• Non ci sono risultati.

Breve riassunto sulla disciplina precedente

Riassumendo brevemente quanto trattato nel capitolo precedente, prima della modifica all’art.18 introdotta dalla legge 92/2012, la disciplina del licenziamento distingueva la tutela reale prevista dall’art.18 legge 300/1970 dalla tutela obbligatoria prevista invece dall’art.8 della legge 604/1966. La prima comportava necessariamente, nel caso in cui il licenziamento fosse risultato illegittimo per il giudice, il ripristino del rapporto di lavoro e la conseguente reintegrazione del dipendente, mentre, la seconda, essendo relativa alla sentenza che non dichiara invalido e inefficace il licenziamento benché ingiustificato, si limitava a porre a carico del datore di lavoro la scelta obbligata tra due alternative ovvero riassunzione o pagamento di una penale di importo ridotto. Successivamente alle modifiche introdotte dalla Riforma Fornero, è necessario rettificare la denominazione delle due tutele ovvero la tutela forte101, quella delineata

dall’art.18 e la tutela debole102quella residuale dell’art.8. Tale

separazione di regimi in base alla dimensione occupazionale dell’impresa, si fonda sulla duplice premessa che solo le imprese di medio-grandi dimensioni possono sopportare il regime oneroso previsto dall’art.18 e che i rapporti di lavoro nelle piccole imprese sono maggiormente intimi e

100 “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in

attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183 – pubblicata nella G.U. n.56 del 6 marzo 2015.

101 Del Punta R., 2015, op.cit., p. n. 636: <<La tutela forte comporta un elevato tasso di protezione

del lavoratore, e si applica (art.18, c. 8-9) alle imprese o ai datori di lavoro non imprenditori che occupano più

di 15 dipendenti (cioè almeno 16), o più di 5 (cioè almeno 6) nel settore agricolo, nelle unità produttive (sede,

stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo) insistenti nell’ambito del territorio comunale (con sommatoria

dei dipendenti appartenenti ad unità distinte), o comunque alle imprese o ai datori di lavoro non imprenditori che occupano più di 60 dipendenti (cioè almeno 61) a livello nazionale>>.

102 Del Punta R., 2015, op.cit., p. n. 636: <<Di contro, la tutela debole (art.8), è residuale, giacché

si applica in tutti gli altri casi (con l’eccezione delle ipotesi sopravvissute di recesso ad nutum), e quindi anche a un’impresa o a un datore di lavoro con un solo dipendente>>.

43

personalizzati per cui sarebbe molto difficoltoso se non addirittura critico reintegrare un lavoratore licenziato nel posto dal quale è stato estromesso.

Decreto Legislativo n.23 del 2015

Il Decreto Legislativo 4 marzo 2015, n.23103, è uno degli

otto decreti legislativi delegati (entrati in vigore tra il 7 marzo e il 24 settembre 2015104) attuativi del complesso intervento

riformatore iniziato con la legge delega 183/2014105 e meglio

conosciuto con il nome di “Job Act”106. Tale decreto, rubricato

“Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutela crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n.183” ha completamente modificato la disciplina del licenziamento, o più precisamente il regime di tutela nel caso di licenziamento illegittimo, con l’emblematica distinzione tra la disciplina del diritto alla reintegrazione prevista relativamente al licenziamento illegittimo dei dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato fino al

103 Governo di centro-sinistra (XVII legislatura, Renzi – dal 22 febbraio 2014 al 12 dicembre 2016)

composto da Partito Democratico, Nuovo Centrodestra, Scelta Civica per l’Italia, Democrazia Solidale, Centro Democratico, MAIE – Alleanza per l’Italia, PSI – Liberali per l’Italia ed altri.

