede che, qualora il reato presupposto sia stato commesso da figure apicali (ex art.5 co.1,let a), l’ente venga ritenuto estraneo a qualsiasi forma di responsabilità se l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi216; se altresì è stato costituito in seno all’ente un organismo di vigilanza dotato di autonomia, con poteri ispettivi e di controllo, al fine di verificare il corretto funzionamento e l’osservanza del modello organizzativo; e se il fatto reato è stato commesso eludendo fraudolentemente i modelli organizzativi ed i sistemi di controllo e non vi sia stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo precostituito ad hoc.

Nel caso in cui la responsabilità penale sia riferibile ad un soggetto sottoposto (ex art.5 co.1,let b), l’ente risponderà amministrativamente se la violazione è stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza, con una specifica previsione di esclusione qualora, prima della commissione del reato, l’ente abbia adottato efficacemente modelli di gestione ed organizzazione e controlli idonei a prevenire l’illecito217.

Dunque «Il fondamento della responsabilità di cui al D.Lgs. 231/01 è ravvisabile in una sorta di colpa organizzativa o colpa di organizzazione»218, poiché si configura qualora non siano stati posti in essere efficaci modelli organizzativi, con lo scopo di minimizzare il rischio della commissione dei reati specificatamente indicati.

216 D.lgs. 231/01 art. 6 co.1, let. a)

217 Art. 7. Soggetti sottoposti all'altrui direzione e modelli di organizzazione dell'ente

1. Nel caso previsto dall'articolo 5, comma 1, lettera b), l'ente è responsabile se la commissione del reato è stata resa possibile dall'inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza.

2. In ogni caso, è esclusa l'inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza se l'ente, prima della commissione del reato, ha adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.

3. Il modello prevede, in relazione alla natura e alla dimensione dell'organizzazione nonché al tipo di attività svolta, misure idonee a garantire lo svolgimento dell'attività nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio.

4. L'efficace attuazione del modello richiede:

a) una verifica periodica e l'eventuale modifica dello stesso quando sono scoperte significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell'organizzazione o nell'attività;

b) un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.

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La responsabilità dell’ente, quindi, viene meno qualora sussistano e vengano correttamente applicati sistemi di gestione e modelli organizzativi volti alla prevenzione dei rischi di criminalità. In tal senso l’impresa è sostanzialmente invitata ad una stretta collaborazione e vigilanza con l’autorità statuale e con le agenzie di controllo formale, sostituendosi a loro nella prevenzione dei possibili illeciti, commessi però all’interno del perimetro organizzativo.

Questa speciale cooperazione è tuttavia da considerarsi autonoma e volontaristica, poiché non sussiste un preciso vincolo normativo all’introduzione di modelli di controllo; interviene però, in tal senso, un’esimente, ovvero una riduzione di responsabilità qualora, nel configurarsi il fatto reato, l’ente dimostri l’esistenza e l’applicazione di tali modelli219. Il Decreto dunque nel prevedere l’adozione di un modello di gestione per le imprese, vuole stimolare quei processi collaborativi incentrati su principi di legalità e di responsabilità sociale d’impresa, stigmatizzando in tal senso il nesso tra imprenditorialità, economia del territorio, società civile, etica e criminalità.

In un’ottica d’impresa si deve altresì considerare come l’adozione di un modello «possa costituire un’occasione per procedere ad una razionalizzazione e migliore organizzazione delle procedure interne: l’elaborazione del modello infatti, presuppone necessariamente, in prima battuta, una completa identificazione di tutti i processi e funzioni aziendali, nonché delle regole e procedure già applicate in azienda, quindi una mappatura dei rischi[…]alla luce dei reati presupposto»220. L’adozione di un modello di organizzazione e gestione, così come previsto dalla norma in esame, prevede continue verifiche, adeguamenti e tempestive modifiche, tali da divenire strumento indispensabile al monitoraggio di tutti quei processi sensibili sul piano della sicurezza, presenti all’interno del perimetro organizzativo. I modelli, ispirandosi ai principi di etica e responsabilità sociale d’impresa, oltre ad intervenire

219 Si rammenta però come l’art.30 D.lgs. 81/08 preveda espressamente l’introduzione di un modello organizzativo, ex D.lgs 231/01, al fine di valutare e prevenire i (soli) rischi legati alla sicurezza nei luoghi di lavoro.

220 C.Tebano, L’ente quale centro di imputazione di responsabilità nel processo penale ai sensi del d.lgs.

231/01, in Rivista di Criminologia, Vittimologia e Sicurezza, Vol IX, n.3, settembre-dicembre 2015, doi:10.14664/rcvs/354, p.25;

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sul piano della security e della legalità d’impresa, impatteranno in maniera positiva anche in termini reputazionali e d’immagine che l’azienda proietta verso l’esterno.

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