classificazione delle alloglossie
• Come tutti i Paesi d’Europa (e del mondo) l’Italia è un paese linguisticamente plurale, che si caratterizza, in virtù di ben noti motivi geografici e storico-culturali, per un’innata vocazione al policentrismo.
• All’interno del panorama italiano, sotto il «tetto»
rappresentato dalla lingua nazionale, la cui affermazione è il frutto di un processo secolare di affermazione del fiorentino
letterario, si integra così un’estrema varietà di situazioni linguistiche.
• I «dialetti italiani», in quanto autonomi sviluppi del latino parlato nei diversi territori sono esempi rappresentativi delle
difficoltà tassonomiche insite in una concezione
aggiornata della classificazione degli idiomi romanzi (Romània continua).
• lingua “tetto”
• Dachsprache, ovvero "lingua tetto" o "lingua ombrello", si riferisce ad una lingua che funge da lingua standard per
differenti dialetti, per lo più in continuum dialettale, anche se i dialetti possono essere così differenti da non essere mutuamente intelligibili.
• Nella maggior parte delle situazioni europee caratterizzate dal modello diglottico lingua (H) /dialetti (L) i dialetti sono “coperti” dalla lingua standard della stessa famiglia. • Nelle isole/penisole linguistiche le varietà di minoranza sono
“coperte” da una lingua diversa da quella standard cui appartengono geneticamente.
+ lingua tetto
-dialetti italiani, francesi, tedeschi parlati nei rispettivi paesi in cui italiano, francese, tedesco sono lingue standard
le varietà italo-albanesi, varietà romanès, croate, slovene parlate
in Italia (lingua tetto italiano)
sono dachlose Aussenmundarten. L’italiano parlato in Istria è una
varietà di minoranza priva di tetto
KLOSS Heinz, 1978 , Die Entwicklung neuer germanischer Kultursprachen
seit 1800, Düsseldorf, Pädagogischer Verlag Schwann.
Idem, 1987, “Abstandsprache und Ausbausprache”, in: AMMON Ulrich et alii (eds.), Sociolinguistics. An International Handbook of the Science of
Abstandsprache/Lingua per distanziazione (LD)
vs
Ausbausprache/Lingua per elaborazione (LE)
prevede anche due possibili dinamiche, di ascesa e di decadenza.
Prima fase LD1 LE Seconda fase LD1
Terza fase LD1 AD
Quarta fase DN di LD2
Catalano dal medioevo all’epoca franchista; Provenzale dal Medioevo al Rinascimento
decadenza L > D
Seconda fase LE
Prima fase DN di LD1
Catalano 1970-: dialetto del castigliano (LD1) > LE > LEAL > LD2 LE
ascesa D > L
Per ragioni di simmetria c’era bisogno di un termine per la penultima fase in cui l’esistenza e il consolidamento di una “giovane” LE induce i suoi “locutori” e una parte dei linguisti (nazionalisti) a percepirla come una nuova LD.
Nella 4. fase (che spesso si farà attendere a lungo) tale credenza diventerà oggettiva: non solo i locutori e i
linguisti del paese ma anche i linguisti “stranieri” saranno d’accordo che una nuova Vollsprache (langue à part
• Fra le due componenti (distanza e elaborazione) esiste un rapporto asimmetrico differente da quello
accettato dalla communis opinio (alla quale credeva anche H. Kloss).
• La componente elaborazionale si è dimostrata in più casi più importante per l’indipendenza di una lingua di quella distanziale.9
• Un idioma in difensiva/in decadenza la cui distanza strutturale di fronte all’idioma egemonico è assai piccola può però resistere con più successo di una
lingua molto distante dalla lingua egemonica che la opprime se esiste una concordia (anche politica) fra i suoi locutori.
• Sempre a Kloss si deve una proposta che
rende espliciti, seppure in modo relativistico, i criteri in base ai quali si considera una varietà linguistica come lingua ovvero come dialetto. • I parametri che utilizza sono l'elaborazione e la
distanziazione di una lingua.
• Il grado di elaborazione di una lingua è definita in base a due parametri, gli
argomenti che è in grado di veicolare e il livello massimo a cui lo può fare ('livelli di
argomenti livelli di sviluppo - storia e tradizioni
locali
scuola elementare cultura generale scuola media
+ argomenti scientifici e tecnologici
• Questo significa che una lingua è massimamente elaborata se può veicolare anche contenuti di
natura tecnico-scientifica a livello universitario;
• una lingua è invece minimamente elaborata se è grado di veicolare solo contenuti legati alla
storia e tradizioni locali e a non più del livello di scuola elementare.