104 D.lgs. 4 marzo 2015, n. 22: “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183”; D.lgs. 15 giugno 2015, n. 80 "Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, in attuazione dell'articolo 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, n. 183"; D.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 "Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183";

D.lgs. 14 settembre 2015, n. 148 "Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori

sociali in costanza di rapporto di lavoro, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183"; D.lgs. 14

settembre 2015, n. 149 "Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di

mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183"; D.lgs. 14 settembre

2015, n. 150 "Disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive,

ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 10 dicembre 2014, n. 183"; D.lgs. 14 settembre 2015, n. 151 "Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183"; D.lgs. 24 settembre 2016, n. 185 "Disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 15 giugno 2015, n. 81 e 14 settembre 2015, nn. 148, 149, 150 e 151, a norma dell'articolo 1, comma 13, della legge 10 dicembre 2014, n. 183".

105 “Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e

delle politiche attive, nonché' in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro” – pubblicata nella G.U. n.290 del 15 dicembre 2014.

106 Terminologia inglese usata per definire un insieme di interventi normativi in tema di lavoro a

44

6 marzo 2015 rispetto a quella applicata ai dipendenti assunti, o trasformati, a tempo indeterminato, dal 7 marzo 2015, la cosiddetta “tutela crescente”, poiché trattasi di un indennizzo di natura economica che cresce con l’anzianità di servizio. Con il decreto legislativo n.23 del 2015 abbiamo, per la prima volta, l’effettivo superamento dell’incertezza del quantum poiché viene chiaramente indicata la modalità di calcolo dell’indennizzo del licenziamento giudicato illegittimo, con la conseguente possibilità, per le parti quali attori economici del processo ma in effetto in primis per il datore di lavoro, di stabilire ex ante l’importo da corrispondere ai prestatori di lavoro sopra indicati ovvero il costo della violazione della legge. Diviene quindi regola che la violazione della legge costituisca un costo predeterminato di un “fattore di produzione”, discretamente più conveniente per le imprese di consistenti dimensioni poiché modesto, dovuto non nell’immediato e, comunque, solo all’esito di un giudizio, ovvero l’offerta di conciliazione prevista dall’art.6 d.lgs. 23/2015, che, anche per effetto dell’esenzione dall’imposizione fiscale, assicurerà al lavoratore meno di quanto egli potrebbe rivendicare davanti al giudice ma senza l’alea dell’esito del processo. La nuova disciplina realizza così due obiettivi: assicurare alle imprese che la loro decisione di dismissione di un rapporto di lavoro sarà, salvo eccezioni, irreversibile anche a fronte dell’intervento giudiziale e che essa implicherà un costo aziendale sostenibile e predeterminato. Inoltre, il raggiungimento di questi due obiettivi, non poteva non comportare la marginalizzazione del ruolo del giudice poiché la riforma sterilizza i rischi per le imprese del controllo giudiziale a mezzo della generale modestia delle sanzioni indennitarie irrogabili per l’illegittimità del recesso e poi cura di limitare l’esercizio della discrezionalità del giudice all’ambito di quelle tutele, escludendone l’applicazione invece quando potrebbero

45

derivarne conseguenze pregiudizievoli per il datore di lavoro107. Possiamo azzardarci a parlare di una vera e propria

rivoluzione o, meglio, di un fortissimo stravolgimento della disciplina relativa al licenziamento illegittimo rispetto alla previgente normativa. Difatti è innegabile che, negli ultimi anni, la politica in materia di lavoro abbia spinto, in maniera più o meno incisiva a seconda dei Governi che si sono succeduti, verso il superamento del sistema di tutela reale originariamente congegnato dall’art.18 della legge n. 300/1970, ritenuto ormai eccessivamente penalizzante e, in alcuni casi, anche controproducente.108

Iniziando l’analisi del Decreto Legislativo109 23/2015,

composto da dodici articoli, ai fini della presente trattazione ci soffermeremo principalmente sui primi 5, con qualche successivo accenno anche all’art.6. Tale D.lgs. è emanato per espressa attuazione di quanto specificatamente previsto all’articolo 1, comma 7110, della Legge del 10 dicembre 2014,

n.183 ed in particolare di quanto riportato alla lettera c)111,

ovvero, tra le finalità prioritarie, è indicato il rafforzamento delle “opportunità di ingresso nel mondo del lavoro da parte di coloro che sono in cerca di occupazione”, nonché il riordino dei “contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente

107 G. Zilio Grandi e M. Biasi, 2016, Commentario breve alla riforma “Jobs Act”, Wolters Kluwer Italia

S.r.l., Milanofiori Assago (MI), p. n. 215.

