Alberto Vigna
Il Salone internazionale della montagna e la complessa serie di convegni ad esso inerenti sono unanimemente considerati come il più bello ed i più significativi che si organizzino oggi in Europa su questa materia; è un merito di non poco conto che va ascritto ad onore di Tori-no. Qui il discorso sulle montagne si amplia da quelle veramente italiane del-l'arco alpino e dell'Appennino alle mon-tagne di Europa in genere, ad una zona attorno a cui gravitano sei Stati e nove milioni di persone ne abitano le valli o le propaggini in una superficie che può essere valutata a oltre 170 mila chilo-metri quadrati. Ed è zona geografica che comprende genti di lingue diverse, di diverse civiltà ed antiche origini, le-gate però tra loro dalla comune matrice montana.
Montagne di Italia o meglio montagne di Europa e Torino di questa zona alpi-na può essere detta la capitale non sol-tanto per il settore italiano ma anche, più estesamente, per molta parte di que-sta regione multinazionale. È Torino in-fatti la più importante, sviluppata, po-polosa città vicina alle montagne tanto da aver legato ad esse motivi di storia, di cultura, di sviluppo civile, di
carat-teristiche spirituali e morali. Ecco per-ché il Salone qui trova la sua logica, naturale sede ed il motivo che tanto ci si impegni per farlo il più bello e tale da poter essere giudicato superiore ad altri che sullo stesso tema si svolgono altrove. È questa una affermazione che trae origine non da un gusto provinciale di vantare primati, ma dal giudizio di un uomo, presidente del Comitato ese-cutore, l'ing. Carlo Bertolotti che alla montagna ha dedicato molta parte della sua vita e delle sue attività professionali di organizzatore, di studioso, di docente. Aperto dal 29 settembre al 7 ottobre
1979 nella sede di Torino Esposizioni il Salone è giunto alla sedicesima edi-zione; ha occupato 35 mila metri qua-drati al coperto ed anche aree esterne di questa che è veramente una sede ideale alla quale il parco del Valentino ha offerto i suoi dorati splendori autun-nali.
Suddivisa in diversi settori la mostra ha compreso tutti gli interessi di chi ama le montagne e vi trascorre ferie e tempo libero ed anche di coloro che, invece, in montagna lavorano. Inoltre nelle gior-nate dei convegni si è discusso dei mol-teplici problemi connessi alla vita in
quota, strettamente legati alla conserva-zione di un ambiente tra i più suggesti-vi, ambiente che purtroppo la mano del-l'uomo ripetutamente insidia e di-strugge.
I settori sono stati così distribuiti. In primo luogo una rassegna delle Regioni italiane come è naturale, dato che le montagne costituiscono l'ossatura del-l'intero territorio nazionale. Qui era par-ticolarmente esposto il problema della « Forestazione ed assetto idrogeologico dei territori montani ». Il secondo padi-glione invece ha ospitato le macchine, le attrezzature, gli equipaggiamenti per la viabilità invernale, il trasporto su neve, la manutenzione delle piste di sci, i can-tieri alpini, l'agricoltura montana e la silvicoltura. Sono gli aspetti di un mon-do antico, che si rinnova nella moder-nità dei mezzi automotori posti a dispo-sizione delle popolazioni perché la loro vita divenga più agevole e meno fati-cosa.
II complesso materiale degli impianti per il trasporto a fune (ed il convegno sul tema che si è sviluppato con molto concorso di studiosi e di pubblico) è stato osservato con un interesse che di anno in anno aumenta dato il sempre
maggiore sviluppo di questo mezzo di trasporto rapido e sicuro. In questa ma-teria la legislazione italiana è all'avan-guardia trascurando il fatto che talvolta certe limitazioni ci danneggiano nei con-fronti concorrenziali per la capienza de-gli impianti. L'Italia ha adottato i re-golamenti più severi in fatto di sicurez-za per i trasporti a fune. Insomma le nostre sono le funivie più controllate e sicure.
