Il testo che stiamo per trattare è Demetrio Pianelli di Emilio De Marchi, romanzo di carattere, secondo Alessandra Briganti143, ambientato nella Milano tardottocentesca, capitale economica del paese
recentemente unificato, in cui i rapporti sociali si avviano a subire un processo di spersonalizzazione, analogo a quello che le altre città europee conoscono già da tempo.
Agli occhi del nostro scrittore il fenomeno assume particolare evidenza nel ceto medio, di cui si narra nell'opera, la piccola borghesia che, dopo aver costituito la base sociale per il movimento unitario, fornisce ora i quadri amministrativi al nuovo Stato e trova insediamento in tutto il settore terziario dell'attività produttiva nazionale.
141G. Raya, Carteggio Verga-Capuana, op. cit., lett. 129, p. 131
142A. Momigliano, Verga, in in ID., Verga, Dante, Manzoni, Messina-Città di Castello, D'Anna, 1944, p. 216 143A. Briganti, Introduzione a Emilio De Marchi, Laterza, Roma-Bari, 1992, p. 125
A questa accresciuta responsabilità nella vita civile non corrisponde, però, un peso adeguato in quella politica. I modelli di vita preborghese entrano in crisi o almeno subiscono una trasformazione profonda e i travet della nuova Italia, gli impiegati modesti e diligenti, mal pagati e sacrificati, sepolti nei loro uffici, non sono in grado di partecipare all'evoluzione in atto, e aderiscono a un ruolo univoco e precostituito144.
La tensione, incapace d'esprimersi sul piano politico, si esprime su quello del costume, cresce l'interesse per tematiche già ampiamente dibattute nell'Europa romantico-liberale, come i rapporti tra i generi, la concezione della femminilità, l'istituto matrimoniale e familiare.
De Marchi assume come ambito d'indagine proprio la vita privata del ceto medio impiegatizio; la contraddizione esistente al suo interno che colpisce l'autore non è tanto quella tra un codice morale originario e le sue deformazioni morbose, quanto quella tra la libera e spontanea espressione degli affetti e la costrizione mortificante nella routine della vita giornaliera145.
Da ciò deriva lo stimolo ad approfondire lo sguardo nell'intimità individuale e la successiva scoperta perplessa, eppure gioiosa, che oltre la soglia della coscienza vive un principio, un istinto che spinge irresistibilmente l'uomo a cercare il compimento del suo essere nel sentimento amoroso, nell'unione con la donna. La pulsione erotica ha, nella sua naturalità, un'implicazione soprannaturale, l'amore umano si sublima nella costituzione della famiglia: espandendo il proprio io nel rapporto con la donna e nella generazione della prole, l'uomo raggiunge il più alto grado di felicità concessagli sulla terra. È questa felicità che vorrebbe, ma non ottiene Demetrio, protagonista dell'opera.
In origine intitolato La bella pigotta, con riferimento a Beatrice, bella donna sensuale, e alla visione pessimistica dell'amore borghese, il romanzo, nella seconda stesura, si concentra sul personaggio maschile, sulla sofferenza di un animo ai margini della vita e allontanato inesorabilmente dalle ragioni più valide di essa, gli affetti e i sentimenti.
Battere l'accento su Beatrice, spiega Vittore Branca, avrebbe significato impostare il romanzo sul motivo dell'atmosfera più tipica della narrativa del tempo, sull'insoddisfazione e l'impossibilità di realizzazione dei personaggi femminili, dalla Bovary al Marito di Elena146.
Beatrice sposa Cesarino Pianelli, cassiere alle Poste, amante del lusso e dell'eleganza, tanto da essere soprannominato Lord Cosmetico. All'inizio del racconto questi è impegnato nella ricerca, sempre più
144V. Spinazzola, Emilio De Marchi romanziere popolare, Edizioni di Comunità, Milano, 1971, p. 27 145Ibid.
affannosa, di duemila lire, per rimpiazzare quelle sottratte alla cassa di un circolo di impiegati, utilizzate per pagare un debito di gioco. Cesarino non riesce a ottenere il prestito neppure dal suo amico Melchisedecco Pardi, piccolo industriale di nastri di seta e marito di Palmira, sua ex-operaia. Spinto dal bisogno, prende in prestito i soldi dalla cassa della posta, con l'idea di restituirli prima del ritorno del superiore, ma il progetto fallisce: il cassiere torna prima del previsto e Cesarino, per celare l'ammanco, falsifica una ricevuta. La scoperta della truffa costringe l'uomo a una ricerca sempre più faticosa, ma tutte le porte gli si chiudono in faccia: non resta che il suicidio. Oltre a sua moglie, egli lascia tre figli, che affida alle cure del fratellastro Demetrio, umile e modesto impiegato solitario, quasi indigente, col quale non intrattiene rapporti da anni.