108 Ipsoa Manuali, 2016, Diritto del lavoro e legislazione sociale, Wolters Kluwer Italia S.r.l.,

Milanofiori Assago (MI), p. n. 869.

109 Decreto Legislativo: atto normativo avente forza di legge adottato dal potere esecutivo (Governo)

per delega espressa e formale del potere legislativo (Parlamento).

110 Art.1, comma 7: “Allo scopo di rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro da parte di coloro che sono in cerca di occupazione, nonché' di riordinare i contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo e di rendere più efficiente l’attività ispettiva, il Governo è delegato ad adottare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, di cui uno recante un testo organico semplificato delle discipline delle tipologie contrattuali e dei rapporti di lavoro, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi, in coerenza con la regolazione dell'Unione europea e le convenzioni internazionali”.

111 Art.1 comma 7, lettera c): “previsione, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio, escludendo per i licenziamenti economici la possibilità della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, prevedendo un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio e limitando il diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato, nonché' prevedendo termini certi per l'impugnazione del licenziamento”.

46

coerenti con le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo”.112

L’articolo 1 del decreto d.lgs. 23/2015, rubricato “Campo di applicazione” chiarisce, sin da subito, i soggetti verso i quali tale d.lgs. ha effetto e difatti, al comma 1, emana quanto segue: “Per i lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il regime di tutela nel caso di licenziamento illegittimo è disciplinato dalle disposizioni di cui al presente decreto” nonché al comma 2 specifica che l’effetto riguarda anche i casi di conversione dei contratti a tempo determinato o di apprendistato in contratti a tempo indeterminato successivi all’entrata in vigore del presente decreto ed al comma 3 sottolinea anche che, i datori di lavoro, nel caso in cui con assunzioni a tempo indeterminato effettuate successivamente all’entrata in vigore del decreto, integrino il requisito occupazionale di cui all’art.18, comma 8113 e 9114, legge 300/1970, e successive modificazioni,

possano applicare la disciplina del licenziamento del presente decreto anche ai lavoratori assunti in data antecedente all’entrata in vigore del decreto stesso. Dall’analisi dell’art.1 si evince come, primariamente, si sia voluta fortemente modificare la disciplina del licenziamento prevista per i nuovi assunti, nell’ottica di incentivare le imprese ad assumere con il contratto a tempo indeterminato, non solo per le

112 G. Zilio Grandi e M. Biasi, 2016, Op.cit., p. n. 119

113 Art.18, comma 8, legge 300/1970 e successive modificazioni: “Le disposizioni dei commi dal quarto al settimo si applicano al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze più di quindici lavoratori o più di cinque se si tratta di imprenditore agricolo, nonché al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che nell'ambito dello stesso comune occupa più di quindici dipendenti e all'impresa agricola che nel medesimo ambito territoriale occupa più di cinque dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa più di sessanta dipendenti”.

114 Art.18, comma 9, legge 300/1970 e successive modificazioni: “Ai fini del computo del numero dei dipendenti di cui all'ottavo comma si tiene conto dei lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato parziale per la quota di orario effettivamente svolto, tenendo conto, a tale proposito, che il computo delle unità lavorative fa riferimento all'orario previsto dalla contrattazione collettiva del settore. Non si computano il coniuge e i parenti del datore di lavoro entro il secondo grado in linea diretta e in linea collaterale. Il computo dei limiti occupazionali di cui all'ottavo comma non incide su norme o istituti che prevedono agevolazioni finanziarie o creditizie”.

