istituzionale
Interpretare e prima ancora definire la condizione di lock-in di un distretto industria- le non `e certamente compito semplice. Il capitolo precedente ha evidenziato come l’aumento della localizzazione della conoscenza tecnologica pu`o inserire un sistema produttivo locale lungo un sentiero di sviluppo “destinato” a basarsi su un potenzia- le innovativo a rendimenti decrescenti (lock-in), a causa di un bagaglio conoscitivo non sufficientemente ricco di variet`a correlata (Frenken et al. 2007). I geogra- fi economici sopra menzionati hanno sottolineato ripetutamente come la struttura produttiva del modello distrettuale sia incline a condizioni di lock-in. Tali condizioni si manifestano, secondo i ricercatori in esame, come conseguenza della mancanza di variet`a cognitiva endogena, generata dalla caratteristica bese del modello stesso: la localizzazione di imprese specializzate. Tuttavia, Martin, al fine di fare chiarezza in merito alle tematiche affrontate e verso le quali si sta concentrando l’interesse di molti ricercatori, ha sottolineato come “they have interpreted the decline of former industrial districts and clusters as arising from the way that lock-in restricts their ability to adapt in the face of external ’shocks’ (such as the rise of major competitor districts), thus bringing about their relative or even absolute demise.” (Martin 2010, p. 6). Nei lavori citati nel primo capitolo, tanto il sentiero nel quale il sistema `e inserito, quanto la soluzione alla condizione di lock-in che si viene a generare sono il prodotto di forze esogene al sistema produttivo stesso2. Alla luce dei meccanismi endogeni esaminati nel precedente capitolo, imputare a forze esogene tanto la causa, quanto la soluzione a condizioni di lock-in distrettuale fa s`ı che si perda di vista buona parte del problema e con esso un ventaglio di soluzioni e risorse attivabili ai
2 Come sottolinea Martin: “each of the three defining features of the path dependence model - the ’accidental’ origin of new paths, the notion of ’lock-in’, and the appeal to ’exogenous shocks’ to ’de-lock’ paths is problematic” (Martin 2010, p. 6)
fini di innescare nuovi sentieri di sviluppo. Si presenta condivisibile quindi l’affer- mazione di Martin secondo la quale: “to attribute the ’de-locking’ of an industrial or technological path to the impact of some unexpected or unpredictable ’exogenous shock’ is not especially enlightening.” (Martin 2010, p. 8). Nel nostro caso, l’in- terpretazione della condizione di lock-in del luogo prende avvio dai meccanismi che garantiscono la crescita distrettuale ed evidenzia in essi la causa e la chiave a tali condizioni di inefficienza, in linea con le considerazioni degli economisti industriali riportati nel primo capitolo. Le diversificazioni “organiche” delle conoscenze3, che si generano nel caso in cui tali processi siano attivi, sono l’opportunit`a di continuit`a e cambiamento che permettono il passaggio a nuovi sentieri di sviluppo innovativo, mantenendo identit`a sistemica ed evitando il lock-in cognitivo, sottolineato dai geo- grafi sopra rammentati.
Come mostrato nelle parte introduttiva del presente capitolo, la capacit`a di un siste- ma produttivo locale, di inserirsi lungo percorsi di crescita innovativa sostenibili, non dipende unicamente dalla presenza di una variet`a di conoscenze, ma anche dalla ca- pacit`a di combinare le conoscenze presenti nel sistema produttivo stesso, attraverso l’adattamento del paradigma istituzionale. Come emerge tanto dalle considerazio- ni in merito all’analisi realizzata da Antonelli, dove i concetti di socializzazione e ricombinazione mettono in evidenza l’importanza dello scambio conoscitivo tra im- prese al fine di aumentare la conoscenza del sistema, quanto da quelle riportate dalla letteratura presentata nella prima parte del presente lavoro: il capitale sociale si presenta come uno strumento fondamentale al fine di vincere la gara competitiva, gara basata sul potenziale innovativo di un sistema produttivo. Il capitale sociale pu`o essere riferito alle caratteristiche dell’organizzazione sociale, come il grado di fiducia, le norme codificate e tacite e le reti di relazioni, che riescono a facilitare
3 Tali diversificazioni sono sviluppi di risorse racchiuse nel nucleo produttivo originario del distretto e si identificano nel processo di “creativit`a innovativa diffusa” (Bellandi 1996) trattato nella precedente parte del lavoro.
azioni coordinate da parte di una comunit`a, nel nostro caso il distretto industria- le4. Pertanto, seguendo sia l’interpretazione di Burt del processo innovativo, che le considerazioni di Visser e Boschma in merito ai lock-in distrettuali, appare doveroso considerare la possibilit`a che in presenza di nuova molteplicit`a non avvenga la mes- sa a rete di tale conoscenza e si vada cos`ı a configurare una condizione di lock-in
istituzionale. Lo stesso Antonelli, come evidenziato nella parte finale del precedente
capitolo, rileva in quale modo i sistemi economici orientati all’innovazione possano essere pensati come reti di comunicazione, costituiti da agenti il cui comportamento innovativo `e collegato al sistema di relazioni esistente (Antonelli 1999).
