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IL DEBITO PUBBLICO DELLO STATO DI MILANO

(IL MONTE DI SANTA TERESA E IL BANCO DI SANT AMBROGIO)

Lo Stato di Milano già sino dal ’600 era ricorso all'erezione di monti pubblici per il regolamento dei proprii debiti che s’eran venuti accumulando attraverso le vicende delle guerre e dei trapassi di dominazione. Il Monte di San Carlo era stato eretto nel 1637 per iniziativa del governatore Laganes per far fronte ai debiti, gravosi di interessi, causati dalla peste e dalla guerra. Esso era costituito da 8.500 luoghi da 100 ducatoni ognuno offerti in sottoscrizione volontaria ai pri­ vati sovventori, fruttanti il 5 % garantito da un adeguato aumento sulla gabella del sale.

Nel 1648, perdurando la guerra del Monferrato, era stato eretto il Monte di San Francesco su proposta del magistrato ordinario approvata dal governatore Cara- cena, costituito da 6.000 luoghi da 100 lire ognuno, dotato dei proventi del dazio dell'olio e del sapone che rendevano circa 80 mila lire all’anno. Esso avrebbe dovuto versare ai luogatarii l’interesse vitalizio del 10 % , garantito per i primi 12 anni anche ai successori in caso di premorienza, e poi accumulato a lo mina sui sopravissuti sino all’ultimo superstite; in pratica però non fece fronte ai suoi impegni perché dopo più di un secolo dalla sua erezione non aveva ancora restituito interamente il capitale.

Oltre i residui debiti di questi vecchi monti se n’erano accumulati di recenti causati dalle ultime guerre c gli stessi fermieri parziari antecedenti alla ferma generale del 1751, Molo, Venini, Visconti, Prata, Brentani, Grianta, Luvoni, Vigoni erano creditori, per sovvenzioni fatte all’erario, di 6 milioni e 800 mila lire. La nuova ferma del Greppi aveva accettato di addossarsi il rimborso di questo debito, purché la Camera rinunciasse al terzo di cointeressenza nella gestione dell’impresa, e inoltre le aveva fatto nuovi prestiti per 2 milioni di fiorini, da essere restituiti entro 6 anni. La Camera si trovava cosi sin dall’inizio debitrice verso la propria ferma per più di 10 milioni di lire.

Alla mole dei debiti lasciati dalle precedenti dominazioni, alcuni dei quali provenienti persino dai Visconti e dagli Sforza, che Carlo VI aveva dovuto assu­

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mersi insieme al dominio sulla Lombardia, distinti nelle varie classi di assentisti di

assegno, montisti di San Carlo e di San Francesco, assentisti camerali, bollinisti, red- dituarii, garantiti questi ultimi sul reddito di singole regalie, aggiungendo quelli re­

centi e non regolati, il debito pubblico dello Stato di Milano ammontava a L. 52.080.822, col peso annuo di interessi a vario tasso di L. 1.334.957. Era ur­ gente necessità provvedere a un regolamento.

Una prima sistemazione provvisoria la tentò il governatore Pallavicini appena conclusa la guerra di successione nella pace di Aquisgrana, con il piano per i cre­

ditori di giustizia del 15 giugno 1750, il quale, convertiti in capitale gli interessi ar­

retrati delle varie classi di debiti, destinò una dotazione annua di mezzo milione di fiorini, pari a L. 1.625.000, al servizio del debito pubblico: L. 1.507.339 per gli interessi e L. 117.660 per coda di redenzione. Ma alla definitiva sistemazione si giunse solo col r. d. 29 gennaio 1753 che eresse il pubblico Monte di Santa Teresa, riunendo queste varie classi di debiti sotto una sola amministrazione che « p er se­ parare interamente l’interesse dei creditori dalla generale amministrazione delle finanze », fu affidata a una congregazione nominata tra il corpo dei creditori stessi « con totale indipendenza da ogni tribunale e ministro camerale ». Al nuovo monte fu assegnata in dotazione «distaccata dalla finanza nei modi più obbligatorii e in­ defettibili, sopra le ferme, amministrazione del sale e del bollino » l'annua somma di L. 1.972.499, delle quali L. 1.364.957 per gli interessi, 30 mila per le spese di amministrazione, oltre L. 607.541 da essere convertite annualmente a partire dal 1763 nell’estinzione dei capitali delle due più gravose classi degli assentisti d’as­