Sempre nel secondo padiglione — il più vasto — si osservavano gli stands del settore del turismo montano ed una sviluppata rassegna di case produttrici di abbigliamento per sci, per gli sport della montagna in genere sia di inverno sia d'estate. Tutte le sere indossatori e mannequins si sono dati convegno per presentare la moda-neve con sfilate che sono state guidate ed illustrate da Elsa Rossetti. I più recenti modelli sono stati ripresi da quelli studiatissimi usati dai più noti campioni. Gli specialisti della moda-neve gareggiano nell'elaborare tecniche sempre più raffinate e di alta precisione ed applicano tessuti antisci-volo, idrorepellenti, elasticizzati, esten-sibili in ogni senso che aderiscono alla figura e consentono movimenti liberi e
Una panoramica
del grande salone centrale della Esposizione.
sciolti pur garantendo il conforto del caldo.
Il pubblico ha molto apprezzato le pro-poste di interni di appartamenti in case alpine. Sono appartamenti dallo spazio assai limitato e tuttavia forniti di ogni conforto secondo schemi di un tipo di vita moderna, dinamica, non più sotto-messa a motivi di estetismo, ma soltanto aderente a considerazioni di praticità. Ciononostante non mancavano certo « bellezzine », certi particolari spiritosi forniti per solito da oggetti di derivazio-ne artigiana sotto le forme di cose casa-linghe della tradizione montana che di consueto fa uso di oggetti in legno lavo-rati con un senso quasi di arte, come certe statue di santi e di Madonne, op-pure con rara abilità e certosina pazien-za per i soprammobili od attrezzi da la-voro e di uso domestico. In questa mo-stra nella momo-stra, raccolta sotto la defi-nizione « Abitare in montagna » il pub-blico ha sostato con evidente interesse. Nelle aree esterne erano i caravanning e le case prefabbricate ed una parte dello spazio a cielo aperto è stata riservata ad una pista artificiale di sci di fondo che ha servito ottimamente a propagan-dare la conoscenza di questa specializ-zazione dello sport sciistico che ogni anno attira un numero maggiore di ap-passionati praticanti.
Si potrebbe proseguire a lungo, se lo spazio lo consentisse, nella esposizione e descrizione di quanto è stato presen-tato al pubblico, ma anche soltanto dal-la indicazione dei temi principali e del piano generale del Salone è possibile rendersi conto della varietà delle propo-ste e sollecitazioni intellettuali determi-nate. Volendo fare una diversa valuta-zione della suddivisione dello spazio il Salone si presentava in tre grandi set-tori: quello tecnico per operatori nel padiglione Giovanni Agnelli; quello del-la « Montagna viva » disposto in varie parti di diversi saloni e nelle gallerie ed infine quello dei « problemi della
mon-tagna » che serviva ad un tempo da in-troduzione e da compendio.
Per chiarire l'importanza del Salone, basterà ricordare che nello scorso anno nelle località di montagna delle Alpi si sono registrate 180 milioni di presenze notturne e ciò vuol dire che ogni sciato-re ha trascorso in montagna 11-12 giorni con un giro di affari valutabile attorno agli 8 mila miliardi per alloggio, vitto-, abbonamenti agli impianti ed a queste cifre vanno aggiunte quelle relative alle presenze giornaliere, alle spese di viag-gio, all'acquisto di attrezzature ed indu-menti sportivi.
Quasi tre milioni di sciatori italiani fre-quentano di abitudine le circa 260 sta-zioni sciistiche quasi tutte concentrate nell'arco alpino. Dato che la spesa me-dia prò capite viene valutata in 6-700 mila lire se ne ricava che gli affari rag-giungono quasi i due mila miliardi di lire, ai quali occorre assommare le va-lute pregiate che i 300-340 mila stranie-ri lasciano ogni anno.
La Rassegna torinese ha poi affrontato altri problemi in una serie di convegni, congressi, giornate di studio tra i quali di speciale importanza quelli sulla viabi-lità od i mezzi di risalita, sulle piste e sulle Comunità montane. Si è anche par-lato di quanto occorre fare per mante-nere intatto l'ambiente alpino con la conservazione dei dialetti e delle tra-dizioni locali, insomma della necessità di difendere un modo di vita, una civil-tà. È questo un impegno morale ma, di-ciamolo francamente, è anche un affare assai redditizio. Non per essere scettici e cinici, ma forse per questo motivo c'è da credere che qualcosa si farà.
