• Non ci sono risultati.

TRA DANTE, CARDUCCI E…PREZZOLINI: MITI CULTURALI E AVANGUARDIA NELLA FORMAZIONE INTELLETTUALE DEI GIOVAN

LA FORMAZIONE CULTURALE

II.2 TRA DANTE, CARDUCCI E…PREZZOLINI: MITI CULTURALI E AVANGUARDIA NELLA FORMAZIONE INTELLETTUALE DEI GIOVAN

«ITALIANI D’ AUSTRIA»

Parlando della scuola superiore austriaca e del clima che, soprattutto in Trentino, vi si respira, abbiamo posto l’accento sulle aspettative che molti dei giovani che la frequentano nutrono verso l’Italia e il suo ambiente culturale. Partendo da questa considerazione e prendendo spunto da una raccolta di studi di Alberto Brambilla pubblicata nel 2003 e dedicata al rapporto tra la letteratura italiana e l’irredentismo in ambito triestino69, ci sembra opportuno provare a sviluppare questo tema. Anche se forse può apparire abbastanza ovvio che la gran parte dei giovani studenti trentini o del Litorale austriaco ammiri profondamente alcuni dei «miti» culturali italiani (siano questi dei «classici» come Virgilio o Dante o dei quasi «contemporanei» come Carducci o Pascoli) indagare meglio questa problematica è utile per ampliare la nostra indagine riguardo la loro formazione culturale. In questo paragrafo proviamo a illustrare (o quanto meno a suggerire future ipotesi di ricerca) le forme sotto le quali questa passione si manifesta, la maniera con la quale la cultura del Regno esercita la propria influenza e, infine, il divario tra la realtà italiana e quella immaginata a Trento o a Trieste.

Il primo motivo che spinge questi giovani cittadini austriaci a venire in Italia (e a Firenze in particolare) è naturalmente la lingua; la praticità di poter seguire le lezioni nella lingua madre ha certo una sua importanza ma è soprattutto la possibilità di affinare la propria parlata nella pronuncia toscana che li affascina maggiormente. In una lettera scritta alla famiglia nell’ottobre del 1905 Carlo Michelstaedter così racconta il suo primo impatto con l’idioma tanto idealizzato:

«In treno c’erano dei Toscani che tornavano in patria dopo aver lavorato per mesi in Germania. Povera gente com’era felice di tornar fra i suoi e come allegramente diceva corna dei Tedeschi. Sono beato all’idea d’andar a star fra loro. Io avevo vergogna di parlare con la mia fetida pronuncia. Mi pareva di esser tanto ma tanto inferiore a loro»70.

69 Alberto Brambilla, Parole come bandiere. Prime ricerche su letteratura e irredentismo, Udine, Del Bianco, 2003.

Se può far sorridere l’idea che un raffinato intellettuale come Michelstaedter che, nella stessa lettera, riferisce con competenza e padronanza di linguaggio delle impressioni riportate in seguito ad una sua visita all’Accademia di Venezia, possa sentirsi «tanto inferiore» a dei poveri braccianti toscani, tuttavia questo brano è rivelatore dello stato d’animo e delle aspettative con i quali questi giovani vengono in Italia. Quando la lingua è una delle motivazioni principali, allora l’Italia è per prima cosa Dante. «Per la Via Vittorio Emanuele fino a un bel convento in collina, poi leggendo Dante con tutta la pianura sotto gli occhi ed un bel sole di primavera traverso fin sulla Via di Bologna e scendo»71 annota nel diario fiorentino Ettore Tolomei72il 14 febbraio 1884 e, ancora, il

2 aprile, «lungo il Mugnone e dietro la Fortezza, leggendo Dante». L’amore, la venerazione si potrebbe dire, nei confronti del «Poeta» non è certo prerogativa dei giovani trentini o triestini e, come ci si accorge girando l’Italia, non c’è città o paese che non vanti una citazione nella Commedia o una sosta del suo autore. Tuttavia, nelle terre italiane dell’Austria, Dante e la sua opera si caricano di una valenza politica molto forte; incarnano l’essenza stessa della patria, divisa dalla politica, ma unita da quella lingua che il poeta fiorentino rappresenta.

