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Le deleghe contenute nella legge del 2005, n.246: profili problematici

La disciplina appena descritta presenta notevoli profili critici che hanno portato a dubitare sull’effettiva realizzazione di tale meccanismo. Il congegno ideato si presenta giuridicamente difettoso, e tra le critiche di maggiore peso che la dottrina ha rivolto al meccanismo della semplificazione normativa si colloca senza dubbio quella riferita alla possibile violazione, sotto più profili, della disciplina costituzionale sulla delegazione legislativa contenuta all’articolo 76 della Costituzione. Si tratta di una critica che ha sollecitato non poche perplessità – tanto da qualificarla come “una delega dai contorni assai poco definiti”49 – perché conferisce al Governo poteri enormi nella ricognizione

delle leggi da salvare senza una minima delimitazione di oggetto, materia, ambito, e senza risolvere concretamente le cause del disordine legislativo, il quale si riproduce inevitabilmente a ogni intervento legislativo che il Parlamento pone in essere. È chiaro che l’opera di riordino e di abrogazione delle leggi rischia di rimanere un’opera incessantemente incompiuta.

La prima questione sulla quale è necessario indagare è la definizione del rapporto fra le diverse deleghe legislative50 contemplate all’interno della legge. Una sorta di

reticolo la cui struttura di relazione interna non è di facile decifrazione. Si è posto anzitutto il problema di ricostruire il rapporto tra le due operazioni affidate al Governo: a) l’individuazione delle disposizioni legislative anteriori al 1° gennaio 1970 da salvare dall’abrogazione generalizzata; b) il riassetto normativo per materie, nonché l’armonizzazione delle disposizione mantenute in vigore. Le due deleghe in questione sono distinte e autonome – per quanto logicamente collegate tra loro – oppure se delineano un’unica delega, e cioè una sorta di configurazione unitaria, sebbene bifunzionale, in quanto rivolta a far sì che il Governo provveda a individuare la normativa da mantenere in vigore sottraendola all’effetto della ghigliottina e contestualmente a operare un riordino della legislazione? L’archetipo apparentemente lineare rivela forti ambiguità circa le concrete finalità che il Parlamento ha inteso perseguire con la delega concessa al Governo.

49 B. Caravita, Attuazione del procedimento “taglia-leggi”, in Osservatorio sulle fonti, 2008, p.3. 50 Le diverse deleghe legislative sono contenute all’interno dell’art. 14 della legge del 2005, n. 246. Si tratta: a) delega salvifica delle disposizioni indispensabili; b) delega al riassetto della disciplina legislativa salvata; c) delega correttiva.

L’articolo 14 contempla al suo interno due obiettivi profondamente imbricati tra loro che, al contrario, sarebbe stato opportuno tenere rigorosamente distinti: quello di una semplificazione puramente quantitativa dello stock della legislazione vigente pubblicata prima del 1970, e quello di una semplificazione di tipo sostanziale da realizzare attraverso il riordino e riassetto di tutta la legislazione. È stato correttamente osservato che il perseguimento del secondo obiettivo, e cioè il riassetto, avrebbe potuto comportare la produzione di effetti di novazione, ossia la trasformazione della legislazione preesistente in nuovo diritto legislativo di matrice governativa. In altre parole, ci si sarebbe potuti trovare dinanzi ad atti normativi riproduttivi della legislazione vigente fino al 1969 in grado di prevalere sulle disposizioni legislative nel frattempo entrate in vigore, e quindi dinanzi a un delicatissimo problema della successione delle leggi nel tempo.

Ancor più fitte sono le nubi che si addensano sull’altra delega legislativa prevista all’interno dell’articolo 14 della legge del 2005, n. 246. Si tratta di una delega cosiddetta integrativa e correttiva mediante la quale il Governo può indicare ulteriori disposti normativi da mantenere in vigore, sempre nel pieno rispetto degli stessi principi e criteri direttivi contemplati per la delega principale. Al riguardo occorre domandarsi come ciò sia possibile. Come è possibile infatti che i medesimi principi possano autorizzare il Governo a riesumare disposti normativi in prima battuta ritenuti obsoleti, e quindi soggetti all’abrogazione, ma anche ad effettuare interventi finalizzati all’eliminazione di disposizioni a suo tempo salavate ma non più ritenute meritevoli di mantenimento? Come si riesce a concepire un modello unico per orientare percorsi così divaricati, anzi contrapposti?

Il marchingegno ideato desta notevoli perplessità che inducono ad affermare la totale inconsistenza dei principi e criteri fissati dal Legislatore delegato, perché “buoni a ogni uso”. Il ripristino di efficacia delle disposizioni legislative contenute in leggi anteriori al 1970 – prima in vigore, poi abrogate e infine richiamate in vita – rischia di vanificare la stabilità dell’ordinamento e della certezza del diritto che il meccanismo taglia-leggi si propone di tutelare. La delega correttiva-integrativa finisce per attribuire al Legislatore delegato un quid pluris assolutamente sconosciuto, generando delicati problemi in tema di certezza del diritto e di diritto intertemporale. Volendo stilare un primo bilancio di questa vicenda è interessante notare che per molti, specie in un primo momento, il meccanismo appare come una mera operazione di immagine utile, al più, come “lavacoscienze” per i politici e per gli stessi tecnici che in materia di qualità della

Il Legislatore è stato tacciato di superficialità e faciloneria, oltre che di presunzione, per aver pensato di risolvere in un colpo solo un nodo così intricato, operando una serie di forzature della disciplina della delega legislativa prevista all’articolo 76 della Costituzione. Il meccanismo taglia-leggi si prospetta più come un manifesto politico-programmatico che una reale misura in grado di produrre risultati significativi in termini di riduzione dello stock normativo”51. “Complicare è più facile che

semplificare”, soprattutto in un settore per sua natura assai farraginoso come la produzione normativa in Italia.