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DESCRIZIONE GEOMORFOLOGICA DEGLI AFFLUENTI DELL’ARNO

Tutti gli affluenti scorrono nella pianura fiorentina a valle della città di Firenze, eccetto del tratto terminale dell’Ombrone (Fig 3.5) che è incassato per 3.5 km fra boscosi rilievi collinari in uno stretto e sinuoso tratto. Nel corso dei lavori tutto questo tratto è stato mappato, estendendo poi i rilevi ad altri 4.0 km nella zona pianeggiante che unisce l’area incassata al centro abitato di Poggio a Caiano, per un totale di 7.5 km su 47 km complessivi. Praticamente il tratto analizzato corrispondente a tutto il suo sviluppo nel territorio provinciale fiorentino e termina alla confluenza con l'Arno, del quale è affluente destro.

alle piene dell'Arno. Grazie a questa caratteristica esso nel passato venne usato, allo stesso modo dell’Arno, come via di trasporto che tuttavia fu abbandonata nel XIX secolo. Il tratto effettivamente praticabile, con l'esclusione dei periodi di magra estiva, era proprio quello che partiva dalla confluenza nell'Arno fino allo scalo di Poggio a Caiano. Nel XIV secolo tale tratto venne usato per abbreviare il trasporto della lana verso Prato. Lungo questo torrente hanno viaggiato anche molti materiali da costruzione e tra il XVI ed il XIX fu alquanto importante il trasporto minerali di ferrosi provenienti dalle cave dell’isola d’Elba.

Fig. 3.5 - Il torrente Ombrone

Il Bisenzio (Fig 3.6) è stato rilevato per 13 km su un totale di 47 km, dal confine tra la Provincia di Prato e quella di Firenze, attraverso il comune di Campi Bisenzio ed infine quello di Signa fino alla confluenza con l’Arno. Esso scarica le proprie acque in destra idrografica del fiume Arno, costringendolo a formare un’ampia ansa verso sud che lambisce elevati rilievi collinari. Questo torrente sfocia a monte di un’area densamente urbanizzata (Ponte a Signa e Signa) che fin dai primi insediamenti ha sempre avuto il problema di difendersi contemporaneamente sia dalle piene dell’Arno che da quelle del Bisenzio. La sua pericolosità è dovuta principalmente al fatto è che esso ha un regime spiccatamente torrentizio, ma è anche legata all’estremo restringimento ed incanalamento che esso ha subito nel corso del tempo. Il Bisenzio infatti quando entra nel comune di Campi Bisenzio vede diminuire il proprio alveo in maniera sensibile, nonostante le sue acque ricevono ancora quelle di alcuni importanti corsi d’acqua. Ad esempio il torrente Marinella raggiunge il Bisenzio in località Capalle ed il Marina presso il capoluogo. A San Mauro a Signa riceve invece le acque del Fosso Macinante

provenienti direttamente dall’Arno tramite la pescaia di Santa Rosa, posta ad una distanza di circa 8 km nel centro di Firenze. Numerosi sono gli allagamenti ed le inondazioni che ancora oggi si ricordano. Ad esempio dopo un'alluvione nel 1630, venne inviato sul Bisenzio addirittura Galileo Galilei il quale si dichiarò contrario ad interventi di raddrizzamento delle anse presenti nel tratto a valle di Prato e favorevole invece ad interventi localizzati di pulizia dell'alveo (Westfall, 1989). In tempi più recenti invece solo nel XX secolo si sono verificate tre alluvioni disastrose: nel 1926 (Campi Bisenzio); il 4 novembre 1966 (Campi Bisenzio e Signa) e nel 1991 (Campi Bisenzio) (Becchi et al., 1995). Sebbene si tratti di un fiume minore, il Bisenzio ha comunque avuto l'onore di essere menzionato in alcune opere della letteratura italiana (Dante Alighieri nella Divina Commedia, Inferno, Canto XXXII, vv. 40-60, Gabriele D'Annunzio nelle "Laudi", "Elettra" , "Le Città del Silenzio", Curzio Malaparte nei "Maledetti

Toscani") senza riferimento in questo caso ad eventi disastrosi.