segno e montisti di San Carlo, come risulta dall’istrumento 5 settembre 1753 rogato

dal notaio camerale G. B. Tentorio, nel quale la Camera garantiva il Monte «con generale obbligazione e ipoteca delle sue rendite situate sul suolo della Lombardia e da lei amministrate » secondo la tipica estesissima formula quare vicissim eie.

Con r. editto 7 febbraio 1768 il Monte fu autorizzato a ricevere tutti gli in­ vestimenti delle mani morte e i capitali per l’affrancazione dei livelli ecclesiastici prevista dalla prammatica 5 settembre 1767. Con r. d. 28 febbraio 1769 fu auto­ rizzato a ricevere prestiti all’interesse del 3 1/2 % per procurare alla Camera i fondi occorrenti per la redenzione delle regalie alienate, e a garanzia dei nuovi sovven­ tori oltre che la proprietà dei proventi delle gabelle riscattate gli fu riconfermata integralmente la dotazione di L. 1.972.499 della quale non era più impegnata la quota di L. 340.668 destinata agli interessi delle due classi dei montisti di San Carlo e degli assentisti d’assegno e quella di L. 607.341 destinata al loro ammortizzo che era stato terminato in quell’anno. Si creò cosi una nuova classe detta nuovo assento, distinta in quattro rami, capitalisti sovventori temporanei, depositi per ammortizza­ zioni o per affrancazione di livelli ecclesiastici, sovventori a moltiplico per reinte­ grazione di fondi fidecommessarii alienati.

Nel 1755 la Congregazione dello Stato di Milano, rappresentante degli inte­ ressi delle città e delle provincie le quali erano creditrici della r. d. Camera di L. 17.818.147 per somministrazioni al militare e a loro volta erano debitrici di somme ingenti verso terzi al gravoso interesse del 6 % , era stata autorizzata a eri­ gere un Monte civico di prestiti al 4 % sino all’ammontare di 5 milioni di lire, sotto l’obbligazione generale dei pubblici dello stato, con la dotazione ipoteca e amministrazione di un complesso di regalie di pertinenza di quei pubblici peè un

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reddito annuo previsto di L. 372.175, accollandosi un complesso di debiti di L. 10 mi­ lioni 505.052. Con lo stesso citato r. d. 28 febbraio 1769 il Monte di Santa Teresa fu incaricato della liquidazione del monte civico offrendo ai creditori la restituzione o la conversione nella propria classe del nuovo assento al 3 1/2 % , e gli furono perciò tra­ passate le regalie costituenti la dotazione di quello per un reddito che fu meglio appurato in circa 400 mila lire. Il r. d. 12 marzo 1770 gli ordinò di estinguere i debiti della classe proveniente dal monte di San Francesco, succedendo in proprio nella dotazione già attribuita a quello di annue L. 136.882.

