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Capitolo 10. Il trapianto di rene da donatore vivente incompatibile

10.3 Strategie per superare le barriere al trapianto di rene

10.3.1 Desensibilizzazione

A partire dall’esperienza giapponese iniziata nel 1989 sui trapianti ABO incompatibili (ABOi),233 sono stati prodotti numerosi protocolli di terapia desensibilizzante volta

all’abbattimento dei titoli anticorpali per impedire il rigetto iperacuto.

La casistica più ampia proviene dai registri giapponesi che, con oltre 2000 trapianti ABOi eseguiti in 120 centri, hanno dimostrato la sicurezza della procedura.233

In particolare, l’outcome dei trapianti ABOi è paragonabile a quello dei ABOc234,235 236 è

stato descritto un processo immunologico, definito di accomodamento, secondo cui, superata la finestra temporale delle due settimane in cui dovrebbe manifestarsi il rigetto iperacuto, l’organo non viene più danneggiato dagli anticorpi del sistema ABO, che restano comunque a basso livello (titolo <32)237238.

I risultati della desensibilizzazione nei trapianti in pazienti HLA-incompatibili (HLAi) non sono altrettanto ottimali: pur abbattendo i titoli anticorpali prima del trapianto, la sopravvivenza complessiva del graft è inferiore rispetto ai pazienti trapiantati da donatore vivente compatibile;239,240 tuttavia, se confrontati con la permanenza in lista in attesa di un

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notevole, soprattutto nel lungo periodo:241,242 a 8 anni la sopravvivenza varia dal 30% (solo

dialisi) al 49% (trapianto con primo donatore cadavere), all’80% (trapianto con donatore vivente previa desensibilizzazione).241,243

Al Cedars-Sinai Medical Center, i pazienti sensibilizzati trascorrevano in dialisi, in attesa del trapianto, 114 ± 56 mesi prima dell’introduzione della desensibilizzazione, oggi sono passati a 4,4 ± 4,9 mesi dopo la desensibilizzazione.244

Lo scopo della desensibilizzazione è quello di ridurre il titolo degli anticorpi diretti contro il donatore ad un livello “accettabile” che è definito secondo gli standard del centro che esegue il trapianto. Generalmente sono ritenuti accettabili crossmatch positivi con MFI < 5000 e titolo delle IgG anti-A o anti-B < 16.245

Le strategie di desensibilizzazione prevedono la combinazione di diverse modalità terapeutiche tra cui:

- Rimozione di anticorpi: o Plasmaferesi

o Immunoadsorbimento - IVIg

- Deplezione della risposta B o Rituximab: anti-CD20

o Bortezomib: proteasoma-inibitore o Splenectomia

- Terapie emergenti

o Inibizione del complemento ▪ Eculizumab: anti-C5

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▪ Inibitori della C1 esterasi o Tocilizumab: anti-interleukina o Trapianto di fegato combinato o Criofiltrazione

o Belimumab: inibitore di BAFF

In particolare, la combinazione delle tre strategie rappresentate da deplezione della risposta B, rimozione degli anticorpi ed immunoglobuline endovena, costituisce il cardine dei principali protocolli desensibilizzanti.

I primi protocolli di desensibilizzazione sviluppati in Giappone prevedevano splenectomia, plasmaferesi ed IVIg; la splenectomia è oggi superata e sostituita dal Rituximab,159

introdotto nella pratica clinica dal 2004, mentre la plasmaferesi è tutt’ora ampiamente inclusa nei protocolli di desensibilizzazione anche se l’immunoadsorbimento selettivo è una pratica tecnicamente più sicura.246

Il Rituximab è un anticorpo monoclonale anti-CD20 che elimina entro 72 ore e fino a 6 mesi le cellule B nel sangue periferico, inibendone la proliferazione sia a livello splenico che linfonodale.247

La rimozione degli anticorpi può essere ottenuta per plasmaferesi standard (USA), plasmaferesi a doppia filtrazione (Giappone) o immunoadsorbimento selettivo. L’immunodsorbimento selettivo è la strategia più sicura per il paziente perché rimuove quasi esclusivamente anticorpi anti-A o anti-B senza alterare il profilo coagulativo e la pressione oncotica del sangue.

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Le immunoglobuline per via endovenosa vengono impiegate sia per reintegrare le perdite della plasmaferesi che, soprattutto, per un dimostrato effetto immunomodulante di cui non sono chiari i meccanismi.158

Protocollo giapponese per i trapianti ABOi248:

1. 3-4 sedute di plasmaferesi a doppia filtrazione in funzione del titolo anticorpale 2. Tacrolimus, micofenolato mofetile e steroidi dal giorno -7

3. Rituximab (375 mg/m²) immediatamente prima del trapianto 4. Induzione con Basiliximab

5. Mantenimento con tacrolimus, micofenolato mofetile e steroidi a basse dosi Protocollo Johns Hopkins per i trapianti ABOi249:

1. 2-10 sedute di plasmaferesi standard seguite da infusione di IVIg (100mg/kg) in funzione del titolo anticorpale