La seconda parte del romanzo è occupata dal lento ritorno alla vita affettiva e sentimentale di Demetrio che, dapprima, sopporta con una pietà mista a fastidio le nuove responsabilità, poi, al contatto con affetti teneri e spontanei, sente rinascere la speranza di un ritorno a una vita più piena e completa. Un lontano cugino, però, presso il quale la famiglia trova ricovero durante il primo, terribile periodo, intende sposare Beatrice. Le nozze sono la soluzione a tutti i problemi economici, ma Demetrio esita perché, all'improvviso, si scopre egli stesso innamorato della cognata.
Dopo il trasferimento di Demetrio a Grosseto, Beatrice si sposa e si trasferisce coi figli in provincia. Si consuma il dramma di casa Pardi: Melchisedecco, scoperta la tresca della moglie Palmira con un cantante, la uccide e si costituisce.
Il femminicidio che interessa la nostra analisi è, come spiega Alessandra Briganti nella sua Introduzione a De Marchi, un episodio privo di un'effettiva funzione in riferimento alla logica dell'azione globale, probabilmente dettato dalla necessità di una digressione capace d'alimentare il meccanismo della suspense, estraneo all'articolazione così intima e segreta della trama dell'opera, ma indispensabile alla pianificazione di un romanzo, come Demetrio Pianelli, destinato all'appendice di un quotidiano147.
Così, nell'ambito di un intreccio il cui dinamismo si affida esclusivamente alla progressiva metamorfosi delle coscienze, allo sviluppo e alla difficile maturazione di una condizione interiore, s'inseriscono quei nodi dell'azione indispensabili a tenere il lettore col fiato sospeso.
Questi non appartengono agli schemi narrativi e agli stereotipi del romanzo di carattere, ma a quelli più
facili del feuilleton e a quelli desunti dalla narrativa d'imitazione zoliana, magari attraverso la mediazione delle inchieste sulla realtà contemporanea urbana dovute alla penna dei Valera o dei Corio, che La Farfalla definiva allora “palombari del sottosuolo sociale”, in riferimento alla pubblicazione delle Scene contemporanee della Milano sotterranea148.
Dagli anni Settanta dell'Ottocento, infatti, soprattutto in area milanese, si diffonde un documentarismo in cui si riversano le richieste crescenti di un riformismo sociale spesso pervaso di anarchismo. Nel clima di complessivo favore che si genera in Italia nei confronti del naturalismo, l'opera di Zola arriva a riscuotere grande successo, e si consolida una serie di stereotipi di facile riuso e di sicuro effetto sul lettore149.
Se, da un lato, nello sviluppo dell'azione, lo scioglimento in chiave psicologica dell'intreccio richiede una pausa nel romanzo, indispensabile per la maturazione delle coscienze in Beatrice e Demetrio, dall'altro, le esigenze del mezzo, l'appendice del quotidiano, impongono un dinamismo basato sul colpo di scena, sull'agnizione, o su altri procedimenti parimenti collaudati in quegli anni, sui quali l'autore può contare, quali proprio la digressione che allude all'inchiesta sociologica, al viaggio nel misterioso sottosuolo abitato dal popolino milanese.
La digressione utilizzata da De Marchi, con funzione di colpo di scena, è rappresentata dall'episodio del femminicidio che conclude la storia dei coniugi Pardi, parallela a quella principale: il trattamento di questo materiale si ispira, come vedremo, sia pure alla lontana, proprio alla crudezza descrittiva del naturalismo di stampo zoliano150.
Prima che si realizzi la compenetrazione tra romanzo di carattere e romanzo d'appendice, va segnalato un passaggio precedente, quello che dal romanzo di costume, immaginato da De Marchi, presumibilmente, nella fase d'ideazione della struttura generale dell'opera, conduce al romanzo di carattere.