(trailibri)
PRESENTATI DAGLI AUTORI
M. UPPI, I prezzi di produzione. Un saggio sulla teoria di Sraffa - Voi. di 14 X 21 cm,
pp. 122 - Il Mulino, Bologna, 1979 - L. 10.000.
Questo saggio ha due scopi distinti. Il primo consiste nella presentazione rigorosa di quei ri-sultati della teoria dei prezzi di produzione che si trovano esposti nella prima parte di Produzione di merci a mezzo di merci. A questo scopo è dedicato il primo capitolo: in esso si tenta di fornire una spiegazione dei risultati che va al di là del semplice riferimento alla matematica che ne assicura la validità. Più precisamente, parten-do dal sistema di Sraffa, in cui le quantità pro-dotte sono date, si studiano gli effetti di varia-zioni virtuali delle quantità prodotte e si connette l'esistenza di prezzi positivi alla vitalità del si-stema.
Come è noto, quando si affronta il caso gene-rale delle produzioni congiunte, la vitalità del si-stema non basta più a garantire l'esistenza di prezzi positivi. E questo è solo uno dei > para-dossi » che si presentano. Il caso in cui l'unica produzione congiunta sia quella di macchine usa-te accanto al prodotto specifico dell'industria con-siderata è stato largamente studiato. Una spiega-zione soddisfacente della possibilità di prezzi ne-gativi è stata anche data, senza ipotesi speciali, nel caso r = 0, quando i prezzi sono proporzio-nali ai « valori-lavoro «. Tali studi suggeriscono che nel caso di produzioni congiunte il sistema Sraffa — ossia un sistema in cui n merci siano prodotte in quantità date per mezzo di n metodi di produzione — • nasconde » sistemi alternativi: nel senso che le merci che costituiscono il pro-dotto netto possono essere ottenute, se si consi-derano variazioni virtuali nei livelli di attività dei metodi adoperati, abbandonando alcuni dei me-todi in uso, anche se ciò conduce, generalmente, alla sovraproduzione di qualche merce.
Sulla base di una generalizzazione di tali risultati si darà nel secondo capitolo una • spiegazione » della possibilità di prezzi negativi senza fare al-cuna ipotesi particolare. Il problema di Sraffa, che è formulato in termini di equazioni, verrà messo a confronto con un problema costruito ad hoc, in cui le equazioni sono sostituite da di-sequazioni: si mostrerà che il problema di Sraffa ammette una soluzione economicamente signifi-cativa se e solo se il problema di riferimento ammette una soluzione in cui tutti i processi sono adoperati; e che, d'altra parte, il problema di riferimento ammette sempre soluzione finché il limite di vitalità del sistema non sia stato superato dal saggio del profitto; entro tale limite quindi la assenza di soluzioni per il problema di Sraffa sarà spiegata con il fatto che le soluzioni del problema di riferimento sono « nascoste ». È bene insistere su un punto che è già implicito in quanto detto finora. In questo saggio si cerca di mantenere un punto di vista interno al metodo consistente nel separare l'analisi delle variazioni dei prezzi di produzione causate da variazioni nella distribuzione, dalle conseguenze di varia-zioni nelle quantità prodotte. Variavaria-zioni di queste ultime saranno quindi da intendersi sempre, sal-vo avviso contrario, come virtuali. Si tenterà però di mettere in luce quei punti dell'analisi di Sraffa in cui l'ipotesi di quantità prodotte date sembra difficilmente mantenibile, e in cui, a parere di chi scrive, una ipotesi sui rendimenti di scala è implicita.