• C o n s e g u e n z e p e r l e l i n g u e d i
• Nel panorama nazionale, l’italiano è una lingua
massimamente elaborata, mentre molte lingue etniche lo sono minimamente: alcune vengono utilizzate per
l'insegnamento elementare, ma non oltre; altre fino alla
scuola secondaria, ma non nell'insegnamento universitario (oppure solo nelle Facoltà legate alle tradizioni religiose o culturali del posto).
• I dialetti nelle comunità di tipo lingua cum dialectis hanno un grado di elaborazione ancora inferiore. L'inglese è oggi la lingua che ha il più alto grado di elaborazione, fornendo la nomenclatura tecnico-scientifica a tutte le altre lingue del mondo, come lo erano state in Occidente (con le dovute differenze areali e temporali) il greco e il latino.
quanto è diversa da un'altra varietà, è l'altro parametro utilizzato comunemente, da addetti ai lavori come dai profani, per decidere se due varietà sono dialetti di una stessa lingua o due lingue diverse.
• Il problema è che non c'è un modo univoco per stabilire l'affinità tra varietà linguistiche (anche se si potesse
effettuare un conteggio delle differenze, non si potrebbe stabilire il peso di ciascuna differenza) né, quello che più conta, è possibile individuare un livello soglia non
arbitrario.
• Criteri diversi sono stati utilizzati dai linguisti che si scontrano con problemi storici, dialettologici,
• Un criterio è la parentela genealogica, definita in base ai criteri sviluppati nell'ambito della grammatica storico-comparativa. In base a questo criterio, ad esempio, i romanisti assegnano al sardo, al friulano e al
ladino uno status diverso da quello degli altri dialetti
romanzi presenti in Italia.
• Un altro criterio è la differenza strutturale, che si decide solo in base alle caratteristiche esistenti, senza tenere conto della derivazione storica.
• Entrambi questi criteri, però, si scontrano col problema della gradualità: parentela e somiglianza strutturali non sono criteri discreti.
• Un altro criterio utilizzato è la coscienza dei
parlanti: si possono interrogare gli informanti locali
per stabilire i rapporti tra varietà vicine. Si tratta di una procedura di tipo psicologico, che ha il merito di essere olistica.
• Purtroppo, però, la coscienza dei parlanti, per quanto utile, non è affidabile, perché può basarsi su ogni tipo di pregiudizio o ideologia. Ad esempio, in Cina si ha un atteggiamento molto radicato a ritenere che vi si parli una sola lingua, sebbene divisa in diversi dialetti; in realtà, alcuni di questi supposti dialetti, come il cantonese, sono largamente incomprensibili per chi conosce solo il cinese standard.
• Infine, un criterio largamente utilizzato è
l'intercomprensibilità: se due varietà sono mutuamente comprensibili sono dialetti della stessa lingua, altrimenti sono lingue a se stanti.
• Tuttavia anche questo criterio risulta problematico, per almeno due ragioni. La prima è che anche l'intercomprensibilità non prevede una risposta
binaria ma graduale. I risultati possono essere
paradossali; infatti, mentre i parlanti dell'italiano e dello
spagnolo, considerate lingue diverse, possono comprendere una porzione considerevole dell'altra lingua, i parlanti dialetti diversi dell’italiano possono trovare enormi problemi di comprensione.
• Un altro problema che sorge con il criterio dell'intercomprensibilità è costituito dalla
soggettività dei giudizi che spesso risponde ad
una serie di stereotipi e di atteggiamenti che hanno a che fare con il prestigio delle lingue percepito dai parlanti, come quando di due lingue vicine i parlanti dell’una dicono di non comprendere l’altra, ma non viceversa.
• Ad esempio i portoghesi dicono di comprendere lo spagnolo, ma non viceversa; mentre in America Latina lo stesso fenomeno non si verifica tra brasilianofoni e ispanofoni: evidentemente il grado di prestigio del brasiliano e del portoghese rispetto alle comunità ispanofone vicine è diverso.
» tra i due criteri della distanza (Abstand) e dell’elaborazione (Ausbau), il secondo è più affidabile ed è più importante per misurare lo status di una lingua che deve essere ‘promossa’ o di cui si debba prevenire la decadenza.
» Lo status delle varietà linguistiche (lingue, dialetti) non è acquisito una volta per tutte, ma è suscettibile di dinamiche in ascesa e in discesa, come hanno mostrato le ricerche di H. Kloss e Z. Muljačić.
