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Dalla restaurazione dell’anno 1815 all’anno 1860

(pag. 79) Il 31 maggio 1815 Ancona si arrendeva agli Austriaci; il 1 giugno si firmava la capitolazione, ed il 25 luglio si inaugurava il restaurato governo papale, e Tomba, Ripe e Monterado fecero parte della provincia di Ancona, re-stando però sempre tutti e tre in gruppo, come rilevasi da una lettera di Mons.

Delegato del 25 febbraio 1816 diretta «Al Comune di Tomba ed annessi».

Ma nell’istesso anno passarono alla dipendenza della Delegazione di Pesaro e Urbino, governo distrettuale di Sinigaglia, avendo un Governatore, il primo dei quali fu il Dott. Francesco Massarini col titolo di “Governatore di Tomba ed annessi”. Ma Ripe reclamava un vice-governatore, ad ottenere la qual cosa pri-ma pri-mandò un reclamo alla Delegazione Apostolica, e poi il Parroco nel 1817 in Ancona a perorare la causa. La commissione al Parroco era stata affidata da varii ex consiglieri e privati del luogo, per cui quando esso reclamò il rimborso delle spese promessogli in sc. 2,80, il Consiglio tenutosi a Tomba il 29 aprile respinse la domanda con 17 voti contro 3, opinandosi che dovevano pagare coloro che gli avevano dato l’incarico.

Col giorno 1 ottobre 1816 venne ricostituita la riunione dei tre Castelli con Tomba Capoluogo, quindi si fece una sola amministrazione, e dei due segretari per i tre comuni se ne scelse uno solo per tutti.

Il 13 dicembre 1816 fu celebrato a Tomba l’ultimo consiglio generale delle tre comunità, essendo stato tolto Ripe e Monterado come appodiati. Ma nel 1818 Ripe trovava necessario con risoluzione del 25 febbraio di eleggere un estraneo per vice-governatore, onde quei Comunisti avevano chiesto a Tomba di unirsi loro per risparmio di spesa. Tomba rispose chiedendo di conoscere (pag.

80) le condizioni; il Capitolato fatto fra i deputati dei due paesi non piacque ai Consiglieri di Tomba, i quali nella tornata del 6 luglio 1818 con 10 voti contrari ed uno favorevole esclusero la unione.

ma risoluzione. «Essendo la nostra comunità con l’appodiato di M. Rado gra-vata da tante spese necessarie per l’amministrazione, ed essendo d’altronde la popolazione misera, ed incapace di sopportare i pesi sarei di parere che questa adunanza consigliare proponesse alla superiore Segreteria di Stato, cui è inca-ricata di formare la tabella di nuova distrettazione di assoggettarci al Comune

Ripe nella tornata consigliare del 23 novembre del 1824 prese una

gravissi-di Senigallia, ed incorporarci del tutto alla medesima come soborghi siccome accade ai paesi di Roncitelli e Scapezzano, e come anche ne ha fatto domanda il limitrofe confine di Tomba, e ciò anche per appagare il desiderio dei com-munisti tutti, e per togliere tanti pesi ai miseri, che tutto giorno se ne dolgono altamente, e che infine questa risoluzione sia raccomandata all’Ecc. Vescovo, cui in questo territorio ha detta possidenza, acciò colla solita sua commisera-zione la raccomandi alla Segreteria di Stato già nominata». Questa proposta del magistrato raccolse 17 voti favorevoli e 4 contrari. Ma sulla questione si tornò nel consiglio 13 gennaio dell’anno seguente. «La risoluzione del consiglio 23 novembre non è la più bene intesa, né la più gradita da queste popolazioni. So altresì che la maggior parte dei Consiglieri, diceva l’arringatore, che votarono per simile delibera, si sono poi meravigliati, perché la medesima non era cor-rispondente alle loro idee, ritenendosi generalmente si riferisse l’incorporazio-ne a Senigallia per il solo giudiziario, e non mai per l’amministrativo. Sentiste nell’adunanza del cons. 13 dicembre p(rossimo) p(assato) il passo fatto che va a farsi con la detta incorporazione; onde per rendere canonica questa nostra intenzione, conviene richiamare detta risoluzione consiliare, annullando quanto fu in essa per malintesa risoluto senza deliberata volontà, e senza cognizione di causa». Il che fu approvato con 14 voti contro 6. Nel Consiglio 13 dicembre a cui si accenna, il Segretario aveva dato lettura «dell’inserto foglio relativo alla determinazione presa sull’incorporazione (pag. 81) della Communità di Ripe e Monterado a quella di Senigallia in qualità di sobborghi». La relazione non è inserita nell’atto consiliare, come non vi è riportata la discussione.

La rivoluzione del 1831 passò nei nostri paesi quasi inosservata, se togliamo alcuni imbarazzi economici, perché ad una circolare del Cardinale Albani in data 23 agosto 1833 colla quale chiedeva «notizie riguardo ai crediti per som-ministrazioni ed altro fatte ai rivoltosi ed alle truppe austriache» veniva risposto dal Municipio di Monterado: «Questa Comune in tempo della passata anarchia non incontrò alcuna spesa se non che quella di sc. 3,30 per la formazione della bandiera tricolore, e per foraggio passato ai cavalli dei Deputati di Senigallia allorché vennero ad organizzare il governo rivoluzionario, e non ha sommini-strato altra somma per i titoli contemplati nelle prime 5 domande».