Il libro non ha la pretesa di essere autosufficien-te, né per quel che riguarda i presupposti di teoria economica, né per quelli matematici. Per i primi si suppone che il lettore conosca il testo di Sraffa ed una esposizione del modo in cui si colloca nella storia del pensiero economico, come può trovarsi, anche se Con differenze non piccole, in testi come Garegnani, Pasinetti, Ron-caglia. Occorre anche avvertire che il secondo capitolo del testo contiene soltanto gli argomenti generali a cui si è fatto cenno sopra, mentre non contiene la trattazione di argomenti come l'esten-sione al caso di produzioni congiunte della di-stinzione tra merci base e non base o della mer-ce tipo. Anche il capitale fisso sarà affrontato con un semplice esempio, al solo scopo di intro-durre il problema dei prezzi negativi. Questo mo-do di esporre la materia richiede forse una giu-stificazione, almeno rispetto all'idea che il capi-tale fisso sia il caso veramente importante a cui la trattazione generale della produzione congiunta introduce. A chi scrive non sembra che tale con-vinzione sia ben motivata. Certamente le pro-duzioni congiunte capitale fisso a parte, costi-tuiscono la regola e non l'eccezione, contraria-mente a quanto forse si tende a suggerire im-plicitamente contrapponendo il capitale fisso ad esempi • preindustriali • come grano-paglia o la-na-carne (si veda ancora Sraffa, ibidem). Né, d'altra parte, vi sono studi su cui si possa fon-dare una « somiglianza • dei sistemi esistenti con sistemi teorici semplificati in cui la produ-zione congiunta sia dovuta solo alla presenza di capitale fisso. Sembra quindi lecito affrontare le produzioni congiunte in generale e tentare di mettere bene in luce le difficoltà che sorgono; anche in vista della formulazione di ipotesi che non siano troppo lontane dalla realtà e che però contengano semplicazioni significative del pro-blema.
Per la parte matematica si è ritenuto utile inserire un'appendice sugli spazi vettoriali, le trasformazioni lineari e le matrici che fosse il più possibile adatta all'argomento particolare trat-tato.
F. MASERA, L'Italia e l'economia internazionale Voi. di 17 x 25 cm, pp. XXIV992
-UTET - Torino, 1979 - L. 48.000.
Questo volume si propone di analizzare la politica economica internazionale dell'Italia dal 1946 a oggi. Riassume in larga parte momenti della mia vita di lavoro nell'osservatorio del Servizio Studi della Banca d'Italia e quindi riflette le ca-ratteristiche di origine.
Convinto come sono che è illusorio e velleitario ogni tentativo volto a interpretare e a scoprire la verità di fondo degli eventi contemporanei, il mio sforzo è stato orientato soprattutto a dare contributi di arricchimento e limpidezza al flusso della documentazione e delle modalità di svolgi-mento dei rapporti economici dell'Italia con l'estero.
La prima parte del volume vuol essere una pre-messa al tema di fondo riguardante l'analisi della politica economica internazionale dell'Italia. È na-ta anzitutto da un'esigenza interna, dalla neces-sità di chiarire a me stesso aspetti e motivazioni, sotto un profilo generale, di comportamenti in materia di scambi con l'estero, di movimento di capitali e di aggiustamento degli squilibri di bi-lancia dei pagamenti. Sono infatti i temi che
formano oggetto di analitico esame nelle parti successive quando si fa specifico riferimento alla esperienza italiana. Questa prima parte si è peraltro anche gradualmente strutturata attraver-so corsi tenuti presattraver-so l'Università statale di Roma e l'Università Pro Deo, nonché seminari organizzati nell'ambito della Banca d'Italia e di istituzioni scientifiche e bancarie. Il lettore avver-tirà uno sforzo di rielaborazione critica della po-litica economica nell'intento di accertare le mo-dalità di conciliazione delle esigenze nazionali con la finalità della collaborazione internazionale. È stata mia assidua cura ricercare, sotto la cor-teccia degli avvenimenti quotidiani, le motivazioni dei provvedimenti di politica economica interna-zionale presi dall'Italia e di illustrarne l'incidenza sullo sviluppo del reddito e dell'occupazione del paese, obiettivo che ho perseguito offrendo anche al lettore la chiave interpretativa utilizzata. Le parti successive del volume sono orientate soprattutto all'esame critico e alla documenta-zione statistica e normativa della politica interna-zionale dell'Italia. A una sintesi della politica eco-nomica internazionale dell'Italia nel periodo in-dicato segue una raccolta di scritti che hanno già assunto in parte veste tipografica in riviste scien-tifiche e tecniche. Riuniti, gli studi si chiariscono e si integrano a vicenda e consentono di perse-guire una duplice finalità: offrire un comodo stru-mento di consultazione al lettore e un'analisi puntuale degli accadimenti di bilancia dei paga-menti dell'Italia, cosi da consentirne il vaglio alla luce degli sviluppi intervenuti. Il nesso tra la realtà fenomenica e la dottrina è il motivo conduttore che costantemente ho perseguito, cer-cando di essere ad un tempo distaccato dall'effi-mero e legato al fluire della vita e degli eventi quotidiani.
