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C’era una volta…

6.1 Definizione di termini.

Con questo breve paragrafo intendo riassumere i concetti desunti dalla letteratura di critica cinematografica e dai saggi di Gérard Genette inclusi in Figure III125, che andrò ad applicare

nell’analisi del serial C’era una volta, in modo da poterli dare per assodati nello sviluppo del capitolo. Partendo dalla nozione basilare di distinzione tra tempo della storia (ovvero l’insieme di elementi di una vicenda svolti in ordine cronologico) e il tempo del racconto (cioè l’organizzazione degli sviluppi narrativi decisa dai creatori della serie), possiamo riconoscere all’interno del secondo ambito una tipologia di tempo circolare, dove il punto di partenza della narrazione coincide con quello di arrivo; ciclico, dove il punto di arrivo è simile ma non identico a quello di partenza; lineare, dove inizio e fine non coincidono e la narrazione è protratta con un ordine continuo ed omogeneo, nel qual caso parliamo di tempo vettoriale, oppure disomogeneo e frammentario, riscontrando quindi una temporalità non vettoriale. La narrazione può presentare delle anacronie, ovvero forme di discordanza tra l’ordine della storia e quello del racconto, di tipo analettico, qualora si assista ad una rievocazione di fatti antecedenti il momento della narrazione in cui vengono raccontati, oppure prolettico nel caso attraverso una manovra narrativa più o meno esplicita vengano anticipati eventi ancora da compiersi. L’aspetto modale della narrazione, relativo alla focalizzazione e al punto di vista, suscita

125 Cfr. G.GENETTE, Figure III. Discorso del racconto , Piccola biblioteca Einaudi,

una maggiore discordanza tra gli autori: in questa sede si è scelto di intendere la focalizzazione come il modo di regolare l’informazione coerentemente con il punto di vista che è stato scelto per narrare la vicenda. In questo senso parleremo di racconto non focalizzato o a focalizzazione zero quando esiste un narratore onnisciente, che sa più dei personaggi, e soprattutto aggiorna lo spettatore più di quanto non potrebbe fare uno qualunque dei personaggi; si parlerà di racconto a focalizzazione interna quando la narrazione è soggetta alla conoscenza di un determinato personaggio, sia essa fissa perché non varia il suo referente nel corso dell’intero racconto, variabile quando invece lo muta o multipla, ad esempio se un singolo evento viene narrato da più punti di vista. L’ultimo tipo, che non riguarda questa analisi ma citiamo per completezza, è noto come a focalizzazione esterna, e coinvolge un narratore che non svela la propria identità, maschera o omette delle informazioni allo spettatore, non illustra i pensieri e le motivazioni dei personaggi che si limita a registrare i fatti126.

Più nello specifico ci sarà utile riassumere la teoria si Genette sui livelli narrativi, e gli studi proposti da Valentina Re che ha accostato all’opera di Genette quella di altri studiosi127.

Assumiamo che ogni avvenimento narrato appartenga a un livello diegetico, finzionale, immediatamente superiore a quello in cui si svolge l’atto di avviare la narrazione: il mondo cui appartengono l’autore e il narratario, cioè colui che rende fruibile il racconto a noi pubblico reale, si colloca su un grado zero, ed essendo estraneo alla finzione è noto anche come extradiegetico. Il narratore che sviluppa l’universo diegetico finzionale lo colloca quindi al primo grado o livello, rendendolo il racconto primario. Qualunque forma narrativa che si innesti a partire dal racconto primo assume un

126 Cfr. G.GENETTE, op. cit., pp. 236-237.

127 Cfr. V. RE, Cominciare dalla fine. Studi su Genette e il cinema, Mimesis,

grado immediatamente superiore, ovvero è un racconto di secondo livello, detto anche metaracconto in quanto si tratta di una storia all’interno di una narrazione di primo livello. L’universo finzionale descritto in questo racconto di secondo grado prende il nome di metadiegesi. Il metaracconto può rivelarsi in molteplici forme, ad esempio come un sogno (in C’era una volta è il caso di se1x08,

