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PARTE GENERALE

1. Il Decreto Legislativo 231/2001 1.1. Premessa

La Società Yokogawa Italia S.r.l. (di seguito anche “Società”) è sensibile all’esigenza di assicurare condizioni di correttezza e trasparenza nella conduzione degli affari e delle attività aziendali, a tutela della propria posizione ed immagine, delle aspettative dei propri azionisti e del lavoro dei propri Dipendenti.

Yokogawa Italia S.r.l. ha ritenuto conforme alla propria politica procedere alla formalizzazione del Modello Organizzativo previsto dal Decreto Legislativo 231/2001 (di seguito anche “Decreto” o “D.lgs. 231/01”).

A tal fine, la Società ha avviato un progetto di analisi dei propri strumenti organizzativi, di gestione e di controllo, volto a verificare la corrispondenza dei principi comportamentali e delle procedure già adottate alle finalità previste dal Decreto.

Il presente Modello ed i principi in esso contenuti disciplinano i comportamenti degli Organi Societari, dei Dipendenti, dei Collaboratori, dei Consulenti, dei Fornitori e, più in generale, di tutti coloro che, a qualunque titolo, operano nell’ambito delle “Attività Sensibili” per conto o nell’interesse della Società (di seguito “Destinatari”).

1.2. Normativa

Il Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’art. 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300” ha aggiunto alla responsabilità penale della persona fisica colpevole del reato, una nuova forma di responsabilità per l’ente che viene accertata nell’ambito del procedimento penale1 .

L’ampliamento della responsabilità mira a coinvolgere nella punizione di taluni illeciti penali il patrimonio degli enti e, in definitiva, gli interessi economici dei soci, i quali, fino all’entrata in vigore della legge in esame, non pativano conseguenze dalla realizzazione di reati commessi, a vantaggio della società, da amministratori e/o Dipendenti. Il principio

1 La previsione di una responsabilità amministrativa (ma di fatto penale) degli enti per determinate fattispecie di reato era contenuta nell’art. 2 della Convenzione OCSE del 17 dicembre 1997 sulla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali. Tale tipo di responsabilità è stato successivamente introdotto nel nostro ordinamento dall’art. 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300, di ratifica ed esecuzione delle convenzioni OCSE e Unione Europea contro la corruzione nel commercio internazionale e contro la frode ai danni della Comunità Europea. L’art. 11, in particolare, delegava il Governo a disciplinare l’articolazione di questo tipo di responsabilità. In attuazione di tale_delega,_il_Governo_ha_adottato_il_D.lgs._n.231/2001.

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costituzionale di personalità della responsabilità penale lasciava indenne l’ente da conseguenze sanzionatorie, diverse dall’eventuale risarcimento del danno, se ed in quanto esistente.

1.2.1. I Reati

In origine, il legislatore delegato aveva operato una scelta minimalista rispetto alle indicazioni contenute nella legge delega (l. n. 300/2000). Infatti, delle quattro categorie di reati indicate nella legge n. 300/2000, il Governo aveva preso in considerazione soltanto i maggiori reati contro la pubblica amministrazione, evidenziando, nella relazione di accompagnamento al D.lgs. n. 231/2001, la prevedibile estensione della disciplina in questione anche ad altre categorie di reati. Infatti, successivi interventi normativi hanno esteso il catalogo dei reati per cui si applica la disciplina del decreto n. 231/2001.

Il Decreto riguarda esclusivamente alcune particolari fattispecie di illecito, esplicitamente richiamate dal Decreto medesimo.

Tali fattispecie di reato possono essere ricomprese, per comodità espositiva, nelle seguenti categorie: .

- reati contro la Pubblica Amministrazione (artt. 24 e 25 D.Lgs. 231/2001);

- delitti informatici e trattamento illecito di dati (art. 24-bis D.Lgs. 231/2001);

- delitti di criminalità organizzata (art. 24-ter D.Lgs. 231/2001);

- falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento (art. 25-bis D.Lgs. 231/2001);

- delitti contro l’industria e il commercio (art. 25-bis.1 D.Lgs. 231/2001);

- reati societari (art. 25-ter D.Lgs. 231/2001);

- reati commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico (art.

25-quater D.Lgs. 231/2001);

- pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (art. 25-quater.1 D.Lgs.