Fatta eccezione per il ruolo inconsapevolmente svolto nel suicidio di Cesarino da Melchisedecco Pardi, “fabbricante di nastri con ditta al ponte dei Fabbri”151, i successivi intrighi della moglie Palmira, allo
stesso modo della tragica risoluzione della loro storia, si limitano a svolgere una funzione tutta esteriore nell'intreccio. Vengono, quindi, meno al ruolo che l'autore assegna a questo nucleo narrativo in vista
148Ivi, p. 129 149Ibid. 150Ibid.
della realizzazione di un corposo romanzo di costume. Le due storie, nell'ottica dell'autore, dovrebbero illuminarsi a vicenda o, per meglio dire, cooperare a illuminare, di una luce egualmente fosca, un costume e una società sconvolti dalla sete di guadagni, dalla corsa al denaro.
Attraverso lo sviluppo delle due vicende, adeguatamente rielaborate, sarebbe possibile per De Marchi costruire un affresco vivace e significativo della contemporanea realtà milanese, analizzata attraverso l'osservazione di due ceti, quello dei piccoli industriali e quello impiegatizio, le cui aspirazioni a raggiungere, su un piano esclusivamente materiale, un livello di vita superiore risultano in parte convergenti.
Tuttavia, col modificarsi del modello di riferimento, nella trasformazione del romanzo di costume in romanzo di carattere, la funzionalità della storia dei coniugi Pardi viene sostanzialmente a cadere. Nel momento in cui obiettivo del romanzo diventa la rappresentazione del progressivo dilatarsi della capacità di comprensione morale e umana nell'intimo dei protagonisti Demetrio e Beatrice, in effetti scompare il ruolo specifico che giustifica la presenza di personaggi secondari, opachi e strutturalmente incapaci di evoluzione, come sono Secco e Palmira Pardi, che risentono di un carattere improvvisato e casuale.
Analizziamo il brano dal momento in cui Pardi ha scoperto tutto: Palmira ha fatto credere al marito di essere presso Beatrice, invitata al matrimonio che si terrà il giorno dopo, ma in realtà passa la notte con l'amante.
Il marito, rientrato ubriaco a casa dopo una partita a carte, dopo il presagio della frase “fortunato al gioco, sfortunato in amore”152 pronunciata da un amico, in camera sua, davanti al letto rifatto e vuoto
dalla parte sinistra, avverte strani presentimenti e comincia a scartabellare tra i cassetti: alcune lettere lasciano intendere la relazione della donna col cantante e l'invito fasullo al matrimonio.
Si reca quindi presso l'abitazione di Beatrice per avere conferma che Palmira sia lì, ma non trova nessuno, la futura sposa non c'è e il matrimonio è stato rimandato; Palmira non si è mai presentata. Beatrice, poi, interpellata direttamente da Pardi, presa alla sprovvista e ignara delle macchinazioni di Palmira, negherà anche di aver inviato una carrozza per condurre la donna al matrimonio.
La degenerazione mentale, della coscienza e fisica, che va dalla deduzione dell'inganno alla pianificazione del delitto, si compie come di consueto; la gelosia, la sete di vendetta avviluppano l'uomo in un gorgo.
Il marito rimane un'ora in un caffè come aspettando l'ora d'una partenza, facendo passare un tempo lungo e noioso, “cogli occhi aridi, […] come un sacco di roba che quattro matti piglino a bastonate, aspettando che si stanchino di battere”153. Aspetta seduto, per la paura di non reggersi in piedi e andare
incontro a qualcosa di enorme, terribile; guarda attonito fuori dalle vetrate, come se un vortice torbido, di acqua sporca, come sporco è il peccato di cui si è macchiata Palmira e quello di cui sta per macchiarsi egli stesso, si stesse concentrando fuori, gorgogliando.
La rabbia modifica il fisico che non regge alla tensione, alla delusione, Pardi si sente invecchiato di dieci anni, è febbricitante, scosso da qualcosa che arde e morde all'interno.
Anche in lui si agita una voce interiore attraverso il cui linguaggio si esprime l'odio verso la moglie; termini mai usati adesso si affacciano con tutta la loro violenza; la donna, prima accolta sotto la propria protezione, ora è “vergognosa, sgualdrina, canagliaccia! […] Traditora! Scellerata!”154.
Palmira rappresenta adesso la femminilità nelle sue risorse empie di seduzione e inganno, nella frivolezza colpevole, nell'incapacità di sottrarsi al desiderio maschile155.
All'evoluzione della donna corrisponde quella del marito. Il mutamento nel fisico si accompagna al mutamento nel lessico, il marito prosegue nella ferocia verbale formulando il proprio intento di vendetta: “l'ammazzerò”156.
