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Dal moderatismo alla reazione: interventista, fascista e “commendatore”

Per queste ragioni allo scoppio della prima guerra mondiale – nell’ambito d’una profonda lacerazione del movimento operaio capitolino e dei crescenti “attacchi degli interventisti e dei

nazionalisti contro i socialisti romani e la componente neutralista della Camera del Lavoro” (Novelli, Salvatori 1993, 105) – Romolo Sabbatini è su posizioni nettamente interventiste (Staderini 1995): nel 1914 assieme a repubblicani, socialriformisti ed ex sindacalisti rivoluzionari aderisce al Fascio Rivoluzionario d’Azione (( A proposito dell’assemblarsi in chiave interventista di figure e forze politiche sia democratiche sia palesemente antidemocratiche, cfr. ad esempio la missiva di Garzia Cassola a Ugo Ojetti, Roma 20 maggio 1916, in Gnam-Fuo, Serie 2 Corrispondenti: letterati e politici, f.

Cassola Garzia (giornalista). )), “nato allo scopo d’influenzare l’opinione pubblica a favore della guerra”; nel 1915 si dimette dall’Usr “per divergenze politiche, avendo dichiarato di ritenere necessario l’intervento [militare] dell’Italia” mentre nel 1916, in seguito alla scissione della Cdl, diventa uno dei massimi dirigenti dell’organismo camerale interventista di Via della Croce Bianca, che si opponeva alla Cdl “confederale”, neutralista (( Su tutti questi temi vedi Acs-Cpc, b. 4508, f.

Sabatini Romolo fu Pietro. )).

Coerentemente con l’impostazione corporativa e “collaborazionista” della Cdl di Via della Croce Bianca – la quale puntava “soprattutto ad ottenere la nomina dei suoi dirigenti negli organi [amministrativi] dove era prevista la rappresentanza degli operai” (Novelli, Salvatori 1993, 112) – Sabbatini nel periodo bellico entra a far parte della Commissione consultiva provinciale per i consumi, del Comitato di organizzazione civile istituito dal Comune di Roma e “della Commissione Direttiva, provvisoria, dell’Ufficio Municipale del Lavoro in rappresentanza delle classi lavoratrici” (( Il Sindaco di Roma a Romolo Sabbatini, Roma 30 giugno 1918, in Ascrl-Fpb/Crs, f. 1918. Sui temi succitati vedi inoltre in Ascrl-Fpb/Crs, il f. 1916. )), militando dunque attivamente a favore d’una piena saldatura nazionalista fra “popolo” e “classi dirigenti”, il tutto in un’ottica già quasi compiutamente reazionaria (( In una nota della Questura di Roma del 1929 – nella quale si proponeva la radiazione di Sabbatini dal Casellario Politico Centrale, avvenuta poi nel 1930, giacché pienamente “a favore del Governo nazionale” – si ricordava non a caso come egli “prima e durante la Guerra Nazionale [cioè la prima guerra mondiale] fu uno dei più fattivi dirigenti del movimento interventista romano” – in Acs-Cpc, b. 4508, f. Sabatini Romolo fu Pietro. Sempre in merito al periodo bellico è interessante anche questa missiva di Charlotte Vesci Baum a Romolo Sabbatini, Roma 25 aprile 1915 – Ascrl-Fpb/Crs, f.

1915 – nella quale ci si complimentava con Sabbatini per l’ardore dei suoi comizi patriottici e per il suo “generoso sentimento italico”. )).

In tal senso Sabbatini appare l’esponente tipico d’una “aristocrazia operaia” partita da una militanza socialista e sovente dal “sindacalismo” – sia riformista sia rivoluzionario – ma progressivamente approdata nel corso dell’età giolittiana a posizioni dapprima moderate, anticonflittuali e poi sempre più strutturalmente reazionarie, nel quadro d’un nesso organico con una parte della piccola e media borghesia e soprattutto dei loro interessi: per ragioni, oltre che di naturale evoluzione politico-ideologica, d’indubbia ascesa socio-economica di tali figure; una “ascesa”, a ben vedere, garantita nel caso di Sabbatini proprio dalla trasformazione del “proletario”, del “sindacalista”, nel burocrate, nel notabile o magari nel “professionista della politica”, in un contesto di generale imbrigliamento del conflitto sociale, nonché di crescente “normalizzazione” politico-parlamentare. Questi fattori, non a

caso, favorirono a lungo andare, in personaggi come Romolo Sabbatini, l’identificazione con le ragioni più profonde d’un potere politico ed economico che tra la prima guerra mondiale e l’avvento del fascismo appare in brusca fase di mutazione, certo d’involuzione conservatrice, anche se perfettamente in grado d’utilizzare a proprio vantaggio siffatto nuovo ceto di parvenu – spesso composto da ex socialisti ed ex sindacalisti – il quale negli anni del fascismo saprà d’altronde mettersi al servizio d’un potere ben più feroce di quello “giolittiano”.