In quella circostanza Tomba ebbe la Guardia Nazionale perché il Comandante Giovanni Battista Bozzi avanzava un’istanza al Consiglio in data 10 aprile (la guardia era a quel giorno disciolta) chiedente il «rimborso di scudi 7,87 spesi da lui pel suo ufficio e per la Guardia istessa».

Siamo all’epoca della rivoluzione del 1848, e nel Consiglio 5 marzo il Priore

e gli Anziani si riunirono «e decisero che stante la non definitiva approvazione data dal governo al ruolo degli individui che debbono far parte della guardia attiva e di riserva, e siccome fino dal giorno 10 novembre 1847 vedendo il mu-nicipio il pubblico desiderio dell’attuazione di questa Guardia Civica, chiamò in congresso tutti quelli che presentemente potevano ritenersi che dovevano farne parte, perché prestassero un servizio provvisorio fino alla stabile organiz-zazione, cosa che dalla frazione della parrocchia esterna del Brugnetto è stata puntualmente eseguita. Rimandati all’autorità i ruoli, e questa non avendoli re-spinti approvati, né avendosi ottenuto riscontro alcuno alle domande e premure fatte su tal proposito, ed essendo d’altronde negli scorsi giorni accaduti alcuni assembramenti popolari per reclamare l’istituzione di questa Guardia, si decise di attivarla immediatamente, (pag. 82) e venne nominato provvisoriamente a capo di essa Mari Gioacchino». Nell’istessa seduta poi il Priore «espose come fra questa popolazione si è manifestato il desiderio che sull’esempio di altre limitrofe comuni, anche in questa Comunità venga celebrato un ufficio funebre in espiazione delle anime dei morti Lombardi»83. Fu deciso di celebrare questo ufficio il giorno 9 marzo, autorizzando il Sig. Priore a spendere sc. 10; e per la Guardia civica furono impostati in bilancio scudi 20.

Finalmente venne la unificazione del Regno d’Italia, e con R. Decreto del 17 dicembre 1860 le Marche vennero annesse. E con altro decreto del 22 dell’istes-so mese di Eugenio di Savoia si fece la divisione delle Provincie, dei Circondari, dei Mandamenti, e Sinigaglia ebbe sotto di sé Tomba che aveva 1382 abitanti, Ripe che ne aveva 2129, e Monterado che ne aveva 1127. (89)

83 La funzione funebre decretata dal Consiglio di Ripe il 5 marzo 1848 si riferisce, forse, al fatto che nei primi giorni del gennaio 1848, per protestare contro l’amministrazione austriaca, i milanesi organizzarono uno sciopero contro il fumo, cercando in tal modo di colpire le entrate erariali austriache provenienti dalla tassa sul tabacco. Per tutta risposta il comando austriaco ordinò ai soldati di andare per le strade fumando ostentatamente sigari, aggredendo i passanti e forzandoli a fumare. I soldati furono anche provvisti di abbondanti razioni di acquavite e negli alterchi con i cittadini non esitarono ad usare le daghe. Al ter-mine di tre giorni di reazione austriaca allo sciopero si contarono 6 morti e oltre 80 feriti fra i cittadini. Cfr. Marco Scardigli, Le grandi battaglie del Risorgimento, Milano, BUR, 2011, Capitolo 10, Va’, pensiero, p. 81; Carlo Moiraghi, Milano nelle 5 giornate. La storia, i documenti, la satira, Milano, Lions Milanesi, s.d. (ma 1996), p. 11 ss. Si ricordi che dal 18 al 22 marzo 1848 scoppiò a Milano l’insurrezione delle Cinque giornate, a seguito della quale ebbe inizio la prima guerra d’indipendenza italiana, con il re di Sardegna Carlo Alber-to che invase il Lombardo-VeneAlber-to il 23 marzo 1848. La medesima funzione funebre viene ricordata da Palmesi anche nella Parte II, Cap. IX, Le milizie del Commissariato, ms. p. 259.

Fig. 24. Castel Colonna, costruzione di una strada, anni ‘50 ca. (foto g.c. da Gasparini Maddalena). Con l’Unità d’Italia divenne evidente il problema della quasi assoluta man-canza di viabilità in quasi tutte le regioni italiane. Nel 1865 durante il governo del generale Alfonso Ferrero La Marmora venne varata la Legge n. 2248 (20 marzo 1865) per l’unifi-cazione amministrativa del Regno, che istituiva il Ministero dei Lavori Pubblici a cui era preposto il sen. Stefano Jacini. La Legge n. 4613 del 30 agosto 1868 rese obbligatoria la costruzione di strade nazionali, provinciali, comunali e vicinali con spese in parte a carico dello Stato (Province), in parte a carico dei Comuni, che dovevano farvi fronte con tasse, sovraimposte, pedaggi e persino con prestazioni d’opera da parte degli abitanti. A metà del secolo scorso la diffusione dell’automobile come mezzo di locomozione comportò la neces-sità di rendere carrozzabili quasi tutte le strade.