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ROMOLO SABBATINI. STORIA DI UN SINDACALISTA ROMANO DAL SOCIALISMO AL FASCISMO

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ROMOLO SABBATINI. STORIA DI UN SINDACALISTA ROMANO DAL SOCIALISMO AL FASCISMO

Posted on 29 Novembre 2013 by Storia e Futuro

Categories: Archivi, Numero 33 - Articoli, Numero 33 - Novembre 2013, Primo piano

Tags: anarchismo, Camera del Lavoro, Confederazione Generale del Lavoro, Enrico Ferri, Roma, Romolo Sabatini, sindacato, socialismo

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di Daniele D’Alterio

Sigle

Acs: Archivio Centrale dello Stato

Ascd: Archivio Storico della Camera dei Deputati Ascrl: Archivio Storico della Cgil di Roma e del Lazio Bncr: Biblioteca Nazionale Centrale di Roma

Cac: Carte Antonino Campanozzi Cal: Carte Alberto Lapegna Cav: Carte Antonio Vicini Cdp: Carte di Parlamentari Cib: Carte Ivanoe Bonomi

Cpc: Casellario Politico Centrale Crs: Carte Romolo Sabbatini

Feo: Fondo Eredi Orano – d’ora innanzi Fpb: Fondo Paolo Basevi

Fsp: Fondo Sergio Panunzio Fuo: Fondo Ugo Ojetti

Fus: Fondazione Ugo Spirito e Renzo de Felice di Roma Gnam: Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, Gpp: Giunta per le Petizioni

Ic: Incarti Commissioni

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Abstract

Il saggio prende in esame il percorso biografico di Romolo Sabbatini, dirigente politico nonché leader sindacale del movimento operaio romano e italiano: dall’inizio del Novecento, ovvero dall’esperienza come tipografo dell’Avanti! diretto da Enrico Ferri e soprattutto dalla militanza sindacalista rivoluzionaria nel gruppo guidato da Enrico Leone, fino al progressivo approdo a posizioni “riformiste”, nel corso degli anni Dieci viepiù moderate, anticonflittuali ed infine – in virtù della successiva adesione all’interventismo e poi al fascismo – organicamente reazionarie. Grazie a una ricca documentazione archivistica – in particolare le Carte Romolo Sabbatini dell’Archivio Storico della Cgil di Roma e del Lazio – si snoda pertanto la biografia d’una figura di spicco del movimento operaio romano e italiano, in grado d’attraversare molteplici e differenti stagioni politiche – ad

esempio quella del “blocco popolare” e d’Ernesto Nathan sindaco di Roma, tutt’uno con l’affiliazione massonica di Romolo Sabbatini – fino all’esperienza di Sabbatini come redattore del quotidiano Il Messaggero negli anni Venti e Trenta, ed infine alla sua morte, avvenuta a Roma nel 1943.

Abstract english

The essay analyses the life of Romolo Sabbatini, one of the leaders of the labour movement in Rome and in Italy at the beginning of the twentieth century: from his experience as a typographer of the socialist newspaper Avanti! directed by Enrico Ferri, and especially from militancy in the group of the revolutionary syndicalism Enrico Leone, until the progressive adoption of reformist positions during the 1910s, positions which moved from being moderate to reactionary – because of the subsequent adhesion to interventionism and then to fascism.

The biography of Romolo Sabbatini unfolds thanks to an extensive archival material – especially the Papers of Romolo Sabbatini at the Historical Archive of the Cgil of Rome and Lazio – returning the image of a prominent figure in the Roman and Italian labour movement, capable to cross multiple and different political seasons – for example, the “popular bloc” and the Rome mayoralty of Ernesto Nathan, which went hand in hand with Sabbatini’s affiliation of Masonry – until his experience as journalist of the newspaper Il Messaggero in the Twenties and Thirties, and finally to his death in Rome in 1943.

Sindacalista, socialista e tipografo dell’“Avanti!” nella Roma d’inizio Novecento

Romolo Sabbatini (( Precisiamo che in alcuni documenti e testi ai quali si fa qui riferimento il cognome risulta essere “Sabbatini”, in altri “Sabatini” – ad esempio nel Casellario Politico Centrale, nel quale è schedato come “Sabatini Romolo”, senza contare che egli stesso era solito firmarsi in alcuni casi “Sabatini”, in altri “Sabbatini”: per l’esigenza di non complicare la lettura di questo saggio

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abbiamo deciso d’utilizzare sempre il vero cognome, che è “Sabbatini”, così come risulta dal suo certificato di morte. Bisogna comunque ricordare che, nel complesso, questa figura è assai più nota come Romolo Sabatini, e così la si può sovente reperire in documenti d’archivio e in fonti a stampa.

)) è una delle figure meno prese in esame dagli studiosi che, nel corso degli anni, si sono occupati di movimento operaio a Roma. La lacuna appare tanto maggiore quanto più consideriamo l’oggettiva importanza della vicenda che, di volta in volta e nel suo complesso, ha interessato il Sabbatini tipografo, socialista, dirigente sindacale – dapprima sindacalista rivoluzionario, direttore de Il Sindacato Operaio e principale “luogotenente” del leader Enrico Leone; poi segretario riformista della Camera del Lavoro (Cdl) capitolina aderente alla Confederazione Generale del Lavoro (Cgdl) – indi consigliere comunale del “blocco popolare” e figura politica di spicco della Roma nathaniana;

infine, a partire dagli Dieci, sempre più su posizioni moderate, tali da renderlo parte attiva del movimento interventista, fino all’approdo stabile al fascismo, che coincide con la sua attività di giornalista nel quotidiano romano Il Messaggero.

Certo, di Sabbatini si è scritto là dove gli studiosi hanno affrontato i temi ai quali abbiamo appena fatto riferimento, ma di “monografico” – e di “biografico” – non vi è nulla. Con questo saggio cerchiamo dunque di colmare la lacuna e ricostruire un percorso esistenziale non privo d’interesse, in particolare grazie alle Carte Romolo Sabbatini contenute nel Fondo Paolo Basevi dell’Archivio Storico della Cgil di Roma e del Lazio (( A tal proposito ringrazio in maniera particolare Giuseppe Sircana, direttore dell’Archivio Storico della Cgil di Roma e del Lazio, per la sua disponibilità e per la gentilezza nel permettermi di consultare le Carte Romolo Sabbatini. )), a nostro avviso strumento prezioso per il ricercatore interessato alla storia del movimento operaio romano e, ovviamente, a quella di Romolo Sabbatini.

Storia che, d’altronde, stando al fascicolo “Sabatini Romolo fu Pietro” del Casellario Politico Centrale, ha inizio proprio nel 1900. Il profilo che ne traccia il solerte funzionario di polizia non è davvero quello d’un pericoloso sovversivo, quanto piuttosto d’un uomo mite – per certi versi grigio, ordinario – quindi un lavoratore indefesso e un socialista rispettoso delle leggi, tratti questi di “riformismo” e congenito, stutturale “moderatismo” che saranno del resto un autentico fil rouge – politico e caratteriale – della biografia di Sabbatini, paradossalmente anche durante la stagione sindacalrivoluzionaria:

Nell’opinione pubblica gode buona fama. È di carattere vivace, di poca educazione, di intelligenza e coltura mediocre. Ha compiuto gli studi elementari. È assiduo al lavoro e trae i mezzi di sostentamento dal suo mestiere di tipografo. Frequenta la compagnia dei socialisti.

Nei suoi doveri verso la famiglia si comporta bene. Non ha mai rivestito cariche, amministrative o politiche. Appartiene al Partito Socialista [Italiano] e precedentemente non appartenne ad altro partito. Non esercita alcuna influenza. Non risulta che abbia corrispondenza epistolare coi sovversivi del Regno e dell’estero, ove non ha mai dimorato.

Appartenne alla Federazione socialista del lavoratore del libro. Non ha collaborato né

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collabora alla redazione di giornali. Non consta che riceva o spedisca giornali o stampe sovversive. Non consta che faccia propaganda delle sue idee. Non ha tenuto né è capace di tenere conferenze. […] Non fu proposto per la giudiziale ammonizione, né pel domicilio coatto.

Non ha subito condanne, o imputazioni (( Nota del 19 novembre 1900, in Acs-Cpc, b. 4508, f.

Sabatini Romolo fu Pietro. )).

L’apparente ordinarietà – che il funzionario di p.s. scambia, con qualche disprezzo, per “mediocrità” – è però al contempo metodicità, diligenza, meticolosità d’un proletario e d’un socialista, ma soprattutto d’un uomo del sindacato, che non disgiunge mai l’azione dall’organizzazione, la fede per l’idea politica dai concreti, necessari e tangibilissimi “fatti”, quindi dalle stesse riforme che di volta in volta le organizzazioni – sindacali, prima che politiche – devono poter ottenere, dal padronato come dallo Stato.

Saranno queste speciali tonalità, “operaiste” e se vogliamo “laburiste”, a convincere Enrico Leone che quel mite tipografo e volenteroso dirigente della Cdl romana può essere in realtà il prototipo del sindacalista “puro” teorizzato dall’intellettuale campano nei suoi anni romani, ovvero il felice inizio d’una progressiva ibridazione e compenetrazione fra sindacato e partito, fra classe operaia e politica, tali da rendere il proletariato organizzato attore maturo e consapevole nel processo rivoluzionario, non più subalterno ai partiti, quindi soggetto politico realmente autonomo (in merito e sul rapporto Leone-Sabbatini vedi D’Alterio 2011).