L'ultima parte in particolare raccoglie considera-zioni sul moto e sul divenire della Comunità economica europea, nell'intento di contribuire al-l'attuazione di questo obiettivo, sia sottolinean-done tutto il contenuto positivo, sia ponendo a nudo le difficoltà del cammino e il carattere in parte illusorio delle vie traverse, non illuminate da motivazioni di fondo che superano le esi-genze di ordine contingente. E qui devo confes-sare che ho sempre lavorato intorno a questo volume lusingandomi di lasciare una piccola trac-cia sulla via che potrà stabilmente condurre alla collaborazione economica e politica internazio-nale, avendo esperimentato gli orrori della guerra e la gioia della solidarietà umana, al disopra delle frontiere.
Il volume si integra, infine, con un'appendice statistica nella quale figurano i dati definitivi del-la bidel-lancia dei pagamenti economica e valutaria dell'Italia nel periodo 1947-1977, dati che possono differire da quelli, talvolta provvisori o stimati, esposti nei capitoli del testo.
R. CORTICELLI, La crescita dell'Azienda. Ar-monie e disarAr-monie di gestione - Voi. di
17 X 24 cm, pp. 274 Giuffrè, Milano, 1979 -L. 7500.
L'ampliarsi delle dimensioni del nucleo aziendale, quando avvenga secondo certe armonie di fondo e per il miglioramento della posizione dinamica, si concreta in crescita dell'unità economica ed ha riflessi sociali considerevoli, ravvisabili nel-l'aumento di investimenti e posti di lavoro con idonee prospettive di rimunerazione nel tempo,
nella diversa, più intensa presenza nel contesto ambientale.
La convenienza degli andamenti è condizione di vita e sviluppo dell'azienda. Questa non può essere costretta a durare, ma deve avere la capacità di farlo; i cosiddetti •< salvataggi » effet-tuati in situazioni specifiche di grave crisi ser-vono solo a prolungare per qualche tempo una stentata sopravvivenza, se non vi è la ricostitu-zione dell'ordine e del contenuto delle opera-zioni. L'espansione, quando non avviene in modo adatto, non si risolve in maggiori impieghi e posti di lavoro aventi effettiva giustificazione nel pre-sente e per il futuro: in tali casi vengono piut-tosto sprecati mezzi finanziari e create illusioni in chi si inserisce nelle attività corrispondenti. Economia e socialità del sistema operativo pos-sono e dovrebbero coesistere. La prima non può essere fine a se stessa; della seconda è ammis-sibile parlare se esso si mantiene funzionale nel tempo.
Ciò che l'uomo compie dev'essere a servizio del-l'uomo. La stessa attività di produzione, nei vari aspetti e in quello che si dimostra primario per il suo perdurare, va riguardata in tal senso. Si può e si deve discutere su come la condizione economica viene realizzata anche se è innegabile che debba esserlo, inoltre, che le alternative non sono infinite, talvolta neppure molte. Quanto rile-vato coinvolge, insieme alla responsabilità dei soggetti aziendali e prima ancora, quella di chi è in grado di influire in maniera più o meno notevole sul contesto in cui i complessi agiscono, i suoi caratteri, il formarsi delle conoscenze cir-ca le cir-capacità e necessità delle combinazioni. Queste possono raggiungere e mantenere il pro-prio equilibrio e contribuire a quello dell'uomo quando le forze disponibili all'interno si armoniz-zino con le esterne. A tale proposito è evidente