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Definizione ed articolazione dei processi professionali e del

Nel documento La gestione per processi in sanità (pagine 36-44)

Professionali e del percorso assistenziale

Per processi professionali si intendono quelli in cui sono preminenti le

attività dei professionisti sanitari. In ambito sanitario può essere considerato “processo” l'intera gestione di una malattia, dal primo contatto con il

paziente fino alla conclusione del follow-up; si può considerare processo, o meglio micro processo, anche solo una piccola parte di esso come la

semplice accettazione in reparto. Il processo può essere a sua volta suddiviso in attività elementari o compiti come, per esempio, l'accompagnamento dei nuovi pazienti al loro letto o la prescrizione dei primi esami diagnostici. La gestione dei processi professionali può quindi riguardare:

 singole prestazioni ospedaliere;  singole prestazioni extra ospedaliere;

 problemi di salute inerenti le attività ospedaliere (ambulatoriali, di ricovero ordinario, di ricovero diurno);

 problemi di salute inerenti le attività svolte nei servizi di assistenza primaria o territoriali (medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, consultori, ecc.);

 problemi di salute che coinvolgono sia la medicina territoriale che quella ospedaliera.

Interventi di valutazione e miglioramento di specifiche prestazioni possono essere utili, ma è preferibile considerare approcci più ampi, sistemici, capaci

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di interessare contemporaneamente più prestazioni e più dimensioni (qualità professionale, organizzativa e relazionale). Tra i diversi approcci il più diffuso

è quello basato sullo sviluppo ed attuazione dei percorsi assistenziali24

approccio che si colloca nell'ambito del Desease Management. Il filone di studi noto come Desease Management si propone di rendere il più possibile omogenea, coordinata e comprensiva l'assistenza rivolta ad un problema di

salute25. È possibile, quindi, definire il percorso assistenziale come il macro

processo che corrisponde all'intera gestione di un problema di salute. Lo stesso si può considerare come un ampliamento del percorso diagnostico- terapeutico; con il termine assistenziale, infatti, si includono nello studio anche quelle attività rivolte all'assistenza della persona per la cura di sé e per supportarla nel caso di disabilità fisiche, psicologiche e sociali.

“Il percorso assistenziale è uno strumento di management sanitario che contiene la sequenza spaziale e temporale delle attività da svolgere, sulla base delle conoscenze tecnico-scientifiche e delle risorse organizzative, professionali e tecnologiche a disposizione”26.

Una diversa definizione di percorso assistenziale è quella fornita da Federico Lega: “l'iter complessivo che il paziente segue per risolvere il suo problema di salute. Descrive il percorso organizzativo, clinico e le attività necessarie per fornire assistenza ad un gruppo di pazienti omogenei per diagnosi o sintomi, a un precisato livello di qualità”27.

I percorsi assistenziali, più conosciuti come clinical o critical pathways, possono essere definiti come piani multi-disciplinari ed inter-professionali

24 Di Stanislao F., Noto G., (1999), Sviluppo organizzativo quality-oriented. Un quadro concettuale ed una ipotesi di lavoro per

le Aziende Sanitarie, in Mecosan, n°31, pag.23-36.

25 Fairfield G., Hunter D J., Mechanic D., Rosleff F., (1997) Managed care. Origins, principles and evolution, BMJ 314:1832-6.

26 Casati G., Panella M., Di Stanislao F., Vichi M.C., Morosini P., (2005), Progetto Formazione Qualità ISS, ARM,MS, Manuale 1 Terza edizione, Roma-Ancona.

27 Lega F., (2001), Logiche e strumenti di gestione per processi in sanità. Il caso dell'azienda ospedaliera L. Sacco di Milano, McGraw-Hill, Milano.

