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2 «…CONTRO LA INCIVILTÀ E LE BARBARIE»: LE MANIFESTAZIONI STUDENTESCHE NEL REGNO PER L’UNIVERSITÀ ITALIANA

LA MOBILITAZIONE STUDENTESCA III.1 L’ASSOCIAZIONISMO

III. 2 «…CONTRO LA INCIVILTÀ E LE BARBARIE»: LE MANIFESTAZIONI STUDENTESCHE NEL REGNO PER L’UNIVERSITÀ ITALIANA

Tracciando la storia della italienische Universitätsfrage abbiamo sottolineato non solo il suo ruolo di primo piano nella vicenda del movimento irredentista italo-austriaco, ma anche l’eccezionale eco e la capacità di mobilitazione che tale questione ha avuto nel Regno. Si è già accennato alle manifestazioni e alle proteste che, in ogni università e scuola d’Italia, vengono organizzate ogni qual volta giunga notizia di scontri tra studenti italiani e tedeschi negli atenei d’oltre confine; adesso, avendo Firenze come luogo di osservazione privilegiato ma non disdegnando in alcuni casi almeno una parziale ricognizione anche di altre città, presentiamo una cronaca di quella mobilitazione studentesca, in qualche modo archetipo di future lotte generazionali.

In occasione dei primi scontri tra studenti ad Innsbruck quando, nell’ottobre del 1901, viene impedito al professor Francesco Menestrina di tenere la propria prolusione accademica, la notizia in Italia arriva ma il mondo studentesco italiano non si mobilita in maniera particolare.

A Firenze il 22 novembre, all’inaugurazione del nuovo anno accademico, gli studenti dell’Istituto di Studi Superiori si limitano a pubblicare una delibera proposta dal consolato fiorentino della Corda Fratres con la quale inviano «un solenne plauso ai colleghi dell’Italia irredenta per la battaglia ingaggiata in nome della patria e della scienza»101. Nel comunicato si fanno voti per l’istituzione dell’Università italiana a Trieste («nella certezza che essa sarebbe garanzia sicura di nuove e complete vittorie»102) e si accusano gli studenti tedeschi di «prepotenze vigliacche e incivili»103. Al di là del provocatorio accenno alle vittorie «nuove e complete», niente di significativo, niente soprattutto che possa fare intravedere quello che sarà, già a due anni da questi fatti, il grado di coinvolgimento degli studenti italiani.

Quando infatti, nel novembre del 1903, non viene permesso al professor De Gubernatis di inaugurare l’«Università Libera» di Innsbruck, l’ambiente studentesco italiano è attraversato da un vasto movimento di protesta che, forse per la prima volta nel nostro Paese, può essere definito «politico» e generazionale.

101 «La Nazione», 23 novembre 1901. Interessandoci in maniera particolare alla città di Firenze, abbiamo utilizzato in maniera particolare la stampa quotidiana di quella città. Tuttavia, come era costume dell’epoca, i giornali riportavano spesso articoli tratti da altri quotidiani nazionali permettendoci così almeno una prima panoramica sugli avvenimenti anche delle principali altre città italiane.

102 Ibid. 103 Ibid.

È il 23 novembre quando avviene l’incidente ad Innsbruck; il giorno successivo gli studenti dell’Università di Padova (tra l’altro in un periodo nel quale la presenza di italiani d’Austria in quell’ateneo è relativamente bassa104) sono già riuniti in assemblea e lanciano un appello alla mobilitazione rivolto a tutte le università d’Italia. L’invito è subito raccolto e il giorno successivo gli studenti di Roma, Napoli, Bologna, Pavia e Torino danno vita ad assemblee, manifestazioni e proteste.

Nella capitale, proprio in quei giorni, gli universitari sono già sul piede di guerra; si sta per inaugurare il monumento all’ abate e giurista Nicola Spedalieri e, di fronte a tale iniziativa, l’anticlericalismo così diffuso specie tra gli aderenti alla Corda Fratres si oppone con forza105.

