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F Dostoevskij, L'idiota, 1869

Dostoevskij comincia a scrivere L'idiota nel 1867; il libro, secondo romanzo della maturità dopo Delitto e castigo, esce tre anni dopo.

Protagonista è il principe Myškin, l'uomo positivamente buono, estraneo alla logica del potere, della prevaricazione, del guadagno, del piacere, in una società avida, corrotta, priva di un'autentica dimensione spirituale. Epigono di una nobile stirpe decaduta, senza mezzi di sussistenza, malato di epilessia, desidera la pace e la felicità di tutti gli uomini e difende i deboli e gli oppressi.

Fin dal suo ingresso nella Pietroburgo invernale, proveniente dalla lontana Svizzera, per ricevere l'eredità di tre milioni di rubli dall'ultima parente, Myškin, l'idiota, si contrappone al mondo che gli sta di fronte: “del tutto sprovvisto d'intelligenza sociale, incapace di adeguarsi ai giochi di potere e violenza che dominano intorno a lui, è il più dotato di intelligenza primaria”22, come scrive Malcovati, ossia

d'intuizione dei processi profondi dell'animo altrui. Egli vive il mondo che lo circonda come tema di costante ricerca, d'inquietante meditazione sui perché ultimi; rifiuta, con disarmante semplicità, gli schemi statici, le maneggevoli sovrastrutture che l'intelligenza secondaria (quella della società costituita) applica ai processi esistenziali, deformandoli, complicandoli, piegandoli ai propri calcoli23.

Myškin non riesce a salvare il mondo, ma lo sconcerta con la sua bontà, lo turba con la sua innocenza. In questo, compie un'autentica missione cristiana: rivoluziona i termini su cui si regge la società costituita, la costringe a mettersi in discussione e a rivedere i propri canoni; ignora le norme, supera i conflitti, predica la comprensione, aspira all'armonia totale in se stesso e in tutto il mondo.

Il principe Myškin è il tentativo di rappresentare l'ideale di assoluta bontà e bellezza morale, secondo la tradizione russa dello juròdivyj, in italiano noto come “folle in Cristo” o “santo idiota”, figura singolare e controversa, le cui origini risalgono all’antica tradizione spirituale bizantina e il cui pellegrinaggio storico si interseca più volte col folclore nazionale, per approdare all'arte e, in particolar modo, alla letteratura russa dell'Ottocento.

Questo santo idiota cambia più volte la propria veste identitaria, mischiandosi tra i buffoni di corte e i

22 F. Malcovati, Introduzione, in F. M. Dostoevskij, L'idiota, Garzanti, Milano, 1990, p. XXIII 23 Ibid.

clown delle piazze, fingendo, recitando e suscitando scandalo, prerogativa cristologica, con gesti folli e spesso osceni, carichi di una forza liberatrice, nonché di un profondo messaggio di pietas umana24.

In esso pare che la cultura russa abbia rispecchiato quel particolare aspetto dell'identità nazionale definito “anima russa”, probabilmente per l'orientamento escatologico di fondo in cui si riconosce il pensiero russo25.

Come osserva Nikolaj Berdjaev, i russi sono “o apocalittici o nichilisti, senza una possibile via di mezzo”26.

Myškin è la purezza senza alcuna macchia: comprende tutto, trova una ragione per ogni cosa, niente per lui è imperdonabile o inguaribile.

Come spiega in una lettera a Valerjan Majkov27, critico apprezzato e amico, Dostoevskij vuole

rappresentare un prekrasnyi čelovek, traducibile con “uomo meraviglioso”, suggerisce Laura Satta Boschian, di perfetta bontà e non comico come Don Chisciotte, a suo avviso, il solo uomo buono della letteratura cristiana28.

Scriverà Nietzsche:

Conosco solo uno psicologo che abbia vissuto nel mondo in cui il cristianesimo è possibile, in cui un Cristo potrebbe nascere in ogni momento. E questi è Dostoevskij. Egli ha indovinato Cristo29.