E sono del resto questi stessi aspetti che, già all’alba del Novecento, fanno di Romolo Sabbatini un assiduo organizzatore e un indefesso propagandista: a Roma e nella provincia (Novelli 1994), nell’ambito della Federazione del Libro (Fdl) (Aa.Vv. 1984), della Cdl capitolina (Novelli, Salvatori 1993) – nel 1901 entra a far parte per la prima volta della Commissione Esecutiva (Ce) dell’organismo camerale, che lo vedrà poi a più riprese segretario nel corso degli anni fino alla prima guerra mondiale – e dell’Unione Socialista Romana (Usr), a contatto sia dell’eterogeneo proletariato dell’Urbe sia dei contadini dell’Agro e del Suburbio (( Su tutti questi temi vedi Acs-Cpc, b. 4508, f.

Sabatini Romolo fu Pietro; nonché Ascrl-Fpb/Crs, ff. 1900, 1901, 1902 e 1903. )).

Certo, non è un “solista” bensì un “gregario”, un portatore d’acqua; ciononostante Sabbatini – grazie anche alla fine della repressione nei confronti del movimento operaio e alla “primavera” delle organizzazioni proletarie italiane garantita dal governo Zanardelli – a dispetto della giovane età (( In Acs-Cpc, b. 4508, f. Sabatini Romolo fu Pietro, luogo e data di nascita sono: “Roma, 22 marzo 1875”. )) diventa, nella Capitale all’alba dell’età giolittiana, un dirigente politico e sindacale emergente, quindi un punto di riferimento per i lavoratori di molte, diverse categorie (( Cfr. ad esempio, circa il legame con la lega di resistenza dei tramvieri romani, in Ascrl-Fpb/Crs, i ff. 1902 e 1903. )). Per queste ragioni Sabbatini partecipa, in qualità di delegato, ad importanti congressi del rinato movimento operaio italiano: già nel 1900 – su delega del Circolo Studi Sociali di Frascati, che gli conferisce “ampia facoltà […] di rimanere d’accordo con i rappresentanti delle Sezioni [socialiste] di Albano e Genzano di

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Roma” (( Delega autografa del Circolo di Studi Sociali di Frascati per Romolo Sabbatini, Frascati 7 settembre 1900, in Ascrl-Fpb/Crs, f. 1900. )) – è al Congresso nazionale del Partito Socialista Italiano (Psi) tenutosi proprio nella Capitale, mentre nel 1901 è – su delega della Società di Mutuo Soccorso, Previdenza e Collocamento fra gli Operai Panettieri di Roma – al Congresso nazionale delle Cdl, cooperative e società di mutuo soccorso tenutosi a Reggio Emilia (( Su tutto ciò cfr. Ascrl-Fpb/Crs, ff.

1900 e 1901; nonché Acs-Cpc, b. 4508, f. Sabatini Romolo fu Pietro. )).

Nel 1902 è nuovamente delegato – ma questa volta dell’Usr – al Congresso nazionale socialista di Imola e d’altronde la sua rapida, stabile ascesa all’interno del movimento operaio romano è attestata sia dalla lettera del Comitato Direttivo dell’Usr, che per bocca d’un suo rappresentante nel 1902 si diceva “oltremodo lieto di parteciparti che nell’adunanza generale tenutasi la sera del 18 corr. per la rinnovazione delle cariche sociali, sei stato eletto Presidente delle assemblee insieme al compagno Susi Attilio” (( Il Comitato Direttivo dell’Unione Socialista Romana a Romolo Sabbatini, Roma 22 ottobre 1902, in Ascrl-Fpb/Crs, f. 1902. )); sia dalla missiva del tipografo repubblicano Tommaso Brignardelli, all’epoca membro autorevole della Ce della Cdl capitolina, che in quello stesso 1902 gli scriveva: “adempio al gradito incarico di comunicarti l’avvenuta nomina da parte dei soci iscritti a questa Camera del Lavoro a membro della Commissione Esecutiva. E t’invito alla prima riunione che d’urgenza avrà luogo la sera di mercoledì 30 corr. alle ore 9 pom.[eridiane] per delineare il programma del lavoro da compiersi dalla nuova Commissione Esecutiva e per la distribuzione degli incarichi” (( Tommaso Brignardelli a Romolo Sabbatini, Roma 29 luglio 1902, in Ascrl-Fpb/Crs, f. 1902.

Sulla nomina di Sabbatini, nel 1902, a membro della Ce della Cdl romana vedi anche Acs-Cpc, b.

4508, f. Sabatini Romolo fu Pietro. )).

Il complessivo rilievo assunto da Sabbatini è attestato anche dalla sua tangibile e infaticabile attività politico-sindacale, che all’epoca cominciava ad oltrepassare gli stessi confini di Roma e del Lazio ((

Nella lettera di Guido Podrecca a Romolo Sabbatini, Roma 5 febbraio 1903, in Ascrl-Fpb/Crs, f. 1903, infatti, veniva ricordata la tappa di Palestrina d’un giro di conferenze socialiste a scopo propagandistico tenute da Sabbatini. Nel breve profilo di Romolo Sabbatini contenuto in Camera del Lavoro di Roma, “L’Umanità”, 4 set. 1904, egli inoltre è descritto come “un tipografo che passa il tempo tra il lavoro e le organizzazioni operaie. Ha trent’anni ma ha tutta l’esperienza di un vecchio combattente”. )). In qualità di membro della Cdl capitolina e della sezione romana della Fdl, infatti, egli ebbe modo d’intrecciare saldi rapporti con le Cdl umbre, in particolare Terni e Perugia (( Vedi in merito Congresso socialista nell’Umbria, “Avanti!”, 9 gen. 1906; indi le note inviate da Il Prefetto di Perugia al Ministero dell’Interno, Perugia 7 settembre, 3 e 8 dicembre 1905 in Acs, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di P.S., Categorie annuali: 1905, b. 15 Disordini e dimostrazioni, f.

Perugia. )); mentre già nel 1903 si spingeva come propagandista del Psi nel Grossetano – nel 1904, in occasione delle elezioni politiche, Sabbatini sarà il candidato ufficiale del Psi per il collegio di Grosseto, sebbene sconfitto perché sopravanzato dal radicale Ettore Socci (( Cfr. Acs-Cpc, b. 4508, f.

Sabatini Romolo fu Pietro. )) – così come attestato dalla missiva inviatagli dal socialista toscano Olinto Perissi, a testimonianza d’una militanza assidua, dura, “minuta” e davvero molto faticosa:

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Caro Sabbatini, il 28 corrente ebbe luogo l’adunanza del Comitato Federale [della Sezione del Psi di Grosseto], ed io comunicai la tua cartolina. Il Comitato presone atto, e sempre per le ragioni di opportunità da me spiegate nell’ultima lettera, deliberava che ti recassi per un giro di propaganda nel 2° Collegio negli ultimi giorni di agosto o i primi di settembre. A me fu dato l’incarico di fissare la data – dopo essermi messo d’accordo con i compagni di là – e l’itinerario. A tal uopo ho già scritto e quando sarà tutto stabilito ti avvertirò. Certo che ci vorrà qualche giorno perché si tratta di aver la risposta da una decina di paesi e tu sai come si perda facilmente tempo attendendo le risposte. I paesi che dovresti fare sarebbero: Orbetello, Manciano, Pitigliano, Sorano, Montemerano, Scansano, Roccalbegna, Santa Fiora, Castel Lazzaro, Arcidosso, Castel del Piano e Seggiano. Ho scritto ancora a persona pratica di quei luoghi affinché m’informi il modo più comodo di tale giro, e dopo che mi avrà risposto ti indicherò se dovrai passare dalla parte di Civitavecchia o dalla parte di Orvieto. Orbetello è nel nostro Collegio [di Grosseto], ma siccome o alla venuta o al ritorno devi passarci necessariamente, così ti fermerai. Come vedi sarà una gita per la quale occorreranno 10 o 12 giorni, perché certi paesi ne puoi fare ancora due in un giorno, specialmente se è domenica, perché sono molto vicini. Se poi invece ti piaceranno quei posti e in qualche paese ti vorrai trattenere qualche giorno, anche per riposarti, perché capisco anch’io che non sei una macchina, tanto meglio. Perciò prima anche di fissare i giorni in cui dovrai parlare nei singoli paesi, c’intenderemo. Intanto tu quando mi scriverai, dimmi se hai piacere di riposarti ogni 2 o 3 giorni, sia per lo strapazzo del viaggio che è fatto tutto in vettura, sia anche per le conferenze, ed io che conosco i paesi ti stabilirò dove vuoi fermarti. Probabilmente io ti accompagnerò in quel giro, a meno che non mi lascino le febbri malariche che ho da qualche giorno e che mi fanno star male (( Olinto Perissi a Romolo Sabbatini, Grosseto 31 luglio 1903, in Ascrl-Fpb/Crs, f. 1903. )).

Questa militanza di Sabbatini, d’altronde, s’iscriveva come già accennato in un periodo di generale risveglio del movimento operaio, egemonizzato all’epoca da forze sostanzialmente riformiste.

Sarebbe però sbagliato a nostro avviso sia ritenere tale “egemonia” un dato stabilmente acquisito a livello nazionale perlomeno sino alla fondazione della Cgdl sia – sul piano biografico – considerare Romolo Sabbatini per queste medesime ragioni un “riformista”.