Sono almeno 300 i giovani che, cogliendo l’occasione di un’imminente manifestazione contro il monumento, si ritrovano alla Sapienza. Gli studenti decidono di esternare la loro presa di posizione attraverso un ordine del giorno nel quale si legge:

«La gioventù universitaria romana […] delibera di partecipare compatta alla solenne dimostrazione di protesta contro il monumento a Spedalieri, promossa dalle Associazioni popolari di Roma […], intendendo che tale intervento significhi anche l’indignazione degli studenti italiani pei soprusi dell’Austria e la loro piena solidarietà coi fratelli irredenti»106.

Il giorno 26, sempre a Roma, gli universitari si trovano ancora una volta in Facoltà, scoppiano tafferugli con le forze dell’ordine e alcuni giovani si abbandonano «ad eccessi […] fracassando cattedre, panche e vetrate»107. Nel pomeriggio alcuni studenti

104 Nell’a.a. 1902-03 risultano iscritti a Padova quattro studenti italo-austriaci; tre l’anno successivo. 105 Quella dell’anticlericalismo è l’unica motivazione che riusciamo ad intravedere davanti ad una così forte avversione verso un giurista che si fece portavoce in realtà di istanze relativamente moderne e libertarie. Nicola Spedalieri (1740-1795), autore nel 1791 dell’opera Dei diritti dell’uomo, si rifaceva a concezioni in qualche modo vicine a Rousseau e all’idea del contratto sociale e individuava nel Principato la migliore forma di governo possibile. Semplificando molto possiamo dire che Spedalieri (da qui forse la causa di tanto astio da parte degli studenti) era sì favorevole alla sovranità popolare e avverso al dispotismo ma, al tempo stesso, era nemico anche della Rivoluzione Francese e dei principi laici di cui essa si fece promotrice. Secondo Spedalieri solo nella dottrina cristiana è possibile trovare la garanzia per i diritti fondamentali dell’uomo. La statua in questione, opera dello scultore siciliano Mario Rutelli, fu voluta in occasione del centenario della morte dell’abate (1895) da un Comitato nazionale del quale, tra gli altri, fecero parte anche Francesco Crispi, all'epoca presidente del Consiglio, i ministri Paolo Boselli (Finanze), Giuseppe Saracco (Lavori Pubblici), Gioacchino Armò (Grazia e Giustizia), senatori e parlamentari, molti professori delle università italiane. Venne inaugurata nel 1903 e posta inizialmente in Piazza S. Andrea della Valle; adesso si trova in Piazza Cesarini Sforza.

106 I fatti di Innsbruck, in «La Nazione» 26 novembre 1903. 107 I fatti di Innsbruck, in «La Nazione» 27 novembre 1903.

impongono al professore di diritto Francesco Schupfer108 di sospendere la lezione che sta tenendo. È probabile, anche se sulla stampa non se ne fa alcun accenno, che la scelta non sia casuale. Lo Schupfer, nonostante sia nato a Chioggia quando questa è ancora parte del Lombardo-Veneto e abbia in alcune occasioni (la scelta di insegnare a Padova e poi a Roma stava a dimostrarlo) mostrato sentimenti «filoitaliani»109, può essere facilmente avvertito come «tedesco» e ideale bersaglio per una rappresaglia.

Il professor Schupfer, pur ammettendo che in Austria solo gli italiani non dispongono di un ateneo, sostiene che ciò che i manifestanti stanno facendo a lui equivale a quello che il collega De Gubernatis ha subito. Chiede agli studenti di poter leggere loro alcune note che egli stesso ha scritto sullo Spedalieri nella sua Storia del Diritto italiano110 ma non ottiene particolare attenzione111.

Intanto, mentre sulle scalinate dell’ateneo viene dato fuoco ad una piccola bandiera austriaca, le forze dell’ordine caricano i dimostranti; le notizie della stampa ci dicono anche che qualcuno arriva a proporre di inviare un telegramma a Ricciotti Garibaldi perché prepari una spedizione armata contro l’Austria. Al termine di questa convulsa giornata l’Università viene chiusa.