Avendo poi l'imperatrice determinato di sopprimere alcune antiche regalie, imbottato, pedaggi, dogana delle bestie, che per la maggior parte erano comprese nella dotazione del soppresso Monte civico pervenuta a quello di Santa Teresa, ferme restando le garanzie, per non distrarre l’amministrazione unitaria delle finanze ormai avocata alla Camera con la soppressione della ferma e con la redenzione delle re­ galie, quei proventi furono sostituiti e conglobati in una dotazione annua aumen­ tata a L. 2.509.381. Nel 1780 fu aperta una nuova classe di depositi per le mani morte. Più tardi, il 22 marzo 1781, per assicurare un frutto stabile a favore del Monte, per tutte le somme sovvenute o da sovvenire alla Camera per la redenzione delle regalie, in luogo del reddito effettivo delle regalie riscattate soggetto di sua natura a continue variazioni, fu sostituito un interesse fisso in ragione del 5 % garantito dall'obbligazione personale del cassiere delle regalie stesse; e fu ordinato che al Monte dovessero affluire tutti i capitali e gli avanzi del vacante ecclesiastico, del fondo della pubblica istruzione (proveniente dai beni dei soppressi gesuiti), della zecca, delle corporazioni religiose, delle scuole, delle chiese, dei capitoli, le fondazioni di messe, gli avanzi delle casse delle comunità, il deposito obbligatorio dei capitali rappresentanti il riscatto di regalie vincolate a fidecommisso o a river- sibilità alla R. Camera in caso di estinzione della linea infeudata o beneficiata da donazione. Con r. d. 8 maggio 1781 al Monte fu aggregato il pubblico depositorio delle sete, autorizzato ad anticipare ai produttori i due terzi del valore della seta depositata, con l’interesse del 4 1/2 % per le sete nazionali, del 5 % per le estere. (Successivamente, con ordine 20 aprile 1786 del r. sovrintendente, la cassa del Monte dotò il depositorio delle sete di un fondo di 2 milioni di lire, a prestito gratuito, perché potesse funzionare in modo autonomo e ammortizzare il prestito con l’in­ teresse versato dai sovvenzionati: difatti quello a tutto il dicembre 1795 restituì L. 1.990.621 e s’era creato un fondo di circa L. 400 mila che fu appreso dai com­ missari francesi nel 1796).

Con r. d. 22 marzo 1781 il Monte di Santa Teresa fu autorizzato ad offrire con i suoi avanzi ai creditori del Banco di Sant'Ambrogio ('alternativa del rim­ borso o del trasporto nella sua classe del nuovo assento al 3 1 /2 % procurando cosi a quel banco un risparmio di annue lire 300 mila da convertirsi in ammortizzo di altri debiti. Per questa operazione il Banco di Sant'Ambrogio si indebitò con il Banco di Santa Teresa di L. 1.419.234 che restituì con gli interessi del 3 1 /2 % entro il 2 marzo 1784. Finalmente, peti risparmiare le spese di esercizio, oltre che per vedute politiche, il r. d. 2 novembre 1785 soppresse 1’ amministrazione del Banco di Sant’Ambrogio concentrandone i debiti in una separata classe del Monte di Santa Teresa rappresentata neU’amministrazione da due delegati di quel corpo di creditori, e passando al Monte la dotazione di annue L. 846.740 proveniente

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•dalia Camera, per il servizio degli interessi e delle spese di amministrazione, e di L. 300 mila, provenienti dalla congregazione municipale, per l'ammortizzo.