L'idiota ha un ritmo narrativo frenetico, delirante, non prevede pause. La prima parte si sviluppa in una sola giornata e si apre con l'arrivo, al mattino, di Myškin, in città.

Anche in questo romanzo, la prima scena si svolge su un treno, dove il principe fa la conoscenza del ricco mercante Parfen Rogožin, “uomo fanatico, passionale, capace di amare fino alla rovina e di odiare fino al delitto, smisurato in ogni sua manifestazione”30, immediatamente distinto dalla natura

aristocratica di Myškin per l'origine plebea che lo condiziona.

24 T. Gudelyte, Lo juròdivyj: da mito popolare a emblema letterario, «Quaderni di Palazzo Serra», n° 23, 2013, p. 71-2 25 Ibid.

26 N. Berdjaev, L'idea russa. I problemi fondamentali del pensiero russo (XIX e inizio XX secolo), Mursia, Milano, 1992, p. 148 27 F. M. Dostoevskij, Epistolario, a cura di E. Lo Gatto, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 1951, vol. II, p. 102

28 L. Satta Boschian, Ottocento russo. Geni, diavoli e profeti, Edizioni Studium, Roma, 1994, p. 359 29 F. Nietzsche, Frammenti postumi, 1888-1889, in Opere di F. Nietzsche, VIII, Adelphi, Milano, 1986, p. 199 30 F. Malcovati, Introduzione, in F. M. Dostoevskij, L'idiota, op. cit., p. XVIII

I due stringono una forte e complessa amicizia, ma ben presto divengono antagonisti nell'aggiudicarsi l'amore di Nastas'ja Filippovna, la bellissima donna uccisa alla fine della storia.

Orfana di entrambi i genitori, Nastas'ja è stata profondamente ferita dal suo protettore, Afanasij Ivanovic Tockij che, all'età di sedici anni, l'ha violata e sfruttata, distruggendo i suoi sogni di felicità, e ora nutre per questi il “più profondo disprezzo, un disprezzo che arriva alla nausea”31.

Le prime occorrenze del nome della donna si accompagnano al visibile turbamento degli interlocutori: Nastas'ja è inarrivabile, genera nervosismo, frustrazione e odio negli uomini che le si accostano. Rogožin si definisce “indotto in peccato”32 dall'amore per lei e ricorda il suo corpo “bruciare”33 di

sentimento, vergogna e imbarazzo, durante il loro primo incontro.

Le notizie sulla donna affiorano a poco a poco, le apprendiamo assieme al principe.

Durante la sua visita al generale Epancin e a sua moglie Elizaveta, il segretario Gavrila mostra al principe il ritratto di Nastas'ja, sua futura sposa dietro la promessa di 75.000 rubli.

Il narratore così commenta:

una donna di bellezza davvero straordinaria […] con un vestito di seta nera, di foggia eccezionalmente semplice ed elegante. I capelli, che evidentemente erano castano scuro, erano acconciati con semplicità, alla buona, gli occhi scuri, profondi, la fronte pensosa, l'espressione appassionata e quasi altera. Era piuttosto magra di viso, forse, e pallida34.

La bellezza della donna è enigma fin da subito: il suo viso è stupendo, allegro, orgoglioso, ma lascia trasparire che ha “sofferto terribilmente”35 e fa presagire “un destino non dei più comuni”36.

Gli occhi, come piccole sporgenze, mettono in dubbio la bontà di Nastas'ja, tanto che Myškin non si trattiene dall'esclamare: “Ah, se fosse buona! Tutto sarebbe salvo!”37.

31 F. M. Dostoevskij, L'idiota, op. cit., p. 48 32 Ivi, p. 11 33 Ivi, p. 12 34 Ivi, p. 34 35 Ivi, p. 41 36 Ibid. 37 Ibid.