Al termine della prima guerra mondiale, infatti, Romolo Sabbatini si orienta inizialmente verso l’Unione Socialista Italiana – di brevissima durata e nata, su impulso della “sezione socialriformista romana”, dall’alleanza tra le principali forze dell’interventismo di Sinistra, ovvero “una parte dei sindacalisti rivoluzionari, insieme a socialisti dissidenti, riformisti e ad alcuni gruppi socialisti autonomi minori” (Furiozzi 1977, 64-65) – di cui diventa membro del Comitato Direttivo (( Cfr. Acs-Cpc, b. 4508, f. Sabatini Romolo fu Pietro. )), ma gli elementi politico-culturali sui quali riflettere maggiormente sono da un lato l’accresciuta caratura del suo status di burocrate e di notabile comunale (( Si veda ad esempio in Ascrl-Fpb/Crs, i ff. 1919 e 1922. )); dall’altro la rapida trasformazione del suo

“moderatismo” in un reazionarismo ancor più definito, al contempo antimarxista ed antidemocratico.

Sabbatini infatti scala le gerarchie interne della Congregazione di Carità, nella quale si accredita in certo modo come il rappresentante d’istanze mutualistico-cooperative, ovviamente in chiave economicistico-corporativa (( A proposito della Congregazione di Carità e del ruolo di Sabbatini al suo interno nella fase post-bellica, cfr. in Ascrl-Fpb/Crs, i ff. 1921 e 1923. )), in linea d’altronde con l’involuzione progressiva d’una parte del sindacalismo riformista italiano, che su queste basi arriverà alla piena “collaborazione” con il regime fascista (( Si veda a tale proposito la missiva di Angiolo Cabrini a Romolo Sabbatini, s.l. s.d., in Ascrl-Fpb/Crs, f. 1920; nonché le malinconiche lettere, fra il 1925 e il 1934, di Angiolo Cabrini a Ugo Ojetti, in Gnam-Fuo, Serie 2 Corrispondenti: letterati e politici, f. Cabrini Angiolo (onorevole). )) (Cordova 2005).

Nell’anno della marcia su Roma, pertanto, Romolo Sabbatini è “membro effettivo della Commissione direttiva dell’Ufficio Municipale del Lavoro” (( L’Assessore all’Ufficio Municipale del Lavoro di Roma a Romolo Sabbatini, Roma 3 aprile 1922, in Ascrl-Fpb/Crs, f. 1922. )), oltre che redattore del quotidiano capitolino Il Messaggero (( Cfr. la missiva di Carlo Barolin a Romolo Sabbatini, Vienna s.d. [ma 1922], in Ascrl-Fpb/Crs, f. 1922. )), nel quale continuerà a lavorare durante il ventennio fascista. L’anno successivo “su proposta di S.[ua] E.[ccellenza] il Capo del Governo [Benito Mussolini]” gli viene conferita “la Commenda della Corona d’Italia”, nel 1926 “la Croce Mauriziana” (( Acs-Cpc, b. 4508, f.

Sabatini Romolo fu Pietro. )) e così è presentata la sua opera complessiva a favore del fascismo:

La concessione dell’alta distinzione, proposta da S.[ua] E.[ccellenza] l’on. Mussolini ha un notevole significato perché con essa si vollero riconoscere le speciali benemerenze di Sabbatini. Infatti egli fu attivo ed intelligente consigliere comunale e fin dal 1900 si dedicò alla organizzazione dei lavoratori intesa nel significato più degno, rifuggendo sempre da ogni predicazione perniciosa e studiandosi invece di contribuire alla sempre maggiore

consapevolezza morale e ad una più perfetta capacità tecnica e culturale dei singoli lavoratori. Presidente e deputato della Congregazione di Carità di Roma, vi dette per molti anni la sua opera disinteressata ed intelligente, dando anche impulso per la trasformazione delle tenute agrarie della Congregazione stessa. Nel periodo della neutralità fu infaticabile vice-presidente del Comitato di Organizzazione Civile della Capitale insieme agli on.li Bissolati, Schanzer, Ciraolo e Leone Caetani, dando in esso opera fattiva per la resistenza interna. In quell’occasione per incarico dei Comitati della Capitale tenne numerose conferenze di propaganda al fronte e nelle varie città d’Italia. Oratore fecondo e persuasivo venne, nel 1918, inviato in missione in America, tenne oltre venti discorsi affrontando le opposizioni degli elementi disfattisti colà rifugiati. È membro di oltre trenta Associazioni professionali e di Mutuo Soccorso ed è un devoto e appassionato amico del Presidente del Consiglio [cioè di Mussolini]. Conoscitore profondo dei problemi del lavoro e specialmente delle questioni agrarie che agitarono ed agitano il nostro Lazio (( La commenda a Romolo Sabbatini [ritaglio di giornale], s.l. s.d. [ma 1923], in Ascrl-Fpb/Crs, f. 1923. Si veda in tal senso anche la lettera di Romeo Guidoni a Romolo Sabbatini, Roma 14 novembre 1923, sempre in Ascrl-Fpb/Crs, f. 1923. )).

