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Gli articoli 73, 89 C), 89 D) e 97 del Regolamento di Procedura e Prova si occupano del problema specifico di come il CICR si rapporti alla questione della testimonianza in sede di giudizio all interno del contesto dal Tribunale Penale per l ex Jugoslavia Come vedremo meglio più avanti, è utile ricordare che la scelta di non testimoniare e la concessione di tale privilegio possono essere considerati il risultato di una determinata politica del CICR che va a rappresentare magistralmente il suo interesse ultimo ovvero quello di garantirsi sempre e comunque l accesso alle vittime dei conflitti armati di tutte le parti coinvolte. Le Parti si sono assunte l impegno di non divulgare, durante lo svolgimento delle procedure giudiziarie, le informazioni relative alle attività del CICR che sono a disposizione dei loro funzionari. A sua volta, il CICR ha l esplicito diritto di insistere affinché gli Stati parte garantiscano questa stessa confidenzialità delle informazioni. Furono questi i motivi per cui il Tribunale stabilì che il CICR avrebbe dovuto beneficiare del privilegio di evitare di divulgare le informazioni legate alle proprie attività in possesso dei funzionari, e tale interesse è primario. Tale Decisione è fondamentale se si considera questo fine.

Il 10 febbraio 1999 il Procuratore chiese confidenzialmente che venisse applicato l articolo del Regolamento di Procedura e Prova riguardo la deposizione dei testimoni. La richiesta stabiliva che la Camera avrebbe dovuto determinare se un ex funzionario del CICR potesse essere invitato a testimoniare su fatti dei quali era venuto a conoscenza durante lo svolgimento dei suoi incarichi. La Camera di Prima Istanza concluse che il diritto internazionale consuetudinario accorda al CICR il privilegio di non divulgare le informazioni di cui è in possesso, e che il testimone sopracitato non avrebbe avuto l obbligo di testimonianza

Tale Decisione sottolinea come la questione discussa sia di grande importanza: sebbene il funzionario del CICR possedesse infatti informazioni che avrebbero potuto

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essere molto rilevanti ai fini delle indagini, tali informazioni vengono però considerate di esclusiva proprietà del CICR, che è il solo a poter decidere se, in che sede e in quale momento divulgarle. La questione, dunque, non è sapere se il Tribunale Internazionale possieda la facoltà di richiedere al CICR di fornire informazioni, ma piuttosto quella di capire se il CICR abbia un interesse di confidenzialità pertinente e reale tale che la testimonianza di un ex funzionario non debba essere ammessa.

La ricezione degli Elementi di Procedura e Prova del Tribunale non è assoluta: può essere infatti limitata da norme del diritto internazionale consuetudinario. Era dunque necessario verificare se tali norme esistessero effettivamente, e in virtù di quali di esse la Camera di Primo Appello avrebbe potuto esigere la testimonianza del funzionario. La Camera procedette quindi con uno studio specifico sul tema: per prima cosa esaminò il contesto del Diritto Internazionale al fine di determinare se esso riconoscesse effettivamente che il CICR beneficiava del privilegio di non divulgare le informazioni; in seguito si occupò di comprendere se tale privilegio potesse essere sottomesso alle esigenze della giustizia; da ultimo, se la Camera di Prima istanza avesse ritenuto che il CICR nutriva un interesse confidenziale nel mantenere le informazioni riservate, avrebbe dovuto capire se fossero esistite misure di protezione atte a difendere in modo adeguato questo interesse e fugare in tal modo le preoccupazioni del Comitato. Ciò che la Camera di Prima istanza decise fu di descrivere in maniera dettagliata il ruolo del CICR, i suoi principi, la sua importanza per la comunità internazionale definendola infine un organizzazione unica ed essenziale. È per questo motivo che avrebbe dovuto garantire effettivamente e con tutti i mezzi possibili al Comitato la possibilità di svolgere pienamente i compiti che gli spettavano, nel rispetto dei suoi obiettivi fondamentali e dei suoi principi. Ciò implica naturalmente che i funzionari del CICR non potessero essere chiamati a testimoniare in sede legale, e questa linea di condotta non si presenta come un unicum ma come una prassi dovuta al rispetto dei principi di neutralità, imparzialità e indipendenza, definiti come necessari. A tale obbligo avrebbero dovuto sottostare anche tutti gli Stati parte delle Convenzioni di Ginevra, i quali non solo avevano sottoscritto l impegno convenzionale di non divulgare le informazioni delle quali sarebbero venuti in possesso durante i procedimenti giudiziari, ma avevano anche generalmente approvato il ruolo particolare del CICR. Ciò stava a significare che Stati

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e Tribunale erano vincolati da una regola di Diritto Internazionale Consuetudinario la quale fa prevalere la volontà del CICR di non divulgare le informazioni di cui è in possesso, che non lascia adito ad ambiguità ed equivoci.

Di opinione differente è il giudice David Hunt (australiano), il cui ragionamento è particolarmente interessante in quanto si contrappone in parte a quello della Corte. Nell opinione separata che presenta alla Camera di Prima istanza, egli sostiene che la neutralità del CICR è certamente una delle sue caratteristiche fondamentali e uno dei pilastri su cui si svolge il suo lavoro, tuttavia non rappresenta un suo privilegio assoluto ed inattaccabile. La pratica, inoltre, non è abbastanza consolidata e di tradizione sufficientemente lunga da riuscire a costituire una norma di Diritto Internazionale Consuetudinario, come invece aveva sostenuto la Corte. Ciò va a significare che se l informazione o le informazioni in possesso del funzionario fossero state di importanza chiave per lo svolgimento delle indagini o la formulazione dell accusa egli avrebbe avuto l obbligo di testimoniare Ciò non accade di frequente e comunque non era questo il caso, ma in circostanze differenti le informazioni in possesso del C)CR secondo l opinione di Hunt, avrebbero potuto essere richieste e divulgate. 67