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Democrazia e contraddizion

Nel documento Anarchia inaudita (pagine 147-154)

Politica futura

2. Democrazia e contraddizion

Che la politica sia inganno lo si sa da migliaia di anni: senz'altro da quando in Europa si è fatto avanti il cosiddetto “spirito critico”, cioè la filosofia. Il tiranno, antico o moderno, non dice di agire per il bene dei suoi sudditi, anche se crede e fa credere che essi andrebbero in rovina se lui non ci fosse. Il politico

democratico del nostro tempo (il politico della democrazia “procedurale”),

invece, lo dice: deve dire che i propri progetti hanno come scopo il bene della comunità (e che sono i più idonei a realizzarlo); altrimenti gli elettori non lo voterebbero. Se il suo scopo primario fosse effettivamente il “bene comune”, nel

senso che egli subordina e sacrifica al “bene comune” il vantaggio personale che egli potrebbe conseguire per il proprio maggiore potere, allora egli sarebbe un santo.

Il che può succedere; ma, se non è un santo, il politico democratico procura un certo beneficio alla comunità solo se egli ottiene un tornaconto personale significativamente superiore (rispetto ai più) a quel beneficio. (Rispetto ai più, perché le forze economiche elitarie pretendono un beneficio maggiore di quello ottenuto dal politico che le favorisce). Egli non vuole il proprio bene allo scopo di realizzare il bene comune, ma vuole il bene comune allo scopo di realizzare il proprio bene, superiore a quello comune. Ma egli deve continuare a dire, se vuol sopravvivere come politico, l'opposto di quel che fa: deve dire che quel che fa ha come scopo primario il bene comune: è costretto a mentire.356

Appare incontestabile che «il potere ha bisogno del consenso della società su cui esso si esercita», ma occorre anche notare che «tale consenso è uno degli effetti che il potere è capace di produrre»357. Il consenso è quindi fondamentale

per chi detiene il comando di uno Stato. Il comando è «un'azione che produce un certo tipo di comportamento in un gruppo umano», adeguarsi al comando è obbedienza, e «senza obbedienza non c'è comando, ma solo il tentativo di comando»358. Oggi, nel mondo occidentale, il comando è esercitato formalmente

da delle democrazie rappresentative, le quali convivono assieme ad altre forze ideologiche, come le religioni e il capitalismo.

In Stato e anarchia, Bakunin sostiene che la produzione capitalistica (e quella bancaria) «si conciliano a meraviglia con la cosiddetta democrazia

rappresentativa»359, in quanto la democrazia tutela gli interessi del capitalista a

discapito della massa proletaria.

Secondo Severino, invece, quello tra capitalismo e democrazia è un rapporto conflittuale, contraddittorio.

La democrazia ha come scopo ultimo l'unità di libertà e uguaglianza, e si oppone a una libertà di intrapresa che riduca o addirittura cancelli l'eguaglianza; il capitalismo ha come scopo ultimo l'incremento indefinito del profitto privato, e

356 E. Severino, Capitalismo senza futuro, Rizzoli, Milano 2012, pp. 45-46. 357 E. Severino, A Cesare e a Dio, op. cit., p. 167.

358 E. Severino, La bilancia, op. cit., p. 21. 359 Vedi nota 17.

si oppone a un'eguaglianza che riduca oltre certi limiti quell'incremento. Entrambi vogliono che il loro sia anche lo scopo ultimo dell'intera società.360

Per la democrazia l'efficienza non deve compromettere la solidarietà, per il capitalismo la solidarietà non deve compromettere l'efficienza. Non può che esserci conflitto tra l'ideologia capitalista e quella democratica, ed entrambe non possono che essere in contrasto con qualsiasi religione, in quanto gli scopi di queste sono differenti (un mondo “giusto”, il “bene comune”, ecc.).

Democrazia e capitalismo non sono la stessa cosa. La democrazia è compatibile anche con una economia pianificata, cioè senza mercato. E il capitalismo può convivere col totalitarismo di destra. L'avversario diretto della democrazia è il totalitarismo (di destra o di sinistra); del capitalismo è la cancellazione del mercato. Per questo si è potuta formare una simbiosi, tra democrazia e capitalismo, che tuttavia non è identità.361

Per Bakunin, democrazia e capitalismo sono conciliabili perché non si avvede che la democrazia cerca di servirsi del capitalismo per incrementare la propria potenza, per poter combattere i propri nemici interni ed esterni, finendo quindi col perdere di vista il proprio scopo. Così facendo, la democrazia cessa di essere democrazia, e nemmeno il capitalismo è più capitalismo. Si presenta quindi un sistema ibrido in equilibrio precario tra gli scopi della democrazia e quelli del capitalismo, un sistema che in definitiva persegue come unico scopo quello dell'incremento della propria potenza. Quello descritto nell'Ottocento da Bakunin era un sistema socio-politico ove l'ago della bilancia pendeva decisamente dalla parte del capitalismo, a discapito della democrazia. Le socialdemocrazie nordiche del Novecento, al contrario, sono state esempi in cui l'ago pendeva dalla parte della democrazia, a discapito del capitalismo.

