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I test catalitici di sintesi diretta di perossido di idrogeno sono stati condotti in un’autoclave prodotto da Autoclave Engineers, raffigurato in Figura 6.1.

Questo è costituito di acciaio inossidabile AISI 316 dotato di uno strato di ossido di cromo che funge da barriera protettiva per il metallo. Nel caso della reazione in questione tale rivestimento si dimostra doppiamente efficace, minimizzando il contatto tra il prodotto H2O2 e il ferro, agente di decomposizione. Esiste la possibilità che usi successivi del reattore, e manipolazioni interne, necessarie all’inserimento del catalizzatore, generino graffi e rovinino la superficie protettiva di ossido. Un trattamento in ambiente ossidante (come quello reattivo adoperato) e una passivazione del reattore con acido nitrico e sonicazione permettono la rigenerazione dell’ossido di cromo.

Il bicchiere cilindrico, sede della reazione, viene avvitato al resto del reattore. La tenuta in testa è garantita da una guarnizione in teflon, che va sostituita periodicamente per evitare perdite incontrollate di pressione.

Capitolo 6 L’impianto batch trifasico

84 Figura 6.1. Autoclave Engineers adoperato per la sintesi diretta di perossido di idrogeno.

In Figura 6.2 è illustrato lo schema dell’apparato sperimentale in questione, affiancato dalla descrizione in Tabella 6.1 delle apparecchiature coinvolte.

La reazione di sintesi diretta di perossido di idrogeno avviene in sistema trifasico.

Capitolo 6 L’impianto batch trifasico

85 I reagenti, ossigeno e idrogeno, sono caricati in forma gassosa, così come l’inerte diluente, azoto nel nostro caso (sostituibile con CO2), l’ambiente di reazione è metanolo liquido, e il catalizzatore metallico adoperato è in fase solida. Tale peculiarità si riflette nella configurazione dell’impianto adoperato, e nel caricamento consecutivo delle diverse fasi coinvolte.

L’ambiente di reazione liquido è costituito da 60 ml di metanolo. Il caricamento, in passato svolto mediante pompa HPLC, è stato semplificato, svincolandosi dall’uso della pompa, spesso soggetta ad interruzioni e anomalie.

Tabella 6.1 Descrizione delle apparecchiature coinvolte. Nome apparecchiatura Tipologia Funzione

V-01 Sfera, on/off Linea H2

V-02 back mixing Linea H2, anti reflusso

V-03 Spillo, intercettazione Linea H2/ Prelievo liquido

V-04 Spillo, regolazione Linea H2/ Prelievo liquido

V-05 Sfera, on/off Linea N2

V-06 Sfera, on/off Linea N2

V-07 Spillo, regolazione Linea N2/ Linea O2

V-08 Sfera, on/off Linea O2

V-09 Sfera, on/off Linea O2

V-10 Spillo, intercettazione Prelievo gas

V-11 Spillo, regolazione Prelievo gas

Si è scelto di alimentare il volume di metanolo direttamente nel recipiente di reazione, pesandolo su bilancia analitica (60 ml equivalenti a 47.4 g). Essendo il metanolo molto igroscopico, prima di prescegliere tale metodo di caricamento, sono stati effettuati una serie di test per assicurarsi che il quantitativo di umidità assorbita dal mezzo liquido non fosse eccessivo e compromettente per la reazione di sintesi stessa.

In Figura 6.3 si può vedere il profilo di acqua titolata (con dispositivo Karl Fisher) al passare del tempo in un volume noto di metanolo.

Le prove dimostrano come la capacità di assorbimento di H2O diventi significativa solo dopo un periodo superiore ai 20 minuti. Si è scelto di validare la procedura di semplice caricamento descritta ma di standardizzare il tempo di travaso di metanolo, pesata e chiusura del reattore a 15 secondi per ciascuna fase.

I gas di reazione provengono da tre distinte bombole, situate all’esterno del laboratorio per motivi di sicurezza. Le linee giungono singolarmente al pannello allestito sotto cappa, dove sono presenti, per ciascuna alimentazione gassosa delle valvole a sfera on/off (V01, V-05, V-08). Si tratta di una misura cautelativa di controllo che separa la zona di approvvigionamento dalle bombole dalla zona più prossima alla sezione di reazione.

Capitolo 6 L’impianto batch trifasico

86 Figura 6.3. Assorbimento progressivo di H2O in MeOH seguito con titolazioni KF successive nel tempo.

Ossigeno ed azoto seguono due linee di alimentazione con la medesima configurazione ( V-08/V-09 O2, V-05/V-06 N2, a sfera on/off) che convogliano in un singolo capillare. Segue una valvola a spillo di regolazione (V-07) prima dell’entrata all’autoclave, che consente di dosare più precisamente i gas nell’ambiente di reazione.