Intanto, anche a Firenze, gli studenti sono in agitazione sebbene sembri regnare una certa confusione e un po’ di disinformazione. Abbastanza clamoroso, ad esempio, è l’errore contenuto nell’ «ordine del giorno» emanato il 26 novembre dalla Corda Fratres fiorentina. Nel testo, mentre si rinnova il saluto «ai fratelli riuniti nel sacro nome d’Italia»112, ci si augura che «sorga presto ad Udine quella libera università che è impensabile dove brutali oppressori […] credono di poter sopprimere con delle violenze la verità della scienza ed il sentimento della patria»113.

Le sedi negli anni proposte per un’università italiana sono state molteplici, dalla principale, Trieste, a Trento, Rovereto e Vienna ma di Udine non si è mai fatto parola.

108 Francesco Schupfer aveva studiato a Vienna, Heidelberg, Gottinga ed Innsbruck. Nominato professore straordinari a Innsbruck nel 1864 , nel 1866 ottiene a Padova la cattedra di storia de diritto romano, quindi, nel 1878, passa alla cattedra di storia del diritto a Roma dove fonderà una vera e propria scuola storica di stampo tedesco.

109 Cfr., Francesco Schupfer, La tavola clesiana: studi archeologici, in «Archivio giuridico», 1869. In questo saggio, dedicato alla tavoletta in lingua latina, ritrovata nell’aprile del 1869 nei pressi di Cles, nella quale agli Anauni (antichi abitatati di una parte della regione trentina)veniva concessa la cittadinanza romana e quindi «prova» principe dell’italianità del Trentino, lo Schupfer ha scritto che questa: «era infine una nuova e solenne affermazione della italianità di una gente divelta ora dal seno della madre patria, e, a seconda che più vuolsi, un mesto ricordo che i morti mandano dal loro sepolcro secolare ai vivi o una protesta».

110 Si tratta del Manuale di Storia del Diritto italiano pubblicato a Città di Castello per Lupi e la cui prima edizione risale al 1892.

111 I fatti di Innsbruck, in «La Nazione» 27 novembre 1903.

112 Il consolato fiorentino della Corda Fratres. L’ordine del giorno, «La Nazione» 27 novembre 1903. 113 Ibid.

La smentita arriverà tre giorni dopo attraverso un comunicato della sede centrale dell’associazione studentesca che, in maniera piuttosto secca, ribadisce che a Trieste e non a Udine deve essere l’Università114.

Nella capitale il Consiglio Accademico decide che le lezioni vengano riprese il giorno 30 novembre; mentre il consiglio è in corso il De Gubernatis, che è stato temporaneamente sospeso, prende la parola e, dolendosi di non poter fare lezione, polemizza violentemente con il Rettore Giuseppe Cugnoli dichiarando di avergli obbedito solamente «per non metterlo a pari con la Polizia Austriaca che a Trento gli dava lo stesso consiglio»115.

Nello stesso giorno, venerdì 27 novembre, sempre a Roma alcune centinaia di persone si ritrovano per continuare la protesta contro il bronzo a Spedalieri, l’abate «nemico delle libertà»116. Gli studenti della Corda, in un telegramma inviato al sindaco di Roma Prospero Colonna, chiedono «che presto i giovani recantesi all’Università non siano costretti a vedere la faccia di bronzo dello Spedalieri»117. La fusione delle proteste per il monumento con quelle di solidarietà con gli studenti italiani di Innsbruck non ci sembra marginale e meriterebbe di essere approfondita perché offre vari spunti di riflessione. Sono due, probabilmente, i motivi per i quali l’abate Spedalieri possa essere contestato. In un’ ottica repubblicana perché assertore del «principato» come migliore forma di governo possibile oppure, da un punto di vista che definiremmo laico e illuminista, per la sua strenua opposizione alle idee rivoluzionarie provenienti dalla Francia. In vari scritti polemici ed apologetici, come ad esempio nell’ Analisi dell’Esame critico del signor Nicola Frèret sulle prove del cristianesimo pubblicato a Roma nel 1778, Spedalieri attacca le tesi degli enciclopedisti e difende la veridicità e l’autenticità della Scrittura.

