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Declinazioni del multimediale

Capitolo 5 – Analisi delle interviste

5.3 Declinazioni del multimediale

Multimediale può significare molte cose diverse, con declinazioni che dipendono dal pubblico a cui è destinato, dal tipo di argomenti trattati, dagli obiettivi comunicativi che si vogliono raggiungere.

Brevità e ritmo narrativo

Secondo Lempinen e Williams, la scelta di diversi media deve essere dettata soprattutto dal pubblico target. Williams ci ha dato diverse indicazioni in questo senso. Quando ci si rivolge a un pubblico generico, dice, sono più adatte soluzioni visive, come video, di tre minuti al massimo (un loro progetto, intitolato Sixty seconds Physics, prevede la realizzazione di interviste video di un minuto ai ricercatori), animazioni o fotografie (basti considerare, suggerisce Williams, quanto aumenta il numero di “like” sui social media quando, oltre al testo, si mette una foto), o anche fotogallerie corredate di audio (ne sono state realizzate sull'ICTP(35)), o podcast. La quantità di testo, invece, va limitata,

perché non si ha il tempo di leggere cose approfondite. Secondo Williams, in generale “the trend is for shorter lifely communication bits, certainly twitter and facebook have had a huge effect on that”. Bisogna imparare a essere chiari e brillanti.

Nell'editoria scolastica la scelta del tipo di media dipende sia dall'argomento trattato che dagli obiettivi didattici, spiega De Acetis. Qui il testo, anche approfondito, rimane invece uno strumento fondamentale, ma De Acetis concorda con Williams sull'efficacia di video - nelle diverse accezioni di intervista, cartone, slideshow, racconti - e audio (molto utile nel contesto

scolastico anche per alcune esigenze specifiche di apprendimento, come nel caso di studenti dislessici, ipovedenti, o stranieri con difficoltà a leggere), purché siano brevi e abbiano un buon ritmo narrativo. “Tutto ciò che supera i 5-10 minuti non ha speranza di essere fruito da uno studente medio”, avverte De Acetis, quindi non si può trattare un argomento in modo molto approfondito, a meno che non sia molto specifico.

“Media” per materie: una scelta da caso a caso

Su quali siano i media più adatti a raccontare le diverse materie non emerge una concordanza di opinioni. Per esempio, secondo Cattaneo “per raccontare il bosone di Higgs forse sono meglio quaranta righe di testo più una foto del CERN che gioisce, piuttosto che video di impatti tra particelle all'interno di LHC“, a suo parere non abbastanza esplicativi. Williams, al contrario, è convinta che la fisica teorica si presti molto a essere spiegata in modo visivo, attraverso animazioni o persino rappresentazioni artistiche, e che, in generale, “for anything that's theoretical you have to be as concrete as possible”. Un altro esempio è fornito da De Acetis, che suggerisce che i video o i cartoni animati siano più efficaci del testo se si tratta di biologia molecolare, mentre per la fisica che si insegna a scuola, per esempio, sono molto efficaci le cosiddette simulazioni interattive, come “un sistema che ti permette di variare l'angolo e la forza e altri parametri e verificare la parabola del tiro di una palla di cannone”, dove lo studente, guidato, può manipolare dei dati e vedere cosa succede, o svolgere altre attività collaterali.

Testo “vivo” e percorsi narrativi interattivi

Per Cattaneo “la cosa più straordinaria sarebbe riuscire a costruire una struttura - in termini redazionali, di capacità editoriali - che sia in grado di lavorare su testi molto flessibili, a seconda della notizia: testi con gallerie di immagini, animazioni, audiovisivi, audio, far interagire tutti questi mezzi”, a seconda di cosa si vuole raccontare. Che siano il risultato di “molto tempo o una grande forza di pensiero, di brainstorming, diverse persone con diverse professionalità insieme per trovare le soluzioni giuste”.

Questo tipo di strutture flessibili, in realtà, nell'editoria scolastica vengono già utilizzate. Marika De Acetis, pur sostenendo l'utilità, in ambito didattico, anche del semplice testo consultabile in versione digitale, come il pdf, ci spiega che si sta andando nella direzione del testo “vivo”, con link che permettono di attivare un glossario o di accedere a contenuti digitali di varia natura, come “attività guidate, laboratori virtuali, oppure video, 'cartoon', testi narrati, audio”.

Questi diversi materiali, continua De Acetis, possono essere racchiusi o negli

active book, versioni digitali del libro, o in “formati liquidi”, più simili a una

pagina web, che hanno il vantaggio di essere più facilmente fruibili su diversi supporti, tablet e smartphone inclusi. I portali che offre la Pearson sono di diversi tipi: archivi di materiali, che gli studenti consultano soprattutto su suggerimento dell'insegnante; registri virtuali, attraverso i quali gli insegnanti possono monitorare alcune attività in rete degli studenti, come lo svolgimento di esercizi, e creare una “classe virtuale”, con la possibilità di controllare se gli alunni hanno studiato e individuare gli errori più comuni; infine, portali di apprendimento con percorsi per raggiungere obiettivi didattici precisi, “per esempio per imparare la prima legge di Newton”, dice De Acetis, che poi specifica: “avrai un piccolo testo da leggere, poi un esercizio, poi un attività da fare in classe che ti viene suggerita, ti vengono dati i materiali, poi devi fare una piccola ricerca (il cosiddetto 'web-quest') e alla fine hai un'attività di verifica. Un oggetto quindi che sostituisce quasi l'insegnante, perché dà sia i contenuti da imparare sia la parte esercitativa, ma non sotto forma di archivio”. Secondo De Acetis, quelle che funzionano di più sono, in generale, “le modalità che prevedono l'operatività e il coinvolgimento dello studente” e la narrativa, lo storytelling. Alcuni studi dimostrano l'efficacia di percorsi interattivi guidati che prevedano lo svolgimento alternato di diverse attività (come leggere, fare esercizi, guardare un video); mentre, avverte De Acetis, a meno che non si voglia stimolare la competenza degli studenti nel realizzare una ricerca, quando si ha un obiettivo didattico va evitato “l'ipertesto in quanto tale, privo di un percorso didattico”. “È fondamentale”, specifica, “avere un obiettivo o uno strumento, una traccia, che ti guidi nell'uso”, e poi “deve esserci una storia, un filo conduttore, qualcosa che ti aiuti ad arrivare da A a B”.

Secondo De Acetis, si sta andando verso una fruizione dei materiali sempre più personale, che consenta allo studente di seguire il percorso più adatto alle sue esigenze: “Stai studiando, fai gli esercizi subito e, se non ti vengono bene, il libro ti suggerisce che cosa devi ripassare in maniera automatizzata”. A questo proposito, i testi della Pearson di matematica e inglese sono già attrezzati, ma la progettazione, secondo De Acetis, è ancora troppo poco evoluta: il sistema dovrebbe funzionare on line e potersi aggiornare automaticamente in modo simile all'algoritmo di ricerca di Google, per esempio, sulla base di dati raccolti su migliaia di studenti, che possano poi anche essere utilizzati a scopo di ricerca (cosa che, specifica, negli Stati Uniti già si fa sia a livello scolastico che universitario, anche per trarre indicazioni per la didattica, per esempio, in base agli errori più ricorrenti).

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