Nel quadro dell’assorbimento operato dal regime, quindi dell’assimilazione d’una parte del ceto politico-burocratico e della dirigenza sindacale che era stata in vario modo “a Sinistra” nella Capitale durante l’età giolittiana (( A tale riguardo vedi Il banchetto a Romolo Sabbatini [ritaglio di giornale], s.l.

s.d. [ma 1923] e In onore di Romolo Sabbatini [ritaglio di giornale], s.l. s.d. [ma 1923], entrambi in Ascrl-Fpb/Crs, f. 1923. )), Romolo Sabbatini nondimeno appare antitetico a un’altra parte del movimento operaio romano – democratica, antifascista senza se e senza ma, affine a quel “radicato sentimento […] che permeava la gran parte dei lavoratori e della popolazione di tutta la città” (Novelli, Salvatori 1993, 179) – non a caso discriminata durante il ventennio mussoliniano, e a differenza di Sabbatini fatta oggetto nel 1921-1922 di pesanti attacchi squadristici.

Lo provano ad esempio i percorsi biografici, caratterizzati dall’antifascismo, sia del tipografo Giuseppe Parpagnoli (Daga 2004), sia del socialista Antonino Campanozzi, quest’ultimo già negli anni Dieci critico verso l’esito del “popolarismo” nathaniano (( Cfr. la lettera de Il Sindaco di Roma, Ernesto Nathan, ad Antonino Campanozzi, Roma 2 agosto 1912, in Ascrl-Fpb/Cac, f. 1909-1912. )) e nei confronti della stessa Congregazione di Carità – dalla quale, a differenza di Sabbatini, si era dimesso nel 1910 (( Vedi la missiva di Augusto Torlonia [Presidente della Congregazione di Carità di Roma] ad Antonino Campanozzi, Roma 29 dicembre 1910, in Ascrl-Fpb/Cac, f. 1909-1912. )) – sì che nel 1923, mentre Sabbatini è insignito d’una onorificenza su proposta del Duce, Campanozzi assieme agli altri antifascisti romani subisce le angherie e le violenze degli squadristi, che l’anno prima avevano devastato la sede della Società Cooperativa Teatro del Popolo, e nel 1926 viene inviato al confino dopo la soppressione del giornale da lui diretto (( Su questi episodi cfr. in Ascrl-Fpb/Cac, il f.

1920-1923. Cooperativa Teatro del Popolo, in particolare il Verbale dell’assemblea degli azionisti

[della Società Anonima Cooperativa “Teatro del Popolo”], Roma 25 novembre 1923; indi il f. 1926.

Notifica di assegnazione al confino e di sospensione della ‘Giustizia. )).

Un percorso, questo, appunto diametralmente opposto a quello di Romolo Sabbatini (( In una breve lettera di Romolo Sabbatini a Ugo Ojetti, Roma 22 ottobre 1930 – in Gnam-Fuo, Serie 2 Corrispondenti: letterati e politici, f. Sabbatini Romolo – nel congratularsi con Ojetti per la nomina ad accademico d’Italia, Sabbatini indicativamente, e quasi a suggello d’una consolidata “ascesa” sociale, si firma “commendatore”. )), che dal canto suo accentuerà negli anni Venti e Trenta la “devozione” al Duce: perlopiù grazie all’attività giornalistica – di pieno supporto al regime – nella redazione de “Il Messaggero”, cioè d’un giornale sin dal 1922 e fino allo scoppio della seconda guerra mondiale

“allineato con le posizioni di Mussolini” (Talamo 1984, 177) e dal quale Sabbatini si allontanerà – o forse sarà allontanato – solo nel 1941, con la destituzione del direttore Francesco Malgeri quindi con la nuova direzione di Fausto Buoninsegni e poi nel 1943 di Alessandro Pavolini, caratterizzate da un fascismo particolarmente dogmatico, “intransigente” e nel quadro d’una generale stretta repressiva subita dalla stampa italiana (Gorresio 1980; Talamo 1984).