Maria Teresa e lo stesso Giuseppe II nei primi anni del suo regno non ricor­ sero mai al Monte di Santa Teresa per i bisogni della Camera aulica di Vienna. Nel 1762, per le necessità della guerra dei sette anni, la Camera di Vienna aveva incaricato il banchiere milanese Giuseppe Tanzi di aprire un prestito di 4 milioni di lire di Milano, estensibile sino a 2 milioni di fiorini, all'interesse del 6 % an­ nuo, da restituirsi a rate dal terzo al sesto anno, garantito da mandati di pagamento tratti sui fermieri generali e dal deposito di cedole del banco di Vienna; e la re­ stituzione era avvenuta nel tempo prefisso. Nella vasta operazione il Tanzi sera associato anche il fermiere e finanziere Antonio Greppi. Nel 1761 la Camera di Vienna era ricorsa, per un prestito di un milione di fiorini al 6 '% alla compagnia finanziaria del marchese Molo e di D. Pietro Pinotini, la quale a sua volta se l’era fatto prestare da finanzieri genovesi a minor tasso. Il r. d. 3 ottobre 1763 ordinò alla congregazione dello Stato di Milano di rimborsare il Molo, surrogandosi nel credito e nel debito. II banchiere milanese C. G. Busti era stato incaricato dalla congregazione di trattare a Genova la surroga coi sovventori, ma l’esperto Molo cui premeva che non avvenisse la surroga che l’avrebbe privato del lucroso affare, avendo indotto proprio in quei giorni il giovane Verri, che in quel tempo era suo impiegato, a stampare il suo noto bilancio dello Stato che concludendo in un pas­ sivo rovinoso, come notò il Kaunitz, « screditava lo stato », una parte dei capita­ listi genovesi non volle consentire a far credito alla congregazione invece che al Molo. Intervenne allora il Tanzi per la differenza, al tasso del 5 \% invece che del 6 e « per non mancare alla fede pubblica » a quei sovventori che non aves­ sero accettata la riduzione del tasso offrì di restituire il capitale (1).

Negli anni 1778 e 1779 la Camera di Vienna fece aprire due prestiti dal Busti al 4 e al 4 1/2 % che furono estinti scalarmente dal 1786 all’ '89. Nell’ ’83 il Tanzi fu incaricato dalla Camera di Vienna del collocamento di un altro prestito per un milione di fiorini al 4 % , che fu restituito scalarmente, secondo il prefisso, negli anni 1791-94. Ma nel 1787 l’imperatore, con r. d. 21 settembre, notando che « su l Monte esistevano fondi esuberanti al bisogno per la redenzione delle re­ galie, a cui erano destinati » abilitò il Monte a prestarne per un milione e mezzo di fiorini alla Camera di Vienna al 4 1/2 % , ad oggetto « di convertirli in supple­ mento alle spese dello stato militare » con restituzione da effettuarsi in quattro uguali rate ai 31 dicembre degli anni dal 1796 al ’99. Continuando su questa via, dal 1788 al '96 la Camera aulica di Vienna attinse ai fondi liberi di proprietà del Monte per altri sette prestiti successivi, al tasso del 4 % con piano rateale di re­ stituzione protratto sino al 1808, per il complessivo ammontare di 10 milioni e mezzo di fiorini, incassando effettive L. 33.133.871.

Oltre di questi, il Monte di Santa Teresa dal 1789 al '95, inaugurando una

(1) A. C. S. Milano, Dicasteri 553-355; c A. S. Milano, Commercio, P. A. Banche, 61 ; Cfr. C A. Vianello, Una « gaffe » d i P. Verri, in « Pagine di vita settecentesca », M i­

lano, Baldini e Castoldi, 1935, pp. 69-75. \

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nuova classe di « sovventori temporanei della Camera aulica di Vienna » aprì per conto di quella (e vi sottoscrìsse in proprio per L. 2.930.207) altri nove prestiti pubblici, a tasso dal 4 al 5 % , con emissione variabile dal 98 per cento alla pari, per complessive L. 48.120.978, con piano scalare di restituzione scaglionato sino al 1811, garantiti dai fondi liberi del Monte, dalla Camera di Milano, da cedole del Banco di Vienna, da chirografo sovrano. Di questi, quello di L. 3 milioni e mezzo al 4 % restituibili dal 1808 al 1811 ordinato dal r. d. 13 luglio 1795 « se ­ gnatamente per il mantenimento dell’armata che combatte presentemente in Italia per la difesa della nostra Lombardia » aveva unito un complesso di premii per L. 761.250, sorteggiabili dal 1796 al 1807 : le comunità religiose, per d. 19 feb­ braio 1796 dell’arciduca Ferdinando, furono obbligate a sottoscrivervi in propor­ zione alle loro sostanze e la loro partecipazione fu di L. 2.433.550 sulle totali L. 2.992.675 che furono raccolte sino al maggio ’96. Quello di 2 milioni di fiorini (ridotti poi a uno e mezzo) ordinato con r. d. 13 luglio 1795 era destinato all’af­ francazione di livelli ecclesiastici dei fondi di religione e di pubblica istruzione: furono raccolte per esso L. 1.729.259, delle quali 1.448.592 furono versate al go­ verno e 280.666 furono apprese dai commissari francesi nel maggio ’96 insieme ad altre L. 113.058 provenienti da altri prestiti.

