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Le cattedre di insegnamento della tecnica legislativa:

1. Le tecniche di redazione dei testi normativi

1.1 Le cattedre di insegnamento della tecnica legislativa:

L’interesse verso le questioni che riguardano la corretta redazione degli atti normativi si affaccia per la prima volta solo alla fine degli anni Settanta. In passato, i soggetti istituzionali preposti alla produzione normativa non tenevano conto di sviluppare tecniche di progettazione della legge, perché considerate inopportune come ogni altro vincolo o legaccio teso a imbrogliare il libero esercizio della volontà legislativa. Ad eccezione del primo dibattito pubblico intercorso negli ambienti accademici italiani nel 1960 che coinvolse eminenti giuristi dell’epoca sull’opportunità di dare vita a una “scienza della legislazione”, ossia “una branca di studi genericamente necessaria a qualsivoglia razionale sviluppo legislativo particolarmente utile come rimedio al fenomeno di iperproduzione e di caoticità legislativa”113, che avesse come obiettivo la

preparazione del giurista sia sul piano dell’interpretazione e applicazione della legge sia sul piano dell’apprendimento delle tecniche di redazione legislativa. La letteratura giuridica italiana, “affetta da un accademismo baroccheggiante e decadentismo che la porta a consumare gran parte delle sue energie in inutili pseudo-costruzioni ed in sterili arzigogoli classificatori”, reclamava quindi l’esigenza – in sede strettamente legislativa – di affiancare al politico un’attività di assistenza tecnica.

La proposta di formare personale in grado di fornire un valido aiuto al Legislatore, e quindi istituire cattedre per impartire lezioni di tecnica normativa dedicate allo studio delle conoscenze utili per giungere alla realizzazione di un adeguato livello qualitativo del prodotto legislativo finale, fu fortemente criticata. “Cercare degli studiosi di scienza della legislazione che possano, con eguale competenza, effettuare per ogni settore lo studio degli effetti pratici delle norme legislative vigenti e di quelle ipoteticamente formulabili” è pura illusione perché “la loro cultura dovrebbe essere enciclopedica, e perciò superficiale”114. È opinione alquanto condivisa che oggi il

mestiere del draftsman non possa più configurarsi solo come esperto di diritto, ma che debba piuttosto inserirsi in un team di drafters chiamati a dare lo specifico apporto della sua particolare preparazione.

113 M. Longo, Per la fondazione di una scienza della legislazione, in Il diritto dell’economia, 1960, p. 585.

114 R. Lucifredi, Miglioramento delle tecnica legislativa ed illusorietà di una scienza della

Al riguardo appare opportuno – senza però entrare nel merito della polemica che ha portato gran parte dei giuristi coinvolti del dibattito a ritenere inopportuna la fondazione di una scienza della legislazione – chiarire la ragione principale che ha condotto all’assunzione di una posizione refrattaria verso la proposta di fondare una nuova branca del diritto. La creazione di una apposita scienza avrebbe potuto impedire al Legislatore di comportarsi da tecnico del diritto. Le possibili cause dell’ipertrofia legislativa non dovevano rintracciarsi nella sua incapacità a svolgere il proprio ruolo, bensì nel mal funzionamento del congegno legislativo in sé considerato.

La critica però è ampiamente superabile. L’espressione “scienza della legislazione” deve intendersi come quel complesso di conoscenze tecniche aventi lo scopo di sorreggere il Legislatore nella progettazione normativa capaci di valicare, a seconda dei campi toccati dal progetto di legge oggetto di analisi, l’ambito strettamente giuridico per abbracciare tutto lo scibile necessario. La posizione del giurista, secondo tale riflessione, rileverebbe solamente nel momento finale di costruzione del disegno di legge, e cioè nel momento di indicazione della formula giuridica più idonea a far sì che tutti gli obiettivi avuti di mira sul piano pratico vengano conseguiti per permettere al diritto, per lungo tempo “sacrificato all’ombra pesante del potere politico”115, di

riappropriarsi della sua efficacia e della sua credibilità.

È noto come la tecnica consenta ai drafters di partorire una regola dalla sintassi chiara, applicare correttamente regole grammaticali, ridurre il rischio di contraddizioni logiche per agevolare l’ermeneutica, l’omogeneità e l’uniforme applicazione. Ma per poter parlare di tecnica della legislazione è necessario che si parli anche – e in un momento antecedente rispetto a essa – di scienza della legislazione. La scienza è un quid pluris rispetto alla tecnica perché è in grado di esporre le ragioni che stanno alla base dell’uso del linguaggio, dello stile di redazione e della progettazione delle norme. Le tecniche legislative rappresentano quindi “il metodo scientifico indispensabile per trasformare la teoria scientifica in pratica”116. Se questo è vero, allora colui che si trova a

costruire un progetto di legge dovrà per forza di cose avvalersi dell’affiancamento garantitogli da persone esperte e in possesso di apposite conoscenze per l’applicazione del metodo scientifico richiesto.

L’approccio appena descritto è in grado di superare le resistenze di chi ancora non riconosce il ruolo della scienza legislativa come quella branca del diritto capace di orientare la scelta e l’applicazione delle regole da seguire per la buona scrittura delle norme. L’abbandono di tale indirizzo, e la successiva affermazione dell’espressione “tecnica” normativa al posto di “scienza”, ha provocato un notevole ridimensionamento del ruolo e degli studi sulle tecniche normative.

L’attenzione attualmente è rivolta al produrre leggi, e non al come redigerle bene. La questione coinvolge anche i vari funzionari presenti in Parlamento, i quali rimangono quasi sempre ai loro posti. Si tratta di presenze talvolta “storiche” che – nell’angosciosa ricerca di denaro – distruggono anche quelle poche qualità su cui si era basato il successo iniziale delle tecniche del drafting.

Le buone intenzioni in campo di tecnica legislativa tuttavia non mancano. Si tratterà di vedere in seguito se e come alle parole seguiranno i fatti, e se la diffusa “normomania” sarà davvero bloccata o almeno controllata dall’ applicazione di questi “sani” principi. Il raggiungimento di un tale obiettivo è possibile solo attraverso un’accurata formazione di consulenti legislativi che, in possesso delle necessarie cognizioni specialistiche, sono in grado di affrontare i problemi relativi alla scrittura dei testi normativi.