La “devozione” e il fascismo di Sabbatini, d’altronde, sono molto evidenti nel volume da egli scritto per celebrare l’invasione dell’Etiopia, e nel quale si glorificavano le operazioni militari dell’esercito italiano in Africa Orientale assieme alla linea diplomatica voluta da Mussolini. Il rovesciamento completo dell’esperienza socialista, tanto “rivoluzionaria” quanto “riformista”, è dunque compiuto e con queste parole tratte dal libro di Sabbatini – davvero paradigmatiche circa l’ultima tappa della biografia del “sindacalista” romano (( Sabbatini morirà a Roma il 2 marzo 1943, così come si evince da Comune di Roma. Ripartizione IV-Servizi Demografici. Ufficio dello Stato Civile, Estratto per riassunto dal registro degli atti di morte dell’anno 1943, parte I, serie I, atto n. 613, concernente “Sabbatini Romolo, da Pietro e da Pellegrini Erminia, […] coniugato con Bartolucci Cesira”. )), attestanti inoltre il livello di retorica e volgarità propagandistiche raggiunto in questo volume – chiudiamo infatti il nostro saggio:

Rifare la storia del giudizio della lega ginevrina [ovvero la Società delle Nazioni] sulla azione italiana in Africa, e della stupida quanto infame sentenza, sarebbe qui fuori posto. Tuttavia non possiamo non riportare il discorso del nostro delegato Aloisi in quella occasione. Esso compendia la linea di condotta politica italiana, dal Duce improntata a giustizia, chiarezza, civiltà, e contemporaneamente segna la responsabilità altrui nel momento attuale. La combutta ginevrina, capeggiata dalla burbanzosa vacca grassa britannica, non tenne conto allora della parola italiana. Ma questa parola resta l’unica giusta, sennata, veramente pacifica. Il nostro popolo, guidato da un Uomo che è l’espressione di tutte le virtù del popolo italiano, non si lasciò intimorire né dalle intimidazioni societarie, né dalle navi di una nazione cui abbiamo regalato parecchio in passato: dal danaro all’ingegno, dal sangue a terra nostra. Sempre sorretto dalla volontà animatrice del Duce, dalle Sue parole, dal Suo esempio, scese in campo per vendicare i Caduti gloriosi di ieri, i torti vecchi e nuovi, per farsi

da sé quella giustizia negatagli dagli altri, per creare ai figli un domani migliore e dare alla Patria ancora una gloria. Con l’alto auspicio del Re Vittorioso, Duce Benito Mussolini, l’Italia

“proletaria e fascista, l’Italia di Vittorio Veneto, l’Italia della Rivoluzione” sorse in piedi (Sabbatini 1936, 13-14).

1. Romolo Sabbatini in una foto del 1904 (“L’Umanità”, 28 agosto 1904. Biblioteca della Fondazione Lelio e

Lisli Basso di Roma).

2. Una delegazione dei Comitati Riuniti dei tipografi

capitolini esce da Montecitorio dopo aver

conferito coi deputati socialisti in occasione dello

sciopero generale romano del 1903. Romolo Sabbatini è il primo da sinistra, con cappello bianco e bastone

(“Illustrazione italiana” 19 aprile 1903. Biblioteca

Nazionale Centrale di Roma).

3. Tessera del 1905 della Camera del Lavoro di Roma e Provincia intestata

a Romolo Sabbatini (Archivio Storico della Cgil di Roma e del Lazio. Fondo Paolo Basevi-Carte Romolo

Sabbatini, f. 1905).

4. Comizio al Teatro Pietro

Cossa durante il lungo

Daniele D’Alterio. Nato a Roma nel 1974. Dottore di ricerca in storia contemporanea, è autore di saggi e monografie, in particolare sulla storia del movimento operaio e sul sindacalismo rivoluzionario. A partire dal 2002 ha collaborato con diversi istituti culturali, tra cui Istituto della Enciclopedia Italiana G. Treccani, Centro per il Libro e la Lettura del Ministero dei Beni delle Attività Culturali e del

Turismo, Archivio Storico della Camera dei Deputati. È inoltre ideatore e curatore dell’Archivio

Fotografico-Iconografico della Biblioteca Universitaria Alessandrina di Roma e della “mostra virtuale”

costituita dalle sue prime sezioni, dal titolo Società, sindacato, politica: Roma, l’Italia, l’Europa all’alba del Novecento (1900-1910) http://movio.beniculturali.it/bua/societasindacatopolitica/

Biography

Daniele D’Alterio was born in Rome in 1974. PhD student in contemporary history, he is the author of essays and monographs, focusing in particular on the history of the labour movement and

revolutionary syndicalism. Since 2002 he worked with several cultural institutes, including the

Institute of the Italian Encyclopedia G. Treccani, the Center for the Book and Reading of the Ministry of Cultural Activities and Tourism, the Historical Archive of the Chamber of Deputies. He is also the creator and curator of the Photographic-Iconographic Archive of the University Library Alessandrina in Rome and of the “virtual exhibition” formed by its first sections, with the title of Society, Trade Union, Politics: Rome, Italy, Europe dawn of the twentieth century (1900-1910)

http://movio.beniculturali.it/bua/societasindacatopolitica/

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