Non dimentichiamo infatti che già fra il 1903-1904 gli episodi conflittuali e d’embrionale azione diretta costituiti dagli scioperi generali di Roma – successivo ad una agitazione dei tipografi e del quale proprio Sabbatini sarà uno dei massimi protagonisti, come avremo modo d’appurare – e Torre Annunziata (( Interessante a tal proposito è la missiva del deputato socialista Mario Todeschini a Romolo Sabbatini, Roma 27 marzo 1904, in Ascrl-Fpb/Crs, f. 1904, concernente un episodio d’azione diretta particolarmente caro al nascente sindacalismo rivoluzionario come appunto lo sciopero generale – divenuto poi “eccidio proletario” – di Torre Annunziata, rispetto al quale il socialismo e il sindacalismo capitolini sono con tutta evidenza in prima linea, quindi a fianco degli scioperanti

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campani. )) fanno emergere una diversa sensibilità in larghi strati del proletariato urbano ed extraurbano, mentre l’egemonia turatiana in realtà inizia a scricchiolare nel Psi subito dopo il Congresso di Imola del partito, tracollando nel 1904 fra il Congresso di Bologna della primavera e lo sciopero generale nazionale del settembre. Nel sindacato, invece, il difficoltoso processo di costruzione d’un soggetto unitario si accompagna a una crisi acuta delle componenti più moderate, che fa da pendant all’incagliarsi della paventata svolta riformatrice e liberalprogressista che il ministero Zanardelli-Giolitti avrebbe dovuto assicurare, quindi all’emersione d’una leadership nuova in campo operaio, più giovane e più combattiva, all’interno di molte Cdl e Federazioni di Mestiere (Fdm).

Di tale diffusa leadership, in quegli anni quasi naturalmente orientata in direzione “estremista” e poi spesso strutturalmente sindacalrivoluzionaria, è bene ricordare che non ne facevano parte solo elementi “anarchici”, “violenti” o tradizionalmente sovversivi ma, appunto, spezzoni consistenti del proletariato organizzato e dei suoi gruppi dirigenti, in larga parte ancora provenienti dall’esperienza operaista – che molti di essi consideravano in certo modo “incompiuta” – materiati perciò d’una cultura politico-sindacale al contempo autonomista, esclusivista, pragmatica, gradualista: qualcosa che, per intenderci, magnificava – sovente con toni ai limiti del corporativismo – il valore delle riforme, l’autonomia del sindacato dai partiti e che pure in caso di conflitto sociale acuto, prolungato, non disdegnava di ricorrere a forme di lotta dure o alla stessa azione diretta (( In una lettera di Gaetano Salvemini a Sergio Panunzio, Messina 1 agosto 1903 – in Fus-Fsp, Serie V Corrispondenza, b. 17, f. 291 Salvemini Gaetano – era lo stesso intellettuale pugliese a lodare come realmente socialisti questo pragmatismo e questa grande concretezza, tipici delle “organizzazioni economiche”, degli “operai”, dei “lavoratori”, assai meno dei partiti e dei gruppi parlamentari. )).

Saranno non a caso questi elementi operai e dirigenti delle organizzazioni sindacali – pensiamo, ad esempio, a Roma come in Italia, a Giuseppe Parpagnoli, Ernesto Verzi, Cleobulo Rossi, Emanuele Branconi, Angiolo Cabrini e ovviamente Romolo Sabbatini – a mostrarsi contigui, affini od organici ai gruppi sindacalrivoluzionari, in primis quello guidato a partire dal 1904 da Enrico Leone ed avente proprio nella Cdl romana l’importante centro direttivo d’una più ampia iniziativa sindacalista in realtà di carattere nazionale.

In tal senso ci sembra paradigmatica la missiva inviata a Sabbatini nel 1902 – fra l’altro anno di nascita, inizialmente proprio nella Capitale sebbene per un breve periodo, dell’Avanguardia socialista, poi trasferitasi stabilmente a Milano (( Di grande interesse a tale proposito è la missiva di Romeo Soldi a Sergio Panunzio, Cremona 15 giugno 1942 – in Fus-Fsp, Serie V Corrispondenza, b. 17, f. 303 Soldi Romeo – nella quale, rievocando proprio la nascita dell’Avanguardia socialista, Soldi scriveva: “Caro Panunzio, ti sono grato di aver rievocato i tempi della giovinezza. Non possiedo la raccolta di Avanguardia socialista. Ho solo dei numeri. Si troverà alla Biblioteca di Roma perché è lì che si pubblicava. […] La discussione dilagava nel partito [socialista] e le due tendenze dovevano scontrarsi al Congresso di Imola [del Psi] – settembre 1902. Allora d’accordo con [Cesare] Alessandri

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– segretario della Direzione [del Psi] – e con Ettore De Gregori – giovane romano entusiasta – si decise di fondare l’Avanguardia socialista per sostenere le idee [rivoluzionarie] della maggioranza della Direzione. […] La mia direzione [dell’Avanguardia socialista] si ispirava al criterio di sviluppare l’economia generale in vantaggio della classe lavoratrice. Mi affiatai anche col Mouvement socialiste di Lagardelle. Ricordo una riunione a Parigi con Lagardelle e Kautsky. […] Si preparava l’urto fra le due tendenze che doveva decidersi nel Congresso [nazionale del Psi di Imola]. Quindi all’Av.[anguardia]

Soc.[ialista] faceva capo di fatto tutta la tendenza intransigente. Riusciti vincitori i riformisti ad Imola, si stimò inutile proseguire colla pubblicazione del settimanale che per essere compilato con informazione organica doveva sempre essere riveduto da me dalla prima all’ultima parola. Ma intanto a Milano [Costantino] Lazzari, Walter Mocchi, Arturo Labriola conducevano una campagna estremista. Famosa la formula del Lazzari ‘il sasso nella macchina borghese’. […] Allora Walter Mocchi ed Arturo Labriola mi chiesero di pubblicare l’Avanguardia socialista a Milano. Ed io non mi opposi […]”. Da rimarcare, in tal senso, come sia Romolo Sabbatini sia Giuseppe Parpagnoli, futuri leader dell’agitazione dei tipografi e poi dello sciopero generale di Roma del 1903, risultassero fra i collaboratori di questo giornale: cfr. Collaboratori, “Avanguardia socialista”, 8 giu. 1902. )) – dal socialista rivoluzionario Ettore De Gregori, attivo nell’Usr e poi organico a partire dal 1904 al gruppo leoniano:

Mio caro Sabbatini, ai più intimi fra i miei amici io soglio sempre augurare il buon anno in modo meno fuggevole che non sia quello di un consueto saluto a viva voce o di un convenzionale biglietto da visita pel tramite della posta. Or tu sei del breve numero e non occorre dire quale lieto canto io faccia dell’amicizia tua per me, rinsaldata nella fede in un comune ideale. Io ti amo infatti non solo per le qualità non comuni dell’animo, ma sovrattutto per l’inesauribile entusiasmo, col quale consacri la molteplice ed efficace opera tua alla grande causa del proletariato, dimostrando una maturità di fede assai superiore all’età: il che fa presagire anche ai meno veggenti che tu sei destinato ad avere una parte importante nella suprema guerra, che il nostro suolo dovrà combattere per liberarsi dalla trista eredità di tutti i secoli che lo precedettero. Queste sole parole bastano a rivelare che trattasi di una lotta, quale la terra non vide mai in nessuno de’ suoi campi, né la storia ebbe mai a registrare in nessuna delle sue pagine. E il più meraviglioso si è che non pochi fra noi credono ch’essa si possa sostenere e vincere con armi incruente, con la sola forza, che deriva dal diritto, dal numero, dalla coscienza socialista universalizzata. Sabbatini mio, questo a me pare il sogno di un ottimista. Fino a che si tratterà di semplici riforme, anche molto radicali, credo pur io che si potranno ottenere o, per dir meglio, strappare con mezzi pacifici; ma quando si dovrà por mano all’applicazione dei principii fondamentali del vangelo socialistico, io penso che le resistenze saranno tali da dover necessariamente ricorrere a mezzi rivoluzionari. E vedremo allora risolversi l’attuale e troppo clamoroso dissidio fra il Turati ed il Ferri, poiché quegli non potrà alla luce dei fatti dissentire da questo. Quali che siano i doveri che ci riserba l’avvenire, noi siamo compagni così nei giorni della preparazione che in quelli della azione […] (( Ettore De

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Gregori a Romolo Sabbatini, Roma 9 gennaio 1902, in Ascrl-Fpb/Crs, f. 1902. Ne La festa dell’“Avanguardia socialista”, “Avanguardia socialista”, 8 giu. 1902, si specificava peraltro che

“i biglietti [per una festa organizzata dal giornale presso il Circolo socialista romano Garofano Rosso] si ritirano presso il compagno Sabbatini alla tipografia dell’Avanti! e presso il compagno De Gregori”. )).

Una sensibilità precisa insomma, per certi versi ancora confusamente “rivoluzionaria”, con tutta evidenza condivisa dai due “compagni” e che in quegli anni d’inizio Novecento trovava un primo punto di coagulo – nel Psi più che nel sindacato – nelle posizioni del socialismo cosiddetto

“intransigente”, il cui massimo leader era il direttore dell’Avanti! e deputato Enrico Ferri. Per molti sindacalisti rivoluzionari – Enrico Leone, Paolo Orano, Michele Bianchi, Tomaso Monicelli, Virgilio Panella, Guido Marangoni, Roberto Forges Davanzati, Maurizio Maraviglia, Giovanni De Nava ed altri, tutti redattori o collaboratori ordinari del quotidiano del Psi – l’Avanti! ferriano e più in generale il

“ferrismo” furono senz’altro un importante momento di passaggio sulla strada d’un compiuto approdo sindacalrivoluzionario, nonché di legittimazione all’interno del Psi (( In merito alla contiguità dei sindacalisti rivoluzionari ad Enrico Ferri in quegli anni e in certo modo alla “complicità” del direttore dell’Avanti! con questi elementi sul piano politico-giornalistico sicuramente fino a tutto il 1904, cfr. in Fus-Fsp, Serie V Corrispondenza, b. 15, il f. 192 Ferri Enrico; indi b. 16, il f. 242 Monicelli Tomaso e il f. 248 Niceforo Alfredo. )).

