La Fabula Di Aretusa Ed Alfeo
IL DADO E’ TRATTO
DADAISMO IL GIOCO DEI DADI
In questa sera di fine estate dopo aver viaggiato tanto come un onda trainata dalle marea dei ricordi che rimbombano nelle mie orecchie nell’eco delle cornamuse , nella visione di mille muse, nude ai lati delle strade . Belle , snelle mi salutano mi invitano a fermarmi . Il mio amore è un lungo viaggio nella mia ragione , nella gioia di un attimo, ogni cosa muta come se fossi su una giostra dalle tante figure che gira, gira intorno ad una idea. La misoginia degli atti, la perfezione di un sistema politico, oligarchico, incapace di generare benessere sociale che mira ad una economia sostanzialmente capitalistica. Un plusvalore identico al passato prodotto sulla scia tante rivolte . Imprecisate utopie , tutte un su generis che desume la capacita di indirizzarsi ad una congeniale virtù popolare verso la sostanza . E mentre il traffico cittadino ingoia le anime dei villeggianti di ritorno dal mare ed i tanti turisti rossi come cocomeri . Mi ritrovo da solo con la macchina da scrivere sul filo del rasoio .Mentre la signorina si spoglia nella camera d’albergo, mostra il suo pube peloso, biondo , rosso dai svariati colori simili al colore del tramonto che ingoia la vita nell’attimo meditativo . Si beve nei locali alla moda, si fa tira e molla , si è soli alla fine per poter dar conto ad un dio troppo impegnato a giocare a carte.
Non ci sono sotterfugi , l’economia e mimetizzata nell’idea eliotropia in quel guazzabuglio di forme viscerali , invischiate nella sua rischiosa essenza conoscitiva . Un esistenza parte integrante di ciò che si è.
E non ci sono scusanti, il nostro viaggio ha molto dell’inverosimile inglobato nella forma psichica che non rispetta l’autocoscienza ed induce ad una riflessione appropriata di ciò che noi possiamo rappresentare. E jack aveva un anima grande ed un cuore di leone, jack beveva e giocava a dadi con tutti coloro entrassero nel locale, aveva intelligenza da vendere . Sapeva giocare con la vita e la morte , giocava con il vecchio John e con Marta che aveva tre
figli , ognuno di colore diverso dall’altro ed un marito non lo ha mai avuto. Ed il suo nome era Marta la bella , la piccola Marta del vecchio salone dove si va a giocare a dadi con jack che sa predire il futuro.
Dai fammi le carte Sono qui per questo
Sai mio padre mi ha insegnato a sputare nell’occhio di una mosca da tre metri di distanza
Non ci posso credere Incredibile
Magnifico , però povera mosca Bevi amico
Sono ubriaco da stamane Hai tirato troppo la corda
Ho fatto, come mi avevano detto Ho rimesso il cavallo nella stalla
Una stella vale tanto , quanto luccica nel buio Stai attento alla banda di Jeff
Sono a corto di munizioni Sai dirmi dove e jack ? lo visto con Marta
Ora credo che cambierò soggetto
L’oggetto ha una sua forma , nel divenire parola o immagine propria
Cado dalle nuvole , seguo il buon senso
Non recarti da solo al salone potresti fare qualche brutto incontro Ci mancherebbe sono tornato ieri d’Atlanta
Facciamo finta che hai capito ogni cosa
Sono qui che aspetto di essere ascoltato dal grande capo Non dire che ti hanno lasciato sul ciglio della strada
Sono rimasto con in mano un cero Questo sarà meglio non farlo sapere Come si può negare la verità dei fatti
Sei cosciente che la poesia è una coltellata nel cuore Una gran rottura , amico mio
Per l’ennesima volta sono qui da tre ore lo visto passare più d’una volta
Siamo al confine della nostra storia La nostra vita è un gioco di dadi
jack è il migliore, conosce gli uomini e sà amare le donne Lo puoi dire forte amico
L’amore non ha colore
Come si può dire l’incontrario Noi siamo amore
Tu gioca è sogna
Io canto ciò che siamo . Canto il mio tempo .