La linea dell’idrogeno è articolata in modo più complesso; l’accuratezza nel caricamento del reagente limitante è essenziale e diverso tempo è stato speso al fine di ottimizzare questo aspetto.

Dopo V-01, sul pannello a muro, è inserita una valvola a senso unico V-02, di back mixing/non ritorno, misura precauzionale che impedisce un accidentale reflusso di idrogeno dall’ambiente di reazione, in pressione, alle tubazioni di alimentazione. Seguono due valvole a spillo, V-03 e V-04, rispettivamente di intercettazione e di regolazione, mediante le quali è più agevole misurare il quantitativo di reagente immesso.

Tutti i capillari di collegamento tra le valvole citate, e in entrata all’autoclave sono costituiti da acciaio inossidabile con diametro 1/16”. La raccorderia usata è di tipo Swagelok per le connessioni alle valvole a sfera, Hamlet per le connessioni alle valvole a spillo; per i collegamenti alla testa del reattore sono stati utilizzati raccordi appositi Autoclave Engineers.

Il capillare per l’immissione di N2 e O2 si connette alla testa del reattore senza entrare in profondità, mentre la linea dedicata ad H2 raggiunge scende di 9 cm circa internamente al reattore. Considerando che l’altezza interna totale del bicchiere cilindrico è di 12.6 cm e che l’ambiente di reazione liquido occupa un volume di altezza 9 cm, risulta che solo la seconda delle due linee descritte è alimentata sotto il battente di liquido.

Capitolo 6 L’impianto batch trifasico

87 E’ stata, nel corso dei test, presa in considerazione la possibilità di prolungare anche il capillare di ossigeno e azoto per consentire ai gas di entrare miscelandosi più facilmente con l’ambiente liquido. Purtroppo complicazioni sopraggiunte dovute a continui fenomeni di perdite di pressione hanno costretto ad abbandonare il progetto.

Per quanto riguarda la linea di campionamento è stata apportata una modifica sostanziale. Si è deciso di adoperare come circuito di prelievo la sezione finale della linea di alimentazione di idrogeno. Una volta alimentati i reagenti e avviata la reazione, a valvole completamente chiuse, la linea di H2 viene aperta in prossimità delle due valvole a spillo antecedenti il reattore. In questo modo dal tubo capillare sotto battente il campione viene convogliato a V-04 poi a V-03, e raccolto in eppendorf.

Il capillare entrante nel reattore, impiegato sia per il caricamento di H2 che per il prelievo dei campioni, è dotato di un filtro da 0.5 μm, che evita l’accidentale intasamento della linea, soprattutto nel caso si vogliano svolgere test con un diverso catalizzatore in forma di polvere.

Per sfiatare i gas dall’ambiente di reazione, al termine della reazione o nelle fasi preliminari di avvinaggio, si utilizza una coppia di valvole a spillo V-10 e V-11; il capillare che unisce quest’ultima alla testa del reattore è più corto, e appositamente non raggiunge la zona liquida dell’ambiente di reazione, rimanendo così dedicato alla fase gassosa.

6.2 Caricamento del catalizzatore

L’impianto batch è stato utilizzato, come verrà descritto nel capitolo dedicato alle prove sperimentali (Capitolo 7), per testare sia le fasce e le lamine di Pd supportato su Cu sia il disco policristallino di Pd.

La geometria delle fasce è stata appositamente studiata in previsione del collocamento in autoclave, il diametro di queste è di qualche millimetro inferiore rispetto al diametro del bicchiere cilindrico, sede della reazione. L’inserimento delle fasce avviene agilmente spingendole con cautela nel bicchiere e regolandone l’apertura grazie alla fessura appositamente lasciata (Figura 4.1, Capitolo 4, Catalizzatori usati)

Per il caricamento delle lamine si è sfruttata la posizione della termocoppia interna all’autoclave. Come già illustrato in Figura 4.2, nel Capitolo 4 dedicato ai catalizzatori impiegati, la lamina è stata agganciata saldamente alla parte metallica della termocoppia, ad un’altezza tale da rimanere per tutto il tempo di reazione immersa nel metanolo liquido. Particolare attenzione bisogna prestare alla distanza minima indispensabile tra la parte terminale della lamina e la girante interna all’autoclave per evitare il contatto tra le due. Per il disco policristallino di Pd è stato costruito un porta campione su misura in teflon, la cui geometria si adatta perfettamente al fondo del reattore. La parte superiore circolare

Capitolo 6 L’impianto batch trifasico

88 accoglie il disco di Pd, lasciandone esposta solo una faccia; il disco è immobilizzato da una vite filettata, anch’essa in teflon, avvitata dal lato inferiore del porta campione. Si sottolinea come la geometria del sostegno in teflon sia stondata sul fondo in modo da combaciare il più possibile con l’estremità del bicchiere di acciaio, minimizzando la quantità di liquido tra i due.