Con le sue ricorrenti, martellanti campagne “moralizzatrici” (( Vedi ad esempio – anche in relazione alla forte eco di tali campagne giornalistiche, quindi alla simpatia che esse riscuotevano in ambienti non esclusivamente “proletari” ma anche “popolari” o piccolo-medio borghesi – in Ascrl-Fpb/Crs, i ff.

1904 e 1906. Su questi e su altri tratti caratteristici dell’Avanti! ferriano da noi ricordati nel saggio, cfr.

inoltre in Gnam-Fuo, Serie 2 Corrispondenti: letterati e politici, il f. Ferri Enrico (onorevole). )) – celebre quella contro il ministro della Marina, Giovanni Bettolo – quindi con una linea politico-giornalistica spiccatamente antigiolittiana, antituratiana, anticlericale, pacifista e liberoscambista, l’Avanti! e il socialismo “intransigente” del suo direttore erano destinati a diventare un polo d’attrazione per tutti quegli elementi che, se non ancora consapevolmente “sindacalisti”, si consideravano comunque

“rivoluzionari”, quindi insofferenti del “connubio” Giolitti-Turati così come dell’eccessiva prevalenza data dal gruppo dirigente del Psi al tema delle “riforme”.

È perciò necessario inquadrare l’esperienza di Sabbatini nell’ambito dell’Avanti! ferriano – dove con buona probabilità approfondì la conoscenza d’Enrico Leone e di altri futuri sindacalisti rivoluzionari – in cui egli operava non in qualità di giornalista, bensì di tipografo: un tipografo, tuttavia, che non si limitava al lavoro di composizione del giornale ma anzi collaborava a titolo pienamente politico col direttore e coi redattori (( Da ricordare, comunque, che Sabbatini firmò un paio di articoli sul quotidiano ufficiale del Psi diretto da Enrico Ferri: cfr. R.S. [Romolo Sabbatini], L’attività politica di Antonio Labriola. Impressioni e ricordi e Id., L’Ufficio del Lavoro, entrambi nell’“Avanti!”, 4 feb. e 17 mag. 1904. )). Molto attivo, infatti, Sabbatini risultò in occasione della lunga campagna antigiolittiana –

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e, diremmo oggi, “antipolitica” – caratterizzata da una satira aggressiva e da un antiparlamentarismo estremo, dal titolo I 508 moribondi di Montecitorio, apparsa fra il 1904 e il 1905 sull’Avanti!. La rubrica, della quale era responsabile Paolo Orano – che per questo motivo assieme ad Enrico Ferri sarà poi oggetto d’un procedimento giudiziario e d’una condanna per diffamazione a mezzo stampa (( In relazione alle roventi polemiche che, proprio a causa de I 508 moribondi di Montecitorio, contrapposero i repubblicani ai socialisti, anche nello specifico romano, cfr. il Telegramma di Enrico Ferri all’“Italia del popolo”, s.l. 22 settembre s.a. [ma 1904], in Ascrl-Fpb/Crs, f. 1904. )) – prendeva di mira giorno per giorno con toni aspri i deputati italiani, “moribondi” perché de facto tutti “giolittiani”, ovvero notabili corrotti, trasformisti, pavidi, perfino inetti ed ignoranti ma soprattutto “vecchi”, irrimediabilmente lontani cioè da un paese “nuovo”, che aveva cominciato a marciare con decisione, grazie al proletariato, sulla strada della modernità e del socialismo.

La rubrica, che era anche il frutto di un’originale capacità propagandistica – spiccata ad esempio in Paolo Orano – si avvaleva d’un capillare lavoro di raccolta d’informazioni sui deputati dei vari collegi di volta in volta bersagliati; informazioni e dati che, provenienti dai militanti socialisti di tutta Italia e dai lettori dell’Avanti!, Orano poi accorpava, utilizzandoli in chiave satirica (( A tale proposito si veda in Ascrl-Fpb/Crs, l’intero f. 1904. )). In questo lavoro di raccolta e in certa misura di smistamento, è coinvolto anche Romolo Sabbatini, che ordina a beneficio d’Orano del materiale concernente gli onorevoli Rosadi, Sanarelli e Sorani (( Vedi in merito gli [Appunti di Romolo Sabbatini concernenti l’on. Rosadi], s.l. s.d. [ma 1904] e gli [Appunti di Romolo Sabbatini concernenti gli on.li Rosadi, Sanarelli, Sorani], s.l. s.d. [ma 1904], entrambi in Ascrl-Fpb/Crs, f. 1904. )). Questi documenti d’altronde testimoniano, oltre alla contiguità di Sabbatini a un preciso ambiente politico e a determinate tematiche, anche il rapporto di fiducia che egli aveva intrecciato senza dubbio con Enrico Ferri, all’epoca leader carismatico del socialismo italiano (( Circa il carisma e la grande popolarità d’Enrico Ferri fra i lavoratori italiani, anche emigrati, cfr. le lettere di alcuni operai ad Enrico Ferri – in Ascrl- Fpb/Crs, ff. 1904 e 1905 – tutte trasudanti un’ammirazione cieca e a tratti un vero e proprio culto per quello che d’altronde era pur sempre uno dei cosiddetti “apostoli del socialismo”. )), non ancora in rotta di collisione con l’azione diretta – l’alleanza con la quale, anzi, avrebbe consentito all’ala

“intransigente” del Psi d’ottenere un’importante affermazione al Congresso nazionale di Bologna nel 1904 – nonché principale competitor di Filippo Turati nel Psi e figura centrale per gli equilibri della stessa Usr.

L’azione diretta e il sindacalismo rivoluzionario fino alla rottura con Enrico Leone

È nondimeno il 1903 l’anno in cui possiamo datare un più netto passaggio di Sabbatini al campo del sindacalismo rivoluzionario, in massima parte a causa del ruolo da egli avuto nell’agitazione dei tipografi capitolini, trasformatasi poi in un episodio d’azione diretta in grado di coinvolgere l’intero proletariato romano ed infine in uno sciopero generale cittadino (in merito Procacci 1970; Agostino 1976; Aa.Vv. 1984; D’Alterio 2004; Carusi 2006).

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Sabbatini d’altronde, in qualità di dirigente della Cdl e membro autorevole della sezione capitolina della Fdl, aveva avuto modo fra il 1901 e il 1902 di partecipare alla vasta ma disarticolata “offensiva”

sindacale che nella città di Roma aveva interessato diverse categorie proletarie – ad esempio gli edili, le sigaraie, gli stessi tipografi, le masse di disoccupati, stagionali e “disorganizzati” – dando luogo ad embrionali episodi d’azione diretta caratterizzati da un forte ma grezzo autonomismo, che le strutture tradizionali del movimento operaio – partitiche e sindacali – a stento erano riuscite a controllare e quasi mai ad irregimentare (D’Alterio 2004). Proprio Romolo Sabbatini era stato, assieme a Giuseppe Parpagnoli, fra i dirigenti camerali e della categoria dei tipografi – molto influente a Roma, da tempo in grado di sviluppare “attorno alla rivendicazione delle otto ore […] una forte volontà di lotta dei lavoratori del libro della Capitale” (Aa.Vv. 1984, 139) – uno dei più ricettivi nei confronti di quest’ampio “movimento” dei lavoratori dell’Urbe, i quali chiedevano a gran voce aumenti salariali, un sensibile miglioramento delle condizioni lavorative, ma soprattutto sembravano capaci d’elaborare in maniera autonoma piattaforme rivendicative unificanti, anche entrando in agitazione senza il placet della Cdl o magari dei partiti “popolari”.

I frutti di questa breve ma intensa stagione di risveglio proletario – rispetto alla quale, tuttavia, la maggioranza della giunta esecutiva della Cdl e le componenti più moderate dei partiti “popolari” si mostrarono sostanzialmente ostili – si sarebbero visti appunto nel 1903, durante l’agitazione dei tipografi. In questa occasione una singola ed aspra vertenza, proprio perché incentrata sulla parola d’ordine delle otto ore e sul carisma acquisito d’una categoria leader nello specifico capitolino, fu in grado di saldarsi al grezzo ma battagliero autonomismo della classe operaia romana, trasformandosi così in un episodio significativo d’azione diretta e di sciopero generale economico su scala cittadina:

senz’altro a causa della durezza della risposta padronale, dell’avversione della giunta comunale clerico-conservatrice così come del governo Zanardelli-Giolitti, della latitanza dell’Usr e degli altri partiti “popolari” romani ma, in larga misura, a causa della compattezza e della grande capacità organizzativa del gruppo dirigente della sezione romana della Fdl che, con Parpagnoli e Sabbatini in testa, fu in grado di dar vita a un’esperienza di lotta sindacale – e già sindacalista – per certi versi protoconsiliare (( Oltre ai socialisti Giuseppe Parpagnoli e Romolo Sabbatini, gli altri leader dei Comitati Riuniti dei tipografi romani impegnati nell’agitazione di categoria e poi nell’organizzazione dello sciopero generale cittadino, erano Michele Bianchi, Vittorio Rosso, Angelo Spadaccia – anch’essi socialisti – quindi i repubblicani Caramitti, Trubbiani, Veraldi e l’anarchico Eolo Varagnoli.

