Una svolta concreta nell’aprire un canale diverso di cura educativa, rivolta al paradigma dell’inclusione, si è avuta con la Direttiva del 27 dicembre 2012. In essa si sono concretizzati i principi di personalizzazione dei percorsi di studio nella prospettiva della presa in carico degli alunni con BES da parte di ciascun docente curricolare e di tutto il team di docenti coinvolto. La successiva Circolare Ministeriale n. 8 del 6 marzo 2013 e la Nota Ministeriale del 22 novembre 2013 delineano e precisano la strategia inclusiva della scuola italiana inserendosi sul percorso di inclusione scolastica e di realizzazione del diritto all’apprendimento per tutti gli allievi in situazione di difficoltà. Con la normativa sopra citata, l’area degli alunni con bisogni educativi speciali è stata ampliata e in essa rientrano alunni con disabilità specifica, che con la Legge 104 hanno diritto all’insegnante di sostegno, fra cui: alunni con disturbi evolutivi specifici, con disturbi specifici dell’apprendimento, disturbi dell’attenzione o iperattività, disturbo oppositivo provocatorio, disturbo della condotta, ecc.
Vi rientrano inoltre gli alunni con svantaggio socio-economico, linguistico, culturale ed emotivo; coloro che hanno risultati insoddisfacenti in ambito scolasti- co, alunni ostili e aggressivi, alunni stranieri, alunni con difficoltà nelle relazioni sociali, alunni che fanno fatica a adattarsi al ruolo.
In ambito didattico, di fronte a un bisogno educativo speciale entrano in gioco vari elementi che bisogna considerare al fine di mettere in atto strategie di intervento positive ed efficaci.
Innanzitutto sono da tenere presenti il problema specifico e il modo personale con cui il soggetto riesce a rispondere a tale problema. Altro elemento da considerare è il contesto, che può essere sia parte del problema che soluzione ad esso. L’alunno
132
che presenta un bisogno «speciale» deve essere integrato e aiutato affinché possa adeguarsi all’ambiente. Questo tipo di intervento rientra nel paradigma dell’integra- zione, secondo il quale si interviene sul soggetto perché venga integrato nel contesto. Diverso è il concetto di «ambiente inclusivo», secondo cui di fronte al bi- sogno speciale anticipatamente viene organizzato l’ambiente, in modo tale da far avere a tutti le stesse occasioni per apprendere, crescere, fare esperienza. In questo modo si opera nel paradigma dell’inclusione, dove gli interventi in qualche modo non sono soltanto rivolti al soggetto «speciale», ma soprattutto al sistema, che non viene più pensato per i soggetti «normali» e solo successivamente destinato ad accogliere più o meno efficacemente i soggetti «altri», ma ogni variabile del sistema, dai libri, ai quaderni, ai servizi igienici, ai cartelli, alle LIM, alle attività didattiche, è pensata per le diverse utenze.
In questa ottica l’inclusione si riferisce all’educazione di tutti gli allievi, sia con bisogni educativi speciali che con apprendimento normale. Quindi creare un ambiente inclusivo significa mettersi dal punto di vista di tutti.
Volgendo l’attenzione alla pratica didattica, come si fa a trovare metodologie didattiche che possano raggiungere tutti? È possibile creare un ambiente che sia inclusivo a prescindere e a priori, per tutti, anche in termini di scelta didattica?
Tra i diversi metodi utilizzati nella pratica didattica vi è l’apprendimento cooperativo. Esso è un metodo che permette di organizzare attività didattiche, nell’ambito del gruppo classe, che raggiungono tutti.
Prendendo spunto dalla proposta presentata dall’autrice Anna La Prova, è stata realizzata un’attività cooperativa in classe, per far comprendere il significato dei capitoli del libro Cipì a una classe terza. In questa classe sono presenti sia un allievo con DSA che allievi con BES, con difficoltà di linguaggio e difficoltà a parlare in classe davanti ai compagni.
È stata predisposta l’attività didattica suddividendo la classe in gruppi, all’interno dei quali si è proceduto a una turnazione da parte degli allievi che li ha visti coinvolti in attività per loro non difficoltose ma che sono state di supporto ai compagni che presentavano difficoltà.
In questo modo l’apprendimento cooperativo è risultato essere uno stru- mento compensativo perché ha permesso all’insegnante di compensare le singole difficoltà facendo mettere in atto al compagno quel comportamento che per il bisogno educativo speciale era difficile.
Allo stesso tempo l’apprendimento cooperativo è diventato uno strumento dispensativo perché gli allievi sono stati dispensati da quelle attività che per loro risultavano difficili e frustranti.
Inoltre, questo tipo di metodologia non solo ha permesso di dispensare e compensare ma, cosa più importante, ha permesso di valorizzare ciascuna singola diversità.
© 2017, F. Gomez Paloma, Il disagio oggi nella scuola dell’inclusione, Erickson, www.ericksonlive.it
È stato cioè valorizzato ciascuno per ciò che sapeva fare realmente senza stra- volgere la didattica, senza dover pensare a un percorso individualizzato per ciascun allievo, ma con un’unica attività sono stati coinvolti contemporaneamente tutti.
