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Capitolo 5: La residenzialità leggera

5.3. Definizione di residenzialità leggera

La tappa conclusiva dell’evoluzione dei servizi di salute mentale e del processo di deistituzionalizzazione cominciato grazie all’impegno di Franco Basaglia si può individuare nelle cosiddette residenzialità leggere. Si tratta di progettualità riabilitative caratterizzate da una graduale diminuzione del livello assistenziale e di cure da parte degli operatori, fino ad arrivare a meri interventi di supporto all’abitare autonomo della persona. È proprio l’autonomia che viene sviluppata tramite le residenzialità leggere, perfettamente in linea con il concetto di recovery: l’utente inserito in questi progetti impara a gestire le attività di vita quotidiana e a svolgere il proprio ruolo nella società, superando le difficoltà della malattia e godendo una vita soddisfacente.

Dopo la Legge 180 del 1978, la chiusura dei manicomi e la definizione di nuovi servizi territoriali, è stata riposta molta attenzione nella realizzazione di strutture residenziali con finalità riabilitative che non riproponessero meccanismi stigmatizzanti e di esclusione. Gli interventi messi in pratica dai servizi sono stati infatti progettati per favorire il reinserimento del malato nel tessuto sociale e fornirgli un valido supporto personale e lavorativo. Il testo di legge Le strutture residenziali psichiatriche di riferimento

90 Deliberazione della Giunta Regionale n. 1673 del 12 novembre 2018, Programmazione del sistema di

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nazionale, riporta le varie tipologie di unità residenziali, definendo le caratteristiche e le aree di intervento terapeutico e riabilitativo di ciascuna struttura. Proponendosi di uniformare l’offerta residenziale delle varie regioni, la normativa incita alla ricerca di servizi e progettualità innovative che possano adattarsi ai disparati bisogni della popolazione. Tuttavia, tralascia tutto l’ambito delle residenzialità leggere, progettualità che si possono inserire tra le misure a sostegno del diritto alla casa più che tra gli interventi riabilitativi, ma che offrono realmente agli utenti la possibilità di rendersi più indipendenti dai servizi assistenziali e di mettersi alla prova. Consistono in esperienze abitative per coloro che dimostrano di aver maturato un buon livello di autonomia e necessitano di interventi di supporto limitati, a seguito della buona riuscita di programmi all’interno di strutture residenziali con maggiore intensità. Questo progressivo transito tra unità con gradi variabili di assistenza, correlato ai risultati riabilitativi conseguiti, consente di mantenere i livelli di autonomia ottenuti e di evitare spiacevoli regressioni delle condizioni dell’individuo; oltre a questo, è anche un modo di favorire il turn over liberando i posti letto che, previsti in numero limitato, rischiano di non essere abbastanza per soddisfare la domanda di altre persone in stato di disagio. La residenzialità leggera può essere considerata come l’ultimo passo prima della completa emancipazione dai servizi, un ponte tra questi ultimi e le soluzioni abitative indipendenti. Non essendoci specifiche disposizioni normative in materia, con standard fissi da rispettare, si sono sviluppate esperienze di abitare supportato molto diverse tra loro all’interno dello stesso territorio regionale. La stessa definizione di residenzialità leggera risulta ambigua tra gli scritti disponibili in rete e non è raro trovare opinioni che inseriscono anche i Gruppi Appartamento Protetto tra le progettualità di questo tipo. Tuttavia, nella Regione Veneto le esperienze di residenzialità leggera o di abitare supportato vengono ricondotte alla DGR 84 del 2007, specificamente all’Allegato B di tale normativa, dove sono descritte le caratteristiche di Comunità di tipo familiare e Gruppi appartamento per malati psichiatrici. Si tratta di tipologie di offerta che, pur essendo previste dal Piano sociale regionale, non necessitano dell’autorizzazione all’esercizio: per poter svolgere la loro funzione deve essere comunicato l’avvio delle loro attività presso il Comune dove le strutture sono situate e dimostrare di rispettare i criteri previsti dalla deliberazione 84/2007. Le Comunità di tipo familiare per malati psichiatrici sono servizi che ospitano fino a quattro persone in una dimensione familiare in cui l’utente può proseguire con il

