esteriore, come tra ‘uomo’ dipinto e ‘uomo’ reale; il secondo, in accordo a una proportio (nel
senso del greco ajnalogiva), così come ‘principio’ si dice per l’unità rispetto al numero, e per il
punto rispetto alla linea; il terzo riguarda ciò che «ab uno descendit», come ‘medicinale’ si
dice uno strumento o un farmaco; il quarto infine, con riferimento a un medesimo («ad
unum»), così come si dice ‘salutare’ il nutrimento o una passeggiata. Il terzo e il quarto caso
sono particolarmente interessanti, in quanto in essi si differenziano, in modo non del tutto
perspicuo, una omonimia ‘a partire dalla causa’ (ajf’ eJnov") da una ‘in vista di un fine’ (pro;"
e{n tevlo")
270. Boezio aggiunge a questi tuttavia un quinto tipo, che Aristotele non ha trattato,
ad picturam nomen hominis dictum est». E cfr. ID., In Top. Cic., IV, 1108A:
«Transla cfr. ID.,
pigmentum, ab una enim medicina aequivocatio ista descendit. Alia quae ad unum referuntur, ut si quis dicat salutaris vectatio est, salutaris esca est, haec scilicet idcirco sunt aequivoca, quod ad salutis unum vocabulum referuntur. Cur autem prius de aequivocis post de univocis tractat? Idcirco quod ipsa decem praedicamenta cum definitionibus diversa sint, uno praedicationis vocabulo nuncupantur; cuncta enim praedicamenta dicimus, ipsa vero praedicamenta quoniam rerum genera sunt, de subiectis rebus univoce praedicantur. Omne enim genus de speciebus propriis univoce dicitur, quare rectius primo de omnibus praedicamentorum communi vocabulo tractat, quasi dehinc quemadmodum singula de speciebus propriis praedicarentur, exprimeret. At si (ut dictum est) non de rebus sed de nominibus libri huius intentio est, cur de aequivocis et non de aequivocatione tractavit? Aequivocae namque res sunt, aequivocatio vero vocabulum. Idcirco, quoniam ipsum nomen nihil in se retinet aequivocationis, nisi diversae sint res de quibus illud vocabulum praedicetur. Quare inde substantiam ipsa aequivocatio trahit, de ipsis dignius inchoatum est. Videtur autem alius esse modus aequivocationis quem Aristoteles omnino non recipit. Nam sicut dicitur pes hominis, ita quoque dicitur pes navis, et pes montis, quae huiusmodi omnia secundum translationem dicuntur. Translatio vero nullius proprietatis est. Quare secundum translationem aequivoca nunquam sunt, nisi propriis et immutabilibus subiectae res vocabulis appellentur. Est autem talis eorum uniuersalis inspectio. Neque enim omnis translatio ab aequivocatione seiungitur sed ea tantum cum ad res habentes positum vocabulum, ab alia iam nominata re nomen ornatus causa transfertur, ut quia iam dicitur quidam auriga, dicitur etiam gubernator, si quis ornatus gratia cum qui gubernator est dicat aurigam, non erit auriga nomen aequivocum, licet diversa, id est, moderatorem currus navisque significet. Sed quoties res quidem vocabulo eget, ab alia vero re quae vocabulum sumit, tunc ista translatio aequivocationis retinet proprietatem, ut ex homine vivo
tiones a proprietate discendunt et quadam similitudine subiecta signant». Nel De divisione, Boezio chiama duplex o multiplex un termine equivoco, e ambigua o amphibola l’oratio che significa più cose diverse:
De divisione liber, PL 64, 889D-890A, ed. J. Magee, in Anicii Manlii Severini Boethii De divisione liber. Critical Edition, Translation, Prolegomena, & Commentary by J. Magee, Leiden – Boston – Köln 1998 (Philosophia Antiqua, 77), p. 44,23-27. L’anfibolia, genericamente intesa come anbiguità discorsiva che può dar luogo a errori di interpretazione in retorica e a fallacie in logica, è trattata in connessione con l’omonimia (intesa come tipo particolare di anfibolia) in una lunga tradizione che comprende Galeno, Cicerone, Quintiliano, Marziano Capella, Cassiodoro.
269 PORFIRIO, In Cat., ed. Busse, pp. 65,12-67,33; ed. Bodéüs, pp. 128-139. E cfr. C.EVANGELIOU,
Aristotle’s Categories and Porphyry, Leiden – New York – Københaven – Köln (Philosophia antiqua, 48), 1988.