2. Tacrolimus e micofenolato mofetile fin dalla prima seduta di plasmaferesi

3. Rituximab (375 mg/m²) al giorno -1, solo se “alto rischio”, cioè alto titolo anticorpale iniziale, secondo trapianto o rebounds anticropale durante la plasmaferesi

4. Induzione con Daclizumab

5. Mantenimento con tacrolimus, micofenolato mofetile e steroidi a basse dosi 6. 2-6 sedute di plasmaferesi postoperatorie in funzione del titolo anticorpale iniziale

e di altri fattori clinici

Protocollo Mayo Clinic per i trapianti ABOi159:

1. 4-5 sedute di plasmaferesi standard seguite da infusione di IVIg (100 mg/kg) 2. Rituximab (375 mg/m²) al giorno -7

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3. Micofenolato mofetile dal giorno -5 4. Induzione con Timoglobuline

5. Mantenimento con tacrolimus, mifocenolato mofetile e steroidi a basse dosi 6. 2 sedute di plasmaferesi postoperatorie ai giorni 1 e 3

Protocollo svedese per i trapianti ABOi250:

1. Rituximab (375 mg/m²) 2-4 settimane prima del trapianto 2. Tacrolimus, micofenolato mofetile e steroidi dal giorno -10 3. 4 sedute di immunoadsorbimento selettivo ai giorni -6, -5, -2 e -1 4. IVIg (500 mg/kg) il giorno antecedente il trapianto

5. Induzione con Basiliximab

6. Mantenimento con tacrolimus, micofenolato mofetile e steroidi a basse dosi In ogni protocollo è previsto il raggiungimento di un target anticorpale specifico che, una volta raggiunto, abilita il paziente al trapianto; in caso di non raggiungimento del target sono programmate ulteriori sedute di plasmaferesi/immunoadsorbimento.

Inoltre, in prevenzione dell’eventuale rebound del titolo anticorpale durante la finestra temporale dell’accomodamento (7-15 giorni), è indispensabile un monitoraggio immunologico serrato ed eventuali sedute di plasmaferesi/immunoadsorbimento aggiuntive nel postoperatorio.

L’applicazione dei protocolli di desensibilizzazione aumenta necessariamente il tempo di degenza del paziente trapiantato poiché prevede maggiore sorveglianza durante il decorso postoperatorio.

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Il protocollo svedese è il primo protocollo che ha mostrato risultati identici in termini di sopravvivenza, funzione renale e complicanze tra trapianti ABOi ed ABOc.251

I protocolli adottati per la desensibilizzazione nel trapianto HLAi sono sostanzialmente simili a quelli per il trapianto ABOi e sono stati sviluppati a partire da quello della Johns Hopkins del 1998.252 Poiché non sembra verificarsi il fenomeno dell’accomodamento per

gli anticorpi anti-HLA, sono frequenti gli episodi di rebound del titolo anticorpale che determinano l’applicazione di terapie immunosoppressive aggiuntive a base di Rituximab, steroidi e sedute di plasmaferesi che, a lungo termine, influiscono sulla sopravvivenza del paziente e del graft.253

Il protocollo adottato a Pisa per i trapianti ABOi prevede un’unica somministrazione endovenosa di Rituximab 100 mg/m² a 30 giorni dall’intervento, seguita dall’introduzione della triplice terapia anti-rigetto a base di Tacrolimus 0,15-0,2 mg/Kg, Micofenolato Mofetile 2g e Metilprednisolone 16 mg a partire da 10 giorni prima dell’intervento. Si programmano 4 sedute di plasmaferesi ai giorni -6, -5, -2 e -1 e l’infusione di IVIg 0,5 g/Kg al giorno -1. Se il titolo anticorpale al giorno prima dell’intervento non è inferiore a 1:4, l’intervento è rimandato e si procede ad ulteriori sedute di plasmaferesi.

In caso di rebound del titolo anticorpale nelle 2 settimane successive al trapianto, sono indicate sedute di immunoadsorbimento selettivo fino al raggiungimento del target (1:16 nella prima ed 1:8 nella seconda).

La terapia immunosoppressiva all’induzione consiste di ATG o Basiliximab associati a boli da 500 mg di metilprednisolone. Segue il mantenimento con Tacrolimus, Micofenolato Mofetile e Corticosteroidi a basse dosi.

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Figura 10. Protocollo pisano di terapia desensibilizzante per il trapianto ABOi

Il protocollo pisano proposto per i trapianti HLAi prevede la somministrazione per via endovenosa di IVIg 2g/Kg ai giorni -30 e -2 e di Rituximab 375 mg/m² ai giorni -22 e -1 e l’esecuzione di due procedure di plasmaferesi ai giorni -5 e -3. La terapia di induzione è effettuata con boli endovenosi di Metilprednisolone 500 mg ed Alemtuzumab 30mg per via sottocutanea (superiore alla terapia induttiva con ATG nella prevenzione a breve termine del rigetto acuto254).

La terapia di mantenimento consiste nella combinazione standard di Tacrolimus, Micofenolato Mofetile e Corticosteroidi a basse dosi.

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Figura 11. Protocollo pisano per la terapia desensibilizzante nel trapianto HLAi

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