Il momento forse culminante di questo culto laico verso l’Alighieri si tocca a Trento l’11 ottobre 1896 quando viene inaugurato il monumento ad esso dedicato realizzato dallo scultore fiorentino Cesare Zocchi. L’idea di erigere un monumento a Dante nasce nell’ambiente della società Pro Patria73 già nel 1886, ma sarà l’inaugurazione a Bolzano, tre anni dopo, della statua a Walther Von der Vogelweide, uno dei maggiori poeti in lingua tedesca del secolo XIII, a fornire lo stimolo necessario ad una rapida realizzazione. A Trento si crea un comitato, promosso da Guglielmo Ranzie presieduto dall’avvocato Carlo Dordi, deputato liberale alla dieta di Innsbruck, con il compito di organizzare una sottoscrizione per la raccolta dei fondi necessari al progetto. Nel giro di un anno la somma raccolta raggiunge la considerevole cifra di 125.000 lire e, nel

71 L’originale del diario fiorentino di Ettore Tolomei è conservato a Gleno (Bz) presso l’archivio Tolomei. Copia del diario si trova al Museo Storico di Trento (MST), Archivio Tolomei, f.311 c. È stato pubblicato con il titolo di Ettore Tolomei a Firenze, annotato ma privo di commento, a cura di Carlo Alberto Mastrelli, in «Cento anni dell’Archivio per l’Alto Adige», Firenze, Istituto di studi per l’Alto Adige, 2006, pp. 469-560.

72 Ettore Tolomei si iscrive a Firenze nell’anno accademico 1883/84; l’anno successivo si trasferisce a Roma dove completa gli studi.

73 La società Pro Patria viene fondata a Rovereto nel novembre del 1886. Il suo statuto è ideato sulla falsa riga di quello dell’associazione «pangermaniste» Deutscher Schulverein e indica la ragione sociale nello «scopo di promuovere l’istruzione e il mantenimento di scuole italiane entro i confini dell’Impero». Le autorità austriache ne decretano lo scioglimento nel 1890 perché durante il suo terzo congresso (Trento, 28 giugno 1890) viene inviato un telegramma di adesione e felicitazioni alla neo costituita Società Dante Alighieri. Cfr. Maria Garbari, L’irredentismo nel Trentino, in Il nazionalismo in Italia e in Germania fino

febbraio del 1891, viene indetto un concorso per scegliere l’artista che avrebbe realizzato il monumento dedicato al «Genio tutelare della lingua e della civiltà italiana nel Trentino». È interessante notare come, nella raccolta di fondi, abbia un ruolo non secondario anche una parte di clero trentino (in particolare grazie all’opera di don Giuseppe Grazioli), generalmente molto cauto riguardo alle tematiche nazionali74. La figura di Dante, poeta totalmente cristiano, offre ai cattolici trentini l’occasione per tentare di smentire, partecipando pienamente ad un’iniziativa «italiana», quella fama di «austriacanti» data loro dai liberali e dai socialisti75.

La mobilitazione generale coinvolge naturalmente anche gli studenti universitari. Durante il terzo congresso della Società degli studenti Trentini, tenutosi a Trento il 13 settembre 1896, Cesare Battisti, segretario della società e, lo ricordiamo, studente di Lettere a Firenze, nel fare il resoconto dell’attività sociale e delle decisioni prese dalla direzione, espone in particolare due iniziative76.