Simili considerazioni farà più avanti il tutore Tockij che, osservando la donna divenuta ancora più bella, soffermandosi sui suoi occhi enigmatici e sul pallore improvviso del volto, presentirà “un cambiamento profondo e preoccupante, incomprensibile”38 e “una tenebra profonda e misteriosa”39.

La bellezza è una cosa tremenda e orribile, scrive il teologo e filosofo russo Evdokimov nella Teologia della bellezza, il cuore la ritrova anche nella vergogna; ne viene fuori il carattere profondamente ambiguo, capace di salvare, ma anche di ingannare, il suo stesso bisogno di protezione40.

Nastas'ja diviene l'altro, l'“essere nuovo, inatteso”41, minaccioso, la creatura fuori del comune, che

punzecchia i responsabili del suo disonore con “velenosissimo sarcasmo”42.

Trasferitasi a spese di Tockij a Pietroburgo, la donna conduce per lo più una vita appartata; finisce per farsi una strana fama, tutti sanno della sua bellezza, ma nessuno può vantarsi di nulla, può raccontare nulla. La donna è incorruttibile: avendo nulla di caro al mondo, è inutile cercare di blandirla; a niente vale la conoscenza di poeti, romanzieri e grandi ufficiali che Tockij le presenta per farne futuri mariti. Il matrimonio, nella società dell'Ottocento, nota Tanner nell'Adulterio nel romanzo, è l'unica operazione di mediazione attraverso cui comporre in armonia il livello naturale, familiare, sociale e anche trascendentale; con esso si prende parte al modello naturale di accoppiamento e riproduzione. Esso offre la mediazione perfetta e totale tra i vari livelli a cui vivono gli uomini e le donne, sincronizzandoli; rende congruo l'incongruo, restituisce ordine alle cose, alle relazioni, in una società che tende a confidare nel mito della propria perennità, stabilità e permanenza43.

Il matrimonio è, in questo caso, l'unica operazione in grado di mediare tra la ferita e disonorata Nastas'ja, in disarmonia col mondo e le sue convenienze, e la società che la circonda:

Ma se qualcosa interviene a turbare questa mediazione, o meglio tutte le mediazioni che si accentrano nel matrimonio, o a renderle inaccettabili o impossibili, allora la persona coinvolta in questo può sperimentare quell'angoscia o coscienza infelice, conseguenza del senso di appartenere, nello stesso tempo, a due piani di realtà inconciliabili, senza possibilità di mediazione44.

38 Ivi, p. 50 39 Ibid.

40 P. N. Evdokimov, Teologia della Bellezza. L'arte dell'icona, Ed. Paoline, Torino, 1990, p. 61 41 F. M. Dostoevskij, L'idiota, op. cit., p. 48

42 Ibid.

43 T. Tanner, L'adulterio nel romanzo. Contratto e trasgressione, Marietti, Genova, 1990, p. 29 44 Ibid.

Ed è per questa impossibilità, per il suo opporsi all'ennesima imposizione, per la difficoltà nell'accettare, vedremo anche in seguito, di ricevere naturalmente e in maniera lineare, adeguandosi all'uso sociale, tale mediazione, che la figura di Nastas'ja è destinata all'infelicità.

“Qualcos'altro”45 in lei, scrive il narratore, si contrappone e risulta inammissibile nella buona società,

qualcosa di ridicolo, che eccede ogni misura, “un misto di sentimentale e spirituale, un'indignazione romantica e un inestinguibile senso di disprezzo”46.

Nastas'ja indovina la vigliaccheria di chi la circonda e la sfrutta a proprio vantaggio, cerca la propria vendetta; pur d'infierire sul protettore, verso il quale nutre un'avversione disumana, è “capace di rovinare se stessa, vergognosamente e per sempre”47, rifiutando soluzioni più convenienti, spiega lo

stesso Tockij.

