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4 ELEMENTI DI ALLERGOLOGIA E REVISIONE DELLA

4.1 DEFINIZIONI E BASI DI FISIOPATOLOGIA

Al fine di assicurare una comunicazione chiara tra operatori sanitari, la WAO auspica l’adozione di un sistema di nomenclatura globale per le malattie allergiche. La terminologia proposta dalla European Academy of Allergology and Clinical Immunology “A Revised Nomenclature for Allergy” è stata aggiornata dalla World Allergy Organization nel documento intitolato “A revised nomenclature for Allergy for global use (46).

• L’allergia è la più comune malattia immunitaria, caratterizzata da una reazione infiammatoria verso agenti innocui, presenti nell’ambiente. E’ una reazione di Ipersensibilità di tipo I (IgE-mediata), ma può includere anche le reazioni di ipersensibilità di IV tipo o cellulo mediata.

• Gli allergeni sono antigeni responsabili delle reazioni allergiche. La maggioranza degli allergeni che reagiscono con IgE ed IgG sono proteine, spesso glicosilate. In alcuni casi, anche i carboidrati si possono comportare da allergeni. In casi più rari alcune sostanze a basso peso molecolare (es. isocianati e anidridi) che funzionano da apteni, sono definiti allergeni ed entrano in gioco soprattutto nelle reazioni cellulo-mediate.

Alcuni allergeni sono “imparentati”, e per tale motivo un paziente che è sensibilizzato a un allergene può reagire anche ad altri allergeni a cui non e’ stato mai esposti. Questo e’ dovuto al fatto che allergeni differenti possono

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presentare una alta omologia tra di loro. Questa condizione si definisce cross-reactivity. I più comuni gruppi di allergeni cross reacting sono gli allergeni presenti nel polline di betulla ma che sono presenti anche nella frutta della famiglia delle rosacee quali pesca , mela, ciliegia, pera, nespola e susina.

L’atopia è una predisposizione genetica a sviluppare sensibilizzazioni verso un allergene e produrre quindi anticorpi IgE specifici per sostanze ubiquitarie. In conseguenza di ciò, determinati individui possono sviluppare tipici sintomi come asma, rinocongiuntivite o dermatite. I termini atopico e atopia devono essere usati solo per descrivere la predisposizione genetica a sviluppare la sensibilizzazione di tipo IgE verso antigeni comunemente presenti nell’ambiente e verso i quali la maggior parte degli individui non sviluppa tale risposta. In questo senso, l’atopia definisce l’individuo con pronunciata risposta IgE.

4.2 Diagnostica allergologica

Una reazione allergica è il risultato della ipersensibilità del sistema immunitario a un allergene. Generalmente, perché una allergia possa essere definita veramente tale, devono essere presenti due condizioni: caratteristiche cliniche (es. la comparsa di segni e sintomi specifici al contatto con quell’allergene) e sensibilizzazione (come dimostrato dalla presenza delle IgE specifiche per quell’allergene). La diagnostica allergologica si avvale di test in vivo di primo livello rappresentati dagli SPT e test in vitro di secondo livello che consistono nel dosaggio delle IgE specifiche verso un particolare allergene. I risultati di entrambi questi tests vanno interpretati nel contesto della storia clinica, dal momento che

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un risultato positivo è solo il riflesso di una sensibilizzazione e non necessariamente una vera e propria patologia allergica se non vi è presenza di sintomi. Per meglio caratterizzare il tipo di sensibilizzazione e intraprendere una terapia personalizzata, come l’ITS, la diagnostica allergologica molecolare diventa fondamentale.