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relativi ad una specifica categoria di pazienti, costruiti in un determinato contesto locale, la cui attuazione è valutata mediante indicatori di processo e

di esito28. Essi coinvolgono più unità specialistiche e più professionisti, in

tempi diversi e successivi. I percorsi assistenziali hanno lo scopo di eliminare il più possibile i ritardi e gli sprechi, di contenere le variazioni non necessarie nei trattamenti, di assicurare la continuità ed il coordinamento

dell'assistenza, di ridurre al minimo i rischi per i pazienti e di migliorare gli esiti. Per un buon percorso assistenziale è necessario che:

 vi sia un approccio interprofessionale e multidisciplinare;

 le raccomandazioni professionali siano il più possibile basate sulle

evidenze scientifiche;

 vi sia l’adattamento e la condivisione locale del piano;

 il percorso sia suddiviso in fasi di durata definita;

 sia specificata la sequenza degli atti dei professionisti coinvolti(chi

deve fare, che cosa, quando) nelle diverse fasi;

 sia valutata l’attuazione del percorso mediante validi indicatori di

processo e possibilmente anche di esito;

 sia promosso il coinvolgimento degli utenti.

I percorsi assistenziali possono, quindi, considerarsi come quegli strumenti di coordinamento ed integrazione auspicati da Zangrandi (2003) per “favorire la continuità del trattamento, la formazione degli operatori e l’individuazione delle migliori modalità per l’utilizzazione delle risorse”29. L’opportunità dello sviluppo e dell’applicazione di percorsi assistenziali è stata sostenuta anche dal comitato di esperti (Commettee on the Quality of Health Care in

America) convocato dal prestigioso Institute of Medicine americano. La

28 Woolf S.H., (1990) Practice guidelines: a new reality in medicine. Recent developments, Arch Intern Med 9, 1811-1818. 29

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relazione redatta dal comitato sottolineava che in soli 10 anni più di 70 pubblicazioni, su prestigiose riviste mediche, documentavano l’esistenza di rilevanti variabilità e di gravi problemi di qualità nei servizi sanitari americani e raccomandava lo sviluppo di percorsi assistenziali il più possibile basati sulle evidenze scientifiche, almeno per le condizioni più comuni.

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3.3. Vantaggi del percorso assistenziale

Molti sono i miglioramenti che derivano dall’adozione dei percorsi

assistenziali nella gestione delle organizzazioni sanitarie e numerose sono le aree che possono beneficiare del progresso. Certamente i percorsi

assistenziali hanno il vantaggio di favorire la continuità degli interventi e l’integrazione tra unità organizzative e, talvolta, tra organizzazioni diverse. È così che possono diminuire anche gli inconvenienti per i pazienti nelle fasi più critiche dei percorsi. La ricostruzione ed analisi dei percorsi assistenziali permette, inoltre, di identificare lentezze ed attese riducibili, attività poco utili o troppo costose, ripetizioni e rischi evitabili. La scomposizione

dell’intero percorso assistenziale in fasi obbliga a chiarire i criteri clinici ed organizzativi applicati per inserire o “arruolare” l’utente in una fase e per “trasferirlo” alla fase successiva. Rispetto ad altre forme di gestione per processi l’applicazione dei Pdp ha il vantaggio di dare importanza ai criteri di appropriatezza professionale degli interventi e agli esiti di salute, quindi, di richiamare l’attenzione sul fatto che il vero “prodotto” di un’organizzazione sanitaria non è la prestazione (output), ma l’esito (outcome). Una più ampia diffusione dei Pdp è stata favorita dall’ondata dell’EBM (Evidence Based Medicine) o medicina basata su prove di efficacia, che ha reso più disponibili e più accettabili rassegne sistematiche e linee guida che tengono conto delle evidenze scientifiche. I Pdp impattano fortemente sulla pratica clinica e, in alcuni casi, sulla costruzione delle linee guida per tre motivi:

1. la metodologia dei percorsi coinvolge, nel loro sviluppo, tutti i professionisti che li dovranno applicare, il che favorisce la loro adesione;

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2. la multidisciplinarità dei gruppi di lavoro favorisce la comprensione dei ruoli e delle responsabilità di ciascun processo. Nei gruppo di lavoro sono rappresentate, infatti, tutte le professionalità che sono implicate nel trattamento della patologia inerente il percorso in questione. Lo scambio di informazioni e di punti di vista tra i partecipanti porta ad una maggiore comprensione dei ruolo e delle responsabilità di

ciascuno nel Pdp, oltre a fornire occasioni di apprendimento30. Inoltre

la partecipazione integrata di personale medico, infermieristico, amministrativo, sociale, ecc. protegge dal rischio che la stesura dl Pdp possa essere manipolata in modo corporativo da un unico gruppo

professionale31;

3. l’orientamento multi-assiale, che considera contemporaneamente le esigenze di appropriatezza, efficacia, efficienza continuità,

tempestività, equità, integrazione e soddisfazione degli utenti, ha un’influenza evidente sulla qualità della pratica clinica.