Da rimarcare inoltre che a questo sciopero parteciparono, anche in qualità di semplici “militanti”, diversi tipografi e litografi poi confluiti stabilmente nelle file dell’azione diretta romana: Angelo Armanni, Aristide Ghiglieri, Cesare Rossi, Agostino Gregori e tanti altri. )). I tipografi trovarono quindi la forza d’egemonizzare le leghe di resistenza capitoline e il grosso dei capilega, svincolandosi infine dalla stessa “tutela” della Ce della Cdl nell’attimo in cui l’agitazione di categoria si stava trasformando naturalmente in sciopero generale e la maggioranza della Ce – ad esclusione di Parpagnoli e Sabbatini – si era pronunciata contro l’astensione dal lavoro del proletariato cittadino.

“Le vicende, non certo lineari, di questa prima sperimentazione sindacale autonomistica” (Gabriele

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De Rosa in D’Alterio 2004, 7), oltre ad avere un’indubbia eco non soltanto nazionale (( Di grande interesse, a tale riguardo, appaiono le missive di Ugo Ojetti a Romolo Sabbatini, Parigi 18 giugno 1903 e Parigi 27 giugno 1903, entrambe in Ascrl-Fpb/Crs, f. 1903. È infine utile evidenziare che, nel 1904, proprio Sabbatini nell’ambito dell’Usr presiedette un incontro pubblico dei socialisti romani con la socialista rivoluzionaria francese Mireille Sorgue – cfr. La conferenza della cittadina Sorgue alle Marmorelle, “Avanti!”, 30 set. e 3 ott. 1904 – la quale inneggiò allo sciopero generale italiano, ai rivoluzionari russi, “[spezzando inoltre] una lancia contro il riformismo” e contro il “millerandismo”. )), anticiparono la crisi del primo “giolittismo” – esplosa poi fra il 1904-1906 – segnalando in maniera ormai inequivocabile, a Roma e in Italia, la comparsa d’una frazione – nel Psi ma sempre più nel sindacato – specificamente sindacalrivoluzionaria, distinta e separata dal socialismo “ferriano” e, ovviamente, dal riformismo turatiano. In egual misura lo sciopero capitolino del 1903 evidenziava lo spostamento netto e massiccio in direzione “rivoluzionaria”, comunque insofferente della tradizionale prassi “riformista”, d’una componente significativa, in alcune realtà territoriali maggioritaria – e, come abbiamo già accennato, eterogenea, ovvero costituita non da soli “anarchici”

– delle organizzazioni proletarie italiane, Cdl e Fdm.

Di questo imponente “movimento”, precisatosi rapidamente nel corso del 1904, specie dopo lo sciopero generale del settembre, Sabbatini assieme a una fetta consistente di dirigenti della Cdl capitolina – Ernesto Verzi, Cleobulo Rossi, Giuseppe Parpagnoli, Luigi Colli – è dunque magna pars:

all’inizio a Roma, poi sempre più con riflessi di carattere nazionale nell’ambito del gruppo guidato da Enrico Leone, fra il 1904 e il 1907. Proprio a Roma infatti – nella Cdl come in Usr – già dal 1904 si apre una fase nuova, che contemplerà l’assemblarsi sotto la guida di Enrico Leone e in chiave sindacalista d’un nucleo consistente di quadri operai, intellettuali e militanti socialisti (( Da rimarcare, in tal senso, anche la partecipazione di Sabbatini proprio nel 1904 alla breve ma indicativa esperienza del settimanale capitolino La Lotta, diretto da Ottavio Ferraris poi da Vincenzo Cardarelli e momento di passaggio, nello specifico romano, dal socialismo “intransigente” e “ferriano” a un sindacalismo rivoluzionario più compiuto. Cfr. in merito il telegramma inviato ad Arturo Labriola, dopo la vittoria dei sindacalisti rivoluzionari al Congresso socialista lombardo, da alcuni membri dell’Usr e recante le firme di Romolo Sabbatini, Michele Bianchi, Archita Valente, Giuseppe Parpagnoli, Ottavio Ferraris, Luigi Colli e Cleobulo Rossi, in Labriola ha vinto! A proposito del Congresso regionale lombardo, “La Lotta”, 18 feb. 1904. )). Di questo “gruppo”, sostanzialmente egemone nella Cdl e nell’Usr fino al 1907, Sabbatini è un esponente di punta (( Già alla fine del 1903 Sabbatini è relatore al Congresso socialista del Lazio sul tema “organizzazione economica” e al termine dell’assise prevale il suo odg, auspicante per le leghe operaie e contadine del Lazio l’affermarsi d’una “rigida lotta di classe” – in IV Congresso regionale socialista, “Avanti!”, 8 e 9 novembre 1903. )), per certi versi l’uomo di fiducia e il

“luogotenente” – appunto per le sue doti di ragionevolezza, di moderazione – dello stesso Leone, che non a caso gli affida nel 1905 la direzione de Il Sindacato Operaio, “organo del sindacalismo italiano” la cui redazione vede gli uni accanto agli altri alcuni fra i dirigenti più prestigiosi delle organizzazioni proletarie – Cleobulo Rossi, Eugenio Guarino, Emanuele Branconi, Alceste De Ambris,

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Ercole Mariani, Zurigo Lenzini – nel tentativo di pilotare il processo costitutivo d’un soggetto sindacale nazionale ed unitario: egemone nei confronti del Psi perché in grado d’assorbirne gradualmente le principali funzioni, compresa quella parlamentare (su questi temi D’Alterio 2011).

È infatti questo complesso tentativo il bersaglio grosso dell’inziativa sindacalista “romana” e dell’annesso progetto leoniano, e in quest’ambito Sabbatini appare costantemente in prima linea: sin dal 1904 è impegnato nei duri scontri fra “tendenze” all’interno dell’Usr al fine di scongiurare un esito

“popolarista” alla lotta politica municipale, garantendo all’Unione uno splendido isolamento e un maggiore coinvolgimento della Cdl a livello elettorale; nell’organismo camerale è per molti anni il segretario e soprattutto il fulcro dell’operazione leoniana tendente ad accorpare in un unico fronte sindacalista elementi operai “riformisti” – in primis Ernesto Verzi, Cleobulo Rossi, Luigi Colli – e

“rivoluzionari”, allo scopo di marginalizzare sia le componenti ultramoderate sia gli anarchici, trasformando così la Cdl in un “polo proletario” politico-sindacale autonomo (( Vedi in tal senso Le elezioni amministrative di Roma. I socialisti intransigenti (Intervista con Enrico Leone), ne “Il Messaggero” del 16 giu. 1905; indi l’odg approvato dall’Usr ne I socialisti e la prossima lotta amministrativa, “Avanti!”, 23 mar. 1905. Ricordiamo infine che Sabbatini fu, sebbene non eletto, uno dei candidati dell’Usr – in quella circostanza avversaria dei radicaldemocratici e dei liberalprogressisti coalizzatisi nel Fascio Liberale Democratico – per le elezioni amministrative di Roma del 1905: cfr. Acs-Cpc, b. 4508, f. Sabatini Romolo fu Pietro; nonché Per le elezioni amministrative. Il grande comizio di oggi, “Avanti!”, 30 giu. 1905. )).

Ma non solo. Nel gennaio del 1905 egli è a Genova fra i maggiori delegati “rivoluzionari” – assieme a Virginio Corradi della Cdl milanese – all’importante Congresso nazionale della Resistenza (( Cfr.

Ascrl-Fpb/Crs, il f. 1905. Da rimarcare come a questo importante Congresso Sabbatini rivestisse spesso il ruolo di “mediatore” fra delegati “riformisti” e “rivoluzionari”, o fra esponenti delle Cdl e delle Fdm; anche grazie alla sua opera, infatti, il Congresso della Resistenza di Genova deliberò all’unanimità che lo sciopero generale dovesse essere considerato, sulla scorta dell’esperienza del settembre 1904, “mezzo ripetibile di lotta politica ed economica” – ne Il Congresso nazionale delle Camere del Lavoro e della Resistenza. Quarta giornata, “Avanti!”, 11 gen. 1905. )), che per la prima volta legittima l’azione diretta in un contesto ufficiale del sindacato italiano, ponendo con forza, sebbene in maniera alfine parziale, la questione d’una iniziativa direttamente politico-parlamentare delle organizzazioni proletarie (( Cfr., oltre a Il Congresso nazionale delle Camere del Lavoro e della Resistenza. Quarta giornata, cit., anche Enrico Leone, Impressioni e commenti. La politica nei sindacati e Id., Impressioni e commenti. Un enigma, nell’“Avanti!” dell’8 e del 9 gen. 1905. )). Ancora nel 1905, in occasione della statizzazione delle ferrovie e del conseguente braccio di ferro tra governo Giolitti e lavoratori della categoria, Sabbatini dapprima è – in qualità di segretario della Cdl capitolina ed assieme a Eugenio Guarino, Sebastiano Del Buono, Virginio Corradi, rispettivamente a capo delle Cdl di Napoli, Firenze e Milano – uno dei quattro leader camerali che in pratica imporranno al Segretariato della Resistenza (Sdr) d’affiancare i ferrovieri in lotta contro il regolamento liberticida elaborato dall’esecutivo giolittiano, minacciando così il Sdr uno sciopero

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generale di solidarietà e provocando in ultima analisi le dimissioni “forzate” del ministero Giolitti.