4.2.1 Skin prick test (SPT)

Il prick test cutaneo è il test di primo livello nella diagnostica allergologica. Tale test individua il possibile legame tra un allergene e le sue IgE specifiche legate sulla membrana dei mastociti a livello cutaneo. Piccole quantità di allergeni vengono introdotte nella parte superficiale del derma. Se il soggetto è sensibilizzato tale allergene legandosi alla membrana del mastocita determina una sua de granulazione con conseguente rilascio di istamina ed altri mediatori, con comparsa di una lesione eritemato-pomfoide entro 15-20 minuti. Generalmente il test viene eseguito sulla superficie volare dell’avambraccio utilizzando delle lancette monouso con una angolazione di circa 45 gradi, in modo da esercitare una lieve puntura tesa a sollevare la cute e a permettere la penetrazione dell’allergene. Non è necessario premere eccessivamente e la cute non va fatta sanguinare. E’ fondamentale utilizzare un controllo positivo (istamina) ed un controllo negativo (soluzione fisiologica) in modo da poter interpretare e quantificare il risultato del test.

L’esecuzione dello SPT è indicato nel sospetto di allergie respiratorie, allergie alimentari, lattice, allergie al veleno di imenotteri e allergie a farmaci. Per aumentare la sensibilità del test in alcuni casi quali per esempio allergia a farmaci e al veleno di imenotteri si utilizza la metodica delle intradermoreazione (IDT).

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• Nei pazienti con una storia di recente anafilassi per il pericolo di una reazione allergica severa.

• Nei soggetti con una reazione allergica recente (<3 settimane) poiché i risultati potrebbero essere falsamente negativi.

• In pazienti con significative co-morbilità come malattie cardiovascolari e/o aritmie in cui l’uso di beta-bloccanti potrebbero interferire in un eventuale trattamento dell’anafilassi con adrenalina.

• In pazienti con dermografismo che potrebbe causare false positività.

• In soggetti con affezioni cutanee (es. dermatite atopica diffusa) od altre lesioni cutanee.

• In pazienti in terapia con farmaci antistaminici o cortisonici o immunosppressori che non possono essere interrotti.

I farmaci che possono interferire con l’esecuzione e interpretazione degli SPT comprendono:

• Antistaminici (H1-blockers) – diminuiscono la reattività della pelle e devono essere sospesi almeno 72 h prima dello SPT.

• Corticosteroidi topici: devono essere sospesi nell’area dove si effettuerà l’SPT almeno due o tre settimane prima dell’esame.

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• Altri farmaci come antidepressivi triciclici, fenotiazine, benzodiazepine, quetiapina e mirtazapina possono anche ridurre la reattività della cute. L’SPT può essere richiesto solo se questi farmaci possono essere temporaneamente discontinuati.

• I farmaci anti-H2 (e.g. ranitidina) agiscono prevalentemente sulla mucosa gastrica e non sulla cute, ma sono stati inclusi in passato fra i principi attivi che devono essere evitati prima di uno SPT; recenti studi hanno tuttavia dimostrato che l’eventuale interferenza con il risultato del test è minima.

Gli SPT sono altamente sensibili (85-87%), con conseguente alto valore predittivo negativo rispetto al dosaggio delle IgE specifiche circolanti, e presentano una discreta specificità (79-86%). Gli SPT, pur rappresentando un’insostituibile strumento diagnostico in grado di riprodurre in vivo una reazione IgE mediata, non sono in grado di fornire una stima quantitativa delle IgE, non tutti gli allergeni sono disponibili per l’SPT e non sono di facile esecuzione nella popolazione pediatrica. I risultati degli SPT possono variare non solo in funzione del tipo di estratto allergenico impiegato, ma anche del tipo di lancetta, dell’abilità e della precisione dell’operatore.