L'adulterio, la violazione del contratto matrimoniale introduce nell'individuo e nella società una dolorosa e insolubile confusione di categorie, come nota Tanner.
L'adultera, che ricorda l'adulterazione, implica contaminazione, impurità, cattivo miscuglio e unione sbagliata; la parola rimanda a un'attività, piuttosto che a un'identità. Una moglie infedele e di conseguenza, a volte, una cattiva madre, rappresenta una congiunzione di categorie e funzioni che la società non accetta e vuole tenere separate.
153Ivi, p. 333 154Ibid.
155V. Spinazzola, Emilio De Marchi romanziere popolare, op. cit., p. 115 156E. De Marchi, Demetrio Pianelli, op. cit., p. 333
Il mondo borghese tende a imporre ruoli univoci ai propri membri ed essi, a loro volta, li impongono a sé stessi. L'adulterio scompagina questa univocità, introducendo una sgradevole equivocità nei ruoli sociali.
La moglie fedifraga, scrive ancora Tanner, in termini sociali è una figura che si autocancella, che la società vorrebbe, potendo, non riconoscere, per negarne l'esistenza sociale e come categoria.
Tuttavia essa esiste, come corpo e come creatura, diviene forma paradossale del negativo all'interno della struttura sociale, e la sua presenza virtuale rappresenta una minaccia incessante all'esistenza della società.
Se quest'ultima dipende da regole che stabiliscono cosa può essere congiunto e cosa va tenuto separato, come dicevamo nei capitoli precedenti, l'adulterio, unendo cose sbagliate nel posto sbagliato, o gente sbagliata nel letto sbagliato, costituisce un attacco a quelle prescrizioni, e ne rivela il carattere arbitrario e relativo.
La donna adultera diventa una breccia nella società, che si allarga a poco a poco. Mettendola al bando, eliminandola, la società preserva se stessa, ma nel tentativo di scacciarla, condanna pure se stessa. Collegata a queste osservazioni, secondo Tanner, è la scelta di molti autori, tra cui lo stesso De Marchi, di non descrivere l'atto effettivo d'adulterio, decisione non attribuibile alla pruderie del pubblico borghese. Il gesto invisibile, inaudibile, diventa nel testo un silenzio e un'assenza che a poco a poco si diffonde. Nascondendo, omettendo efficacemente quello che è, l'adulterio, esso è reso, invece, sempre e più avvertibile e presente157.
Viene proposta nel romanzo un'altra immagine conosciuta, quella dell'uomo che ricorda il passato, come sotto ipnosi, confuso tra realtà e irrealtà, il ricordo sovviene a dare una sferzata all'azione futura. Prima Pardi capta una voce interna sconosciuta, poi la voce della madre: “mangerai il pane che ti meriti”158, profezia e avvertimento inascoltato.
Il marito ricorda gli inizi con Palmira, quando decise di darle un futuro come moglie togliendola dalla fabbrica. De Marchi esprime la propria partecipazione tramite il narratore a cui permette di esclamare un compassionevole “Ah pover'uomo!”159.
Prima di rientrare a casa, Pardi resta per un po' in fabbrica, dove il rumore aspro del lavoro dà sollievo al dolore dell'anima; i respiri rauchi dell'uomo vengono accostati a ruggiti umani.
157T. Tanner, L'adulterio nel romanzo, op. cit., p. 25 158Ibid.
Poi è in strada, all'aria aperta, sul ponte del Naviglio, a
contemplare l'acqua verdognola e quasi stagnante, a strologare il tempo, colle mani nelle tasche come un vagabondo, sempre in ansietà di veder spuntare da qualche parte una carrozza a due cavalli, con dentro lei, o sola o accompagnata da qualcuno160.
Ancora gli riecheggia in testa la voce
della sua povera mamma, donna avveduta, di lunga esperienza, che aveva letto negli occhi della nera (la chiamavano cosí in fabbrica) la forza di dieci diavoli, al punto che, quando il matrimonio era diventato un obbligo di coscienza, con tutti i suoi scrupoli, la povera donna aveva offerto una grossa somma per aggiustarla e per mandar via la strega161.
Pardi parla coi passanti, coi negozianti, ma a niente valgono i diversivi, il pensiero atroce è costante, si affaccia una preoccupazione nuova, e se Palmira non tornasse? I rimorsi tornano in gola bruciando “coi flussi del sangue sconvolto”162, mentre l'inquietudine lo trascina davanti alla tetra costruzione del
carcere cellulare, asserragliato da lunghi muri di cinta, con la lunga serie di finestre ferrate e incassate negli stipiti massicci di granito.