Eppure, a un tratto, apparentemente lontana dal sarcasmo d'un tempo, dall'animosità del passato, Nastas'ja asseconda il proprio desiderio di risorgere dalla vita penosa e triste condotta finora, ritrovando una via “se non nell'amore, almeno nella famiglia, creandosi un nuovo scopo”48.

Autorizza quindi l'amore di Gavrila e accetta i 75.000 rubli non come “prezzo del suo disonore di fanciulla, […] come ricompensa per il proprio avvenire spezzato”49.

Durante la prima visita di Nastas'ja alla futura suocera, presso l'abitazione di Gavrila, ha luogo il suo primo incontro con Myškin.

L'uomo resta pietrificato al cospetto del suo viso affascinante. Legge da subito, negli occhi di Nastas'ja, la tristezza desolata di un essere umiliato e bisognoso d'amore, comprende la sua vera natura, guarda nel profondo del suo animo, là dove non arriva lo sguardo degli altri.

Anche Rogožin fa la sua comparsa in questa stessa occasione. Per la prima volta Myškin, Nastas'ja e Rogožin sono presenti nel medesimo luogo e interagiscono tra loro.

Anche in quest'ultimo la visione di Nastas'ja produce “un'impressione straordinaria”50: continua a

fissarla, “attratto da lei come da una calamita”51. Perde la sua caratteristica aria sicura; “come smarrito,

45 F. M. Dostoevskij, L'idiota, op. cit., p. 49 46 Ibid. 47 Ivi, p. 50 48 Ivi, p. 55 49 Ivi, p. 56 50 Ivi, p. 132 51 Ivi, p. 133

come rivolgendosi a una qualche divinità, ma col coraggio del condannato a morte che non ha più nulla da perdere”52, cerca di accaparrarsi goffamente il suo bene, arrivando a offrire centomila rubli per

sposarla.

La scena prende una piega sconveniente, commenta il narratore, tutti i personaggi vi intervengono. La struttura polifonica formale di Dostoevskij moltiplica i punti di vista, rende la rappresentazione policentrica; là dove ci dovrebbe essere un solo sguardo, quello del protagonista principale, le visioni si moltiplicano, cambiando di posto, con una serie di sguardi laterali.

Occhi proiettati su differenti punti dello stesso elemento dipingono ogni parte col suo particolare centro prospettico, talvolta con un suo particolare orizzonte. Molteplici voci dialogano e interpretano, torcono lo spazio privandolo di ogni parvenza di realismo naturalistico e andando alla ricerca della profondità e dell'essenza delle cose53.

Il dialogo non è solo confronto di idee, ma di orientamenti globali, posizioni esistenziali; la polifonia romanzesca non è solo discorso, ma vita. Il principio è quello di concepire l'io altrui non come un oggetto, ma come un altro soggetto e il testo non come totalità d'una sola coscienza, ma come totalità d'interazione di varie coscienze, nessuna veramente oggetto di un'altra; interazione, questa, che

non dà a chi contempla il fulcro per un'oggettivazione di tutto l'evento e rende anche chi osserva partecipe54.

In questo mondo, anche il consenso conserva il suo carattere dialogico, non conduce mai alla fusione delle voci in un'unica verità impersonale, come avviene nel mondo monologico.

Inoltre, nel dialogo, sostiene in Dostoevskij e la questione dell'altro di Jacques Rolland, il personaggio non s'impegna solo attraverso la sua parola, ma anche attraverso la possibilità di un agire sostenuto da questa parola, testimoniando la propria natura pratica e il proprio carattere etico55.

Un'altra scena corale si svolge nell'appartamento di Nastas'ja, quando la donna decide di rendere pubblica la scelta di acconsentire o meno alle nozze con Gavrila; tra vari invitati, anche Myškin vi si reca, per compiere la propria missione, scongiurare un matrimonio dettato unicamente dal denaro e così salvarla. Simile impresa si accinge a tentare Rogožin.