Infine, in occasione dello sciopero di categoria attuato dai ferrovieri per resistere all’approvazione parlamentare del regolamento liberticida riproposto dal governo Fortis – succeduto nel frattempo a Giolitti – Sabbatini è fra quei sindacalisti che fino all’ultimo cercheranno d’organizzare uno sciopero generale del proletariato italiano e di coinvolgere in extremis, ma invano, un riluttante Sdr (( In merito alle varie fasi dell’agitazione ferroviaria vedi La riunione d’oggi del Comitato d’Agitazione e Comunicazioni del Comitato d’Agitazione, nell’“Avanti!” del 5 e del 6 mar. 1905; nonché I ferrovieri e la coalizione operaia. Due manifesti, nel “Corriere della sera” del 6 mar. 1906; infine la [Lettera di Romolo Sabbatini a Michele Bianchi] in M.B. [Michele Bianchi], L’ultimo comizio dei ferrovieri, nell’“Avanti!” del 23 apr. 1905. )) (sulle varie fasi dell’agitazione dei ferrovieri cfr. D’Alterio 2011).

Come direttore de Il Sindacato Operaio (( Aveva ironizzato nei confronti di Romolo Sabbatini direttore de Il Sindacato Operaio, Tell [Ivanoe Bonomi], Leggendo “Il Sindacato Operaio”, ne “L’Azione socialista” del 12 ago. 1905, il quale aveva preso di mira il “giovane tipografo dell’Avanti!, segretario della Camera del Lavoro di Roma […] ma finora perfettamente sconosciuto nel più modesto giornalismo professionale”; secondo Bonomi, infatti, “con lo specchietto dei nomi operai nella testata [de Il Sindacato Operaio] si prendono le allodole operaie e si riesce a far credere che l’antistatismo, l’azione diretta, ecc. ecc., sono un prodotto genuino delle nostre organizzazioni operaie. Ma, e il Sabbatini e compagni? Ecco, essi prestano la loro blouse, come si cede una ditta già nota, per accreditare la merce dei professori e dei dottori rivoluzionari”. )), inoltre, Sabbatini in quegli anni è al centro dell’ipotesi leoniana d’un accordo programmatico fra componenti radicali e moderate delle organizzazioni proletarie (( Da rimarcare, in tal senso, anche il forte impegno di Sabbatini e de Il Sindacato Operaio per l’unificazione delle organizzazioni ferroviarie “riformiste” e “rivoluzionarie” in un unico sindacato nazionale di categoria, e in relazione al quale cfr. Per il Congresso unitario dei ferrovieri. Il lodo arbitrale, ne “Il Sindacato Operaio” dell’8 apr. 1906. )), quindi d’una egemonia sindacalista nel processo costitutivo della Cgdl: con Cleobulo Rossi è fra i principali artefici del Convegno di Roma delle Cdl italiane nel settembre 1905 (( Su quest’evento vedi Il Convegno delle Camere del Lavoro e Il Convegno delle Camere del Lavoro. Contro gli eccidi proletari, “Avanti!”, 21 e 22 set. 1905; indi Il Congresso delle Camere del Lavoro a Roma. La questione del Segretariato della Resistenza, “Corriere della sera”, 21 set. 1905; infine Il Convegno di Roma, “Il Metallurgico”, 1 ott. 1905.

)) e soprattutto fa parte della prima lista di candidati – elaborata interamente dal gruppo de Il Sindacato Operaio e tutt’uno col tentativo dei leoniani di trasferire da Milano a Roma la sede del Segretariato – per il rinnovo del Sdr dopo le dimissioni anticipate dei membri nominati al Congresso della Resistenza di Genova ma travolti dalla sconfitta dei ferrovieri (( Cfr. La lista dei candidati, “Il Sindacato Operaio”, 15 ott. 1905. )). In questa fase, d’altronde, si precisa in maniera ulteriore nonché parallela alle iniziative in campo sindacale del gruppo, una vocazione interamente “politica” – e men che mai apolitica o “soreliana” – dell’azione diretta leoniana, le cui originali tonalità “laburiste”

(D’Alterio 2012) facevano sì che l’assorbimento di funzioni partitico-parlamentari ad opera delle organizzazioni proletarie non fosse un tema marginale, secondario, bensì centrale.

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Per queste ragioni Romolo Sabbatini – con Verzi, Guarino e Cabrini – è nominato dalla Direzione del Psi membro d’un Comitato d’agitazione per l’ottenimento del suffragio universale in Italia (( Si veda Comitato per l’agitazione e Per il suffragio universale, nel “Bollettino della Direzione del Partito Socialista Italiano” del 30 nov.-31 dic. 1905 e del 31 gen.-28 feb. 1906. )); ma soprattutto nel 1905, alla morte del radicale Ettore Socci, egli è inizialmente il candidato di punta dei sindacalisti nel collegio di Grosseto rimasto vacante. Nondimeno nel Psi, a livello sia locale sia nazionale, sarà una durissima opposizione dei turatiani – in particolare de L’Azione socialista diretta da Ivanoe Bonomi – e della stessa componente “ferriana” – sempre meno propensa a confondersi con l’azione diretta e già egemonizzata dagli “integralisti” Oddino Morgari e Francesco Paoloni (( Nel corso del 1905, inoltre, la polemica politica aveva registrato la contrapposizione netta di Enrico Ferri ai sindacalisti rivoluzionari, quindi anche a Romolo Sabbatini: vedi Romolo Sabbatini, Una necessaria dichiarazione e Una lettera dell’onorevole Ferri, entrambi ne “Il Sindacato Operaio”, 24 set. ed 1 ott. 1905.

Ricordiamo infine che le accese polemiche fra “rivoluzionari” e “riformisti” erano infuriate, durante la prima metà del 1905, nell’ambito della stessa redazione dell’Avanti!: cfr. la missiva di Vittorio Piva alla Direzione del Partito [Socialista Italiano], Roma 10 febbraio 1905, in Ascrl-Fpb/Crs, f. 1905. )) – a voler scongiurare ad ogni costo l’eventualità d’un sindacalista “anarchico” presente nel Gruppo Parlamentare Socialista (Gps), quindi a caldeggiare per ritorsione la candidatura di Savino Varazzani (( È all’uopo interessante sottolineare l’iniziale ritrosia del turatiano Varazzani – che accettò di porre ufficialmente la propria candidatura solo in seguito alla forte azione persuasiva esercitata su di lui da Ivanoe Bonomi – ad essere riconosciuto come l’“alternativa” a Sabbatini nel collegio di Grosseto; con queste indicative e in certa misura profetiche parole scritte a un riformista grossetano, che leggiamo nella missiva di Savino Varazzani a G. Falconi, Pesaro 28 luglio 1905 – in Acs-Cib, b. 1 (A I-IV), f. A.IV.I (1-51): “ti dico solo poche parole e schiette. Io sono un uomo sincero, tu lo sai. E, senza infingimenti, ti dichiaro senz’altro di ritenere anch’io che, tra la candidatura mia e quella del Sabbatini, la mia raccoglierebbe più simpatie e più voti. […] Ma, ammesso tutto ciò, non ne viene punto di conseguenza ch’io debba accettare la candidatura di Grosseto, [in primo luogo per] la composizione professionale del nostro Gruppo Parlamentare [Socialista, sì che] sarebbe pressoché scandaloso che a una candidatura operaia si sostituisse, all’ultimo momento, quella di un intellettuale, di un professionista, d’un professore. In secondo luogo, a me ripugna di scavalcare il Sabbatini, che – sebbene sia rivoluzionario e alquanto turbolento – amo e stimo, e che sono persuaso riuscirebbe – quando fosse eletto deputato – un perfetto riformista”. Sulla vicenda vedi infine la missiva di G.

Falconi a Ivanoe Bonomi, Firenze 3 agosto 1905, ancora in Acs-Cib, b. 1 (A I-IV), f. A.IV.I (1-51); nonché Nel collegio di Grosseto, “Avanti!”, 15 ago. 1905. )). Grazie a questa campagna ostruzionistica, ma anche in virtù d’una sostanziale indecisione e debolezza complessiva di Sabbatini e dell’intero gruppo leoniano in questa circostanza, il tipografo romano ritirerà alfine la sua candidatura nonostante il gradimento da essa avuto nelle sezioni socialiste del Grossetano.

La mancata candidatura di Sabbatini era d’altronde un segnale preciso, senz’altro preoccupante per la tenuta del gruppo romano, e non solo perché la questione d’una diramazione politico-

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parlamentare delle organizzazioni operaie – quindi del gruppo stesso – era basilare nell’ottica leoniana; ma anche perché rivelava in ultima analisi un più generale arenarsi dell’iniziativa sindacalista, incapace d’affermarsi in modo durevole sia nel Psi sia nell’ambito del processo costitutivo della Cgdl. Nel partito, infatti, l’azione diretta veniva marginalizzata dal nascente “blocco integralista”, in grado di riunire turatiani e ferriani in chiave “anti-anarchica”; nel sindacato invece stentavano a confermarsi stabilmente i capisaldi teorici cari a Leone, che voleva unite fra loro – in un unico sindacalismo politico – le ali “riformiste” e “rivoluzionarie” del proletariato organizzato, senza contare che questo schema aveva mostrato in fin dei conti tutta la sua fragilità durante e dopo lo sciopero ferroviario.

Lo stesso campo dell’azione diretta italiana, peraltro, appariva rissoso in maniera crescente, privo d’una linea unitaria credibile, lacerato fra ipotesi strategiche viepiù divergenti e per molti aspetti inconciliabili – oltre ai “romani”, più nettamente “operaisti”, vi era il nucleo “milanese”

dell’Avanguardia socialista ancora attento al ruolo di “guida politica” che un partito “rivoluzionario”

doveva far valere nei confronti del sindacato; infine un’area di militanti e quadri operai sempre più vasta che invece guardava con ammirazione all’esempio “soreliano” della Confederation Générale du Travail.

