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La geometria del dominio computazionale dovrebbe riprodurre fedelmente la geometria reale della camera del propulsore e dell’ambiente esterno dove si pensa di simulare lo sparo del propulsore: spazio vuoto o spazio all’interno di una camera di prova. La costruzione di una griglia spaziale è una operazione comune a molti modelli computazionali perché rappresenta lo strumento per discretizzare equazioni che sono definite su un dominio continuo.

Esistono due principali categorie di griglie: griglie non strutturate che sono tipicamente associate a metodi agli elementi finiti e griglie strutturate che sono invece tipicamente usate per metodi alle differenze finite. I modelli a particelle non hanno associata nessun tipo specifico di griglia, pertanto nel caso in esame si ha completa libertà di scelta; talvolta si ricorre a tipologie miste in modo da sfruttare i pregi di entrambe le categorie. Una fedele riproduzione della geometria della camera del propulsore, soprattutto per simulare le pareti e gli elettrodi, necessita di celle di forma opportuna che solo le griglie non strutturate possono soddisfare; in tal caso infatti le celle possono assumere qualsiasi forma e dimensione e possono essere adattate al meglio alle irregolarità del contorno del sistema fisico. Tuttavia una discretizzazione non strutturata richiede l’utilizzo di metodi agli elementi finiti mentre gli schemi utilizzati dalle due operazioni base del PICPlus (soluzione dell’equazione di Poisson e Leap-Frog per l’avanzamento degli ioni) sono alle differenze finite. Perciò in PIC-FES viene utilizzata, per la trattazione particellare degli ioni, una griglia strutturata e adattativa in modo da tenere in considerazione la non uniformità della densità ionica sul dominio computazionale. Con questo approccio la geometria del propulsore non può essere modellata in modo estremamente preciso è necessario accettare una descrizione dei contorni leggermente semplificata.

Partendo dalle fig. 5.10 e 5.11, due possibili configurazioni della geometria sono mostrate in fig. 6.2 e 6.3, ma la scelta è stata fatta principalmente per rendere più facilmente trattabili: le condizioni al contorno, la gestione della griglia e le complesse tecniche numeriche usate per la risoluzione delle equazioni fluide, in modo da evitare complicazioni formali introdotte da geometrie complicate.

Per questi motivi la geometria è stata ridotta da quella reale troncoconica a una “fittizia” cilindrica, mostrata in fig. 6.5 con la linea tratteggiata: si ritiene infatti che la zona

modificata del catodo e la forma troncoconica non procurino variazioni significative alla simulazione, almeno in questa prima fase di sviluppo.

Fig. 6.2: configurazione geometrica n. 1.

Fig. 6.3: configurazione geometrica n. 2.

L’ipotesi di assialsimmetria consente di includere nella simulazione solo metà della sezione trasversale, partendo dall’asse di simmetria (superficie #1).

Le dimensioni della camera troncoconica rappresentata in fig. 6.3 sono molto simili a quelle di una camera reale, perciò è necessario conoscerle per definire opportunamente diametro di base e lunghezza della camera cilindrica “fittizia”. La camera di fig. 6.3 è rappresentata in modo schematico in fig. 6.4; quest’ultima è limitata: dall’asse di simmetria (superficie #1), dal catodo cavo di diametro pari a 20 mm che sfocia

direttamente nella camera del motore invece di protendere all’interno di essa per un a certa lunghezza (superficie #2), dalla superficie di fondo circolare di diametro 80 mm e di materiale isolante (superficie #3), dall’involucro isolante esterno della camera del motore con forma troncoconica e diametro delle basi pari a 80 mm e 171.2 mm e lunghezza 168 mm (superficie #4), dall’anodo, anch’esso troncoconico, con diametro delle basi pari a 171.2 mm e 176.4 mm e lunghezza 10 mm (superficie #5).

Fig. 6.4: rappresentazione schematica della configurazione geometrica n.2.

Fig. 6.5: la linea tratteggiata è rappresentata la geometria “fittizia” del propulsore utilizzata nella prima fase di sviluppo del codice PIC-FES. Le linee più spesse rappresentano le pareti reali del propulsore.

