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Capitolo 5 – Analisi delle interviste

5.6 Problematiche

Se, idealmente, tutti gli intervistati auspicherebbero la possibilità di realizzare web-documentary di taglio scientifico nei rispettivi ambiti della comunicazione della scienza e nonostante si dicano consapevoli del fatto che il futuro va nella direzione della produzione multimediale e della sperimentazione in rete, secondo la maggior parte di loro quest'ambizione si scontra, a livello pratico, con la scarsità di risorse economiche a disposizione.

L'aspetto economico

La questione dei costi è emersa come tema centrale per tutti gli intervistati. Secondo Marco Cattaneo, “sono cose che richiedono enormi risorse intellettuali, umane e poi dei siti sviluppati anche con un po’ di flessibilità”. E poi “per costruire un prodotto di alta qualità ci vogliono tempo, denaro, risorse, che di fatto il web non ti restituisce. Per cui lo vedo, oggi come oggi, più una forma di comunicazione estrema, d'avanguardia, quasi d'arte in qualche misura, anche se si parla di scienza”. La posizione di Cattaneo rispecchia la crisi che l'editoria tradizionale sta ormai vivendo da molti anni e che è stata acuita dalla diffusione di internet, dove il flusso di informazione è continuo e

l'informazione viene percepita come gratuita, l'editoria, così come la figura stessa del giornalista, stanno cercando con fatica di reinventarsi, continuando comunque a svolgere un fondamentale ruolo di filtro.

Lempinen e Williams sottolineano le scarse risorse che sono concesse loro come ufficio stampa, sia in termini di personale – ogni ufficio è composto di sole due o tre persone, in linea di massima competenti nella scrittura di testi – che di risorse economiche. Per questo la loro comunicazione rimane ancora orientata soprattutto alla scrittura (report annuali, newsletter), piuttosto che all'offerta multimediale. Tuttavia Lempinen è convinto che, gradualmente, le cose potranno cambiare, e che realizzare un buon prodotto multimediale non sia necessariamente costoso; per esempio, specifica, per raccontare la storia di un ricercatore in uno dei paesi in via di sviluppo a cui si rivolge Twas, potrebbe non servire recarvisi di persona: si potrebbe usare Skype per le interviste, recuperare foto e video realizzati lì, raccogliere materiali e poi assemblarli in un prodotto multimediale.

Marika De Acetis è l'unica tra gli intervistati che non ha insistito sull'aspetto dei costi, proprio per la consapevolezza che l'editoria scolastica è obbligata andare nella direzione dei contenuti multimediali di qualità, per legge, ma anche per l'aspra competizione tra le case editrici scolastiche.

Le difficoltà tecniche

L'aspetto economico è in parte anche legato alle competenze tecniche e informatiche necessarie a creare un web-doc, secondo Cattaneo. “Forse il problema è che è un mondo editoriale in cui servono ancora dei programmatori per mettere insieme le pagine web: non è semplicemente il lavoro di un grafico con un giornalista”. Secondo Cattaneo, “Strumenti un po' più facili per realizzare questi prodotti permetterebbero di fare cose migliori, più rapidamente, con maggiore creatività”, e “allora forse si riuscirebbe a far emergere di più le altre professionalità”. Cattaneo si riferisce soprattutto alla figura del giornalista nel senso più tradizionale, che deve tener conto del fattore velocità nel comunicare una determinata notizia. La velocità, secondo Cattaneo, risulta prioritaria rispetto alla forma in cui si presenta una notizia; questo se si pensa all'ambito delle news scientifiche, mentre è possibile dedicare più tempo agli approfondimenti. Nel gruppo l'Espresso le competenze per produrre un web-doc, dice Cattaneo, comunque ci dovrebbero essere.

Anche secondo Lempinen realizzare un web-documentary richiederebbe molto più lavoro rispetto alla semplice scrittura di testi da parte del giornalista, da parte dello storyteller; e competenze tecniche. Ma non solo: richiede una competenza che i giornalisti non necessariamente hanno, dice Lempinen, cioè un senso artistico, per comporre insieme i vari media in modo da ottenere un

buon risultato visivo. Tuttavia Lempinen è convinto che si stia andando verso questa direzione: che un giornalista, oltre a saper scrivere, debba sviluppare anche altre competenze, occuparsi di video, fotografia, per raccontare una storia in modo più efficace. Attualmente, comunque, TWAS non ha le competenze per poter realizzare un web-doc nell'ufficio stampa, e il personale non viene incentivato a seguire corsi di formazione sulla produzione di contenuti multimediali.

Secondo De Acetis, fare un video o un cartone animato non richiede una tecnologia estremamente complessa: dipende dal modo in cui si vuole farlo. Tuttavia, anche andando al risparmio, produrre un minuto di film o di animazione ha un costo abbastanza elevato per le numerose competenze che richiede: un esperto di storytelling, uno sceneggiatore, un videomaker, un doppiatore, un editor. Alcuni di questi ruoli, specifica De Acetis, possono essere svolti da un'unica persona. A livello tecnico, aggiunge, sta diventando sempre più difficile, invece, realizzare i percorsi interattivi che prevedano lo svolgimento di diverse attività perché la tecnologia più adatta a realizzarli è flash, che sta diventando desueta.

Per produrre un web-doc la Pearson si rivolgerebbe a professionisti esterni, come per la realizzazione di molti altri prodotti, ma sotto la guida degli editori interni.

Dalle interviste è emerso che un web-doc potrebbe venire anche realizzato dagli scienziati stessi per raccontare le proprie ricerche ai cittadini, o a scienziati di discipline diverse. In questo senso, secondo Lempinen e Williams i ricercatori sarebbero ben disposti a investirci tempo ed energie (alcuni già tengono blog, o pubblicano video sulle proprie ricerche), ma avrebbero di certo bisogno dell'aiuto dell'ufficio stampa, o che fossero messi loro a disposizione strumenti semplici da utilizzare per realizzarlo.

Williams, oltre alla questione dei costi e delle competenze richieste per realizzare un web-doc, pone anche un ulteriore problema di fruizione: va considerato che l'ICTP “lavora con scienziati in paesi in via di sviluppo, dove l'accesso alla banda larga e a internet è limitato”.

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