4.2.2 In vitro laboratory test

Il dosaggio sierico delle IgE specifiche per un determinato allergene viene utilizzato per determinare la presenza di anticorpi IgE allergene-specifici circolanti. La determinazione della concentrazione delle IgE totali, in quanto metodo semplice e automatizzato, è parte integrante del processo di screening per soggetti con atopia. Successivamente segue la procedura per l'identificazione degli

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allergeni che scatenano reazione allergica, mediante determinazione di IgE specifiche (sIgE) contro possibili allergeni causali. La misurazione delle sIgE veniva eseguita utilizzando il radioallergosorbent test (RAST). Il test RAST è un test radioimmunologico per individuare anticorpi di tipo IgE specifici per allergeni noti o sospetti. L'esecuzione del test prevede che l'allergene sia prima legato ad un substrato insolubile a cui viene aggiunto il siero del paziente. Se il siero contiene anticorpi IgE specifici, questi anticorpi si legano all'allergene formando un complesso IgE-allergene. Viene poi aggiunto un anticorpo anti-IgE radiomarcato che legandosi al complessi IgE-allergene permette di sviluppare la reazione. La quantità di radioattività viene quantificata e risulta proporzionale al contenuto nel siero di IgE specifiche per quel determinato allergene (FIG1)

FIG.1 Radioallergosorbent test (RAST).

La versione più recente del test, l'IgE specifico Immuno CAP, è l'unico dosaggio di IgE specifiche che abbia ricevuto l'approvazione della FDA americana nello stabilire il limite di rivelazione di 0.1kU/L. La nuova versione del test, con metodica fluoroenzimatica anziché radio-immunologica, garantisce inoltre una

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migliore sicurezza degli operatori e riduce significativamente l'impatto ambientale per lo smaltimento dei reattivi usati.

Indicazioni per allergen-specific IgE tests sierici:

• Impossibilità di eseguire lo SPT (e.s. in pazienti con dermatite diffusa o dermografismo).

• Quando il paziente non può discontinuare farmaci come antiistaminici (dal momento che invece ciò non influisce sul test sierico).

• Quando non e’ disponibile l’estratto allergenico

• Quando il riscontro anamnestico suggerisce fortemente un’allergia a uno specifico allergene risultato precedentemente negativo al prick test.

• Quando l’esecuzione dello SPT puo’ causare una reazione anafilattica in soggetto con precedente shock anafilattico.

Sia gli SPT che i test IgE specifici sierici sono caratterizzati da alta sensibilità e bassa specificità. Sebbene i tests IgE specifici sierici siano meno sensibili degli SPT, i falsi positivi sono meno comuni e per tanto il valore predittivo positivo è migliore. I risultati delle IgE specifiche in vitro per estratti variano in base all’estratto impiegato, alla metodica impiegata (CAP, Immulite, CARLA ecc.) e non sono pertanto comparabili tra di loro. A queste variabili, che possono essere definite esame dipendenti, si devono aggiungere quelle legate alla sintomatologia clinica, all’età del paziente, al momento in cui sono eseguiti gli accertamenti (esordio della malattia o follow-up), alla prevalenza dell’allergia nella popolazione studiata. Il limite insuperabile consiste nell’impossibilità di stabilire, in un paziente che mostra una polisensibilizzazione agli SPT o alle IgE specifiche in vitro, se la

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polisensibilizzazione sia dovuta a co-sensibilizzazione (sensibilizzazione a molecole distinte e uniche di diverse fonti allergeniche) o a un meccanismo di co- riconoscimento (sensibilizzazione a diverse fonti allergeniche contenenti molecole omologhe) (47).

Si possono ottenere risultati falsamente positivi o negativi in presenza di alti livelli di IgE totali (> 2000 UI/l), basso livello di IgE specifiche in rapporto alle IgE totali, produzione locale di IgE specifiche e loro assenza in circolo, scarsa presenza dell’allergene nell’estratto (48).

L’identificazione e la purificazione degli allergeni è essenziale per condurre studi strutturali ed immunologici atti a comprendere in qual modo queste molecole possano indurre la produzione di IgE specifiche. Gli sviluppi nelle tecniche di biologia molecolare hanno condotto alla produzione di allergeni ricombinanti con caratteristiche costanti, che consentono la determinazione di IgE specifiche dirette contro varie fonti allergeniche, come ad esempio pollini, acari, ecc. La presenza di allergeni simili in fonti allergeniche diverse è alla base del meccanismo della cross reattività. La diagnostica molecolare permette di interpretare al meglio alcuni casi di polisensibilizzazione, osservati in precedenza con i test cutanei e i test in vitro eseguiti con estratti allergenici.