Alla base dell’apprendimento cooperativo vi sono da tenere presenti i se- guenti elementi:
– ripartizione e assegnazione del materiale e dei ruoli ai singoli membri del gruppo; – tutoring tra compagni;
– ricerche e attività di gruppo su schede di lavoro; – verifiche individuali dell’apprendimento.
Per far sì che vi sia reale funzionamento del gruppo, devono favorirsi le seguenti abilità sociali essenziali:
– condividere le idee; – correggere il lavoro altrui; – incoraggiare e aiutare gli altri; – reagire in maniera pacata;
– complimentarsi per il lavoro svolto bene.
Le funzioni dell’insegnante in un ambiente di apprendimento cooperativo saranno le seguenti:
– introdurre nuovi materiali alla classe; – assegnare e verificare ruoli ai gruppi;
– verificare lo svolgimento delle varie attività;
– condurre attività di ricapitolazione con l’intera classe.
Le condizioni necessarie per rendere efficace questo tipo di apprendimento sono: – ruoli e materiali interdipendenti e complementari;
– compiti ben strutturati, attività con schede di lavoro e progetti di ricerca di gruppi eterogenei;
– frequenti test individuali per verificare l’apprendimento degli alunni; – rinforzamento delle abilità sociali di ciascun gruppo.
Progetto «Leggo con Cipì»
Esperienza di lettura di un testo a puntate svolto in una classe terza di scuola primaria: La storia di Cipì di Mario Lodi.
134
Obiettivi
– Stimolare la capacità di prestare attenzione per la durata della proposta – Stimolare la capacità di lettura silenziosa
– Verificare la memoria a breve e a lungo termine – Stimolare la creatività grafica attraverso la lettura – Proporre giochi linguistici.
Percorso
Lettura di uno o due capitoli a settimana. Ogni nuova lettura è legata a una ricostruzione delle vicende conosciute che va successivamente drammatizzata.
Attività
– Laboratorio di creatività – Creazione di filastrocche – Conoscenza di termini nuovi – Drammatizzazione di fine anno
– Disegnare i vari capitoli usando tecniche diverse – Lettura animata, lettura espressiva e drammatizzazioni
– Costruzione di audio-libri, video a altri artefatti multimediali sulla storia – Giochi con la LIM
– Recitazione, danza e canto.
Metodologia
La metodologia si orienta alla costruzione di un ambiente di apprendimento significativo, che pone attenzione a tutte le dimensioni del soggetto apprendente: co- gnitiva, metacognitiva, pratico-operativa, affettivo-motivazionale e relazionale-sociale.
Strumenti
– Strumentazione informatica – LIM
– Programmi di videoscrittura, presentazioni, fogli di calcolo, disegno e grafica, mappe mentali e concettuali, audio-libri, audio-registrazioni, video-registra- zioni, giochi e quiz interattivi
– Ricerche in internet ed esplorazioni geografiche satellitari – Video
© 2017, F. Gomez Paloma, Il disagio oggi nella scuola dell’inclusione, Erickson, www.ericksonlive.it
– Mappe mentali e concettuali – Schede e libri
– Videocamera digitale.
Organizzazione
Attività di classe, a classi aperte, individuali e a coppie, a piccoli gruppi.
Valutazione
La valutazione è rivolta alle diverse dimensioni della personalità del soggetto in situazione di apprendimento:
– La dimensione cognitiva e metacognitiva (quest’ultima «in germe») riguarda l’acquisizione di conoscenze e abilità e lo sviluppo di processi e pratiche ri- flessive.
– La dimensione relazionale-sociale e affettivo-emozionale concerne gli atteggia- menti, le disposizioni interne e i processi motivazionali dell’allievo.
– La dimensione pratico-operativa è relativa alle abilità e al saper fare riflessivo. La valutazione è attenta all’analisi dei processi e dei risultati di apprendimento: – Il processo: le modalità di lavoro dell’allievo, il livello di autonomia, l’impegno,
la responsabilità, la capacità cooperativa.
– Il compito/prodotto: pertinenza, completezza, ricchezza, originalità, estetica. La valutazione formativa, caratterizzante tutte le fasi del processo formativo, si distingue in:
– Valutazione diagnostica, per approfondire e migliorare il processo di proget- tazione.
– Valutazione in itinere, per verificare il grado di conseguimento dei risultati attesi e migliorare l’efficienza e l’efficacia delle varie fasi del percorso formativo. – Valutazione finale, per verificare il grado di conseguimento dei risultati e l’ef-
ficienza e l’efficacia di tutta l’unità di apprendimento.
Bibliografia
Capuano A., Storace F. e Ventriglia L. (2013), BES e DSA. La scuola di qualità per tutti, Firenze, Libriliberi.
136
Cerini G. (2012), Passa… parole. Chiavi di lettura delle indicazioni 2012, Ravenna, Homeless Book.
Dugan E., Kamps D. e Leonard B. (1995), Gruppi di apprendimento cooperativo. Difficoltà di
apprendimento, Trento, Erickson.
La Prova A. (2015), Apprendimento cooperativo in classe. Proposte operative per attività di gruppo
in classe, Trento, Erickson.
Lodi M. (2014), Cipì, Torino, Einaudi.
© 2017, F. Gomez Paloma, Il disagio oggi nella scuola dell’inclusione, Erickson, www.ericksonlive.it