A questi prestiti pubblici raccolti dal Monte per conto della Camera di Vienna sono da aggiungersene altri tre, per L. 7.315.550 collettati dalla Camera di Milano per conto di quella di Vienna dal 1788 al ’93, al tasso del 4-4 1/2 % senza l’in­ tervento diretto del banco: quello al 4 1/2 ordinato dal r. d. 26 luglio ’93 era de­ stinato alle paste d’oro e d’argento non monetate, e ne raccolse per L. 1.240.550. Chiudono la serie altri 4 prestiti collettati dalla Camera di Mantova per conto di quella di Vienna nel '95 al tasso del 4 1 /2 - 5 % per L. 2.626.316.

Il debito di Vienna verso la finanza pubblica e privata lombarda era salito cosi in 9 anni a L. 91.196.715 che rappresentavano effettivo risparmio fornito dal paese, il che ne prova la floridezza e l’eccedenza dell’esportazione, tenuto calcolo anche della somma di circa 5 milioni versata ogni anno alla Cassa militare di Vienna per il mensuale e la diaria, che solo in parte esigua (salvo gli ultimi anni di guerra), nonostante i reclami dei locali, erano consumati sul posto, per truppe stanziate in Lombardia.

Dei 55 milioni e mezzo che erano stati raccolti per conto della Camera di Vienna (48 dal Monte e 7 e mezzo dalla Camera di Milano) 35 provenivano da enti morali, 20 e mezzo da privati.

Al sopravvenire dei francesi la situazione del monte di Santa Teresa era la seguente: debiti L. 57.167.008, rappresentati per 15.247.295 da antichi debiti, per 29.860.909 da sovvenzioni temporanee al 3 1/2 % , per 12.058.803 da depositi per ammortizzazioni, reintegrazioni e affrancazioni di livelli; e per la maggior parte i creditori erano persone private. Crediti : L. 58.175.961, delle quali 36.064.078 verso la Camera di Vienna e 22.111.882 verso la Camera di Milano.

L’ufficio di liquidazione e classificazione del debito pubblico istituito dalla Repubblica italiana verificò le legittimità dei titoli, vi aggiunse gli interessi arre­ trati e con decisione del consiglio legislativo 20 marzo 1804 metà di ogni credito liquido venne consolidata e iscritta nel registro del debito pubblico all’interesse del

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3 1/2 %, e metà pagata in rescrizioni infruttifere, valide all'acquisto di beni na­ zionali (2).

Il Banco di Sant'Ambrogio sorse nel 1593 su piano di G. A. Zerbi ispirato al Banco di San Giorgio di Genova, approvato dal governatore Velasco, con lo scopo di raccogliere denaro dai privati e di sovvenirne la città di Milano per la si­ stemazione dei suoi ingenti debiti, essendo garantito dall'obbligazione generale di tutti i suoi beni. Originariamente il denaro raccolto in questa cassa generale delti

denari di tulle le persone che vorranno servirsi di essa per presta negoziazione ed autentica cautela era iscritto nel cartulario in via di deposito: ufficio di custodire denari e restituire i medesimi o altrettanti dello stesso valore a chi li dà in custodia, o pagarli ad altri di sua commissione in una o più volte a beneplacito suo : girate