4.2.3 Component resolved diagnosis (CRD)

Negli ultimi anni, grazie alla tecnologia degli allergeni ricombinanti, derivata dagli studi di biologia molecolare applicati alla patologia allergica, risulta possibile l’analisi della reattività IgE alle singole componenti molecolari di un estratto allergenico. Questo permette di definire la Component Resolved Diagnosis (CRD), in altre parole di identificare il profilo di reattività di un soggetto sensibilizzato per

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le singole componenti allergeniche, aumentandone la specificità. Gli allergeni molecolari si possono classificare a seconda se identificano la reattività allergologica respiratoria o quella alimentare. Risulta, inoltre, di fondamentale importanza identificare quegli allergeni molecolari la cui reattività immunoallergenica è in grado di collegare i due quadri clinici dei sintomi respiratori e dei sintomi di origine alimentare. Le molecole meglio caratterizzate in questi ultimi anni, anche sotto il profilo diagnostico, sono quelle di origine vegetale appartenenti alla famiglia delle “Pathogenesis-related proteins” (PR-10), proteine del sistema di difesa dei vegetali. Delle PR-10 fa parte il Bet v 1 allergene maggiore del polline della betulla responsabile di reazioni allergiche sia respiratorie che alimentari, con sintomatologia però limitata al cavo orale (sindrome orale allergica - SOA). Un altro gruppo di allergeni molecolari ormai ben caratterizzato è quello della famiglia delle profiline di cui fa parte il Bet v 2 (profilina della betulla), allergeni termolabili che non sono associati a reazioni allergiche severe ma a lievi sintomi quali SOA. Le differenti immunorattività possono predire una risposta positiva o meno alla ITS verso quel determinato allergene; un esempio è rappresentato dalla reattività IgE alle graminacee: soggetti Phl p 1 e Phl p 5 positivi con Phl p 7 (PR-10 delle graminacee e crossreattivo con il Bet v 1) e Phl p 12 (profilina delle graminacee e cross-reattiva con Bet v 2) negativi risponderebbero meglio alla ITS. Quindi, l’avvento dei primi vaccini ricombinanti con Phl p 5 induce la necessità di caratterizzare correttamente la risposta IgE per tale antigene molecolare. Lo studio molecolare degli acari maggiori della polvere domestica ha individuato tre molecole di interesse allergologico: Der p 1 (proteasi cisteinica), Der p 2 (enzima ad attività sconosciuta) e il Der p 10 (tropomiosina). Anche per gli acari, la definizione del profilo permette di pronosticare la risposta

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alla immunoterapia specifica: i soggetti con positività IgE per Der p 1 e Der p 2 rispondono meglio dei soggetti solo Der p 10 positivi. Il Der p 10 ha una forte cross-reattività con la tropomiosina dei crostacei (Pen a 1), in grado di provocare sintomatologia allergica alimentare.

La diagnostica molecolare allergologica, quindi, ci permette di identificare il profilo di sensibilizzazione dei soggetti allergici. Mediante l’applicazione di regole di reflex testing, è possibile gestire questo tipo di diagnostica in maniera efficace, eseguendo gli allergeni molecolari solo nei soggetti sensibilizzati e, quindi, contenendo i costi.

4.3 Associazione tra atopia e rinosinusite cronica con poliposi

nasale: revisione della letteratura

Diversi studi hanno cercato di chiarire la relazione tra allergia e CRS con e senza poliposi nasale. La revisione sistematica più solida che analizzava questa relazione è stata eseguita da Wilson et al. (49). Ventiquattro articoli sono stati inclusi nella sua revisione. Gli studi che non hanno differenziato lo stato di CRSwNP da CRSsNP sono stati esclusi. Sono stati identificati 18 studi che hanno analizzato l’associazione tra allergia e CRSwNP. Dieci dimostravano un'associazione positiva tra queste due entità, mentre sette non hanno confermato il dato. Uno studio ha mostrato risultati ambigui. Dopo la revisione di Wilson nel 2014, Li et al. ha pubblicato uno studio aggiuntivo che non ha dimostrato alcuna associazione tra allergia e severità della malattia nei pazienti con CRSwNP (50). Pertanto, quasi un egual numero di studi ha supportato o ha confutato un'associazione tra allergia e