Per queste ragioni il gruppo leoniano risultò incapace di gestire con autorevolezza questa complessa fase, per certi versi impossibilitato a mediare fra gli avanguardisti milanesi e l’ala sindacalriformista – che dopo la sconfitta dei ferrovieri aveva trovato una maggiore compattezza e si apprestava a prendere l’iniziativa per la nascita d’una Confederazione del Lavoro a guida “riformista”

– o magari fra le esigenze delle Cdl e delle Fdm o, infine, fra quelle del Nord industrializzato e del Sud contadino. Il naufragio della lista di candidati per il Sdr elaborata da Il Sindacato Operaio – della quale Romolo Sabbatini faceva parte e che effettivamente realizzava, perlomeno sulla carta, un reale equilibrio tra componenti radicali e moderate del sindacato, nonché fra Cdl e Fdm e fra diverse aree territoriali (( Oltre a Romolo Sabbatini per la Cdl romana, la lista de Il Sindacato Operaio comprendeva i nomi di Alessandro Degiovanni, Zurigo Lenzini, Eugenio Guarino e Gabriele Camici rispettivamente per le Cdl di Parma, Bologna, Napoli e Torino; nella quota destinata alle Fdm, invece, comparivano i nomi di Ercole Mariani per i calzolai, Emanuele Branconi per i ferrovieri, Giuseppe Scotti per i metalmeccanici e Riccardo Rho per i tessili. Da rimarcare come quasi tutti i componenti di tale “lista” fossero all’epoca redattori o collaboratori ordinari de Il Sindacato Operaio, diretto appunto da Romolo Sabbatini. )) – a causa d’una forte opposizione della Cdl milanese e, ancora una volta, d’una scarsa tenuta interna dei leoniani, aprì la strada da un lato a una debole soluzione

“rivoluzionaria” per il nuovo Sdr, in realtà egemonizzato dai milanesi guidati da Costantino Lazzari e sbilanciato a favore delle Cdl (( Circa l’opposizione della Cdl meneghina alla soluzione prospettata dal gruppo leoniano, cfr. G.M. [Guido Marangoni], Per il Segretariato della Resistenza e D’accordo…

coll’“Avanguardia” e con Braccialarghe?, nell’“Avanti!” del 13 set. 1905 e ne “L’Azione socialista” dell’1 ott. 1905; quindi La Commissione Esecutiva [della Camera del Lavoro di Milano]. Circolare, Milano 9 settembre 1905, in Acs, Carte Fiom, b. 10, f. 122 “Circolari ricevute 1902-1911”. Del nuovo e debole Sdr,

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occorre ricordare, Romolo Sabbatini farà comunque parte, in seguito all’accordo in extremis sopraggiunto fra le Cdl di Roma e Milano al fine d’assicurare una maggioranza “rivoluzionaria” al Segretariato: cfr. Acs-Cpc, b. 4508, f. Sabatini Romolo fu Pietro; quindi A proposito del nuovo Segretariato della Resistenza, “Avanti!”, 17 mar. 1906. )); dall’altro a un’immediata levata di scudi dell’ala sindacalriformista e di pressoché tutte le Fdm italiane, che in pratica boicottarono le elezioni per il rinnovo del Sdr, iniziando autonomamente a gettare le fondamenta di quella che sarebbe diventata alla fine del 1906 la Cgdl.

Proprio a causa delle crescenti difficoltà in cui si dibatteva il gruppo leoniano e parimenti della stessa natura del “sindacalismo” di Sabbatini, cominciava in quest’ultimo a maturare l’ipotesi d’un

“rientro nei ranghi” tra le file riformiste, iniziando così un percorso di distacco progressivo dal sindacalismo rivoluzionario. Che, nondimeno, sarebbe emerso con chiarezza solo nel 1907: nel corso del burrascoso 1906, infatti, Romolo Sabbatini – per quanto viepiù disilluso e scettico sulle possibilità egemoniche dell’azione diretta leoniana – sarà a tutti gli effetti ancora un leader sindacalrivoluzionario, e in questa veste partecipe d’eventi importanti, a Roma e in Italia.

Costretto all’inizio del 1906 alle momentanee dimissioni da segretario della Cdl di Roma da una

“rivolta” delle componenti riformiste e moderate, galvanizzate dall’impasse del sindacalismo rivoluzionario, Sabbatini è tuttavia in prima fila – anche come direttore de Il Sindacato Operaio – nella strenua opposizione all’appena costituito governo Sonnino, che vedeva l’appoggio dei partiti

“popolari” e soprattutto del Gps, già unificato in chiave “integralista”. Sarà del resto proprio l’accidentato percorso del ministero Sonnino – salutato dalle forze progressiste come un governo arditamente “riformatore” sebbene in ultima analisi capace soltanto d’acutizzare il conflitto sociale e la stretta repressiva nei confronti delle organizzazioni proletarie – a consentire un inaspettato colpo di reni all’azione diretta, specie al gruppo leoniano. Gli “eccidi proletari” a profusione avutisi nei cento giorni del governo Sonnino, infatti, fino all’episodio dello sciopero generale nazionale successivo al cosiddetto “eccidio di Torino”, consentiranno ai sindacalisti rivoluzionari di guidare la veemente protesta operaia e addirittura d’imporre a un riluttante Gps le dimissioni collettive, che provocheranno la rapida caduta dell’esecutivo del barone toscano.

In questa concitata fase Romolo Sabbatini partecipa al Convegno di Milano dei sindacalisti rivoluzionari che, seppur fra mille problemi e divergenze, getta le basi d’una opposizione politico- sindacale al ministero Sonnino (( Cfr. Il Convegno rivoluzionario di Milano, “Il Sindacato Operaio”, 18 mar. 1906. Anche in questa circostanza vi fu un sostanziale disaccordo fra la linea del gruppo milanese e quella del gruppo leoniano-capitolino. )); nell’ambito del Sdr si oppone alla linea attendista e temporeggiatrice – anche nei confronti delle Fdm, che puntavano a delegittimare il Segretariato, contrapponendogli l’ipotesi costitutiva della Cgdl – di Costantino Lazzari e della Cdl milanese (( Su questi particolari aspetti cfr. La riunione del Segretariato della Resistenza, ne L’eccidio di Muro e Scorrano, “Avanti!”, 27 mar. 1906; indi il [Telegramma di Romolo Sabbatini a Costantino Lazzari], ne La riunione del Segretariato della Resistenza a Milano, “Il Domani”, 26 mar. 1906. Si veda

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poi, relativamente alla fase successiva all’eccidio di Calimera, in Puglia, la [Lettera di Romolo Sabbatini all’“Avanti!”] e In proposito delle dimissioni del Segretariato della Resistenza, ne “Il Sindacato Operaio” dell’1 mag. 1906 e nell’“Avanti!” del 30 apr. 1906. )) (Riosa 1972); nel contesto dell’azione diretta, invece, frena gli ardori estremisti dell’ala soreliana, tentando al contempo di ricucire lo strappo con le componenti sindacalriformiste nell’ottica leoniana della creazione d’una Confederazione del Lavoro unitaria e realmente rappresentativa delle principali anime del proletariato organizzato (( Paradigmatica, all’uopo, è la polemica con Alceste De Ambris e in relazione alla quale vedi Alceste De Ambris, Il trionfo della viltà e la postilla a firma “Il Sindacato” – ma in realtà di Romolo Sabbatini – ne “Il Sindacato Operaio” del 6 mag. 1906. )); partecipa inoltre, in qualità di redattore e con molti altri sindacalisti rivoluzionari – compreso il futuro, chiacchierato redattore-finanziatore del giornale sindacalista romano L’Azione, Giuseppe Scarano – all’esperienza antisonniniana del quotidiano Il Domani, diretto da Giuseppe De Felice Giuffrida e tendente a raccogliere in un unico fronte le opposizioni socialiste e democratiche al “governo degli eccidi” ((

Vedi all’uopo “Il Domani” dell’8 mar. 1906. Sulla natura di questo giornale, inoltre, cfr. in Gnam-Fuo, Serie 2 Corrispondenti: letterati e politici, il f. De Felice Giuffrida G. (onorevole). )).