Riprendendo quindi da dove lasciato sopra, appare chiaro come il mutamento del paradigma cognitivo non assicuri il sottrarsi del sistema da condizioni di lock-in. La teoria dei buchi strutturali, la quale suggerisce di investigare sulla struttura del reticolato relazionale di un sistema al fine di identificare il potenziale innovativo dello stesso, mostra come in corrispondenza di una rete di relazioni satura, definita come una condizione dove i gruppi socio-economici distinti sono talmente connessi tra loro da non consentire una certa indipendenza intellettuale, si concretizzino alti gradi di densit`a relazionale. La saturazione del reticolo relazionale di un sistema identifica l’assenza di agenti con indipendenza necessaria a permettere l’emergere di buone idee senza che intervengano influenze culturali, gerarchiche piuttosto che conoscitive o quant’altro (Burt 2001). Viceversa, se la densit`a relazionale assume valori di molto inferiori a 1 si assiste alla possibilit`a di identificare, all’interno del sistema produttivo, opportunit`a innovative non sfruttate. In tal caso i meccanismi endogeni distrettuali funzionano, generando nuova variet`a, la quale nel caso in cui non venga sfruttata nel lungo periodo diviene inefficienza. Pertanto, se le condizioni
4 Per approfondimento si veda Coleman 1988. L’autore oltre a sottolineare come debba inten- dersi il concetto di capitale sociale mette in luce come: “Social capital, however, comes about through changes in the relations among persons that facilitate action. If physical capital is wholly tangible, being embodied in observable material form, and human capital is less tangi- ble, being embodied in the skills and knowledge acquired by an individual, social capital is less tangible yet, for it exists in the relations among persons.” (Coleman 1988, pp. S100-S101).
sistemiche, nello specifico i paradigmi istituzionali, non sono capaci di adattarsi al mutamento di tale variet`a, si va a configurare una condizione di lock-in istituzio-
nale. Cosa sia e come si calcoli la densit`a relazionale `e concetto ormai diffuso, ma `e necessario comunque un breve richiamo. In un sistema con n agenti (o nodi) il numero massimo di connessioni `e dato da:
M L = (n− 1)n
2 (3.1)
si deduce quindi che la densit`a relazionale (N D), dove con L si definisce il numero di link esistenti al momento dell’osservazione, siano essi diretti o indiretti, sar`a:
N D = 2L
(n− 1)n (3.2)
Abbiamo sottolineato il fatto che i legami possano essere diretti o indiretti in quanto, come suggerito da Burt in merito al broker dell’innovazione, sono considerati con- nessi anche nodi non collegati direttamente ma uniti da un soggetto ponte (percorso massimo di due balzi). Rielaborando il concetto di Burt, un sistema produttivo `e caratterizzato da un numero limitato di possibilit`a di generare innovazione quando presenta un reticolato di relazioni possibili5 quasi completato, N D ∼= 16. Appare complicato ed improbabile raggiungere il massimo numero di collegamenti: non `e facile che il sistema riesca a distribuire gli incentivi in modo tale da far realizzare e mantenere il numero massimo di connessioni agli agenti, visti i costi necessari alla realizzazione del legame. Inoltre, la densit`a relazionale varia nel tempo in base ai payoffs che vanno ad incentivano o disincentivare la connessione: diminuir`a se i costi per il mantenimento e/ o realizzazione sono superiori ai benefici che derivano dal
5 Naturalmente, mantenendoci coerenti con le analisi sopra, non si pu`o considerare qualsiasi legame utile ai fini innovativi. Pertanto, con possibili, in questo contesto, si intende legami capaci di generare CI > 0.
6 Come vedremo nel capitolo 3.4, tale condizione `e equivalente agli alti gradi di LT K come definiti nei precedenti capitoli
legame, mentre aumenter`a se i benefici superano i costi da sostenere.