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Decreto legislativo 31 dicembre 2012, n.235

2.3 D ECRETI LEGISLATIVI DERIVANTI DALLA L EGGE

2.3.1 Decreto legislativo 31 dicembre 2012, n.235

Il primo decreto legislativo, detto anche Legge Severino dal nome dell’allora Ministro della Giustizia, affronta il problema del riordino e dell’armonizzazione in un Testo Unico della normativa vigente in materia di incandidabilità a cariche elettive e di governo sulla base dei principi contenuti al comma 64 dell’art.1 della legge 190/2012. Tale decreto disciplina l’incandidabilità, ossia l’impossibilità di esercitare il diritto di elettorato passivo, per le cariche elettive di Camera dei Deputati, Senato, Parlamento Europeo, Governo, Regioni, Province e Comuni e cariche di Presidente e componente del Consiglio di Amministrazione di consorzi, consigli e giunte di Unioni di Comuni, di Aziende Speciali e organi esecutivi di Comunità Montane per coloro che riportano condanne penali.

La novità contenuta in questo decreto riguarda l’introduzione di una nuova forma di limitazione dell’elettorato passivo, ulteriore rispetto a quelle di ineleggibilità e incompatibilità previste dall’art. 65 della Costituzione, l’incandidabilità appunto. Inoltre

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tale forma limitativa viene introdotta con uno strumento sub-costituzionale qual è appunto il decreto legislativo.

Comunque la Corte Costituzionale più volte si è espressa in merito facendo rientrare l’incandidabilità fra le forme di ineleggibilità.

Secondo quanto disposto dal decreto in oggetto e dai principi del comma 64 dell’art.1 della legge 190/2012, l’incandidabilità a cariche elettive del Parlamento, sia nazionale che europeo, e a cariche di governo sopraggiunge in seguito a condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per:

 delitti consumati o tentati di associazione a delinquere;

 delitti dei pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione;

 delitti non colposi a cui è associata una pena detentiva non inferiore nel massimo a 4 anni.

La rilevazione della situazione di incandidabilità al momento delle elezioni comporta la cancellazione del candidato dalla lista.

La Legge Severino chiarisce che, qualora la causa di incandidabilità sopravvenga o sia accertata nel corso del mandato, il Pubblico Ministero deve comunicare alla Camera di rispettiva appartenenza del deputato o senatore la sentenza definitiva di condanna in quanto è la Camera stessa ad avere il potere esclusivo di verifica della validità dell’elezione di ogni suo membro (giudizio di convalida) e di verifica dell’esistenza di cause ostative al mantenimento della carica che quindi ne possano comportare la decadenza (cause di ineleggibilità, incompatibilità).

La Camera di appartenenza ovviamente non può entrare nel merito della decisione dei magistrati perché appunto la divisione dei poteri lo impedisce perciò prima di dichiarare la decadenza del parlamentare può soltanto verificare che la sentenza non costituisca un attentato alla libertà politica del parlamentare nell’ottica di salvaguardare l’autonomia dei suoi membri.

Per quanto riguarda invece l’incandidabilità a cariche elettive regionali, provinciali e comunali e cariche di presidente e amministratore nei loro consorzi e aziende speciali questa sopraggiunge a seguito di condanne definitive per gli stessi casi previsti per l’incandidabilità parlamentare ma senza necessità della pena superiore ai due anni di reclusione. Inoltre per le cariche locali vengono previsti ulteriori casi che comportano incandidabilità e oltre alla decadenza viene disciplinata anche la sospensione.

L’incandidabilità decorre dalla data di passaggio in giudicato della sentenza e ha effetto per un periodo pari al doppio della durata della pena accessoria dell’interdizione

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temporanea dai pubblici uffici definita dal giudice, ma in ogni caso non può essere inferiore a sei anni.

Se il delitto commesso consiste nell’abuso di poteri o violazione di doveri connessi alla carica allora la durata dell’incandidabilità è aumentata di un terzo.

2.3.2 Decreto legislativo 14 marzo 2013, n.33

La legge 190/2012 individua nella trasparenza amministrativa lo strumento strategico principale per il contrasto della corruzione nella P.A.

Che cosa si debba intendere per trasparenza amministrativa ci viene illustrato dall’art.11 del d.lgs.150/200911(Riforma Brunetta): “accessibilità totale, anche attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti istituzionali delle amministrazioni pubbliche, delle informazioni concernenti ogni aspetto dell’organizzazione, degli indicatori relativi agli andamenti gestionali e all’utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali, dei risultati dell’attività di misurazione e valutazione svolta dagli organi competenti, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità.”

Tale definizione rappresenta un’evoluzione del concetto e una sua più ampia configurazione rispetto a quanto veniva definito nella legge 241/1990 in merito alla trasparenza. In quest’ultima legge infatti il concetto di trasparenza rimaneva relegato nell’ambito dei soli documenti amministrativi mentre oggi la normativa concepisce la trasparenza come accessibilità totale ad ogni aspetto dell’organizzazione.

Inoltre costituisce livello essenziale delle prestazioni ed è un diritto civile e sociale da garantire su tutto il territorio nazionale.

Frequentemente in questi anni la normativa ha affrontato il tema della trasparenza generando frammentazione in materia e ciò ha portato il legislatore ad incaricare il Governo di un compito di riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle Pubbliche Amministrazioni. La delega al Governo per lo svolgimento di questo incarico è contenuta all’interno della legge 190/2012 al comma 35 dell’art.1 e da ciò è derivato il decreto legislativo 33/2013 che assolve a questo compito riorganizzativo della normativa.