Fig. 3.6 - Il torrente Bisenzio

Il torrente Marina (Fig 3.7) è affluente sinistro del fiume Bisenzio e gli studi in questo torrente sono stati realizzati a partire dalla confluenza col Bisenzio per un tratto lungo 3 km, su un complessivo di 13 km, di cui tutti nel comune di Campi Bisenzio. Il Marina entra nel territorio comunale di Campi Bisenzio in località Le Prata, riceve le acque del Garille Nuovo e confluisce nel Bisenzio nei pressi della località di Fornello. Tutto il tratto analizzato presenta, come ogni altro corso d’acqua di pianura, importanti difese longitudinali che nei tratti industriali attraversati sono caratterizzati da veri e propri muri d’argine o rilevati in terra rinforzati internamente da spessi muraglioni tali da far assumere al torrente i caratteri

morfologici tipici di un canale artificiale dall’alveo piatto e fortemente incassato. Negli anni passati una serie di eventi alluvionali hanno colpito il tratto vallivo del torrente Marina. Tra questi si ricorda l'evento del 1991, del 1993 e recentemente quello del 1999. Tra i tre citati, l'evento del 1993 è stato certamente il più dannoso, poiché provocò dissesti nell'alveo e danni ingenti alle difese idrauliche, oltre all'inondazione di alcuni stabilimenti in sinistra idraulica (Officine Galileo). In seguito a questi episodi sono stati studiati dalle amministrazioni locali alcuni interventi strategici per la riduzione del rischio idraulico, quali il rafforzamento e la riqualifica dei manufatti arginali, ma soprattutto l’attivazione di alcune casse di espansione nei tratti pedemontani. L’intento di quest’ultime è quello di laminare le portate in arrivo ai tratti vallivi che risultano anche essere i tratti più critici, specialmente in corrispondenza di alcuni vecchi ponti che non sono in grado di smaltire correttamente abbondanti deflussi liquidi.

Fig 3.7 - Il torrente Marina

La Greve (Fig 3.8) è stata rilevata invece per 4 km su un totale di 43 km dal centro di Scandicci fino alla foce, che è situata in sinistra idrografica dell’Arno ad un chilometro a monte della località Ugnano nel comune di Firenze. Questo torrente attraversa un tratto pianeggiante che, data la vicinanza alle maggiori città della piana fiorentina, ma soprattutto alle principali vie di comunicazione, ha subito da sempre una forte urbanizzazione. Per proteggere da una possibile esondazione le infrastrutture, che sono state costruite sempre più a ridosso del torrente, sono state realizzate nuove opere idrauliche o rinforzate quelle preesistenti. Principalmente si tratta di opere longitudinali, quali argini, muri e rivestimenti spondali che hanno artificializzato e irrigidito il fiume facendogli perdere progressivamente la sua funzionalità ecosistemica. Nel

1929 ad esempio venne modificato per motivi di sicurezza il corso della Greve in prossimità della attuale Piazza Marconi, dando origine all’area così come la conosciamo oggi.

Fig 3.8 - Il torrente Greve

Il torrente Mugnone (Fig 3.9) è stato mappato per 6 km su 17.5 complessivi dal quartiere fiorentino delle Cure fino alla confluenza con l’Arno del quale è tributario di destra. Nasce nelle colline a nord est di Firenze, in comune di Fiesole, bagna la periferia di Firenze e, dopo aver ricevuto le acque dal suo principale affluente (Terzolle) e aver costeggiato il parco fiorentino delle Cascine, si getta nell'Arno in prossimità del Viadotto dell'Indiano. Ha un regime idrologico tipicamente torrentizio, con piene insidiose durante l’autunno. In condizioni meteorologiche particolari di forte piovosità si è spesso verificata l'esondazione del torrente con gravi danni agli edifici circostanti e disagi alla popolazione. L'ultimo di questi eventi avvenne nella zona dello Statuto nel 1992 (Becchi et al., 1995), spingendo l’amministrazione locale ad una maggiore attenzione per queste aree.