231/2001);

- delitti contro la personalità individuale (art. 25 quinquies D.Lgs. 231/2001);

- reati ed illeciti amministrativi di abusi di mercato (art. 25-sexies D.Lgs. 231/2001;

artt. 187-bis, 187-ter, 187-quinquies T.U.F.);

- omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro (art. 25-septies D.Lgs. 231/2001);

- ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché autoriciclaggio (art. 25-octies D.Lgs. 231/2001);

- delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti (art. 25-octies.1 D.Lgs. 231/2001);

- delitti in materia di violazione del diritto d’autore (art. 25-novies D.Lgs. 231/2001);

- induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria (art. 25-decies D.Lgs. 231/2001);

- reati ambientali (art. 25-undecies D.Lgs. 231/2001);

- impiego di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (art. 25-duodecies D.Lgs. 231/2001);

- razzismo e xenofobia (art. 25-terdecies);

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- frode in competizioni sportive, esercizio abusivo di gioco o di scommessa e giochi d’azzardo esercitati a mezzo di apparecchi vietati (art. 25-quaterdecies D.Lgs.

231/2001);

- reati tributari (art. 25-quinquiesdecies D.Lgs. 231/2001);

- contrabbando (art. 25-sexiesdecies D.Lgs. 231/2001);

- delitti contro il patrimonio culturale (art. 25-septiesdecies D.Lgs. 231/2001)

- riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici (art. 25- duodecies D.Lgs. 231/2001);

- reati transnazionali (art. 10 L. 146/2006).

1.2.2. I soggetti Destinatari del Decreto

La legge individua quali soggetti Destinatari “gli enti forniti di personalità giuridica, le società fornite di personalità giuridica e le società e le associazioni anche prive di personalità giuridica” (art. 1, co. 2). Il quadro descrittivo non si applica a “lo Stato, gli enti pubblici territoriali nonché gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale” (art. 1, co.3). Come si vede, la platea dei Destinatari è molto ampia e non sempre è identificabile con certezza la linea di confine, specialmente per gli enti che operano nel settore pubblico.

È indubbia, in proposito, la soggezione alla disciplina in argomento delle società di diritto privato che esercitino un pubblico servizio (in base a concessione, ecc.). Nei loro riguardi–

come, del resto, nei confronti degli enti pubblici economici – la problematica della responsabilità riguarda, tra le altre comuni a tutti i Destinatari della legge, anche le ipotesi di corruzione sia attiva che passiva2 .

È opportuno ricordare che questa nuova responsabilità sorge soltanto in occasione della realizzazione di determinati tipi di Reati da parte di soggetti legati a vario titolo all’ente e solo nelle ipotesi in cui la condotta illecita sia stata realizzata nell’interesse o a vantaggio di esso. Dunque, non soltanto allorché il comportamento illecito abbia determinato un vantaggio, patrimoniale o meno, per l’ente, ma anche nell’ipotesi in cui, pur in assenza di tale concreto risultato, il fatto-reato trovi ragione nell’interesse dell’ente.

1.2.3. Soggetti Apicali e soggetti sottoposti

L'ente non avrà alcuna responsabilità se gli autori del reato, siano essi Soggetti Apicali o sottoposti alla altrui vigilanza, hanno agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi.

Sotto altro profilo invece la norma distingue due differenti ipotesi.

1. Per i fatti illeciti commessi da Soggetti Apicali (art. 5 comma 1 lett. a), l’ente non risponde direttamente se dimostra di avere adottato ed efficacemente attivato un modello di organizzazione, gestione e controllo tale da prevenire la commissione

2 È utile a questo proposito segnalare una decisione della Corte di Cassazione, nella quale si è affermato che la disciplina de qua si applica esclusivamente a soggetti collettivi ovvero soggetti a struttura organizzata e complessa, escludendo così espressamente le ditte individuali dall’ambito di applicazione (cfr. Cass. VI Pen.. n. 18941/2004).

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dei reati della stessa fattispecie di quello verificatosi (c.d. esimente). Ovverosia rimane sempre responsabile se non prova che:

a) l'Organo Dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;

b) il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei Modelli di curare il loro aggiornamento é stato affidato a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;

c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i Modelli di organizzazione e di gestione;

d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di cui alla lettera b).

2. Se il fatto illecito è commesso da soggetti sottoposti all'altrui direzione (art. 5, comma 1, lettera b), l'ente è responsabile nell’ipotesi in cui la commissione del reato è stata resa possibile dall'inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza.

Pertanto la prova circa la responsabilità dell’ente graverà sulla pubblica accusa.

L'inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza è esclusa, ai sensi dell’art. 7 comma 2 del Decreto, qualora “l'ente, prima della commissione del reato, ha adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi”.

1.2.4. La condizione esimente

L’art. 6 del provvedimento in esame contempla tuttavia una forma di “esonero” da responsabilità dell’ente se si dimostra, in occasione di un procedimento penale per uno dei reati considerati, di aver adottato ed efficacemente attuato modelli di organizzazione, gestione e controllo idonei a prevenire la realizzazione degli illeciti penali considerati. Il sistema prevede l’istituzione di un organo di controllo interno all’ente con il compito di vigilare sull’efficacia reale del Modello.