I Pdp favoriscono anche lo sviluppo di sistemi informativi finalizzati alla rilevazione di indicatori relativi, non solo ai volumi di attività e ai costi, ma anche ai processi professionali e agli esiti. Con l’adozione dei percorsi si riscontrano

1. vantaggi in ambito medico-legale ed assicurativo. Ci sono aziende che hanno ottenuto una riduzione dei premi assicurativi per avere

adottato Pdp attenti alla gestione dei rischi, medici assolti da accuse di imperizia e negligenza perché sono stati in grado di dimostrare di avere seguito un percorso assistenziale.

2. vantaggi per gli utenti. È possibile, infatti, sviluppare versioni di Pdp che consentono ai pazienti di sapere in dettaglio e i tempi degli

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Bradshaw M.J., (1999), Clinical pathways: a tool to evaluate clinical learning, J Soc Pediatr Nurs, 4(1):37-40.

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interventi (ad es. cominciare la fisioterapia in seconda giornata dopo l’intervento chirurgico, alzarsi in terza giornata) ed anche di essere consapevoli dei risultati che si possono aspettare.

Le versioni dei Pdp per gli utenti rappresentano uno strumento di attuazione della parola “informato” e “trasparenza”. Tali versioni potrebbero contenere la sintesi del percorso, il nome dei professionisti referenti (case manager) e il questionario finale di soddisfazione. Dall’applicazione dei Pdp ci si può

attendere una rilevante diminuzione della variabilità ingiustificata nei comportamenti dei professionisti sanitari e un conseguente aumento della produttività. I Pdp possono essere considerati, quindi, uno strumento per migliorare l’efficienza nell’uso di risorse scarse senza compromettere la

qualità professionale dell’assistenza, che può, invece, migliorare32.

32

Wall D.E., Proyect M.M., (1998), Critical pathway development guide. “A team-oriented approach for developing critical pathways. Precept Press, Chicago.

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3.4. Svantaggi del percorso assistenziale

I Pdp, nonostante i notevoli vantaggi correlati alla loro applicazione,

presentano anche alcune difficoltà. Una delle maggiori difficoltà è legata al fatto che i professionisti sanitari ritengono che l’adozione dei Pdp porti ad una perdita di flessibilità ed autonomia e ad una medicina tipo “libro di ricette di cucina”, poco sensibile alle caratteristiche individuali del singolo paziente (standardizzazione). In realtà le raccomandazioni professionali di un buon percorso assistenziale dovrebbero essere quelle più accreditate in base alle evidenze scientifiche, ma:

 lo sono per la media dei pazienti che presentano la condizione in

esame e non per tutti indistintamente. Il singolo professionista è autorizzato, non solo, a scostarsi dalle raccomandazioni, ma , anzi, deve farlo, se pensa che le stesse non siano adatte al caso particolare; l’importante è che lo dichiari e ne spieghi le motivazioni;

 i Pdp devono essere considerati sempre provvisori, soggetti a verifiche

e a continui aggiornamenti.

Inoltre, talvolta, i Pdp possono comportare inizialmente, per la singola organizzazione, notevoli cambiamenti e costi aggiuntivi, come è avvenuto nella Regione Marche con l’applicazione del percorso sulla gastroenterite pediatrica che ha implicato l’istituzione di posti letto di osservazione

pediatrica nei pronto soccorso33

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Morosini p., Di Stanislao F., Casati G., Panella M., (2005), Qualità professionale e percorsi assistenziali,

manuali di formazione per la valutazione e il miglioramento della qualità professionale, Quarta edizione,

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