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CRSwNP. Alla luce di questi risultati, l’International Consenso Statement on Allergy and Rhinology: Allergic Rhinitis ha concluso che il livello di evidenza che collega l’allergia a entrambi i sottotipi di CRS era di livello D (51). Per questo, considerato i rapporti costo-beneficio, la diagnosi e il trattamento della comorbidità allergologica nel paziente con CRS è proposta come “opzione”.

Parte della difficoltà nel definire il ruolo dell'allergia nella patogenesi del CRSwNP deriva dal fatto che le definizioni di allergia e CRS, oltre che la metodologia dei test allergologici, sono spesso non univoche, rendendo difficile il confronto dei dati. Molti studi sono spesso retrospettivi, con un limitato numero di pazienti e si focalizzano su un solo aspetto del ben più intricato quadro che caratterizza la CRS. Un altro limite da considerare è che, sebbene siano considerate entità cliniche e patologiche distinte, gli studi che esaminano la relazione tra allergia e CRS spesso includono pazienti con e senza poliposi nella stessa coorte. Inoltre, è noto che alcune varianti di CRSwNP sono più direttamente associate all'esposizione agli allergeni, ad esempio l’AFRS. Negli studi che esaminano la relazione tra allergia e CRSwNP, spesso non è chiarito se specifici endotipi (come l’ AFRS) sono inclusi o esclusi dalla coorte dei pazienti affetti da poliposi nasale, sbilanciando potenzialmente l'analisi in una direzione o nell'altra. La diagnosi accurata della sensibilizzazione agli allergeni è fondamentale per identificare i pazienti atopici. I metodi principali per determinare l'ipersensibilità alle IgE sono test cutanei (SPT) e test IgE specifici per allergeni sierici in vitro. Tra gli studi, la tecnica scelta è variabile e la metodologia spesso non è descritta. Ciò rappresenta un potenziale problema in quanto vi è una certa discordanza tra test cutanei e test IgE specifici nel siero. La raccomandazione è di utilizzare entrambe le modalità di prova a scopo di ricerca per prevenire diagnosi errate (52). Inoltre, ci sono evidenze che i

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test allergici quali SPT e dosaggio delle sIgE circolanti potrebbero non riflettere sempre la fisiopatologia nasale. In un sottoinsieme dei pazienti, tali tests possono risultare negativi anche se sono presenti IgE localmente prodotte nella cavità rinosinusale, una condizione che abbiamo già precedentemente definito come LAR o "entopy". Per illustrare questo concetto, Hamizan et al. (53) comparava la reattività allergica locale nasale con reattività sistemica in pazienti con rinite e descriveva la presenza di reattività locale nel 26,5% dei pazienti precedentemente considerati non allergici. In questi pazienti, è stata ottenuta la rilevazione di IgE specifiche per allergeni nasali locali tramite un test di provocazione allergenico nasale, un test eseguito raramente negli studi descritti in letteratura. A livello della mucosa dei pazienti con CRSwNP si rileva frequentemente aumento delle IgE, degranulazione dei mastociti, eosinofilia e un profilo di citochine caratteristiche delle cellule dell’ infiammazione type 2. Queste caratteristiche sono ugualmente presenti anche nella condizione di allergia. Data la sovrapposizione fisiopatologica tra queste due entità ci si aspetterebbe che la poliposi nasale fosse più prevalente nei pazienti con allergia e, viceversa, che l'allergia fosse più diffusa nei pazienti con poliposi nasale. Tuttavia, nessuno delle due associazioni è stata definitivamente dimostrata in letteratura. In effetti, la maggior parte dei pazienti atopici non sviluppa poliposi nasale. Uno studio, seppur datato , condotto da Caplin et al. (54) descrive che su 3000 pazienti atopici solo lo 0,5% presentava poliposi nasale. Con una prevalenza della poliposi nasale simile alla popolazione generale. Di contro, a sostegno di una maggiore prevalenza di allergie nei pazienti con CRSwNP, Munoz del Castillo et al. (55) riportano tassi aumentati di SPT positivi tra i pazienti con CRSwNP rispetto ai controlli. Tan et al. (56) descrive che la media dei pazienti positivi agli SPT era più alta in quelli affetti da CRSwNP che in quelli

