Concetto Marchesi costituente
Articolo 27 del progetto costituzionale Articolo
L’arte e la scienza sono libere e libero è il loro insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione; organizza le scuole in tutti i suoi gradi mediante istituti statali; riconosce ad enti e a privati la facoltà di formare scuole e istituti di educazione.
Le scuole che non chiedono la parificazione sono soggette soltanto alle norme per la tutela del diritto comune e della morale pubblica. La legge determina i diritti e gli obblighi del-
L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed isti- tuisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
le scuole che chiedono la parificazione e pre- scrive le norme per la loro vigilanza, in modo che sia rispettata la libertà e assicurata, a pa- rità di condizioni didattiche, parità di tratta- mento agli alunni.
Per un imparziale controllo e a garanzia del- la collettività è prescritto l’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio professionale e per l’ammissione ai veri ordini e gradi di scuole indicati dalla legge.
gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trat- tamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
È prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclu- sione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale. Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dal- le leggi dello Stato.
Articolo 28 del progetto costituzionale Articolo 34
La scuola è aperta al popolo.
L’insegnamento inferiore, impartito per al- meno otto anni, è obbligatorio e gratuito. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiugere i gradi più alti dell’istruzione.
La Repubblica assicura l’esercizio di questo diritto con borse di studio, assegni alle fami- glie e altre provvidenze da conferirsi per con- corso agli alunni di scuole statali e paritarie.
La scuola è aperta a tutti. L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbliga- toria e gratuita.
I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti de- gli studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di stu- dio, assegni alle famiglie ed al- tre provvidenze, che devono es- sere attribuite per concorso.
L’ultimo, gratificante impegno del costituente Marchesi fu, nelle due settimane antecedenti la votazione finale della Carta costituziona- le, quello di rivedere il testo sotto il profilo della pulizia linguistica e della coerenza sintattica e stilistica. In questa delicata operazione fu coadiuvato da due personalità della cultura non facenti parte dell’Assemblea: il filologo, giornalista e saggista Antonio Baldini e lo scrittore e critico letterario Pietro Pancrazi. Grazie a questo lavoro di rifinitura, la Costituzione della Repubblica italiana è stata ritenuta molto valida in termini di essenzialità, sobrietà ed eleganza di lin- guaggio.
La Carta costituzionale fu approvata il 22 dicembre 1947 con 458 voti favorevoli e 62 contrari. Promulgata il 27 dello stesso mese dal capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola, entrerà in vigore il 1° gennaio 1948.
7. Gli ultimi anni
Il 31 gennaio 1948, con l’approvazione degli Statuti di quattro delle cinque regioni a statuto speciale (quello del Friuli-Venezia Giulia sa- rebbe stato emanato solo nel 1963), si concludevano i lavori dell’Assemblea costituente. Dopo un anno e mezzo di responsabile impegno, anche Marchesi lasciava la capitale.
Non rientra nelle finalità della presente ricerca prendere in esame dettagliatamente l’attività da lui svolta successivamente all’esperienza costituzionale. Bastino solo alcuni rapidi cenni.
In occasione delle elezioni politiche della prima legislatura repub- blicana dell’aprile 1948 fu eletto deputato nella circoscrizione di Ve- nezia e riconfermato nelle votazioni del 1953. Dal 1948 alla morte fu vicepresidente della Commissione Istruzione e belle arti di Montecito- rio, settori dei quali si era occupato con particolare attenzione in sede di Assemblea costituente. Anche in questa nuova veste si impegnerà col massimo scrupolo sia per la salvaguardia dei tesori artistici nazio- nali sia per favorire il miglioramento del comparto educativo, uscito in condizioni deplorevoli dal conflitto bellico.
L’impegno di parlamentare non gli impedì tuttavia di proseguire alacremente la sua attività di studioso e di produrre numerosi saggi, ora orientati principalmente sulla letteratura latina cristiana, con parti-
colare attenzione a S. Agostino. Dal 1950 al 1955 portò a compimento la traduzione e il commento dell’Eneide, rivisitando ed ampliando il precedente lavoro del maestro e suocero Remigio Sabbadini. Si ci- mentò anche in scritti di carattere letterario, tra cui Il libro di Tersite (Milano, Mondadori, 1950), pervaso da una diffusa malinconia e dove domina, vigile e doloroso, il senso della morte, e Il cane di terracotta (Cappelli, 1954), in cui denunciava una classe dirigente formata da malversatori senza scrupoli.