Le odierne democrazie sono contraddittorie perché si basano su due principi opposti.

360 E. Severino, Capitalismo senza futuro, op. cit., p. 27. 361 E. Severino, La bilancia, op. cit., p. 108.

Il primo principio è il concetto di democrazia come strumento che è nelle mani

dei cittadini e col quale la loro maggioranza può darsi l'ordinamento sociale che ritiene preferibile.362

Uno strumento è qualcosa di indifferente rispetto ai contenuti, per cui i cittadini di una democrazia possono scegliere se dare al proprio Stato un ordinamento capitalistico oppure uno socialista. Quel che conta è il rispetto della volontà della maggioranza, qualsiasi aspetto socio-economico va subordinato a tale volontà.

Il secondo principio fondamentale delle democrazie occidentali è invece proprio

uno di quei contenuti rispetto ai quali il primo principio è indifferente e neutrale: si tratta precisamente dell'adesione all'economia di mercato e allo stile di vita capitalistico e della fedeltà all'alleanza atlantica, che di quell'economia e di quello stile è l'espressione storica più rilevante.363

Per questo secondo principio, l'elemento irrinunciabile non è la volontà popolare, bensì l'ordinamento capitalista. In nome di questo secondo principio, gli Stati Uniti d'America, la più potente democrazia occidentale, hanno esercitato una funzione di controllo su tutte le altre democrazie affinché non abbandonassero questo secondo principio364.

La contraddizione non esplode laddove l'amministrazione capitalistica è in grado di garantire un certo livello di benessere generale tale da appagare le aspettative delle masse. Un benessere diffuso, conseguenza di un sistema capitalistico (che ha però come suo scopo il profitto privato, non il benessere collettivo), è un ottimo terreno su cui riscuotere consenso.

La democrazia ha inoltre un rapporto contraddittorio anche sul piano internazionale, cioè nel rapporto con gli altri Stati.

362 E. Severino, A Cesare e a Dio, op. cit., p. 50. 363 Ivi, p. 51.

364 Noam Chomsky evidenzia che da alcuni documenti declassificati emerge come gli USA interferirono con le elezione italiane del 1948 per impedire una vittoria delle forze filo-comuniste della Resistenza. Inoltre, verso la fine degli anni sessanta si prospettava addirittura la possibilità di un colpo di Stato militare per tenere lontani i comunisti dal governo. E non solo l'Italia fu teatro delle operazioni anticomuniste della CIA. Vedi: Cfr. N. Chomsky, Capire il potere, op. cit. pp. 216-220.

All'interno dello Stato la democrazia fa valere il rispetto per la volontà della maggioranza; ma sul piano internazionale adotta il principio opposto: l'uso della forza, con cui si difende contro quanti – siano pure la maggioranza degli abitanti del Pianeta – mirano a distruggerla. Le democrazie sono costrette a difendersi con procedure non democratiche, ossia ad agire contro la propria essenza. Sono lacerate dunque da una contraddizione, insuperabile sino a che hanno nemici al mondo.365

Qualcosa di simile veniva rilevato da Bakunin, il quale sosteneva l'inevitabilità dello scontro tra Stati e il fatto che lo Stato «protegge solo i suoi cittadini; e solo entro i suoi confini riconosce diritti, umanità e civiltà»366. Ma lo stesso anarchico

russo sosteneva anche che «due Stati di forza uguale non possono stare gomito a gomito», per cui «una delle forze dovrà essere infallibilmente spezzata e sottomessa all'altra»367. Severino, al contrario, evidenzia come nel dopoguerra il

mondo sia stato guidato dal “Duumvirato” USA-URSS. Le due opposte superpotenze si sono rese invincibili rispetto a qualunque altro Stato presente sul pianeta, e un loro scontro diretto avrebbe causato la distruzione di entrambe. Distruzione che avrebbe giovato soltanto ai paesi poveri del Pianeta.

Le due superpotenze possono certo annientarsi a vicenda; ma appunto perché ognuna delle due, andando distrutta, può a sua volta distruggere l'altra, in questa sua capacità, nella sua “forza di dissuasione”, consiste la sua invincibilità.368

Quindi, proprio la devastante potenza del loro arsenale atomico è stata garanzia di pace nel dopoguerra, la loro conflittualità è sfociata solo in scontri marginali in località periferiche (vedi Vietnam).