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Le finalità di questo provvedimento sono il miglioramento dell’organizzazione del lavoro all’interno delle PP.AA., la promozione della qualità nella prestazione lavorativa, la definizione di standard qualitativi elevati per i servizi, il riconoscimento del merito, il potenziamento dell’autonomia e della responsabilità dei dirigenti pubblici, lo sviluppo dell’efficienza, la lotta all’assenteismo e la trasparenza nell’attività dell’amministrazione.

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Innanzitutto viene indicato lo strumento con cui le PP.AA. devono realizzare la trasparenza, ossia la pubblicazione attraverso i loro siti web. L’accesso deve avvenire per mezzo di un’apposita sezione denominata Amministrazione Trasparente nella home page del siti web dell’Amministrazione.

Inoltre le PP.AA. devono anche rispettare il termine generale (fissato dalla legge 69/2009 in giorni 30, salvo diversa disposizione di legge) per la conclusione dei procedimenti amministrativi.

L’obbligo di pubblicità a loro carico comporta il conseguente diritto di chiunque di richiedere i documenti di cui è stata omessa la pubblicazione e tale richiesta non necessita di motivazione.

L’Amministrazione ha 30 giorni di tempo per procedere alla pubblicazione sul proprio sito altrimenti l’interessato può rivolgersi al titolare del potere sostitutivo.

All’interno di ogni Amministrazione è presente un Responsabile per la trasparenza, che coincide con la figura del Responsabile per la prevenzione della corruzione, a cui compete il controllo sull’adempimento da parte dell’Ente degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa e la segnalazione all’organo di indirizzo politico e all’ANAC dei casi di mancata o ritardata esecuzione delle disposizioni in materia. Un’azione di vigilanza, mediante poteri ispettivi, è poi esercitata dall’Autorità Anticorruzione stessa che può ordinare l’adozione o la rimozione di provvedimenti svolgendo anche un’attività di controllo sull’operato dei Responsabili per la trasparenza. L’accessibilità totale garantita a tutti i cittadini incontra però il limite di alcuni documenti che per il loro contenuto non possono essere liberamente accessibili a tutti (documenti coperti dal segreto di stato, procedimenti tributari, documenti che attengono alla riservatezza delle persone fisiche e giuridiche, informazioni riguardanti procedimenti di emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e programmazione).

Le informazioni pubblicate devono possedere le caratteristiche di integrità, completezza, semplicità di consultazione, facilità di accesso, devono essere pubblicate in formato aperto al fine di poter essere riutilizzabili e permanere per un periodo di 5 anni fatti salvi i diversi termini previsti dalla normativa in materia di dati personali. Spetta all’ANAC definire criteri e modelli per la presentazione dei documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria e per quanto concerne l’organizzazione della sezione Amministrazione Trasparente dei siti istituzionali.

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L’applicazione delle disposizioni in materia di trasparenza contenute nel decreto di riordino devono essere applicate da tutte le Amministrazioni dello Stato, dalle scuole di ogni ordine e grado, dalle aziende dello Stato ad ordinamento autonomo, e dalle Regioni, Province, Comuni, Comunità Montane, dai loro consorzi e associazioni, dalle università, dalle camere di commercio, dagli Enti pubblici non economici nazionali e locali, dalle aziende del Servizio Sanitario Nazionale e dalle società partecipate e controllate dalle PP.AA. limitatamente all’attività di pubblico interesse.

Ciascuna delle suddette Amministrazioni deve poi adottare e aggiornare annualmente un Programma Triennale per la Trasparenza e l’Integrità nel quale riportare le iniziative previste per garantire un adeguato livello di trasparenza, la legalità e lo sviluppo della cultura dell’integrità.

Il Piano Triennale per la Trasparenza molto spesso costituisce una sezione del P.T.P.C. . Il decreto legislativo 33/2013 suddivide in quattro gruppi gli obblighi di pubblicazione a carico delle Amministrazioni:

 obblighi di pubblicazione concernenti l’organizzazione e l’attività delle Pubbliche Amministrazioni (fra cui rientrano le informazioni relative agli organi di indirizzo politico, ai titolari di incarichi dirigenziali o di consulenza, alla dotazione organica, ai bandi di concorso, alla valutazione della performance, alla contrattazione collettiva, agli enti vigilati o di cui l’Amministrazione detiene partecipazioni, ai provvedimenti amministrativi, all’attività amministrativa);

 obblighi di pubblicazione concernenti l’uso delle risorse pubbliche (fra cui rientrano le informazioni relative ai bilanci preventivi e consuntivi, al Piano degli indicatori e risultati attesi di bilancio, al monitoraggio degli obiettivi, ai beni immobili e alla gestione del patrimonio, ai controlli sull’organizzazione e sull’attività dell’Amministrazione svolti dagli organi di revisione);

 obblighi di pubblicazione concernenti servizi e prestazioni offerte (fra cui rientrano le informazioni relative ai servizi erogati e ai procedimenti amministrativi);

 obblighi di pubblicazione in settori speciali (fra cui rientrano le informazioni relative ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, ai processi di pianificazione, realizzazione e valutazione di opere pubbliche, all’attività di pianificazione e governo del territorio, agli interventi straordinari e di emergenza). L’inadempimento degli obblighi di pubblicazione o la mancata predisposizione del Programma Triennale per la Trasparenza costituiscono elemento di valutazione della

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responsabilità dirigenziale e della retribuzione di risultato inoltre possono anche costituire eventuale causa di responsabilità per danno all’immagine dell’Amministrazione.

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