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con CRSsNP o in pazienti con rinite allergica, ma questi risultati non hanno raggiunto valori statisticamente significativi. Altri studi non hanno dimostrato alcuna evidenza a favore di una relazione tra allergia e CRSwNP. Gorgulu et al. (57) mostra che la prevalenza di allergia era del 25% nei pazienti con CRSwNP rispetto al 28% dei controlli, e che l'allergia non era un fattore di rischio per lo sviluppo poliposi nasale. Erbeck et al. (58) dimostra che lo stato di allergia non influisce sulla gravità della malattia. Nel suo lavoro confronta pazienti allergici e non allergici con poliposi nasale e non ha trovato alcuna associazione tra la presenza di allergia (diagnosticata mediante SPT) e la dimensione dei polipi, l’ opacizzazione rilevata in TC, sintomi o ricorrenza di malattia. Si evince che i dati che dimostrano l’influenza dell’allergia sullo sviluppo e l‘andamento della CRSwNP sono contrastanti. Riguardo al tipo di sensibilizzazione, numerosi studi hanno dimostrato un aumenta prevalenza di sensibilizzazioni ad aeroallergeni perenni, piuttosto che stagionali nei pazienti CRS. Gutman et al. (30) ha mostrato un'associazione statisticamente significativa tra CRS e sensibilizzazioni ad aeroallergieni perenni, nello specifico muffe e acari della polvere domestica. Tuttavia, il suo studio non distingueva lo status di poliposi nasale. Tra i pazienti affetti da CRSwNP , Houser e Keen (59) descrivono che il 56,4% mostra sensibilità ad almeno un allergene perenne rispetto a circa il 5% nella popolazione generale. Tra pazienti con CRSsNP, Berrettini et al. (60) rileva un'associazione tra pazienti con rinite allergica perenne e CRSsNP, documentando segni TC di sinusite nel 68% dei pazienti allergici e solo nel 33% dei controlli. Nel complesso, questi studi suggeriscono che la CRSw/sNP potrebbe essere associata alla durata dell'esposizione agli allergeni e che questa può influire sulla progressione della malattia. Nello studio prospettico di Bruce K. et al (61), i pazienti con forme

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refrattarie di CRSwNP sono più frequentemente asmatici e polisensibilizzati ad allergeni sia perenni che stagionali. Una possibile spiegazione potrebbe risiedere nella disfunzione dell’effetto barriera della mucosa epiteliale: una epitelio “non funzionante” diventa più permissivo alla penetrazione di allergeni ambientali, sensibilizzando il sistema immunitario dell’ospite a multipli allergeni. La relazione temporale tra la polisensibilizzazione e lo sviluppo di CRS, tuttavia, non è chiaro. Una possibilità è che la risposta infiammatoria secondaria alla polisensibilizzazione porti allo sviluppo di CRS, ma è altresì plausibile che la disfunzione epiteliale secondaria alla CRS predisponga alla polisensibilizzazione. Dato che nel suo gruppo di pazienti la CRSwNP si sviluppa più frequentemente in assenza di atopia, Bruce K. conclude in favore della seconda ipotesi. Dal punto di vista strettamente terapeutico, sappiamo che esiste una forte raccomandazione per l'immunoterapia specifica (ITS) in pazienti con rinite

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