Anime disperate), dei ricordi portati alla memoria (se1x16, Cuore di tenebra), può essere assunto da una rappresentazione non

verbale128 (caso frequentissimo soprattutto nella prima stagione

delle illustrazioni del libro di fiabe che si animano raccontando la vicenda a partire dal momento ritratto), o audiovisiva aggiungeremmo noi. Nel passaggio dal primo al secondo grado spesso viene ricercata una funzione esplicativa, che risponda alla domanda implicita relativa a quali eventi abbiano condotto alla situazione narrata, oppure la relazione è di tipo tematico, cioè un evento della diegesi richiama una situazione simile che viene raccontata sebbene esse non siano legate da una logica spazio- temporale tra i due livelli ma per analogia (e questo caso, volendo intendere in senso ampio il livello spaziale per cui tutti i regni appartengono al mondo delle Fiabe, non si verifica nella nostra serie, dove i passaggi tra i due livelli sono sempre dal mondo di Storybrooke a quello appunto delle Fiabe, o viceversa). Re aggiunge due elementi di vitale importanza, per non rischiare di fraintendere la nozione di distinzione tra livelli: innanzitutto ciò che separa i due gradi narrativi è dato dalla subordinazione logica del secondo, la cui narrazione trova avvio interrompendo la vicenda del racconto primario, e non dal piano ontologico su cui si collocano. Nel nostro caso, ed è fondamentale tenerlo presente, parliamo di due livelli narrativi non perché le vicende che si svolgono nel mondo delle fiabe siano ritenute finzionali rispetto agli eventi dati per reali

(classificazioni che a loro volta necessitano di una puntigliosa argomentazione, che seguirà a breve) ma perché la narrazione delle stesse si innesta sul racconto primario, riconosciuto come tale in seguito alle considerazioni che andremo in seguito ad illustrare. Inoltre il livello diegetico presuppone un’istanza narrativa, il narratore, che non coincide tuttavia con l’autore fisico e reale della serie129: nel nostro caso il narratore fa una breve apparizione nelle

primissime didascalie dell’episodio se1x01, per poi non comparire più in modo altrettanto diretto ed esplicito se non attraverso la giustapposizione di brevi e saltuarie didascalie spazio-temporali, mentre gli autori reali sono Edward Kitsis e Adam Horowitz.

Il passaggio da un grado all’altro a livello teorico è possibile solo quando giustificato con i meccanismi narrativi qui esposti, o degli equivalenti, e in particolare nel cinema classico viene segnalato da elementi come lo sfocamento, la ripresa al rallentatore, la voce fuori campo, un cambiamento cromatico ecc. Qualunque altro fenomeno che violi i limiti, flessibili ma solidi, dei due livelli, è se non impossibile, quanto meno frutto di una trasgressione e prende il nome di metalessi130. Re propone una

lista esemplificativa di aspetti in cui si presenta più o meno frequentemente la metalessi: si può trattare di eventi quasi innocenti come il narratore che si rivolge direttamente al narratario extradiegetico, rompendo così il patto finzionale, o di riprese che sono presentate inizialmente come diegetiche per svelare solo in seguito la propria natura metadiegetica, o casi più ‘gravi’ in cui personaggi o elementi del racconto di secondo grado improvvisamente entrano a far parte del racconto di primo grado, o viceversa. Abbiamo già assistito ad un fenomeno metalettico che lasciava sorpresi i lettori durante l’analisi del numero 28 di Fables,

129 Cfr. V.RE, op. cit., pp. 16-18.

quando ci siamo resi conto di una sovrapposizione tra un elemento diegetico – la cartina con le frecce e le scritte, che si presumeva essere un cimelio raccolto nell’album in mano a Wolf – e uno metadiegetico, poiché da quella stessa mappa si alzavano i balloon con le voci dei personaggi del racconto secondario131. Con questo

breve excursus non mi aspettavo certamente di esaurire un argomento così vasto e complesso, ma solo di fornire le linee guida essenziali per comprendere l’analisi che sto per avviare.