52 Ibid.

53 M. M. Bachtin, Dostoevskij: poetica e stilistica, Einaudi, Torino 1968, p. 27 54 Ivi, p. 28

La descrizione accurata che fa l'autore dell'abitazione ci permette d'indagare l'animo della donna: non molto grande, ma arredato in modo splendido; tipico di una donna che non rifiuta il lusso, ma non ne diventa schiava.

Nastas'ja è febbricitante, sfrenata e irriducibile; si appresta a svelare se stessa. A partire dal petit-jeu che viene proposto, in cui ognuno dei partecipanti è tenuto a confessare qualcosa, scuote la situazione già satura d'inquietudine, chiedendo a Myškin di decidere per lei se accettare o meno il matrimonio. La risposta negativa del principe è accolta dalla donna.

Alla contrarietà espressa da Tockij per aver introdotto la questione seria del matrimonio in un gioco, Nastas'ja obietta lucidamente:

non è forse serio tutto questo? [...] Tutta la mia vita era sospesa ad un capello sottile. Che c'è di più serio?56

L'opera di Dostoevskij mira all'esasperazione della potenza contraddittoria dell'individuo. Lo scrittore impasta le storie, le vite, le identità, le forza fino alla crisi, all'esplosione e, per così dire, al parto, così che l'uomo possa finalmente essere consegnato a un destino tessuto di libertà.

L'eroe di Dostoevskij è colpevole (o innocente), perché indipendente e responsabile di sé e degli altri; inasprendo i termini della lotta contro se stesso, la forza dell'essere umano si afferma ulteriormente e si consolida la sua essenziale autonomia57.

Nastas'ja è fatta a immagine di Dio non per la sua ragione, né per la sua bontà, ma per la possibilità d'autodeterminarsi che la rende misteriosa e insondabile come Dio stesso, che la rende anzi più profonda, più originaria e più intatta di ogni definizione, che la pone al di là del bene e del male, di ragionevolezza e insensatezza, di generosità e bassezza, bellezza e deformità.

La stessa gerarchia sociale, descritta chiaramente dall'autore, non va considerata un semplice affresco storico, ma il luogo in cui il personaggio come io può esercitare la propria libertà, la propria identificazione, attraverso quello che gli succede e la relazione concreta col mondo58.

Con l'arrivo di Rogožin, rivolgendosi ai presenti, Nastas'ja ironizza sulla mercificazione che si sta compiendo della sua persona:

56 F. M. Dostoevskij, L'idiota, op. cit., p. 182

57 J. Rolland, Dostoevskij e la questione dell'altro, op. cit., p. 156 58 Ivi, p. 49

Che volete dire […] ? Non è una cosa decorosa, o che? [...] Ma io ne ho abbastanza di fare la commedia! Me ne sono rimasta seduta in un palco del teatro francese come una virtù inaccessibile, ho evitato come una selvaggia tutti quelli che per cinque anni mi sono corsi dietro e mi sono data un'aria di superba innocenza, ma tutte queste sciocchezze mi hanno sfinita! E ora, dopo cinque anni di vita illibata è arrivato quest'uomo che davanti a voi ha messo sul tavolo centomila rubli. […] Dunque mi ha valutata centomila rubli!59.

Nastas'ja dichiara la verità taciuta fino a quel momento, che provoca disgusto per se stessa.

Simile alla Nora ibseniana, che sbatte la porta del domicilio coniugale per vivere finalmente per se stessa e dirige il suo dramma contro la rigidezza, la mancanza di libertà e sincerità della vita dell'alta borghesia norvegese60, così Nastas'ja può abbandonare una casa di bambola fasulla e dichiarare:

Oggi è la mia giornata, la mia festa ufficiale, il mio giorno bisestile, lo aspettavo da tanto tempo61.

A causa di un'umiliazione perpetrata per anni, Nastas'ja ha subìto una mancanza d'essere, un'impossibilità a essere pienamente nel modo d'un io che

vive nel godimento e si possiede in un'identità”62.