Naturalmente ideali repubblicani, laicismo e, spesso, anticlericalismo, possono ben conciliarsi tra loro e le Associazioni Popolari romane promotrici della protesta gravitano proprio in quest’area. Il movimento studentesco (riteniamo possibile definirlo così) che protesta per i fatti di Innsbruck e aderisce alle dimostrazioni contro il monumento al giurista siciliano invece, ha già al suo interno tutte le contraddizioni e le incongruenze che, irrisolte, lo accompagneranno negli anni fino alle dimostrazioni del «maggio radioso». Laicismo e anticlericalismo sono perfettamente in linea con certe aspirazioni

114 «La Nazione», 29 novembre 1903. 115 «La Nazione», 28 novembre 1903. 116 Ibid.

giovanili ad una vita più libera e meno vincolata ma appare contraddittorio trovare così apertamente schierata un’organizzazione come la Corda Fratres che, lo abbiamo visto, è decisamente filo-monarchica e i cui aderenti, proprio nei giorni dei quali stiamo scrivendo, più volte nelle piazze inneggiano ai Savoia e all’esercito. Anche in questo episodio, marginale ma a suo modo significativo, troviamo conferma circa la difficoltà di individuare, tra studenti italo-austriaci come tra quelli del Regno, una linea politica ben delineata. Si riflette in questo atteggiamento della gioventù italiana (e per gli italiani d’Austria è simile perché l’immagine che ad essi filtrava dell’Italia proveniva in buona parte dalle medesime fonti) il faticoso tentativo messo in atto nell’Italia post- unitaria, di far coesistere l’idealità di un Mazzini o di un Garibaldi con la celebrazione dell’ esercito, la dinastia sabauda e, quindi, la componente «istituzionale» del processo risorgimentale.

Lasciamo adesso Roma e torniamo a Firenze. Le notizie che giungono dalle altre città d’Italia mettono in allarme la prefettura che, il giorno 27, dirama un comunicato nel quale si avvisa chi tenta «di promuovere per mezzo di manifestini “volanti” una agitazione fra gli studenti e la gioventù»118 che ogni «pubblica dimostrazione, assembramento, comizio […] devono ritenersi vietati»119 e che, comunque, «saranno immediatamente sciolti»120.

A differenza che a Roma, forse anche grazie ad un maggiore coinvolgimento del corpo docente sinceramente solidale con gli studenti e la loro causa, nel capoluogo toscano non avvengono episodi di violenza all’interno della sede universitaria. Gli studenti rinunciano a un proprio comizio121 e concordano un’assemblea con alcuni professori da tenersi nei locali dell’Istituto il 28 novembre.

Il discorso che il professor Guido Mazzoni pronuncia in quell’ occasione merita di essere almeno in parte riportato. Rivolgendosi agli studenti che gremiscono l’aula, Mazzoni, con indubbia abilità retorica, spiega perché, a suo parere, i giovani abbiano individuato proprio in lui la persona più adatta per tenere quella conferenza. Se la prima ragione di tale incarico può essere ritrovata nell’affetto che lega il maestro a molti dei suoi discepoli, la motivazione principale è certamente un’altra. Dice Mazzoni:

118 Cfr., Un manifesto del Prefetto, in «La Nazione», 28 novembre 1903. 119 Ibid.

120 Ibid.

121 Il giorno 27 gli allievi dell’ateneo fiorentino si limitano ad emanare un ordine del giorno nel quale:« chiedono ai nuovi martiri dell’Idea Nazionale costanza e fede perché tutto sia loro concesso – dall’Università italiana a Trieste – a quella bandiera sacra che Garibaldi condusse vittoriosa indarno tra le nevi delle Alpi e che Dante, levando le braccia per incitare i cittadini di Trento, superbo ancora promette». Cfr., L’indirizzo degli studenti fiorentini, in «La Nazione», 28 novembre 1903.