Altro tema sempre al centro dei suoi interessi fu quello educativo. Su periodici, in convegni culturali, incontri di partito o sindacali con- tinuò al occuparsi d’istruzione. Pur dichiarandosi fautore di una scuola democratica, rimaneva ancorato ad una concezione idealistica, convin- to che l’autentica cultura fosse quella umanistica, raggiungibile attra- verso un lungo e severo corso di studi classici. Si trattava di una scuo- la formativa e deprofessionalizzante, nelle quali le discipline morali e storiche avrebbero dovuto avere il sopravvento sulle scienze tecniche ed applicate. Marchesi si rifaceva ad Antonio Gramsci, di cui Togliatti aveva fatto pubblicare con un gran battage pubblicitario i Quaderni
dal carcere (Einaudi, 1948-51), che aveva condannato ogni forma di
specializzazione precoce e auspicato la creazione di una scuola media unica basata sullo studio del latino, “ginnastica mentale” indispensabi- le anche per i figli delle classi operaie e contadine. Egli si opponeva pure alla concezione operaistica di alcune frange del PCI, che ritene- vano un cedimento alle lusinghe borghesi la possibilità di accedere ai più alti gradi dell’istruzione per i figli delle classi popolari.
Su posizioni contrapposte era invece un altro teorico del partito, il filosofo Antonio Banfi che – richiamandosi anch’egli al pensiero gramsciano – riteneva necessario superare la distinzione gentiliana tra scuola formativa e utilitaria. Tecnica e umanesimo non erano da con- siderarsi antitetici ma complementari, essendo la prima il metodo con il quale l’uomo doveva creare il suo ambiente di vita, da cui non pote- va essere escluso il momento umanistico, che avrebbe trovato nella realtà quotidiana la sua giustificazione. La nuova scuola, “officina de- gli insegnanti e del popolo tutto”, doveva necessariamente assumere carattere politecnico e favorire l’insegnamento scientifico.
Il pregiudizio marchesiano, fondato sulla convinzione che solo un numero limitato di persone sarebbe potuto pervenire ai gradi più alti dell’istruzione, era la conseguenza del grande influsso che l’ideologia gentiliana aveva esercitato anche su personalità con posizioni politi-
camente contrapposte rispetto al pensiero del filosofo neoidealista, cui Marchesi riconobbe il merito di ”aver fatto opera salvifica di selezio- ne”. Né pareva si fosse mai posto il problema se il latino potesse costi- tuire un ostacolo per gli studenti appartenenti a famiglie di modesta condizione economica. Il suo amore per la cultura classica probabil- mente gli impediva di rendersi conto che, nell’Italia del dopoguerra, per i ragazzi di bassa estrazione sociale non erano sufficienti spiccate attitudini o aiuti alle famiglie per garantire un regolare prosieguo degli studi. Della sua difesa ad oltranza della scuola media elitaria si sareb- be infine rammaricato in un articolo pubblicato sulla “Riforma della scuola”, il prestigioso periodico fondato dal PCI nel 1955 e diretto da Lucio Lombardo Radice:
Durante il quinto Congresso comunista ... mi si imputò di voler imporre una cul- tura a ragazzi e bimbette di dodici anni. In realtà non ho mai gravato la mia anima di così nero peccato. Allora intendevo soltanto proporre la grammatica di una lingua morta quale strumento più adatto di qualsiasi lingua viva alla formazione mentale dell’alunno. L’esperienza di non pochi anni ci dice che questo è un pronostico falli- to; che lo studio del latino è un inutile tormento e perciò un insensato perditempo. M’inchino all’evidenza e recito il mio atto di contrizione.
La sua improvvisa scomparsa, il 12 febbraio 1957, lasciò sgomento il mondo accademico, culturale e politico. In Senato fu commemorato da Umberto Terracini e dall’ex demolaburista Enrico Molè. Commo- venti le parole di Togliatti che, nell’aula di Montecitorio, sottolineava la straordinaria abilità oratoria del compagno di partito, che era in gra- do di dare “alle parole una potenza nuova, ... dura, spietata perfino.... Abbiamo perduto l’amico e il Maestro di tanti tra di noi, di tanta parte di noi stessi, di tanti giovani, di tanti cittadini italiani. ... A lungo viva nel mondo questa memoria, nelle nostre scuole, nel movimento delle classi lavoratrici, nella mente degli studiosi, nella memoria del nostro Paese”. Anche Norberto Bobbio, suo estimatore e collega a Padova dal 1940 al 1948, affermerà: “Non era soltanto uno studioso, uno dei maggiori del suo tempo: era un uomo che aveva una visione tragica, ma non disperata della vita. Egli stesso si descriveva come uno che aveva l’animo dell’oppresso, ma non la rassegnazione”. A suo avviso l’appello di Marchesi agli studenti dell’ateneo patavino del 1° dicem- bre 1943 era da considerarsi tra i momenti più fulgidi e importanti del- la Resistenza.
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SPES – Rivista della Società di Politica, Educazione e Storia, Suppl. di “Ricerche Pedagogiche”
ISSN 1971-5706 (print) – ISSN 2611-2213 (online) Anno XI, n. 7, Gennaio – Giugno 2018, pp. 93-102