Il crimine contro l'onore altrui è più grave di qualunque altro, ritiene Pardi; la donna infedele, in quanto si sottrae al legittimo possesso del marito, si rende più colpevole di quanti rinchiude il carcere di San Vittore.
Il concetto rimanda a un codice di moralità naturale, contrapposto polemicamente alla corruzione del costume contemporaneo.
A questo punto, pare che il piano dell'uomo stia dirottando sull'intenzione di uccidere l'amante, non la moglie.
De Marchi continua a interpretare il pensiero dell'offeso; la donna, prima paragonata a dieci diavoli, a una strega, ora diventa una belva che fugge dalla sua gabbia:
Peggio per te se hai lasciata aperta la gabbia: peggio per te se vuoi fare il marito geloso e amoroso: peggio per te se sei nato stupido, col groppone grosso, a portare pesi e dolori: il mondo è degli eleganti, degli ingegnosi, dei furbi, dei romanzieri, dei giornalisti, dei cantanti, degli avvocati chiacchieroni, che […] comandano come i domatori delle fiere nei circhi, lusingandosi della propria forza; ma guai se la belva un dì si accorge che la forza è sua!163.
160Ivi, p. 334 161Ivi, p. 335 162Ibid. 163Ivi, p. 336
Si avverte la patetica ribellione di un marito tradito dal nuovo costume d'indulgenza permesso in famiglia, in cui ha potuto avere luogo l'adulterio.
Melchisedecco ragiona in modo impeccabile, eppure la sua logica deve racchiudere qualche vizio di fondo, se guardiamo alle azioni pratiche che ispira.
Il sottofondo del delitto, scrive Spinazzola, è di tipo economico, l'industriale della seta ha offerto troppa agiatezza a Palmira, assieme al suo placido affetto. Un principio d'equilibrio va trovato; l'ordine delle cose, che si presuppone immutabile, non può ignorare l'energia che affiora dalle radici dell'io e nella voce del sangue. In poche metafore è riassunta la morale dell'epoca, donne potenti, minacciose e inarrivabili imprigionate da uomini deboli e complessati164.
Pardi è ancora nei pressi del carcere; la città, con la moltitudine delle case, dei campanili, dei camini, biancheggia davanti a lui nel caldo bagliore del sole di luglio, mandando una voce confusa d'immenso alveare umano, voce che si scontra col massiccio edificio che oppone, nella sua tetraggine, un silenzio di tomba. Melchisedecco sogna cogli occhi aperti e abbagliati un giorno di rivoluzione.
Immagina che dalle finestre del carcere escano i malviventi armati di coltelli e sbarre, per andare a bruciare e rovinare Milano, per punire i galantuomini del male che offendono l'onore dei mariti circuendone le mogli.
Sembra che Milano capisca la frustrazione dell'uomo; anche un negoziante conservatore sembra solidale e disposto a vendicare il dolore dell'uomo con le sue mani, gettando petrolio e fuoco nel teatro della Scala, per il gusto di bruciare un covo di ladri eleganti, che
non rubano la borsa, ma ti rubano la pace, l'onore, la stima della gente165.
Il destino di ogni essere umano trova la via dell'autenticità, del riscatto, nella dimensione dell'amore, intuizione che costituisce la premessa basilare dell'attività demarchiana, come spiega Spinazzola166: in
essa anche gli strati più dimessi e grigi dell'umanità eguagliano quelli superiori e più fortunati.
Pardi, in una personale e confusa visione dei sentimenti, deve opporsi alla minaccia della rovina della propria dimensione amorosa.
Il conflitto si acutizza, l'unità della coscienza, sottoposta a sollecitazioni divergenti, si spezza; il vecchio
164V. Spinazzola, Emilio De Marchi romanziere popolare, op. cit., p. 35 165E. De Marchi, Demetrio Pianelli, op. cit., p. 337
io arretra davanti al tumulto che minaccia di travolgerlo e mobilita l'istinto di conservazione per restaurare un principio d'ordine167.
Pardi a un tratto adocchia la carrozza da cui scende la moglie e rivolge un saluto al carcere, “forse un arrivederci”168, scrive De Marchi, e si allontana.
Palmira, lungo la strada è assalita da forti sospetti e preoccupazioni, così, prima di rientrare in città, si ferma da Beatrice, per accordarsi con lei e avere una testimone, in caso di necessità. Viene a sapere