Il salone si riempie di gente . Alcuni proveniente da diversi luoghi . Qualcuno si guarda in cagnesco . C’è chi tutto ad un tratto decide di farla finita , chi imbraccia la chitarra e suona , continua a suonare fino allo sfinimento , come se fosse lui stesso musica. Espressione di un generazione. L’evoluzione di un concetto etico nella personificazione astratta dell’arte figurativa che riassume l’espressione congeniale nel sentimento perseguito. E non c’è nulla di vero , nulla è dato per scontato. In quel salone tutti potevano essere qualcuno e tutti avrebbero potuto vivere o morire senza chiedere nulla in cambio . Anche se a volte cambiare la propria esistenza comporta pensare come una crisalide che si dovrà trasformare in una farfalla . Noi siamo quella favola bella, che ieri c’illuse ed oggi ancor c’illude , questo verso del D’Annunzio mi è sempre piaciuto . Fatti fosti ad essere poeti a verseggiare , perseguire giudizi logici sulla bellezza del creato . Se finiremo all’inferno ci sarà una ragione . Bisogna difendere le proprie opinione il senso di ciò che noi rappresentiamo in quell’essere uno è molti. Jack quella sera continuò a giocare a dadi e con le donne , continuò ad ubriacarsi di birra e di buone intenzioni. Ed era falso o forse assai futile fare finta di non capire che prima o poi sarebbe finito per terra poiché jack anche ubriaco , sarebbe stato sempre il migliore. Ed Edwin lo sollevò molte volte da terra , cercando di fargli capire che quello non era il luogo adatto , poiché pieno di assassini. Ma jack era un sognatore nato e
credeva che la vita prima o poi gli avrebbe sorriso, ed avrebbe vinto la sua partita a dadi.
Perdi il tuo tempo
Io non voglio finire al manicomio Non ho detto di tirarmi fuori da guai
Ma tu stavi cadendo all’inferno , mancava poco che quello ti facesse fuori
Non voglio nessun aiuto, sò cavarmela da solo Bene bevi , ubriacati pure di vita
Faccio quello che voglio , lasciami stare
Bene le pene sono sottile, sono come tante fette di anguria La morte è solo l’inizio del tuo racconto mio caro
Come vorrei crederti Perché non mi credi Sono alto e sono ateo
Io non ho mai attaccato un manifesto elettorale Mi possono cecare sei un tipo tosto
So giocare a dadi e con le donne Mi venisse un colpo
Perché non provi pure tu ? Non voglio finire all’obitorio Buono è solo un gioco di dadi
E quello che mi preoccupa essere fatto fuori da un asso La pigrizia conduce all’incoscienza
Io non sono un assassino Io non amo il mio passato
Ma tutti conosco cosa sarai se continui cosi Cosa sarò ?
Sarai morto e nessuno verrà al tuo funerale Che disgrazia ,provo tanto orrore
Non è un errore e la conseguenza dei fatti
Come sarebbe , vorresti dire che io sono una nullità Non voglio girare il coltello nella piaga
Mi prendi in giro ma tu continui a giocare a dadi con la morte Io gioco con ciò che sono
Sei sobrio , dopo aver bevuto tanti bicchieri di vino Si , il mio essere incosciente è la mia fortuna
La liricità ecco quello glorifica il tuo dire Ma dai un dado è un dado
Ed il dato è tratto
Non mi giunge nuovo, chi lo disse ? Gaio Giulio Cesare
Mi vorresti fare credere che io sono un grullo Da grillo mi prendo ciò che mio
Al terzo canto del gallo capirai
Misera sventura, nera sorte mi trascini verso l’inenarrabile , per luoghi oscuri dove non conosco la mia sorte. Dove tutto mi è strano, come la vita la morte, ogni cosa è cosi banale , un lampo illuminante un amore tenero. Un albero cresce da solo là nel campo sempreverde , immenso nella sua innocenza ed io rincorro questa sorte , rincorro un amore folle, forse fatto ad immagine di una donna grassa , sincera dai grandi occhi a mandorla.
Qui in questo luogo ai limiti del confine, solo fino al campo incolto, dove c’è la grande quercia , dai grandi rami penduli nel vuoto . Grigia vecchia quercia con tanti anni sulle spalle, profonda immagine di un mondo che giunge con l’eco dei ricordi nell’ onde sonore delle radio per amori profani . Affonda le sue radici nella dura terra germoglia fa frutti. Tutto nasce, cresce nel silenzio di giorni legati alla sventura, nell’essere soli appesi ad un ramo ,sopra una nuvola, nel vento che ti spinge, oltre questo giardino , oltre questa terra che un tempo amai.