«da questa cattedra io do lezioni di letteratura italiana, ed è appunto in nome della lingua italiana e della civiltà latina e italiana che voi insorgete unanimi; ed è da questa cattedra che volete, qualunque persona la occupi, parta una voce ed un desiderio di giustizia, contro la inciviltà e le barbarie altrui, ed è giusto che noi si risponda»122. Chiarita quindi la giusta causa alla base della protesta, Mazzoni, rivendicando con orgoglio quella nobile tradizione della quale tutti loro si sentono eredi, entra subito nel merito della questione affermando:

«Ma guardate nella protesta di essere sempre degni della nostra civiltà, della civiltà di tanti secoli, di tante migliaia di anni, che si è imposta loro e che ha impedito ai tedeschi, che nella città tedesca di Innsbruck, da essi possa essere sentito parlare di Petrarca. E questo aver essi impedito che là del cantare di Laura si parlasse, è per il Petrarca il più alto, il più solenne, il più maestoso omaggio che a lui si possa rendere […] Ed è in nome di colui che ha dato lezione di umanità, che essi non hanno imparato, che hanno alzato il loro grido, e che noi invece innalziamo il nostro pensiero, la nostra anima»123. Il disprezzo verso il mondo germanico e la sua cultura si fa ancora più palese alla fine del discorso quando il professore si rivolge retoricamente alla platea affermando:

«Ma guardate se non sia stato meglio che non sia stato permesso in Austria di parlare del Petrarca; guardate se non giovi più alla causa nostra santa, alta, nobile, il non essere lecito parlare del cantore di Laura in terra austriaca. Se voi vi siete radunati per fare una dimostrazione, noi l’abbiamo già, e gridiamo insieme: viva l’Italia»124.

Se l’assemblea tenutasi all’interno dei locali universitari si è svolta in maniera assolutamente pacifica, lo stesso non può dirsi del suo seguito, quando gli studenti si riversano nelle strade con l’idea di andare in corteo, prima in piazza Antinori, alla lapide dedicata al patriota Gustavo Modena, e poi sul lungarno Vespucci davanti al monumento a Giuseppe Garibaldi.

Giunti davanti alla statua dell’amato eroe, i giovani dimostranti depongono ai suoi piedi una bandiera tricolore e, cantando inni patriottici, inscenano una dimostrazione anti

122 Pei fatti di Innsbruck. All’Istituto di Studii Superiori. Il discorso del Prof. Mazzoni. L’ordine del

giorno di protesta, in «La Nazione», 29 novembre 1903.

123 Ibid.

124 Pei fatti di Innsbruck. All’Istituto di Studii Superiori. Il discorso del Prof. Mazzoni. L’ordine del

austriaca e filo irredentista. Come riportano le cronache, la polizia, dopo un solo squillo di tromba (la legge ne prevedrebbe tre di avvertimento) carica violentemente gli studenti disperdendoli e arrestandone alcuni. «La Nazione», giornale di spiccata tendenza monarchica e palesemente vicino ai dimostranti, accusa in maniera esplicita le forze dell’ordine di violenza gratuita affermando che «massime contro alcuni di questi [studenti] furono usati certi sistemi inumani che non sarebbero nemmeno ammissibili contro malfattori volgari»125.

A testimonianza della vicinanza tra corpo docenti e studenti in agitazione, in serata Pasquale Villari, insieme ai deputati Giovanni Rosadi126 e Giulio Chiarugi127 si reca in prefettura dove protesta per il trattamento riservato ai dimostranti ottenendo il rilascio degli arrestati.

