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INTEGRAZIONE DELLE CRITICITÀ RILEVATE AI MODELLI PROPOSTI

6 APPLICAZIONE DEI DATI AL RISCHIO IDRAULICO

6.3 INTEGRAZIONE DELLE CRITICITÀ RILEVATE AI MODELLI PROPOSTI

Per completare la discussione relativa al rischio idraulico nella città di Firenze possiamo integrare le considerazioni relative alle linee di deflusso nei casi proposti con le criticità rilevate nella zona di interesse.

Innanzitutto bisogna considerare che il tratto cittadino risulta arginato a partire dal Ponte di San Niccolò in direzione del centro urbano. Le difese sono costituite da muri diversamente elevati, e quasi mai tali da ostruire la vista al fiume alla popolazione (Fig. 6.30). Due sono gli elementi più critici da considerare in questo settore: la profonda lesione sul muro nella terrazza prospiciente a piazza Poggi (sponda sinistra) e la presenza di una balaustra in pietra al posto della spalletta di fronte alla galleria degli uffizi. Nel primo caso il rischio è connesso ad una rotta arginale che può mettere a repentaglio l’integrità della sottile striscia di pianura compresa tra ponte San Niccolò e Ponte Vecchio. Nel secondo il pericolo è connesso ad una tracimazione inaspettata attraverso i balaustri con portate inferiori a quelle critiche per il tipo di sito in questione. Le aree impattate da un evento del genere risultano principalmente le quelle prossime al centro storico, corrispondenti alla zona di inversione dei flussi nel passaggio da normale dinamica d’alveo a deviazione dei fluidi per ostruzione del ponte.

Il tratto a monte è invece caratterizzato da solo ciglio di sponda che in riva destra sottende dei piccoli bacini come specificato nel paragrafo 6.2.3 e al contrario in riva sinistra è invece direttamente a contatto con il bacino principale di cui è già stato ampiamente discusso (Fig. 6.30).

Fig. 6.30 – Sovrapposizione dei principali elementi mappati ad una elaborazione 3D del DSM.

Le criticità finora messe in relazione derivano da osservazioni relative allo stato di conservazione degli elementi mappati; vediamo adesso quale correlazione possiamo individuare tra le linee di deflusso e le aree esondabili nel caso dell’Arno completamente ricevente e dell’Arno con ponti occlusi.

Nel caso che l’Arno mantenga le proprie funzionalità idrodinamiche (Fig. 6.31) vediamo che l’argine inizia ad essere esondabile a partire da eventi che hanno un tempo di ritorno di 100 anni. Quest’area si trova in sponda destra a monte di Ponte alle Grazie e pertanto i fluidi di tracimazione sono destinati a volgere quasi subito verso l’Arno come suggerito dal reticolo dei deflussi. La situazione peggiora per T200 poiché si presentano argini a rischio sormonto anche a valle di Ponte alle Grazie. Ciò si realizza in prossimità della chiusura di sezione del bacino di destra e pertanto l’eventuale fuoriuscita di acqua in quel settore potrebbe creare dei problemi piuttosto grossi. Innanzitutto si ostacolerebbe l’immissione in Arno dei fluidi in circolazione nel bacino, poi, se l’evento continuasse, si potrebbe verificare un ristagno momentaneo di acqua fino a giungere ad una vera e propria inversione dei flussi con allargamento progressivo del bacino verso ovest. Nell’ipotesi di un tale evento assisteremmo ad una inondazione della zona ritenuta sicura ancor prima di un eventuale sbarramento della corrente dell’Arno. Ad ogni modo le quote raggiunte dal massimo di livello di piena non sono molto più basse di quelle

sopravvenga anche un’occlusione, se pure parziale, della sezione idraulica. In caso di piena con tempi di ritorno di 500 anni le aree a rischio tracimazione aumentano in sponda destra, principalmente in direzione della pescaia di san Niccolò, ma soprattutto si presenta come rischiosa una lunga fascia sulla riva opposta presso la quale si trova anche la profonda lesione arginale di cui è stato accennato precedentemente. Per quanto riguarda il settore dotato di solo ciglio di sponda abbiamo tutta una serie di punti con probabilità di straripamento che per la loro posizione geomorfologica non determinano particolari situazioni critiche per eventi associabili a tempi di ritorno moderati (T30, T100). La situazione diventa più sfavorevole per esondazioni associate a portate maggiori (T200 e T500) poiché si presenta un forte rischio laddove l’urbanizzazione si è spinta a ridosso dell’alveo (lungarno Ferrucci in sponda sinistra e piccoli tratti in sponda destra) ed in particolare nel punto in cui il torrente Africo si immette in Arno. Questo corso d’acqua tributario è praticamente interrato e la forza della corrente di piena potrebbe arrivare a generare un incontrollato rigurgito con ripercussioni anche sul sistema fognario. Tutti gli altri sbocchi minori non dotati di portelli protettivi potrebbero inoltre subire la stessa sorte.

Per concludere nel caso che l’Arno presenti l’occlusione dei ponti (Fig. 6.32) vediamo che le aree tracimabili sia relative all’argine che al ciglio di sponda alimentano il grande bacino che si viene a specificare in questo frangente. Le aree di tracimazione arginale in sponda destra che progressivamente si delineano al crescere della tipologia dell’evento sono posizionate in modo tale da alimentare una delle principali linee di deflusso; quella che una volta ricevute le acque provenienti dalle colline di san Miniato inizia in prossimità della Biblioteca Nazionale e passando per piazza Santa Croce si congiunge alla linea di deflusso principale in prossimità del duomo. Anche le aree di tracimazione relative al ciglio in sponda destra contribuiscono, a partire da eventi centennali, ad alimentare un’altra importante linea di deflusso. Essa parte dal ponte Giovanni da Verrazzano e si congiunge al tracciato principale (via Aretina) dopo un breve tratto rettilineo. Infine, in tutte le aree tracimabili poste in sinistra idrografica i sormonti risultano attenuati dai flussi che quella parte del bacino scarica verso di essi in direzione della sponda opposta. Per quanto riguarda invece gli scarichi, allo stesso modo del caso dell’Arno ricevente, quelli non dotati di adeguata protezione sono destinati a subire importanti effetti di rigurgito, così come il tombamento del torrente Affrico.

Fig. 6.31 - Sovrapposizione delle aree a rischio tracimazione nei vari tempi di ritorno e degli elementi di criticità, quali gli scarichi, al reticolo idraulico superficiale in caso che l’Arno defluisca normalmente verso valle.

Fig. 6.32 - Sovrapposizione delle aree a rischio tracimazione nei vari tempi di ritorno e degli elementi di criticità, quali gli

T100

T200

T500

Legenda scarichi (fogne/tombamenti) ciglio esondabile argine esondabile

T30

T30

T100

T200

T500

Legenda scarichi (fogne/tombamenti) ciglio esondabile argine esondabile