«Ispirati dal grande avvenimento che doveva succedere in Trento» la direzione ha innanzi tutto stabilito di devolvere annualmente e per dieci anni, una somma di cento corone, da raccogliere attraverso le offerte dei comuni e dei cittadini, per «concedere ai giovani del nostro paese, che finiti gli studi di belle lettere in Austria, compissero un anno di perfezionamento all’Istituto di Studi Superiori in Firenze»77. Sarà la Lega Nazionale, associazione nata nel 1891 sulle ceneri della disciolta Pro Patria, ad amministrare e ad assegnare questo sussidio che verrà chiamato «dantesco». La seconda iniziativa realizzata dagli studenti è invece quella di «tenere in tutte le città e borgate del Trentino delle conferenze dantesche preparatorie sul significato del monumento a Trento»78. Battisti afferma che all’appello della direzione hanno risposto numerosi

74 Ostili al processo risorgimentale italiano e al troppo «laico» Regno che questo ha prodotto, i cattolici sono accusati dai loro avversari di indifferenza e «austriacantismo». Sul piano più strettamente politico, gli aderenti al Partito popolare trentino, fondato nel 1905, e, in particolare, Alcide Degasperi, negano alla Nazione un valore assoluto ma, al tempo stesso, credono nella coscienza nazionale intesa come valore culturale. La linea che essi seguono, fino al 1918, è quella della «coscienza nazionale positiva» che, concretamente, si realizza nella difesa della nazionalità nel quadro dell’impero. Cfr. Umberto Corsini, Le

origini dottrinali e politiche del pensiero internazionalista e dell’impegno europeistico di Alcide De Gasperi, in Konrad Adenauer e Alcide De Gasperi: due esperienze di rifondazione della democrazia, a

cura di Umberto Corsini e Konrad Repgen, Il Mulino, Bologna, 1984, pp. 249-293.

75 Assolutamente peculiare è la posizione del Partito socialista trentino, guidato da Cesare Battisti, che presenta un carattere spiccatamente nazionale e individua nella lotta nazionale un elemento imprescindibile sulla strada dell’emancipazione sociale. Cfr. Renato Monteleone, Il movimento socialista

nel Trentino 1894-1914, Editori Riuniti, Roma, 1971; Claus Gatterer, Cesare Battisti, cit.

76 Cfr. «Annuario degli studenti Trentini», a. III, 1896-1897, Firenze, Stabilimento Tipografico Passeri, 1897.

77 Ivi, p. 9. 78 Ibid.

professori e studenti e che «nel 6 di settembre in 28 differenti luoghi del Trentino79 si spargeva la nostra parola a confermare ed eccitare la coscienza del paese»80.

Per comprendere il tenore di queste conferenze analizziamo proprio quella pronunciata da Battisti il 7 settembre a Mori, nei pressi di Rovereto, il cui testo manoscritto è conservato presso il Museo Storico di Trento81.

La conferenza, di tono volutamente popolare, affronta i nodi più importanti e immediati della questione nazionale con l’intento di far comprendere l’essenza del problema anche a quegli strati sociali, in questo caso soprattutto piccoli artigiani e operai, più refrattari a certe tematiche82.

Battisti inizia subito con un accenno alla questione universitaria precisando che «la società degli studenti […] ha pensato che prima che noi […] ci disperdessimo in tante diverse Università che, non avendone noi una nostra, più o meno graditamente ci ospitano, portassimo il nostro saluto e il tributo d’affetto al monumento di Dante»83. Il discorso entra poi nel vivo della questione toccando il tema della lingua nazionale che Dante e il suo monumento sono chiamati a rappresentare come prova inoppugnabile dell’italianità trentina. Sebbene oggi sia ormai accettato il carattere artificiale di quelle che sono chiamate lingue nazionali, «costruite» spesso su lingue vernacolari, e diffuse attraverso il diffondersi delle burocrazie e della scolarizzazione, è però al tempo stesso innegabile l’importanza che la lingua ha nell’immaginario di un popolo che cerchi elementi per sentirsi tale84.