270 La fonte originale delle considerazioni di sinonimia e omonimia è ovviamente ARISTOTELE, Cat., I,
1a 1-12, transl. Boethii, ed. L. Minio-Paluello, Bruges – Paris 1961 (AL, I/1-5), p. 5,3-14: omonime sono le cose che condividono il nome, ma la cui definizione è diversa; l’omonimia logico-linguistica è dunque il riflesso secondario della diversità di natura delle cose nominate (come si è visto sottolineato anche da Boezio, per il quale equivoche sono le res, mentre l’aequivocatio concerne i vocaboli). Nell’Etica Nicomachea, Aristotele distingue tre (o forse quattro) tipi di equivocità: una ‘casuale’ (ajpo; tuvch"), una pro;" e{n e ajf’ eJnov" (tra cui non sembra fare differenza), e una kat’ ajnalogivan, ovvero proporzionale, sul modello dell’eguaglianza dei rapporti matematici; afferma inoltre che il bene non è un sinonimo, esclude che sia un equivoco ajpo; tuvch", e si domanda a quale classe di omonimi appartenga, rinviando la discussione a un’altra parte della filosofia (la metafisica): cfr. ARISTOTELE, Eth. Nic., I, 4, 1096b 26-28; ibid., V, 3, 1131a 31ss.; tuttavia in seguito indica nel bene il fine in
vista di cui si compiono le azioni: cfr. ibid., I, 5, 1097a 18ss. La possibilità di una equivocità deliberata è poi implicita in ID., Top. VI, 10, 148a 23 – b 23, transl. Boethii, ed. L. Minio-Paluello, Bruxelles – Paris 1969 (AL,
V/1-3), pp. 136,12-137,16. Tuttavia non tutti i pollacw'" legovmena sono oJmwvnuma: è il caso ad esempio della
‘scienza’, qualora si riferisca a più cose diverse: cfr. ID., Top., II, 3, 110b 16ss., transl. Boethii, p. 35,6ss. Ma
vanno riconosciuti anche, internamente all’omonimia, dei gradi di diversificazione: in particolare, è noto come l’essere non si dica per mera equivocità, bensì per una omonimia pro;" e{n, che fa cioè riferimento a un’unica realtà e a un significato primario, l’ou;siva: cfr. ID., Metaph., IV, 2, 1003a 33 – b 10; in quest’ultimo passo, in
particolare, Aristotele considera l’omonimia pro;" e{n nel senso del riferimento a un unico principio (pro;" mivan ajrchvn), senza distinguere tra causa e fine, e lo esemplifica con gli usi di ‘sano’ e ‘medico’, che sono invece diversificati in Porfirio e Boezio. Alessandro considera i casi di pro;" e{n e ajf’eJnov" come entrambi intermediari tra equivoci e univoci: cfr. ALESSANDRO DI AFRODISIA, In Metaph., ed. Hayduck, p. 241,3-8. Alcuni studiosi
hanno apparentato l’aristotelica equivocità pro;" e{n alla paronimia: cfr. E.BERTI, L’unità del sapere in Aristotele,
Padova 1965; J.OWENS, The Doctrine of Being in the Aristotelian Metaphysics, Toronto 1951. In particolare Christopher Shields l’ha definita «core-dependent homonymy», espressione poi ripresa da Julie Ward: cfr. rispettivamente C.SHIELDS, Order in Multiplicity. Homonymy in the Philosophy of Aristotle, Oxford 1999, p. 37;
J.K.WARD, Aristotle on Homonymy: Dialectic and Science, Cambridge 2008, pp. 77ss. Si tenga presente che la
nozione opposta, ‘sinonimia’, non riguarda tanto il fenomeno linguistico per cui si denota una medesima realtà con due nomi differenti, bensì concerne quelle realtà che sono suscettibili di un ‘nome comune’, che cioè sono congeneri, così come sinonimi, in quanto entrambi ‘animali’, sono l’uomo e il bue: cfr. BOEZIO, In Cat., I,
167BD. Mentre dunque la sinonimia scandisce l’appartenenza a una medesima colonna categoriale (e pertanto la predicazione sostanziale), l’omonimia l’appartenenza a categorie diverse (e contraddistingue pertanto termini che si predicano accidentalmente): cfr. M.ZANATTA, Introduzione, in ARISTOTELE, Le categorie cit., pp. 52-60.