47

agevolazioni retributive e contributive applicabili contestualmente garantite ma, soprattutto, per la sicurezza di avere regole certe e semplici, e, secondariamente, di come si sia fatto in modo tale da poter applicare la suddetta disciplina anche ai lavoratori assunti precedentemente alla data di entrata in vigore del decreto con contratto a tempo indeterminato in aziende che occupano fino a 15 dipendenti (fino a 5 se agricole), che si trovino a prestare lavoro nella stessa azienda che, attraverso assunzioni e/o trasformazioni a tempo indeterminato successive al suddetto decreto, raggiunga il requisito dimensionale di cui all’art.18, comma 8 e 9, della legge 300/1970 e successive modificazioni. Pertanto, solo i prestatori di lavoro a tempo indeterminato assunti in aziende che già prima dell’entrata in vigore del decreto D.lgs. 23/2015 occupavano più di 15 dipendenti (più di 5 se agricole), sono esclusi dall’applicazione della presente disciplina e pertanto per loro non è prevista alcuna modifica all’art.18 dello Statuto dei lavoratori. A questo punto viene da chiedersi se il superamento della soglia dimensionale di cui sopra comporti la definitiva applicazione del d.lgs. 23/2015 e, dunque, anche nel caso in cui lo stesso datore di lavoro al momento di intimazione del licenziamento sia tornato al di sotto di tale soglia. Ovviamente il problema non si pone per i “nuovi” assunti, che saranno sottoposti alla nuova normativa, ma per coloro che erano già in forza alla data del 7 marzo 2015. Una parte della dottrina propende per la generalizzazione facendo leva sulla lettera della legge e, in particolare, sulla dicitura “in conseguenza di assunzioni a tempo indeterminato avvenute successivamente all’entrata in vigore del presente decreto”. La conclusione non risulta però convincente né condivisibile per ragioni logico-sistematiche riferite tanto alla ratio dell’intervento legislativo, quanto al rispetto dei principi di uguaglianza e ragionevolezza115. Ciò

48

porta a ritenere che qualora vi sia una riduzione dell’organico al di sotto dei limiti previsti dai commi 8 e 9 dell’art.18 legge 300/1970, si riespanda il diritto a fruire della tutela obbligatoria ex art.8 legge 604/1966 per coloro che già ne beneficiavano in precedenza. Questo perché, anche se la tutela indennitaria prevista dal d.lgs. 23/2015, a seconda dei casi, potrebbe risultare migliorativa (poiché difatti la tutela obbligatoria ex art.8116 prevede un’indennità risarcitoria compresa tra un

range di minimo di due mensilità e mezzo e massimo di sei mensilità contro il range di minimo di quattro e massimo di ventiquattro mensilità riconosciuto ai prestatori di lavoro impiegati in realtà che presentino il requisito dimensionale di cui all’art.18, comma 8 e 9, della legge 300/1970 e successive modificazioni ai quali dunque è applicata la disciplina del d.lgs.23/2015), è anche vero che la formulazione dell’art.8 della legge 604/1966, valido per i lavoratori assunti prima delle novità apportate dal d.lgs.23/2015117, prevede un duplice

beneficio: la facoltà per il datore di lavoro di optare per la riassunzione – invece dell’indennizzo - nei casi in cui il giudice accerta che non ricorrano gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo e la possibilità di incremento del risarcimento dovuto per il prestatore di lavoro con un’anzianità superiore ai dieci e venti anni, se il datore di lavoro, considerando tutte le sue unità produttive sul piano nazionale, superi i 15 dipendenti118. Inoltre, la permanente

applicabilità ai “vecchi” assunti del d.lgs. 23/2015, nonostante il ridimensionamento dell’organico al di sotto dei limiti, comporterebbe un’evidente lesione del principio di uguaglianza e ragionevolezza, con riguardo sia alla singola realtà in cui si verifica tale “fluttuazione” di organico (all’interno si concretizzerebbe un’omologazione di tutele tra nuovi e

116 Dopo l’intervento del d.lgs.23/2015 il range ha subito una modifica quantitativa dell’indennità

minima passando dal minimo di due mensilità e mezzo al nuovo minimo ridotto di due mensilità.