«Alcuni tedeschi, che certo non sapevano, che non avevano anzi nessuna idea di quello che fosse né un popolo né una nazione, sognarono […] di imporre la loro lingua a noi trentini e fecero dei vani sforzi, spesso sciupando il danaro pubblico che doveva essere speso in nostro vantaggio, per creare scuole tedesche affatto inutili a noi. La lingua non è una veste che da un giorno all’altro si possa mutare, la lingua è cosa connaturata

79 Per l’elenco completo delle conferenze, cfr. «L’Alto Adige», 6-7 settembre 1896. 80 Cfr. «Annuario degli studenti Trentini», a. III, 1896-1897, cit., p. 9

81 MST, Archivio Battisti, b. 2, f. 6. Una breve cronaca della conferenza in, «L’Alto Adige», 9-10 settembre 1896.

82 Cfr. Diego Leoni, Camillo Zadra, Classi popolari e questione nazionale, in «Materiali di lavoro», nuova serie, n.1, 1983, pp. 5-26 e Renato Monteleone, Un documento inedito: gli appunti di G. Pedrotti

sull’opinione pubblica trentina alla vigilia della I Guerra Mondiale, in ivi, pp. 27-34. Il grado effettivo di

penetrazione delle tematiche nazionali tra le classi popolari trentini è un tema che merita ulteriori approfondimenti; studi recenti hanno stabilito che almeno il 16% dei volontari trentini nell’esercito italiano durante la Prima guerra mondiale erano artigiani e operai. Una percentuale bassa ma significativa frutto anche dell’influenza del socialismo di matrice battistiana nella regione.

83 MST, Archivio Battisti, b. 2, f. 6.

84 Cfr. Benedict Anderson, Comunità immaginate, origini e fortuna dei nazionalismi, Roma, Manifestolibri, 1996.

all’indole, alla storia di un popolo: può essa variarsi infinitamente col tempo ma non già mutar natura»85.

Battisti si riferisce ai tentativi di penetrazione nel territorio trentino di associazioni pangermaniste come la Deutscher Schulverein, fondata a Vienna nel 1880 o il Verein für das Deutschtum im Ausland (Berlino 1881) che, attraverso la creazione di scuole e ricreatori, cercano di diffondere la lingua e la cultura tedesca86. Mentre in area adriatica la forte presenza slava offre effettivamente un terreno fertile per la penetrazione delle idee panslaviste, in Trentino, regione con una popolazione compattamente di lingua italiana, il pericolo di una «tedeschizzazione» su larga scala è più temuto che reale. Tuttavia, specie nelle zone a carattere mistilingue, in area ladina, sugli altopiani di Folgaria e di Lavarone e nelle isole germanofone della valle del Fersina e di Luserna, le scuole e i circoli tedeschi ottengono un certo successo e la mobilitazione della Lega Nazionale per fronteggiare questi attacchi è notevole87. L’opera della Lega trova ampio consenso nella regione, anche presso gli ambienti cattolici che sospettano i sodalizi tedeschi di proselitismo luterano. Per non allontanarci troppo dal nostro tema basti qui sapere che la sezione trentina della Lega Nazionale, nel 1911, arriva a contare 79 gruppi e 12.932 soci, gestisce un patrimonio non indifferente di asili, scuole e biblioteche, promuove pubblicazioni, organizza conferenze e attività divulgative e sovvenziona maestri e studenti meritevoli88.

Il proseguo del discorso battistiano è poi tutto improntato ad illustrare gli aspetti salienti della biografia di Dante cercando di estrapolarne fatti in qualche maniera riferibili alla situazione trentina a lui contemporanea. Dante non è quindi «solo il poeta che diede forma e vita alla nostra lingua»89 ma è soprattutto «il poeta civile delle nuove generazioni che invitò tanti col suo antico verso ad agire fortemente»90. Che il tema dell’azione, dell’«agire fortemente», nel quale non possiamo non scorgere echi

85 Benedict Anderson, Comunità immaginate, cit.

86 Davide Zaffi, La nascita del Deutscher Schulverein, in «Rivista di studi storici trentini», a. LXVII, n.2, 1988, pp. 219-236 e, id., Associazionismo nazionale in Cisleitania. Il Deutscher Schulverein (1880), in «Rivista di studi storici trentini », sez. I, a. LXVII, 1988, n. 3, pp. 273-323. Secondo Gioacchino Volpe (Italia Moderna. 1910-1914, Firenze, Le Lettere, 2002, p. 134 e ss.) Deutscher Schulverein nel 1910 arriva a contare 200.000 soci ed ha speso «200.000 corone in Alto Adige e in Trentino per aiutare il germanesimo sull’altipiano di Lavarone e Folgaria, ad Arco e sul Garda, fra i Ladini di Val Gardena e Val Badia, Val di Marebbe e Val di Fassa».

