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1. La nascita dell’attenzione verso l’ambiente in Sardegna: dalla lotta

2.4 Dal paradigma dello sviluppo sostenibile all’adattamento

La fase di bonifica dei territori ex industriali della Sardegna stenta a partire malgrado sia un argomento molto sentito dalla popolazione, dalle associazioni civiche e dai numerosi comitati spontanei che sorgono nel territorio: i costi di messa in sicurezza del territorio regionale, stimati intorno ai due miliardi, sono enormi e difficilmente gestibili nel breve e medio termine.

Il “fronte” della lotta all’inquinamento sembra quindi impedire al momento la messa in atto di misure pianificatorie di ampio respiro, andando invece a configurarsi in una serie di adeguamenti a normative settoriali, e soprattutto in ambito di tutela e vigilanza vengono implementate normative di monitoraggio e valutazione sulla qualità dell’aria, delle acque e degli inquinanti.

Le questioni relative all’inquinamento sono di norma quelle che più accendono l’interesse dell’opinione pubblica e della cittadinanza attiva, in quanto i segni delle attività inquinanti sono estremamente tangibili e impattano direttamente sulle condizioni di salute delle persone: tuttavia, spesso diventano materia per vicende giudiziarie, mentre gli altissimi costi per la messa in sicurezza del territorio sardo in relazione a questa tematica – stimati intorno ai due miliardi – unitamente ai ritardi nelle procedure di bonifica, sembrano impedire una programmazione efficace degli interventi: inoltre, le questioni relative all’inquinamento in stabilimenti ancora attivi causano scontri tra le parti interessate a tutelare l’ambiente o i posti di lavoro.

L’ingresso nel mainstreaming delle pratiche istituzionali del concetto di sostenibilità ambientale ha tuttavia offerto una alternativa win-win al sistema Sardegna: la teoria dello sviluppo sostenibile permette infatti di coniugare pratiche a basso impatto ambientale con la creazione di posti di lavoro e di indotto economico.

In questo senso la Sardegna ha intrapreso un percorso per migliorare la sostenibilità dell’intero sistema regione che tra le sue origini da un processo istituzionale cominciato a livello internazionale: tra le tappe principali si possono annoverare l’introduzione del sistema di raccolta differenziata e gli ingenti investimenti sul comparto della produzione di energia da fonti rinnovabili all’interno dell’isola.

A livello di indirizzo e pianificazione vengono adottati il PAAR (Piano di Azione Regionale Ambientale) l’Agenda 21 Sardegna e il Piano Energetico Regionale, oltre all’introduzione di una serie di certificazioni ambientali.

La programmazione Regionale sarde da forti incentivi all’implementazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, soprattutto fotovoltaico ed eolico, proponendo un modello di sviluppo incentrato su queste attività. Effettivamente, la produzione di energia da fonti rinnovabili in Regione Sardegna è molto elevata. Tuttavia, Ecoenrgia riporta come al 2017 ancora il 77%

dell’energia sia prodotta da impianti termoelettrici.

si sono sviluppate in tutto il territorio regionale una serie di attività economiche nei settori della bioedilizia e dell’innovazione tecnologica, accompagnate spesso da un forte processo di costruzione di un “brand” di Sardegna incentrato sulla sostenibilità, in contrasto con la permanenza di molti impianti di produzione

“pesanti” nel territorio regionale.

Alcune grandi aziende come ENI hanno scelto la Sardegna per diversificare la produzione, installando impianti eolici di grande dimensione nelle aree interne della Regione.

Tuttavia, il dibattito pubblico intorno alle questioni ambientali non si è sopito, andando anzi a coinvolgere anche il settore delle rinnovabili: sono così nati su tutto il territorio dei movimenti di opposizione agli impianti di produzione di energie rinnovabili. Probabilmente influiscono su questa diffidenza di fondo verso gli impianti sia gli effetti che i danni ambientali dell’industria pesante hanno provocato sia le questioni relative all’esproprio dei terreni e la proprietà di questi impianti, che spesso non generano ricchezza per il territorio in cui sono installati.

Il “paradigma della sostenibilità” è comunque arrivato a coinvolgere anche il settore agricolo e della produzione enogastronomica, con impatti sul turismo: la riscoperta delle aree interne con iniziative e circuiti di fruizione volti alla valorizzazione della montagna e a cercare di porre un argine allo spopolamento vanno ad esempio a proporre forme di turismo sostenibili di fronte a un sistema di flussi rivolto quasi esclusivamente alle coste e nel solo periodo estivo.

La ricostruzione di queste sensibilità ambientali diverse, quelle relative all’inquinamento, al paesaggio e alla sostenibilità, portano a formulare una serie di considerazioni in relazione a una nuova sensibilità emergente, quella relativa all’adattamento ai cambiamenti climatici.

Innanzitutto, l’ingresso nel mainstream del dibattito pubblico del tema dell’adattamento ai cambiamenti climatici si ripercuote anche all’interno della

Sardegna. In primis per i rischi a cui la Sardegna è esposta:

- Innalzamento del livello delle acque - Desertificazione e siccità

- Aumento del rischio incendi - Aumento delle temperature

Tra le conseguenze direttamente riscontrabili figurano i rischi per il patrimonio storico-culturale (il sito archeologico di Nora e quello di Tharros rischiano di finire sott’acqua in tempi non troppo lontani), la perdita di produttività dei terreni agricoli, la perdita di superficie boschiva, le devastazioni al paesaggio causate dagli incendi e l’aumentare dei rischi per le categorie più deboli di conseguenza alle temperature più alte.

A livello di società civile, in Sardegna si rileva la presenza di interesse verso il tema da parte delle associazioni più legate al mondo produttivo, come Coldiretti, oltre a quelle impegnate nella tutela delle aree archeologiche di cui sopra.

Sul fronte dell’adattamento e della resilienza si segnala l’organizzazione del

“Climathon” a Cagliari per coinvolgere studenti e cittadini. Tema 2019, la Resilienza nelle aree umide (Regione Sardegna).

In conclusione, possiamo dire che le questioni relative alla lotta all’inquinamento hanno dato avvio alla presa di coscienza di cittadini e istituzioni sulle tematiche ambientali.

L’inquinamento in Sardegna è connesso ad attività minerarie “storiche” e all’attività industriale (petrolchimico e chimico): alcune di queste attività sono ancora attive e questo comporta forti contrasti tra esigenze di tutela della salute e dell’ambiente e di tutela dell’occupazione.

Il processo di bonifica delle aree industriali dismesse è molto lungo, inefficace per come è implementato e costoso, e dunque inattuabile nel breve e medio termine.

La teoria dello sviluppo sostenibile permette una via di uscita dall’impasse, coniugando le esigenze di sviluppo di una regione ancora sottosviluppata e di tutela del paesaggio. Favorisce inoltre la commistione di settori e realtà che operano in ambiti diversi per perseguire un obiettivo trasversale e comune.

La dimensione di adattamento ai cambiamenti climatici si innesta su questo background: costruire un modello regionale di sviluppo basato sulla sostenibilità e l’adattamento permette di far sì che le politiche a essi connesse siano accettate e messe in pratiche da fasce sempre più ampie di popolazione. In questo senso la prospettiva resiliente di trasformazione del territorio si configura come creazione di alternative a modelli di sviluppo vulnerabili.

3. L’architettura istituzionale delle amministrazioni