117 Per i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015 nelle aziende con meno di 15 dipendenti, non è più

prevista la reintegra se non per le ipotesi di licenziamento discriminatorio, nullo per espressa previsione di legge o intimato per motivi relativi alla salute e disabilità fisica o psichica del lavoratore.

49

vecchi assunti in contrasto con la natura di eccezione del comma 3 dell’art.1 che limita tale effetto all’ipotesi di superamento e non a quello inverso), sia in realtà datoriali di analoghe dimensioni (i dipendenti con analoga anzianità impiegati presso datori di lavoro che abbiano mantenuto costante il livello occupazionale al di sotto dei limiti previsti dall’art.18 legge 300/1970 commi 8 e 9, godrebbero ancora dell’applicazione dell’art. 8 legge 604/1966 mentre quelli impiegati presso datori di lavoro che abbiano prima incrementato e poi ridotto l’organico si vedrebbero irragionevolmente penalizzati)119.

L’articolo 2 dello stesso decreto, rubricato “Licenziamento discriminatorio, nullo ed intimato in forma orale”, risulta normare le uniche eccezioni alla regola dell’indennizzo economico rispetto al reintegro poiché difatti prevede, nei casi di licenziamento discriminatorio (ossia per motivi religiosi, politici, di razza, sesso, età, per partecipazione ad attività sindacali), nullo (ovvero inflitto durante i periodi di tutela come durante il primo anno di matrimonio, durante la gravidanza e fino a un anno di età del figlio, durante la fruizione dei congedi parentali), per motivo illecito (come sancito dall'art.1345 c.c.), intimato in sola forma orale (inefficace) e/o in difetto di giustificazione (vale a dire per motivo che richiami la disabilità fisica o psichica del dipendente), l’applicazione della tutela reale o ripristinatoria piena e pertanto l’ordine di reintegro del lavoratore nel posto di lavoro (comma 1) nonché condanna il datore di lavoro a corrispondere un’indennità risarcitoria al lavoratore in una misura che non potrà mai essere inferiore a cinque mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto120 oltre al versamento dei

119 Grandi G.Z. e Biasi M., 2016, op.cit., p. n. 136

120 Si veda “Il Calcolo delle mensilità risarcitorie e la nozione di “ultima retribuzione di riferimento

per il calcolo del TFR” nel contratto a tutele crescenti”, di Potito Nunzio, Presidente dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Milano, del quale si riporta in tale sede solo un estratto: “Il nuovo criterio di calcolo introdotto dal

50

contributi previdenziali ed assistenziali (comma 2). Inoltre, resta valida la facoltà per il lavoratore di risolvere il rapporto chiedendo un’indennità pari a quindici mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto in sostituzione della reintegrazione (comma 3), il

decreto in esame, invece, che ha come base l’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, richiama implicitamente l’art. 2120 c.c., che è utile qui considerare nei primi due commi : “In

ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto a un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’ importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5. La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni. Salvo diversa previsione dei contratti collettivi la retribuzione annua, ai fini del comma precedente, comprende tutte le somme, compreso l’equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese”. Alla nozione di retribuzione da prendere a riferimento per il calcolo del Tfr derivante dal

testo di legge si aggiunge quella eventualmente fornita, in deroga, dalla contrattazione collettiva, la quale frequentemente disciplina, e talvolta con esattezza, quali siano le poste retributive utili per il calcolo del Tfr e quali invece siano quelle escluse. Si può pertanto riconoscere nella norma in argomento il tentativo di soddisfare l’esigenza di una maggior certezza del diritto, individuando un valore numerico quanto più incontrovertibile possibile, o quantomeno solo residualmente discutibile. Tuttavia, affrancati la maggior parte dei dubbi su quali elementi retributivi considerare al fine dell’indennità in questione, appare utile una riflessione sulla collocazione temporale di tali elementi, ovvero su come individuare la retribuzione “ultima” di

Documenti correlati