» prima di tornare ai problemi che la L. 482/1999 ha lasciato aperti e ad una riflessione sui benefici e sui lati negativi di questa disposizione legislativa, è necessario aprire una
parentesi teorica sui processi pianificazione linguistica. » Infatti, le dinamiche in ascesa e in discesa delle lingue/varietà
linguistiche hanno bisogno, soprattutto per quanto riguarda i processi di elaborazione di un codice di essere guidati,
innescati e seguiti da una serie di dispositivi di natura diversa: la definizione e lo studio di questo complesso di operazione è oggetto specifico della pianificazione linguistica.
Con ‘pianificazione linguistica’ si intende il
complesso di interventi volto a determinare lo
status di una varietà linguistica all’interno di un
determinato repertorio linguistico comunitario.
Dal punto di vista delle strategie possibili per ottenere la promozione o la
permanenza/rivitalizzazione di una varietà linguistica esistono due tipi di interventi possibili:
tipologie di interventi di pianificazione linguistica strategie
bottom-up
muovono ‘dal basso’, cercando di agire e di ottenere risultati a partire dalla comunità dei parlanti: promuovere il senso di
auto-identificazione e di ‘lealtà linguistica’.
strategie top-down
sono intraprese ‘dall’alto’, rappresentano iniziative dei governi o di altre autorità
(accademie, scuola) volte ad accrescere lo status di una determinata varietà, per lo più ritenuta in regresso o minacciata, a torto o a ragione.
• La pianificazione linguistica è l’insieme delle misure (linguistiche, legislative e sociali) che si
adottano per modificare deliberatamente la
composizione del repertorio linguistico di una comunità (Dell’Aquila & Iannàccaro 2004).
• L’insieme di questi provvedimenti – che
comprende azioni legislative, amministrative, scolastiche e delegate alla società civile – viene preso da una società nel suo complesso ed è
• La PL è di per sé uno strumento neutro:
• in senso positivo può essere rivolta ad aumentare il tasso di plurilinguismo di una comunità, tramite il sostegno o l’in-cremento delle risorse linguistiche, delle possibilità e dell’ap-petibilità di uso di una specifica lingua, se
contemporanea-mente non si cerca di limitare la compresenza di altri codici; • in senso negativo, può tendere a mantenere stabile o
ridurre il plurilinguismo di una comunità, se è diretta al tentativo di sostituzione di un codice con un altro o al
rafforzamento e penetrazione di una lingua già forte nella società. Esplicite operazioni di proscrizione linguistica
sono in genere esito di politiche linguistiche globali (fascismo, franchismo), più che di specifiche iniziative di pianificazione.
nelle situazioni italiane, e l’unico studiato ed esplicitamente praticato in Italia, è l’accrescimento del plurilinguismo a favore delle minoranze linguistiche, con alcune eccezioni:
• in Europa nelle attività di pianificazione linguistica della Generalitat di Catalogna, si tende ad accantonare il castigliano in favore del catalano;
• La Costituzione turca (emendata nel 2001) comprendeva diversi articoli di esplicita proibizione linguistica:
«nessuna lingua proibita dalla legge può essere usata per espri-mere o diffondere opinioni» (art. 26); «nulla può essere
pubbli-cato in una lingua proibita dalla legge» (art. 28);
«nessuna lingua al di fuori del turco può essere insegnata ai cittadini turchi, o utilizzata come lingua materna
della tutela e della rivitalizzazione o rafforzamento di lingue meno favorite, come le lingue di minoranza o le lingue indigene della popolazione in stati in cui la lingua ufficiale sia una grande lingua di colonizzazione (inglese,
francese, spagnolo e simili);
• Ia PL è un’operazione diretta a facilitare la vita linguistica dei parlanti e della comunità. Ha cioè il compito di adeguare dal punto di vista linguistico le varietà riconosciute come
oggetto di tutela, perché possano ricoprire le funzioni di lingua scritta, amministrativa e ufficiale; ma anche e soprattutto di pianificare questo cambiamento
rispet-tando le esigenze concrete dei parlanti e sapendo adattare le istanze teoriche alle singole realtà locali.
di misure attraverso cui le istituzioni esercitano un influsso sugli equilibri linguistici esistenti in un Paese; tale etichetta ricopre in realtà diversi aspetti di un processo che implica
«vari gradi di intenzionalità, dal consapevole al non consa-pevole» (Klein 2003: 67).
• In particolare, sono manifestazioni di PoL tutte le «azioni
dirette o esplicite che servono a influenzare i comportamenti delle persone per quanto riguarda l’acquisizione, la struttura (o corpus) e la ripartizione funzionale (o status) dei loro codici linguisti-ci»
(Gazzola 2006: 23): ad es., la definizione della norma
linguistica a cui fare riferimento nei vari usi, il riconoscimento dell’ufficialità di un idioma, la gestione del repertorio
linguistico in una comunità plurilingue o la risoluzione di un conflitto linguistico.