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I dati raccolti dal nostro studio sono perfettamente in linea con quelli presenti nella letteratura internazionale:210,242,257,269,270 il trapianto di rene da donatore vivente

incompatibile è oggi un’opzione percorribile sia attraverso il trapianto in modalità cross- over che previa terapia desensibilizzante con risultati paragonabili.

L’applicazione di strategie per superare la barriera dell’incompatibilità immunologica nel trapianto di rene da donatore vivente è tutt’ora ad appannaggio di pochi Centri Trapianti perché richiede l’applicazione di protocolli ad altissimo livello di complessità.

Se da una parte, le terapie desensibilizzanti applicate ai pazienti del gruppo “desensibilizzati”, oltre ad essere costose, richiedono personale specializzato e capace di gestirne complicazioni e modalità di somministrazione, dall’altra, per realizzare un trapianto con modalità cross-over, oltre alla disponibilità delle coppie, è necessaria una

macchina organizzativa capace di gestire algoritmi e database per ottimizzare i matches e

la logistica degli interventi.

La donazione cross-over è un evento del tutto eccezionale in Italia; nel periodo che va dal primo trapianto cross-over (2005) al 2018, secondo i dati del CNT, sono stati eseguiti solo 40 trapianti di rene con modalità cross-over e 6 casi di donazione samaritana.

Nel nostro studio sono rientrati i dati relativi al 50% dei trapianti cross-over effettuati in Italia fino al 2018.

Un dato rilevante che emerge dall’analisi dei risultati è la sostanziale assenza di differenze statisticamente significative tra i gruppi Cross-over e Desensibilizzati, nel tasso di infezioni virali e in particolare nell’incidenza di infezione da CMV.

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Dalla casistica analizzata è emerso, seppur senza raggiungere l’evidenza statistica, che i pazienti sottoposti a desensibilizzazione per incompatibilità da produzione di DSA, hanno una tendenza a sviluppare un maggior numero di episodi di rigetto rispetto ai pazienti del gruppo cross-over (35% vs %18).

L’indagine condotta in merito al profilo delle risposte immunologiche, ha confermato un dato di letteratura201 nel campione in analisi, cioè che lo sviluppo di DSA e dnDSA si associa

ad aumentato rischio di rigetto. In particolare, la produzione di anticorpi donatore-specifici con titolo mfi maggiore a 3000 (alto titolo), comporta un significativo rischio di rigetto del graft (50% vs 14%; p=0,02).

Secondo i nostri dati, la comparsa di DSA e dnDSA nei pazienti trapiantati è equamente distribuita tra i gruppi cross-over e desensibilizzati (37% vs 37%). Tuttavia, i pazienti trapiantati in modalità cross-over (per i quali sono disponibili dati di follow up fino a 13 anni), tendono a produrre anticorpi DSA tardivamente rispetto al gruppo dei pazienti desensibilizzati, in particolare dopo 5 anni dal trapianto (42%). Questo dato avvalora in

primis il ruolo del monitoraggio seriato della presenza di DSA e dnDSA nei pazienti

desensibilizzati che, viceversa, tendono a produrne a partire dai primi anni di follow up. In secondo luogo, considerando il tasso di rigetto ripartito tra pazienti che hanno prodotto DSA e dnDSA entro due anni e quelli che ne hanno prodotti a partire dal terzo anno, rispettivamente 66% e 25%, pur non raggiungendo la significatività statistica, appare evidente l’esistenza di un trend a sfavore dei pazienti che producono DSA precocemente. Ulteriori studi in merito potranno confermare o escludere la nostra suggestione.

La casistica del Centro Trapianti di Pisa è ricca di pazienti trapiantati con incompatibilità del sistema ABO nel 2014. Sono stati monitorati i valori del titolo delle emoagglutinine durante

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il follow up ed è stato suddiviso il campione in 2 gruppi: rebounders e non rebounders. Dalla nostra analisi non sono emerse differenze significative nell’outcome a 4 anni. Questo risultato potrebbe essere interpretato come un’estensione del fenomeno immunologico dell’accomodamento oppure come bias statistico da limitata numerosità del campione. Un monitoraggio a lungo termine potrà rilevare l’eventuale comparsa di differenze significative tra i due gruppi.

Il protocollo di terapia desensibilizzante impiega farmaci poco maneggevoli e procedure aferetiche che sottopongono il paziente ad un alto rischio di reazioni avverse e complicanze, soprattutto di natura infettiva ed emorragica. Nella casistica in esame non sono state rilevate differenze significative tra i cross-over ed i desensibilizzati, nel tasso di complicanze durante la degenza nel decorso postoperatorio. Il medesimo risultato è stato ottenuto confrontando specificatamente il tasso di complicanze infettive ed emorragiche. Questo risultato può essere letto alla luce dell’impiego di un basso dosaggio di Rituximab (100 mg/m²) del protocollo pisano per i trapianti ABO-incompatibili.

I protocolli di terapia desensibilizzante per abilitare al trapianto di rene non sono standardizzati.159,231,248,250 L’esperienza del Centro Trapianti di Pisa, che impiega un’unica

infusione di Rituximab 100 mg/m² a 30 giorni dal trapianto, sembra offrire buoni risultati: dalla nostra casistica non emerge un aumentato rischio di complicanze e l’outcome è sovrapponibile a quello dei trapianti cross-over.

Il costo delle due strategie proposte appare nettamente diverso e con il nostro studio ci siamo limitati ad una stima dei costi delle procedure di terapia desensibilizzante senza considerare quello delle indagini di laboratorio.

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Indipendentemente dalla strategia applicata, il trapianto di rene da donatore vivente incompatibile ha necessariamente costi superiori al trapianto di rene da donatore compatibile.271 Nel caso dell’applicazione di una terapia desensibilizzante, lo scarto è

chiaro. Nel caso della modalità cross-over occorre considerare che ai costi standard devono essere sommati i costi logistici dei trasferimenti degli organi e della gestione del programma.267

In conclusione, la nostra tesi, avvalorata dai risultati ottenuti nella casistica del Centro Trapianti di Pisa, è che le strategie applicate al superamento delle barriere dell’incompatibilità immunologica siano complementari e non esclusive; riteniamo che possano, dunque, essere integrate in un algoritmo terapeutico che disponga, in primis la formulazione della coppia ideale attraverso un processo di ricerca in un database dedicato al trapianto cross-over e, nei casi in cui l’incompatibilità non possa essere risolta con lo scambio, di superare la barriera attraverso la terapia desensibilizzante.

È in sperimentazione, a Pisa, un algoritmo di questa tipologia. La prima sfida per incrementare il pool dei donatori viventi in un programma KPD è l’arruolamento delle coppie compatibili che può fare la differenza.263

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Figura 52. Algoritmo di applicazione complementare delle strategie di trapianto di rene da donatore vivente incompatibile (da presentazione del dott. Perrone del gruppo di Pisa)

Dietro ai risultati statistici del nostro studio si cela la complessità del ragionamento clinico che deve sempre prendere in considerazione variabili biologiche, cliniche, ancorché umane e tutte le contingenze che ne derivano, della coppia che si rivolge al Centro Trapianti. In quasi tutti i domini del sapere medico va affermandosi il concetto di medicina

personalizzata ma sono veramente pochi gli ambiti in cui la necessità di personalizzazione

sia paragonabile a quello presentato nel nostro studio: rendere possibile la guarigione grazie al dono tra coppie incompatibili.

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