Precisamente a causa della conflittualità tra Stati, la volontà popolare deve essere subordinata all'incremento della potenza di quella frazione di Apparato che lo Stato controlla. La volontà popolare non è quindi libera di volere ciò che vuole, si trova invece costretta a volere l'incremento di potenza dell'Apparato che

365 E. Severino, La bilancia, op. cit., p. 107. 366 Vedi nota 36.

367 Vedi nota 37.

permette la sopravvivenza dello Stato democratico.

Ma, al di là della scarsità di risorse, si aprono le porte del “paradiso dell'Apparato”, ed esso, secondo Severino, è anche “democrazia” planetaria.

La “democrazia” planetaria è lo stato al quale conduce l'eliminazione della conflittualità ideologica e del frazionamento dell'Apparato. A sua volta, la “democrazia” planetaria favorisce e protegge l'unificazione dell'Apparato e quindi l'incremento della sua potenza. Come principio che regola e limita la conflittualità, la “democrazia” planetaria porta oltre il frazionamento dell'Apparato e oltre la situazione di scarsità di potenza, nella quale l'incremento della potenza richiede il sacrificio degli scopi ideologici.369

Ma la “democrazia” planetaria è quella tecnocrazia il cui unico scopo è l'incremento indefinito della potenza dell'Apparato, mentre il benessere umano è una conseguenza accidentale. Dal punto di vista dell'Apparato l'umano è soltanto un mezzo, per ora è un mezzo insostituibile, ma non è escluso che la struttura “non umana” dell'Apparato, in nome di una maggiore efficienza, emargini gli elementi umani.

Sarebbe la situazione in cui gli individui umani rinunciano a guidare l'Apparato e gli affidano il compito di prendere tutte le decisioni che rendono realizzabile il maggior incremento possibile della potenza, il quale sia compatibile con la sua capacità di soddisfare la novità indefinita dei bisogni dell'uomo.370

Questa emarginazione dell'umano da parte dell'Apparato è proprio ciò che l'umano vuole, o meglio: è ciò che l'umano (il mortale che abita la terra isolata) crede di volere. Il mortale che crede di avere dei bisogni cerca il modo di soddisfarli, e il modo più efficace è il dominio dell'Apparato.

Se l'individuo può aver dapprima tentato di servirsi del clan, dello Stato, o di altra forma di apparato, per soddisfare i propri bisogni, è inevitabile che prima o poi si renda conto che il clan, lo Stato o altra forma di apparato sono tanto più potenti, ossia tanto più capaci di soddisfare quei bisogni, quanto meno sono operanti come mezzi nelle mani dell'individuo; cioè sono tanto più potenti

369 E. Severino, La filosofia futura, op. cit., p. 94. 370 Ivi, p. 107.

quanto più il loro potenziamento è assunto come scopo dell'agire dell'individuo.371

Il mortale si rende cioè conto che il suo massimo beneficio, la massima soddisfazione dei suoi bisogni, deriva dal disporsi come mezzo per potenziare l'Apparato, invece di sottomettere l'Apparato al fine del proprio benessere. Quindi, il porre l'umano come mezzo non è un progetto distopico da cui l'umano cerca di scappare, ma è proprio ciò che l'umano vuole, e lo vuole perché è persuaso di essere l'abitatore della terra isolata. Il mortale è portato a volere il paradiso dell'Apparato, perché ciò che l'umano vuole è l'indefinita soddisfazione di tutti i suoi bisogni.

Ma, come si è visto (cfr. II, 5.4), il paradiso dell'Apparato è destinato a mostrare il suo volto infernale. La mancanza di verità è il tratto fondamentale della logica dell'Apparato, una logica non-epistemica, ipotetica. Non a caso, le odierne democrazie procedurali si fondano sulla medesima logica, sono democrazie senza verità, nel senso che si fondano sull'accordo tra cittadini, accordi sempre rivedibili; dalle singole leggi fino alle costituzioni nulla è immutabile. In una democrazia tutto può essere cambiato democraticamente, tranne la forma democratica stessa. In una democrazia l'unico immutabile è la democrazia stessa. Ma anche quell'unico immutabile non è tale nella logica dell'Apparato: per essa le varie forme di governo sono solo mezzi più o meno efficienti che servono allo scopo di incrementare la potenza dell'Apparato in modo indefinito, e non è escluso che si presentino mezzi più efficienti della democrazia.

La democrazia è destinata a divenire un mezzo dell'Apparato. Ma occorre sottolineare che: «la democrazia come scopo della tecnica è qualcosa di essenzialmente diverso dalla democrazia che diventa mezzo della tecnica»372. La

democrazia, per come viene intesa oggi, è inevitabilmente destinata al tramonto.

371 E. Severino, Capitalismo senza futuro, op. cit., p. 84. 372 E. Severino, La potenza dell'errare, op. cit., p. 65.

Nel documento Anarchia inaudita (pagine 147-154)