Considerando invece il dominio di fig. 6.6, il diametro esterno del catodo (superficie #2) è rimasto invariato e pari a 20.0 mm, mentre quello della camera del motore è stato portato per tutta la sua lunghezza ad un diametro di 176.6 mm. Per semplificare la routine di generazione della griglia e la conseguente implementazione delle operazioni da eseguire sui nodi del dominio, il catodo non si protende all’interno della camera, come avviene nel motore reale, ma si ipotizza che il flusso di particelle sfoci nella camera da un orifizio nella zona inferiore della parete di fondo (superficie #3). Per gli stessi motivi l’anodo ha forma cilindrica (superficie #5), con diametro uguale a quello della camera e lunghezza pari a 10 mm. La lunghezza complessiva del motore è di 178 mm e le pareti della camera (superfici #3 e #4) sono in materiale isolante.

Fig. 6.6: schema del dominio computazionale.

Ai fini di una simulazione numerica, il dominio esterno al motore deve essere comunque ristretto nelle dimensioni in modo da poter cogliere gli aspetti significativi dei fenomeni fisici che avvengono e, allo stesso tempo, utilizzare dei tempi di calcolo contenuti. Alla luce di queste considerazioni, in questa prima fase di sviluppo il dominio è interrotto, in direzione assiale, a una distanza dalla bocca del propulsore pari al doppio della lunghezza della camera, mentre, in direzione radiale, è interrotto a una distanza dall’asse pari a tre volte il raggio di camera, dal momento che, oltre tali distanze, il plasma ritorna ad essere praticamente un gas neutro (le proporzioni delle superfici #6,

#7, #8 di fig. 6.6 sono solo indicative). Il codice consente comunque di modificare in modo immediato queste dimensioni a seconda delle esigenze.

Per quanto riguarda le dimensioni delle maglie, sarebbe opportuno scegliere base ed altezza delle celle dell’ordine di grandezza della lunghezza di Debye locale, in modo da simulare correttamente i fenomeni che si svolgono in piccola scala, come, ad esempio, quelli inerenti alle guaine, che si formano in prossimità delle pareti solide. Tuttavia, nel caso del propulsore MPD oggetto dello studio, in cui la densità numerica alla bocca del catodo è dell’ordine di 1021 [# / m3],e la temperatura iniziale è di 3 [eV], la lunghezza di Debye è circa 0.3 [µm], quindi è necessario aumentare la dimensione delle maglie di qualche ordine di grandezza, per non avere una griglia eccessivamente fitta e, quindi, dispendiosa in termini di tempi di calcolo. Il codice consente comunque di modificare in modo immediato la dimensione delle maglie, in modo che, accettando tempi di calcolo più lunghi, si possa utilizzare una griglia più fitta e, quindi, confrontare i risultati ottenuti in questo modo con i precedenti.

Fig. 6.7: questa è la griglia da utilizzare nel codice finale per simulare il flusso di plasma in un propulsore MPD: essa rappresenta un compromesso accettabile tra la capacità di cogliere fenomeni di piccola scala e tempi di calcolo sufficientemente contenuti.

Tuttavia, per effettuare i primi test del codice completo, occorrono ulteriori semplificazioni, perciò in questo lavoro:

 si sceglie la geometria di fig. 5.3 (a), in cui si hanno due elettrodi cilindrici concentrici che si estendono per tutta la camera,

 le dimensioni sono: raggio del catodo = 0.01 [m], raggio dell’anodo = 0.06 [m], lunghezza camera = 0.15 [m], (vedi fig. 6.8).

Soltanto nel momento in cui i risultati delle prime simulazioni vengono ritenuti soddisfacenti, si può utilizzare una camera di forma leggermente più complessa, come quella schematizzata in fig. 6.6 e 6.7. Per maggiori spiegazioni sulla forma della camera e sul test del codice completo si rimanda al cap. 9.

Fig. 6.8: griglia utilizzata per i primi test.

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