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proprio percorso di autonomia e di recupero delle abilità residue: la particolarità di questa struttura è la presenza costante di una famiglia o di una coppia di adulti di sessi diversi. Sono pensate per pazienti psichiatrici che non possiedono un nucleo familiare oppure che sono impossibilitate al rientro a causa di caratteristiche proprie o della famiglia stessa. L’inserimento deve essere accompagnato dalla definizione di un progetto educativo personalizzato da verificare nel tempo e condividere con i servizi del Dipartimento di Salute Mentale che collaborano strettamente con l’organico della Comunità. Devono essere previste adeguate formazioni per gli operatori e sono incentivate tutte le attività che sfruttando le risorse disponibili nel territorio rendano possibile l’integrazione sociale degli utenti.

Di natura più affine alle progettualità di residenzialità leggera intese come nell’Allegato D della DGR 1673 del 2018 sono i Gruppi Appartamento per malati psichiatrici trattati nel testo della DGR 84. Anche questi servizi accolgono quattro persone ospitandoli in civili abitazioni fornite di tutti gli spazi necessari: gli utenti sono quasi o totalmente autosufficienti, sono responsabilmente in grado di assolvere le mansioni quotidiane ma necessitano di un limitato sostegno per la cura personale, la gestione dell’abitazione e l’organizzazione delle attività di vita. Il Gruppo Appartamento deve essere inserito in contesti urbani e consentire un facile accesso ai servizi territoriali, da quelli sanitari a quelli ricreativi o di lavoro. Anche per queste strutture viene prevista la collaborazione con l’équipe multiprofessionale del DSM, ma non vengono precisati i livelli assistenziali e le ore di presenza degli operatori.

L’Allegato D della DGR 1673 del 2018 riporta la necessità di istituire un albo regionale dove inserire tutte le progettualità di residenzialità leggera attivate nel territorio veneto che devono corrispondere alle due tipologie appena descritte di Comunità Familiare e di Gruppo Appartamento. Per risalire alle abitazioni si farà riferimento ai Piani di Zona all’interno dei quali è possibile riscontrare la programmazione, le valutazioni periodiche, il monitoraggio, la sostenibilità e i risultati. Non essendoci bisogno di rispettare le misure specifiche per l’accreditamento o l’autorizzazione all’esercizio, i progetti di residenzialità leggera sono frutto dell’attivazione dei soggetti appartenenti alla rete sociale del territorio che di propria iniziativa si propongono di aiutare le persone che vivono un disagio psichico e necessitano di supporto per usufruire del proprio diritto alla casa. Gli Enti coinvolti nella programmazione di tali residenzialità sono i Comuni, la Conferenza dei

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Sindaci, le Aziende Territoriali per l’Edilizia Residenziale Pubblica, le Associazioni del Terzo Settore e gli utenti stessi.

Il ruolo dei Dipartimenti di Salute Mentale nelle esperienze di residenzialità leggera consiste in servizi assistenziali e riabilitativi forniti a domicilio in base alle disposizioni previste dai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Un’altra peculiarità di queste progettualità è infatti il loro carattere esclusivamente sociale che quindi non grava sulle spese sanitarie: i finanziamenti per il mantenimento dell’abitazione e delle utenze sono a carico dell’utente stesso. Se quest’ultimo non possiede disponibilità economica i costi vengono sostenuti tramite la compartecipazione dei Comuni, oppure dalla Conferenza dei Sindaci, mediante specifiche quote stabilite nella programmazione dei Piani di Zona. In considerazione delle alte spese sanitarie per le strutture sanitarie, progettualità di questo tipo sono dunque da favorire, non solo perché consentono la concreta autonomizzazione degli individui, ma anche perché permettono ai servizi di salute mentale di contenere i costi, come specificato dalla DGR 1673/2018.