Al momento d’organizzare lo sciopero generale, in seguito all’“eccidio di Torino”, Sabbatini è pertanto – nell’assenza d’un dimissionario Sdr, di un’ancora non costituita Cgdl, di un’inane Direzione del Psi e d’un Gps filosonniniano – fra i massimi leader sindacali a spendersi in tal senso e, assieme a Cleobulo Rossi e agli altri membri della Ce della Cdl capitolina, si recherà fisicamente a colloquio coi deputati socialisti, intimando loro in un acceso scontro verbale una linea di condotta “socialista”,

“proletaria” e non già “sonniniana” (( Vedi in merito Per lo sciopero generale a Roma. Le deliberazioni dei capi della Camera del Lavoro, “Il Giornale d’Italia”, 10 mag. 1906; A Roma. La Camera del Lavoro per i fatti di Torino. La prima riunione della Commissione Esecutiva, “La Vita”, 10 mag. 1906; nonché La Commissione Esecutiva della Camera del Lavoro di Roma, “Avanti!”, 10 mag. 1906. )). In quell’occasione sarà non a caso Filippo Turati – fra i più restii, nel Gps, a “piegarsi” a quelli che giudicava i diktat dell’azione diretta e delle organizzazioni proletarie – ad avere parole durissime nei confronti del direttore de Il Sindacato Operaio; commentando in un successivo articolo la tempestosa fase che aveva visto l’incontro-scontro fra i deputati del Psi e i membri della Ce della Cdl romana, quindi la proclamazione dello sciopero generale in tutta Italia cui erano seguite le dimissioni dei parlamentari socialisti, Turati attaccava l’“arrendevole” Gps, sostenendo che

così quelle violenze e quello sciopero generale, che si sconsigliavano agli operai, venivano in realtà trasportati da noi nella Camera. […] Col provocare quindi lo scacco sicuro alla nostra azione parlamentare, attaccata dai fautori della cosiddetta “azione diretta”, si creava una legittimità artificiale e si dava una ragione di prolungarsi […] allo sciopero generale che si condannava a parole. […] Finalmente, con le dimissioni [dei deputati socialisti], dovute poi effettuare e mantenere per non sdrucciolare nella farsa, e portate come un’offa […] ai piedi dei vari Sabbatini, costituitisi in Italia, con poco sforzo e minor rischio, impresari brevettati dello sciopero generale a ripetizione, si rinunciava, in un momento capitalissimo, a quell’azione

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parlamentare che si pretendeva difendere, [facendo pertanto] un’effettiva dedizione ai cantastorie dell’anarchismo che si aveva l’aria di voler rintuzzare (( Filippo Turati, Agli elettori del V Collegio di Milano, “La Critica sociale”, 16 mag.-1 giu. 1906. In una lettera di Anna Kuliscioff a Filippo Turati del 12 maggio 1906 – Filippo Turati-Anna Kuliscioff, Carteggio (Vol.

2, Tomo I), a cura di Franco Pedone, Einaudi, Torino 1977, p. 440 – si accennava invece aspramente alla “buffonata dello sciopero generale” successivo all’eccidio di Torino e alla

“buffonata ancora maggiore delle […] dimissioni” del Gps, ritenendo responsabili i “quattro mascalzoni di anarchici” che avevano guidato la protesta e che per la Kuliscioff erano Romolo Sabbatini, Virginio Corradi, Luigi Colli ed Ernesto Verzi. In merito a questa fase e alle relative polemiche cfr. inoltre Il Sindacato, Le dimissioni del Gruppo Socialista, Ancora delle dimissioni del Gruppo Socialista e R.S. [Romolo Sabbatini], Uno dei Sabbatini, ne “Il Sindacato Operaio” del 14, del 19 mag. e del 3 giu. 1906. )).

La caduta di Sonnino, tuttavia, pur aprendo sul piano nazionale una fase politica sostanzialmente nuova – il ritorno in auge di Giolitti e l’incipit del cosiddetto “lungo ministero” – non riuscì a produrre il

“miracolo” d’un duraturo rilancio dell’azione diretta. Il sindacalismo rivoluzionario nel suo complesso verrà anzi pesantemente sconfitto alla fine del 1906 dal “blocco integralista” al Congresso di Roma del Psi (( Sabbatini parteciperà come delegato, sebbene non dell’Usr a maggioranza “integralista”, a questo Congresso – cfr. Ascrl-Fpb/Crs, f. 1906 – e sarà tra i firmatari del cosiddetto “manifesto” dei sindacalisti rivoluzionari italiani in qualità di direttore de Il Sindacato Operaio: vedi in merito I socialisti rivoluzionari al Partito Socialista Italiano, “Il Divenire sociale”, 16 ago. 1906. )), mentre non riuscirà a giocare un ruolo attivo al Congresso costitutivo della Cgdl, nata quindi sotto l’egida esclusiva delle componenti sindacalriformiste.

Proprio in questo spazio di tempo, infatti, ovvero fra la seconda metà del 1906 e la prima del 1907, Romolo Sabbatini accentua il distacco dal gruppo leoniano: esauritasi al termine del 1906 l’esperienza de Il Sindacato Operaio, già in occasione del dibattito che aveva preceduto la nascita della Cgdl egli aveva polemizzato con Michele Bianchi e con altri sindacalisti rivoluzionari

“intransigenti” circa l’ipotesi di non recarsi al Congresso di fondazione della Cgdl in quanto dominato dai “riformisti”, esprimendo l’opinione in base alla quale “la nostra protesta […] sarà più utile se formulata virilmente al Congresso. Io” concludeva perciò Sabbatini, “credo che l’abc del sindacalismo consista nel dichiarare che l’azione del proletariato deve essere quale la rende possibile la effettiva capacità del proletariato. […] Noi [sindacalisti rivoluzionari] resteremo minoranza;

e sarà bene. Vuol dire che le organizzazioni operaie italiane […] non sono ancora mature per la politica diretta. Ed ecco la ragione, aggiungo, per cui il Partito Socialista è necessario! Andiamo al Congresso!

[…] Avremo così il vantaggio di affermare il nostro pensiero che, anche questo si vedrà, non sarà in pratica molto discorde da quello della maggioranza” (( Romolo Sabbatini, Per il Congresso nazionale della Resistenza, “Avanti!”, 11 set. 1906. Su questi temi vedi anche Il Sindacato, I due congressi, “Il Sindacato Operaio”, 29 lug. 1906. )).

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Un révirement che Sabbatini man mano accentuerà, di sicuro partecipando – al pari dei redattori de Il Sindacato Operaio Eugenio Guarino e Cleobulo Rossi, che della Cgdl era addirittura un “ideatore”

assieme ad Ernesto Verzi (( Eugenio Guarino e Cleobulo Rossi verranno duramente biasimati per questa loro decisione da Alceste De Ambris, Il Congresso di Milano, ne “Il Sindacato Operaio e l’Avanguardia socialista” dell’8 ott. 1906. )) – al Congresso costitutivo della Confederazione e aderendo ad essa (( Vedi in merito Acs-Cpc, b. 4508, f. Sabatini Romolo fu Pietro; indi in Ascrl- Fpb/Crs, il f. 1906. Da rimarcare ciononostante che, in una fase tanto fluida, Sabbatini ancora alla fine del 1906 venisse “identificato” come un sindacalista rivoluzionario, senz’altro nella missiva di G. Bini [Vicesegretario della Camera del Lavoro di Bologna] a Romolo Sabbatini, Bologna 13 dicembre 1906, sempre in Ascrl-Fpb/Crs, f. 1906. )); indi riducendo al minimo, a Roma, la sua militanza sindacalrivoluzionaria, in un’ardua fase di passaggio che vedeva affastellarsi contemporaneamente la crescita d’un sindacalismo “soreliano” affine all’apoliticismo di stampo cégétiste, l’assemblarsi delle forze che daranno vita al “blocco popolare” e il tentativo d’Enrico Leone di rilanciare la propria leadership nel quadro di un’azione diretta pure profondamente mutata nel gene (( Su tutti questi temi cfr. in Fus-Fsp, Serie V Corrispondenza, b. 15, il f. 217 Lagardelle Hubert; nella b. 14, il f. 184 Dinale Ottavio; infine nella b. 16, il f. 276 Rygier Maria. )).

Contrariato anche dall’andamento fallimentare d’un lungo, durissimo sciopero dei tramvieri capitolini (( Leggiamo in Acs-Cpc, b. 4508, f. Sabatini Romolo fu Pietro, segnatamente una nota del 27 luglio 1906: “dal 28 giugno al 14 corr. ha diretto lo sciopero dei tramvieri [di Roma], prendendo la parola in tutti i comizi di classe ed incitando gli scioperanti alla resistenza, consigliando anche di ricorrere alla violenza contro l’autorità, i compagni che lavoravano e la Società Romana dei Tramvai Omnibus. Nel comizio del 13 luglio, essendo stato accolto da fischi degli scioperanti, disse che se i tramvieri non avevano ottenuto vittoria era loro colpa, giacchè in 15 giorni di sciopero non erano stati capaci di mandare in aria neppure una vettura”. Per la cronaca dello sciopero e l’opera di Sabbatini cfr. inoltre l’“Avanti!” dal 21 giu. al 20 lug. 1906, quindi dal 24 nov. al 3 dic. 1906. )) – che lo aveva visto in prima linea come membro d’una Cdl in cui era stato appena riconfermato segretario alla metà del 1906 – e più in generale dallo sfilacciarsi di quell’originale esperienza sindacalista prevalente sin dal 1903 nell’organismo camerale, Sabbatini dopo un’iniziale adesione al Gruppo Sindacalista Rivoluzionario Romano (Gsrr) – costituitosi subito dopo il Congresso di Roma del Psi – e al quotidiano L’Azione, in realtà si distacca definitivamente dal sindacalismo rivoluzionario e dallo stesso Enrico Leone nel corso della prima metà del 1907 (( Sull’attività del Gsrr, che tenta d’accreditarsi come il fulcro di un’iniziativa sindacalrivoluzionaria di carattere nazionale, vedi in Fus-Fsp, Serie IV Attività politica e istituzionale (1901 giu.-1943 nov.), b. 10, l’intero f. 80 Corrispondenza per conferenze di propaganda socialista e sindacalista e in particolare le missive di Paolo Mantica a Sergio Panunzio, Roma 20 maggio 1907 e di Agostino Gregori a Sergio Panunzio, Roma 5 marzo 1907. )).

Quando la tempesta del “caso Scarano” – ovvero le rivelazioni del Sempre Avanti! diretto da Oddino Morgari sui presunti finanziamenti “governativi” al quotidiano L’Azione attraverso la figura del redattore Giuseppe Scarano – si abbatte su Leone e sul Gsrr, determinando in ultima analisi la rovina

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