Questo valore logico dell’opposizione sinonimia/omonimia tende a perdersi nel Medioevo per l’influenza della grammatica di Prisciano, secondo la quale i sinonimi sono semplicemente termini differenti per una medesima cosa, assimilandosi quindi ai multivoci: cfr. PRISCIANO, Institutiones grammaticae, I, 5, 29, ed. M. Hertz, 2 voll., Lipsiae 1855-1888 (GL, 2), I, p. 60,29-30: «Synonyma sunt quae (…) diversis nominibus idem significant, ut ‘ensis’, ‘gladius’, ‘mucro’». Su questo punto cfr. I.ROSIER, Évolution des notions d’equivocatio et univocatio au
XIIE siècle, in L’ambiguité. Cinq études historiques réunies par Irène Rosier, Lille 1988, [pp. 103-166], p. 105. Infine, si tenga presente l’osservazione aristotelica, per la quale nei casi di omonimia occorre badare non solo ai termini, ma anche ai discorsi (alle proposizioni), per valutare la proporzionalità e la paragonabilità di quanto si afferma: cfr. ARISTOTELE, Top. I, 15, 107b 6-18, transl. Boethii, ed. Minio-Paluello, p. 26,1-12. I Topici e gli
Elenchi Sofistici aristotelici furono entrambi tradotti da Boezio (il primo forse anche in due versioni), e ci rimangono in circa duecentocinquanta manoscritti ma senza indicazione del nome del traduttore; risalgono comunque alle versioni boeziane i testi ‘vulgati’ che si diffusero in forme più o meno pure dal dodicesimo secolo in poi (ma parte almeno dei Topici circolava già dal decimo-undicesimo secolo); nel dodicesimo secolo si diffuse anche una versione anonima dei Topici, rivista sulla base del testo greco, e una nuova traduzione degli Elenchi, quest’ultima probabilmente a opera di Giacomo di Venezia, tra il 1120 e il 1150 (e giuntaci frammentaria). Boezio si richiama tre volte a una sua traduzione dei Topici, ma mai a una degli Elenchi: cfr. BOEZIO, In Top.
Cic., I, 1051D-1052B e ID., De top. diff., I, 1, 1173C, p. 2,11-12 e IV, 13, 1216D, p. 92,16-17. Ignoti a
Cassiodoro e molto probabilmente assenti dalla biblioteca di Vivarium, nessuno dei due testi ebbe diffusione nel mondo latino fin circa agli anni 1150-1130, quando abbiamo notizia della conoscenza degli Elenchi da parte di Abelardo e dei Topici e degli Elenchi da parte di Adamo di Balsham e di Teodorico di Chartres: cfr. ABELARDO,
Glossae super Peri hermeneias, VI, 52, ed. K. Jacobi – C. Strub, Turnhout 2010 (CCCM, 205), p. 202,482-485 [ed. B. Geyer, in Peter Abaelards Philosophischen Schriften, I, Die Logica «Ingredientibus», 3 voll., Beiträge zur Geschichte der Philosophie des Mittelalters (= BGPM), Band XXI, Münster 1919-1921-1927, III (Heft 3. Die Glossen zu Periv eJrmeneiva"), p. 400,33-36]; ADAMO DI BALSHAM, Ars disserendi (Dialectica Alexandri), ed. L.
Minio-Paluello in Twelfth Century Logic. Texts and Studies, I, Adam Balsamiensis Parvipontani Ars Disserendi (Dialectica Alexandri), Roma 1956. Le versioni ‘vulgate’ dei Topici e degli Elenchi sono quelle accolte da Teodorico di Chartres nell’Heptatheucon. Cfr. L.MINIO-PALUELLO, Note sull’Aristotele Latino Medievale. VI. Boezio, Giacomo Veneto, Guglielmo di Moerbeke, Jacques Lefèvre d’Etaples e gli Elenchi Sofistici, in «Rivista di Filosofia Neo-Scolastica», 44 (1952), pp. 389-411 (rist. in ID., Opuscula cit., pp. 164-177); ID., Iacobus
Veneticus Grecus: Canonist and Translator of Aristotle, in «Traditio», 8 (1952), pp. 265-304 (rist. ibid., pp. 189- 228); ID., Note sull’Aristotele Latino Medievale. IX. Gli Elenchi Sofistici, in «Rivista di Filosofia Neo- Scolastica» 46 (1954), pp. 223-231 (rist. ibid., pp. 241-249); ID., The Text of Aristotle’s Topics and Elenchi: the
Latin Tradition, in «The Classical Quarterly», 49 (1955), pp. 108-118 (rist. ibid., pp. 299-309); ID., Les
traductions et les commentaires aristotéliciens de Boèce, in «Studia Patristica II. Texte und Untersuchungen zur
Geschichte der altchristlichen Literatur», 64 (1957), pp. 358-365 (rist. ibid., pp. 328-335); ID., Note sull’Aristotele Latino Medievale. X. I Topici nel X-XI secolo: due fogli del testo perduto della redazione boeziana; altri framenti dei libri I-V e VIII della medesima redazione, in «Rivista di Filosofia Neo-Scolastica», 50 (1958), pp. 97-116 (rist. ibid., pp. 357-376); ID., Note sull’Aristotele Latino Medievale. XIII.Traduzioni ‘perdute’ dei Primi Analitici e dei Topici nel codice di Bologna, Univ. 4228 del XII secolo, in «Rivista di Filosofia Neo- Scolastica», 52 (1960), pp. 29-45 (rist. ibid., pp. 425-441); ID., Giacomo Veneto e l’Aristotelismo Latino, in