I giornali registrano ancora qualche iniziativa, un corteo di circa trecento studenti tenutosi il 30 novembre e, come ultimo atto, il tentativo di alcuni giovani (il 2 dicembre) di andare a manifestare sotto le finestre del consolato austriaco, tentativo subito impedito dall’intervento della polizia. Anche a Roma, come abbiamo accennato, l’università è riaperta e così a Pisa, dove è stata chiusa il 28; la situazione sembra essere rientrata nella normalità ma questa si rivela una tregua di breve durata. Trascorre un anno e, ancora ad Innsbruck, avviene il fatto più grave dell’intera storia della questione universitaria italo-austriaca. Le notizie in merito alle violenze e all’ondata di arresti verificatesi il 3 novembre 1904, giorno dell’inaugurazione della facoltà giuridica in lingua italiana dell’università tirolese, giungono rapidamente in Italia. Nonostante nel Regno si sia in pieno periodo elettorale e «La Nazione», a Firenze, profonda energie nel mettere in guardia i cittadini dal «pericolo socialista», lo spazio dedicato ai nuovi «fatti di Innsbruck» è di assoluto rilievo.

Senza troppi preamboli, e richiamandosi esplicitamente alle lotte anti austriache del Risorgimento, il drammaturgo toscano Federico Valerio Ratti, in una lettera inviata al giornale dichiara che «i nostri padri sapevano come rispondere alla rabbia tedesca, e

125 Cfr. Al monumento di Garibaldi, in «La Nazione», 29 novembre 1903.

126 Giovanni Rosadi (1862-1925). Laureato in Giurisprudenza all’Università di Pisa, Giovanni Rosadi fu consigliere comunale a Firenze tra il 1895 e il 1898. Venne eletto deputato, sempre a Firenze negli anni 1903, 1904, 1909 e 1913. Dopo la guerra, con il gruppo della Democrazia liberale venne nuovamente eletto nel 1919 e nel 1921; venne nominato senatore nel novembre del 1924.

127 Giulio Chiarugi (1859-1944). Laureato in Medicina nel 1882 a Torino, Chiarugi diresse l'Istituto di Anatomia umana di Firenze ininterrottamente al 1890 al 1934, data del suo pensionamento; fu fondatore delle riviste «Monitore zoologico italiano» (1890) e «Archivio italiano di Anatomia e di Embriologia» (1901). Chiarugi fu deputato tra il 1900 e il 1904 e consigliere comunale a Firenze tra il 1909 e il 1910. Dopo essere stato Preside della Facoltà medica per ben 32 anni, nel 1924 fu nominato Rettore dell’appena fondata Università degli Studi di Firenze.

noi, i figli loro, in che maniera si possa e si debba, l’abbiamo appreso dalla lor bocca»128.

Gli studenti degli atenei italiani non fanno attendere troppo una loro presa di posizione e, attraverso la presidenza di Torino della Corda Fratres, invitano l’Italia ad intervenire «presso il Governo alleato, onde far rispettare la vita ed i sacrosanti diritti dei nostri connazionali»129.

A Firenze la prima manifestazione si ha nel pomeriggio di venerdì 11 novembre quando universitari e alunni delle scuole secondarie, in piazza Vittorio Emanuele, si riuniscono inneggiando a Trento, a Trieste e al re. I dimostranti si muovono poi in corteo fino alla sede dell’ Istituto di Studi Superiori in piazza S. Marco dove chiedono venga suonato l’ Inno reale dalla fanfara del 38° Rgt. fanteria che stava tenendo un concerto. Più tardi un corteo di quasi 400 persone al grido di «abbasso gli studenti teppisti di Innsbruck»130 giunge in piazza Signoria dove, in seguito a scontri con la polizia, alcuni dimostranti vengono fermati.

Il clima in città è effervescente e le iniziative si susseguono frenetiche. Il 14 novembre gli studenti fiorentini, dopo che è stato loro impedito di tenere un comizio in piazza Strozzi, sfilano per le vie cittadine gridando i soliti slogan dedicati alle città irredente. In piazza della S.S. Annunziata, a due passi dall’ateneo, il corteo studentesco viene a