In origine il Mugnone sfociava nell'Arno nei pressi dell'attuale Ponte Vecchio e la confluenza tra i due fiumi, assieme alle possibilità di guado, fu probabilmente la causa della scelta del sito per l'edificazione della città romana. Nel Medioevo il fiume fu deviato verso nord-ovest per riempire i fossati prospicienti alle mura della terza cerchia; Porta a San Gallo e Porta a Faenza erano infatti munite all'esterno di un ponte per scavalcarne la corrente (ARPAT, 2007). Nell’area occupata dalle suddette porte nel 1534 si iniziò a costruire la fortezza da Basso ed il corso del Mugnone venne nuovamente deviato fino al suo congiungimento col Terzolle, che fino ad allora sfociava direttamente in Arno. Da allora lungo questo tracciato si sono succeduti

numerosi interventi antropici per aumentare la sicurezza delle aree urbane che progressivamente si sono sviluppate tutto intorno, perdendo nel contempo qualsiasi connotazione di naturalità. Le opere realizzate consistono principalmente in modificazioni della sezione (allargamento/restringimento dell’alveo), costruzione di argini cementificati e successivi rinforzi, opere trasversali e difese spondali costituite per lo più da muri in pietrame di diverse altezze e pesanti rivestimenti in calcestruzzo. La presenza costante di argini di cemento, insieme alle frequenti pulizie fluviali, non permettono l’instaurarsi di una fascia di vegetazione perifluviale, e spesso neanche di un sottile tappeto erboso sulle sponde. Nell’area cittadina il fondo si presenta spesso impermeabilizzato o profondamente alterato, anche a causa delle numerose traverse che bloccano il sedimento, ridotto quindi a sabbia e limo, incapace di trattenere la sostanza organica (ARPAT, 2007).

Il percorso cittadino del Mugnone è stato condizionato a tal punto che il torrente si riduce ad una lamina d’acqua più o meno omogenea dove meandri, raschi e pozze sono del tutto assenti. In queste condizioni viene a mancare anche l’eterogeneità ambientale indispensabile per la comunità acquatica, che necessita di microhabitat di diverso tipo per poter svolgere le varie funzioni vitali. Alcuni tratti sono stati trasformati in canali trapezoidali di cemento, dove nelle stagioni estive le acque diventano stagnanti, povere di ossigeno e maleodoranti. La vegetazione fluviale sia riparia che acquatica è stata oggetto negli anni di tagli indiscriminati, in quanto considerata come un fattore di rischio per l’esondazioni, per l’aumento della scabrezza dell’alveo e delle aree golenali e per la possibile ostruzione di ponti in caso di piene.

Il torrente Terzolle (Fig 3.10) è stato rilevato risalendo il corso dalla foce per 1.5 km all’interno della città di Firenze e attualmente è il principale affluente del torrente Mugnone, nel quale confluisce in destra idrografica in corrispondenza del Ponte di San Donato. Il suo nome deriva da una pietra sulla via Cassia Nuova, che segnava il terzo miglio da “Florentia”, ma anticamente ricevette l’appellativo di Rivus frigidus (Rio freddo) a causa delle sue fredde acque durante tutto l’anno, dal quale è poi derivato il nome del quartiere di Rifredi. Dopo aver superato il Ponte di Mezzo attraverso una soglia che rende il fondo stabile il Terzolle si unisce al Mugnone, all'altezza del Ponte di San Donato. Il corso d'acqua che ne deriva prosegue mantenendo il nome di Mugnone fino alla confluenza con il fiume Arno. In origine il Terzolle aveva un percorso diverso poiché arrivava a sfociare in Arno all’altezza di Ponte alle Mosse. Con la costruzione della Fortezza da Basso nel 1535 il ramo dell’Arno in cui si immetteva il Terzolle fu prosciugato, il torrente fu forzato a piegare verso l’attuale foce e contemporaneamente il Mugnone venne deviato fino ad incrociare il Terzolle al Ponte di San Donato (ARPAT, 2007).

Fig. 3.10 - Il torrente Terzolle

Il Vingone (Fig. 3.11) infine, affluente sinistro del fiume Arno, è stato rilevato per 7 km interamente nella pianura di Scandicci dalla foce fino alla località Ponte a Vingone. Esso incrocia, lungo il suo percorso, importanti vie di comunicazione (l’Autostrada A1 e la Strada di Grande Comunicazione FiPiLi) e da il nome ad un popoloso quartiere della periferia di Scandicci. Per lunghi tratti è un torrente pensile con argini in gran parte cementificati e rettificati, come del resto lo sono quasi tutti i torrenti analizzati. Al di sopra dei suoi argini

cementificati non cresce nessun tipo di vegetazione ripariale che possa consentire un minimo di autodepurazione dell’acqua che per gran parte dell’anno è maleodorante.

4. MAPPATURA DI DETTAGLIO