La vergogna che la condiziona non è ontologica, ma etica, non più essenziale, ma relazionale, nasce dall'essere davanti agli altri.

Vi è, sì, un riferimento a una colpevolezza anteriore, ma la vergogna che ne risulta dipende dalla posizione dell'io, a un tempo al mondo e di fronte ad altri. Come se, in loro presenza, l'evidente diritto all'essere, quindi alla propria dignità, divenisse problematico e si rivelasse senza fondamento; come se, di fronte all'altro, l'io svelasse non la propria perseveranza, ma l'esitazione, il pudore e l'imbarazzo di un essere ingiustificato63.

Nastas'ja è stata finora un altrimenti che essere, per questo, lo scandalo che provoca è violento e grave: non è la provocazione di un io esasperato che, solo nella violenza gratuita, trova il modo per interrompere la propria noia; è lo scandalo causato dall'avvento, dall'irruzione di altri, l'estraneo Myškin, in contatto diretto, puro, coi valori spirituali, in un mondo rintanato dietro valori materiali e regimi di

59 F. M. Dostoevskij, L'idiota, op. cit., p. 190

60 E. Auerbach, Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale, op. cit., p. 550 61 F. M. Dostoevskij, L'idiota, op. cit., p. 192

62 J. Rolland, Dostoevskij e la questione dell'altro, op. cit., p. 54 63 Ivi, p. 37

sfruttamento64.

Myškin è una figura centripeta, polarizzante: tutti i rapporti in cui è inserito perdono la loro fissità, si alternano e rifondano. Chi intuisce questa immediatezza non può più staccarsi da lui, ne è incantato, incatenato: così Nastas'ja, così Rogožin, che colgono nell'idiota una luce prima sconosciuta, altrove inesistente.

Al principe manca l'involucro vitale che gli permetterebbe di occupare un posto determinato dalla vita, per cui egli penetra attraverso l'involucro vitale degli altri, nel loro profondo io. Non ci sono barriere che lo separano dalle soggettività che egli incontra, rinascono in lui sempre nuove e infinite possibilità d'immedesimazione; coglie e smaschera intenzioni e desideri, emozioni e pensieri65.

Scrive Auerbach, nel capitolo sul Don Chisciotte di Mimesis, che si deve proprio alla purezza, all'assolutezza del principe l'attualizzazione di conflitti già esistenti nel profondo, ma celati, non ancora presenti a livello cosciente nei personaggi del romanzo. Myškin, dovunque appare, anche senza la mira di un'azione concreta sulla realtà, spontaneamente e senza intenti speciali, penetra nel cuore della realtà e ne fa emergere le contraddizioni, le problematiche esistenziali66.

Nella nudità di primo venuto o nell'essere semplicemente un uomo, il principe fa irruzione nel mondo, senza acconsentire a farsi oggetto, a causa del suo abito, ma con la nettezza di chi si pone di fronte, faccia a faccia, eliminando nuovamente una possibilità di mediazione:

Scandalo per eccellenza, perché qui la legge stessa del mondo è travolta o trasgredita: in questo mondo, in cui i genitori sono tutti preoccupati di maritare le loro figlie e sono disposti per questo, se non se ne può fare a meno, a vendere Nastas'ja a un segretario da nulla tutto intriso di rancore, in questo mondo entra Myškin, lo straniero sorto non si sa da quale remota vallata svizzera, un principe dalla nobiltà non veramente sospetta, ma dall'origine perlomeno confusa, un vagabondo sino a ieri pronto ad accettare lavori da scrivano e oggi milionario67.

La situazione delirante in cui ha luogo il disvelamento sociale di Nastas'ja, del suo turbolento io, è tipica di molti romanzi e scrittori russi, come nota Auerbach, nel diciannovesimo capitolo di Mimesis.

I Russi, scrive, hanno conservato

un'immediatezza di vita, quale raramente si poteva allora incontrare nella civiltà occidentale del secolo XIX: una forte vibrazione morale o