87 Cfr. Lamberto Cesarini Sforza, La Lega Nazionale e le altre manifestazioni dell’italianità nel Trentino

avanti la guerra, in Terre Redente e Adriatico, vol. I: Il Trentino, pp. 3-24, Milano, Vallardi, 1932;

Maria Garbari, La lotta nazionale nel Trentino, in, «Quaderni giuliani di storia», a. XV, n. 1, gennaio- giugno 1994, pp. 15-34.

88 Ivi, p. 31.

89 MST, Archivio Battisti, b. 2, f. 6. 90 Ibid.

mazziniani, sia particolarmente importante per Battisti, lo si evince quando spiega, in maniera magari un po’approssimativa, l’ideale dantesco di un impero universale che, «pur avendo principi tedeschi, avesse la sua sede in Roma e fosse quindi italiano»91. Attraverso questo disegno politico Dante inizia a combattere (e qui è evidente il riferimento polemico del socialista Battisti verso i popolari) il potere temporale dei papi e i suoi «tristissimi effetti» e, ribadisce nuovamente l’autore, dimostra di non essere solamente un uomo di lettere ma anche d’azione «sempre pronto a dar il braccio e la vita per il suo ideale politico»92.

Dopo un doveroso accenno ai versi del dodicesimo canto dell’Inferno93 che proverebbero un soggiorno di Dante nei pressi di Rovereto, il testo si conclude con un auspicio ed un appello:

«Lo studio di Dante diffuso tra il nostro popolo che certo ne sa intendere le più grandi bellezze, manterrà insieme alla parola puro e forte il pensiero; perciò incombe a noi giovani il dovere di diffondere questo poema civile che al popolo italiano deve dare la forza e la costanza per risorgere alla grandezza antica. I tempi venturi grandi lotte preparano anche ai nostri paesi: in esse questo nostro monumento a Dante mantenga viva la fiamma della carità di patria, la fiamma dell’ideale»94.

Sono parole fortemente retoriche e un po’ di maniera ma che, certo, suggestionano perché in esse, a noi che scriviamo con la conoscenza degli eventi futuri, sembra già di intravedere il Battisti che nel 1914 gira l’Italia per incitarla ad intervenire in quella guerra alla quale, coerente con il suo principio di «azione», parteciperà da volontario. Il giorno dell’inaugurazione del monumento, una folla immensa si raduna nella piazza nonostante il tempo inclemente e quando, allo squillo di una tromba, la statua viene

91 Ibid. 92 Ibid.

93 Cfr. Dante, Inferno, canto XII, v. 4 e ss., «Qual è quella ruina che nel fianco di qua da / Trento l’ Adige percosse». Nei versi citati sembra che Dante si riferisca ad una zona franosa, tuttora esistente, nei pressi di Rovereto (loc. Lavini di Marco). La tradizione vuole che il poeta abbia avuto occasione di vedere il luogo in occasione di un suo soggiorno presso il castello di Lizzana che sorgeva nel luogo, chiamato appunto Castel Dante, dove è stato poi edificato il sacrario militare che raccoglie le spoglie dei caduti della Prima guerra mondiale. A titolo di curiosità, ma anche a testimonianza di quanto il tema fosse sentito, il titolo di una delle due tesine orali presentata da Battisti in occasione degli esami di laurea a Firenze nel 1897 era: Commento geografico a Dante. Sostengo che la «ruina che nel fianco di qua da/ Trento l’Adige percosse» menzionata da Dante (Inf., XII, v. 4 e sgg) corrisponde alla rovina degli Slavini di Marco e non a quella del Cengio Rosso come è opinione di alcuni recenti commentatori. (Archivio Regio Istituto di studi superiori di Firenze (AISSF), sez. Filosofia e Filologia «Affari risoluti» 1897 (n. 1- 39), cartella 29).

scoperta «un urlo immenso esce da migliaia di petti, un fremito di ammirazione percorre la moltitudine, da ogni parte si grida: Viva Dante! Viva Trento italiana! Viva Ranzi! Viva Zocchi! Viva Firenze! Viva Trieste!»95.