aventi fede in giudizio, le quali non potevano essere rifiutate, pro solvendo, a pena di 100 scudi. Il banco era autorizzato a impiegare a frutto nelle sovvenzioni alla città quella parte dei depositi che ritenesse opportuna, e all'occorrenza a prendere fondi a cambio per far fronte alle domande di rimborso. Nel 1597 fu autorizzato ad emettere luoghi e moltiplichi da L. 100 — non più di 10 mila per singola per­ sona salvo speciale delibera — gli uni a durata trimestrale, gli altri quinquennale e a interessi composti, i quali partecipavano agli utili degli impieghi del banco in ragione dei due quarti di essi : un quarto era a profitto della città, un quarto do­ veva servire a coprire le spese del banco (altrimenti gli stipendi erano ridotti in proporzione, salvo rivalsa sugli anni migliori) e l’eventuale eccedenza ritornava a profitto della città, che la lasciava in banco a costituire un fondo di ammortizza­ zione, il quale nel trentennio 1594-1624 raggiunse L. 3.704.000. Col tempo, dap­ prima come singolare condizione segnata negli appositi registri insieme agli altri vincoli speciali fidecommissari ecc., poi come norma ammessa a datare dal 1675, i luoghi e i moltiplichi furono girabili al portatore.

Il banco ebbe sin dalle sue origini un’amministrazione formalmente separata dal patrimonio civico: il vicario di provvisione e il r. luogotenente membri di di­ ritto; due dei XII di provvisione e due dei conservatori del patrimonio della città nominati dal loro corpo; due dei LX del consiglio generale, un dottore collegiato e un esperto di conti nominati dal consiglio generale su terna proposta dai gover­ natori del banco. Tale sistema gli formò in pochi anni un credito tale da abilitarlo a fornire fondi rilevanti alla città nelle varie straordinarie urgenze e riscattare dai privati antichi sovventori del comune, rimborsandoli e sostituendosi a loro, il pegno che essi tenevano su molti dazii civici. Ad eliminare prevedibili disordini e peri­ coli il re di Spagna ordinò nel 1617 « che le rendite del medesimo banco non si potessero ritenere come azienda, ossia sostanza, della città di Milano, ma bensì par­ ticolari del medesimo e che perciò non si potesse por mano a queste rendite, altri­ menti sarebbero successi inconvenienti considerevoli ». Tuttavia la città, essendosi inaridite le sue fonti di entrata in seguito alla carestia del '628 e alla peste del '30, mancò ai patti e non corrispose il dovuto e nemmeno acconsentì, nel '39 alla ri­ chiesta del banco che gli fossero ceduti in proprietà e in libera amministrazione tanti redditi civici quanti bastassero a coprire gli interessi delle somme dovutegli

(2) Vedi il Cod. ambrosiano G. D . IV. 37.

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dalla città; solo consenti, nel '41, all'unificazione del suo debito con relativa asse­ gnazione al banco a titolo di interessi dell'annua somma di L. 1.400.000 sui pro- prii redditi, senza cederne né la proprietà né l'amministrazione; assegno che pel disagio dei tempi venne ridotto nel '43 a L. 824.343, in seguito neppure puntual­ mente pagate. Pertanto il credito immobilizzato del banco verso il comune era finito col salire nel '58 a L. 43.866.367,10, contro suoi debiti liquidi per L. 42.465.009. Perdurando l'impotenza della città a far fronte ai suoi impegni, il banco dopo aver ridotto al 2 % gli interessi ai proprii creditori ed essendo allora il debito della città di L. 40.717.984, otteneva almeno, col decreto governativo 5 luglio 1662, che per l’interesse di tal somma calcolato al 2 %, L. 814.359, il comune gli cedesse in piena proprietà corrispondenti redditi civici: la tassa ordinaria sulle case, il dazio della macina e uniti della città e dei corpi santi, il dazio del vino di 25 soldi per brenta se condotto per terra, di 30 se condotto per acqua, il dazio della carne di un soldo per libra. Ma il banco aveva perduto così la sua natura: da collettore di sovvenzioni per sostenere un debito fluttuante, s'era ridotto ad amministratore

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