Di conseguenza una forma specifica di esonero della responsabilità si ottiene qualora la società dimostri che:

a) l’Organo Dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, un Modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire i reati e gli illeciti della specie di quello verificatosi;

b) il compito di vigilare sul funzionamento e sull’osservanza del Modello nonché di curare il suo aggiornamento è stato affidato ad un Organismo della società dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo;

c) le persone che hanno commesso i reati e gli illeciti hanno agito eludendo fraudolentemente il Modello, quindi in violazione dello stesso;

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d) non vi sia stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’Organismo di cui alla precedente lett. b).

L’“esonero” dalle responsabilità della società (o del Gruppo) passa attraverso il giudizio d’idoneità del Modello a prevenire la commissione di reati, che il giudice penale è chiamato a formulare in occasione del procedimento penale a carico dell’autore materiale del reato. Dunque, la formulazione del Modello e l’organizzazione dell’attività dell’organo di controllo devono porsi come obiettivo l’esito positivo di tale giudizio d’idoneità. Questa particolare prospettiva finalistica impone agli enti di valutare l’adeguatezza delle proprie procedure alle esigenze di cui si è detto, tenendo presente che la disciplina in esame è già entrata in vigore. Pertanto l’adozione del Modello diviene obbligatoria e risponde ad esigenze di prudenza e buona gestione dell’impresa, laddove si voglia beneficiare dell’esimente.

Come già detto, l’applicazione delle non trascurabili sanzioni previste dal Decreto incide direttamente sugli interessi economici dei soci. Talché, in caso di mancata implementazione del Modello, legittimamente i soci potranno esperire azione di responsabilità nei confronti degli amministratori inerti che, non avendo adottato il Modello, abbiano impedito all’ente di fruire del meccanismo di “esonero” dalla responsabilità, assoggettando l’Ente al pagamento della sanzione economica.

Allo scopo di offrire un aiuto concreto alle imprese ed associazioni nella elaborazione dei modelli e nella individuazione di un organo di controllo, le Linee Guida predisposte da Confindustria contengono una serie di indicazioni e misure, essenzialmente tratte dalla pratica aziendale, ritenute in astratto idonee a rispondere alle esigenze delineate dal D.lgs.

n. 231/2001, e quindi tali da rivestire un importante ruolo ispiratore nella costruzione del Modello e dell’Organismo di controllo con i relativi compiti da parte del singolo ente.

1.3. Le Linee Guida di Confindustria

Nella predisposizione del presente Modello, si sono tenute in massima considerazione le Linee Guida emanate da Confindustria, nonché tutte le recenti pronunce giurisprudenziali.

Le caratteristiche essenziali per la costruzione di un Modello sono individuate dalle Linee Guida nelle seguenti fasi:

1. identificazione dei rischi , ossia l’analisi delle strutture aziendali al fine di evidenziare da dove (in quale area/settore di attività) e secondo quali modalità si possano verificare le ipotesi criminose previste dal Decreto;

2. la progettazione del sistema di controllo (c.d. Protocolli), ossia la valutazione del sistema di controllo esistente e l’eventuale adeguamento, al fine di contrastare efficacemente i rischi precedentemente individuati.

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Le componenti di un sistema di controllo preventivo dai Reati dolosi che devono essere attuate a livello aziendale per garantire l’efficacia del Modello sono così individuate da Confindustria:

- adozione di un Codice Etico con riferimento ai reati considerati;

- adozione di un sistema organizzativo sufficientemente formalizzato e chiaro soprattutto per quanto concerne l’attribuzione di responsabilità;

- adozione di procedure manuali e informatiche;

- adozione di un sistema di poteri autorizzativi e di firma;

- adozione di un sistema di controllo di gestione;

- adozione di un sistema di comunicazione e formazione del personale.

Le componenti sopra evidenziate devono ispirarsi ai seguenti principi:

- ogni operazione, transazione, azione deve essere verificabile, documentata, coerente e congrua;

- nessuno può gestire in autonomia un intero processo;

- il sistema di controllo deve documentare l’effettuazione dei controlli.

3. la nomina del l’Organismo di Vigilanza (di seguito anche O.d.V.), ossia dell’organo al quale affidare il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza del Modello e di curarne l’aggiornamento;

4. la previsione di un autonomo sistema disciplinare o di meccanismi sanzionatori per le violazioni delle norme del Codice Etico e delle procedure previste dal Modello