Ogni momento della giornata viene ad assumere i contorni di un grande rito civile di matrice nazionale e irredentista96; la statua del poeta fiorentino trascende la dimensione di arredo urbano per diventare simulacro di una precisa appartenenza nazionale, icona del laico rituale della «religione della patria». Tra coloro che, fin da subito, si sono adoperati per promuovere la realizzazione del monumento c’è anche Carducci che, nell’aprile del 1890 propone al consiglio comunale di Bologna l’elargizione di fondi in favore dell’iniziativa97. Sei anni dopo, in occasione dell’inaugurazione, il poeta compone anche una poesia, dal titolo 13 settembre 1321 (giorno della morte di Dante), che viene pubblicata in un fascicolo speciale intitolato Il Trentino a Dante Alighieri98 . Il legame che unisce le «terre irredente» con l’autore delle Rime Nuove e delle Odi Barbare è molto profondo e, come vedremo, la sua influenza di «poeta civile» sulla gioventù italo-austriaca arriva alle soglie della Prima guerra mondiale ed è rintracciabile anche in personaggi, come Carlo Michelstaedter99, apparentemente distanti dalla poetica carducciana.

L’affetto che le province italiane d’Austria tributano a Carducci ci viene testimoniato ad esempio dall’accoglienza che riceve nel luglio del 1878 a Trieste. Il viaggio, nato come una semplice gita con l’amata Carolina Cristofori Piva, si trasforma in un vero e proprio bagno di folla scandito dalle tappe obbligate del Municipio, del Tergesteo e di San

95 Cfr. L’inaugurazione del monumento a Dante Alighieri, in «L’Alto Adige», 12-13 ottobre 1896. 96 Cfr. Mario Isnenghi, L’Italia in piazza. I luoghi della vita pubblica dal 1848 ai giorni nostri, Bologna, Il Mulino, 2004, p. 122 e ss.

97 Cfr. Giuseppe Stefani, La lirica italiana e l’irredentismo. Da Goffredo Mameli a Gabriele D’Annunzio, Rocca San Casciano, Cappelli, 1959. L’autore riporta un passo di una lettera scritta da Carducci al comitato promotore a Trento datata 26 aprile 1890: «Cari Signori, vi ringrazio. Oggi sono stato onorato, contento, altiero di proporre al Consiglio del Comune di Bologna che voglia contribuire al monumento di Trento a Dante. La proposta, accolta tra plausi – per voi, cari e nobili fratelli italiani di Trento – è stata subito messa all’ordine del giorno. Con grande affetto vi saluto. Viva la Patria!». (pp. 66-67).

98 Il Trentino a Dante Alighieri. Ricordo dell’inaugurazione del monumento nazionale a Trento con versi

di Giosuè Carducci, Trento, Zippel, 1896.

99 Scrive da Firenze, il 26 marzo 1906, in una lettera alla famiglia: «Abbiamo passato quelle ore splendidamente in casa di Bienenfeld leggendo i Sepolcri, parte della Vita nuova, Leopardi e Carducci». (Carlo Michelstaedter, Epistolario, cit., p. 116). Nel febbraio del 1907, alla morte del poeta, Michelstaedter si reca a Bologna per i funerali con un comitato organizzato dall’Università fiorentina e ne veglia addirittura la salma esposta nella certosa del capoluogo emiliano. In tale occasione scrive: «In breve si restò soli con altri due studenti che si aggiunsero poi e con altre guardie. Eravamo soli in quella cella semiscura, al cospetto di quella faccia poderosa, soli con la salma di Carducci! […]. Allora sentii più forte il senso di affetto per lui, ma al di fuori al di sopra della vita, sentii come un senso di risurrezione,