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Capitolo II Ecosistema basato sul detrito

2.7 I detritivori e i microbivori

I microbivori sono un gruppo di organismi animali che operano insieme ai

detritivori nella catena del detrito e che posso essere spesso confusi con loro. Sono di

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detrito da questi assimilato. Lo sfruttamento delle risorse della microflora richiede l’utilizzo di diverse tecniche di alimentazione da parte dei microbivori che dipendono dalle condizioni e dalle strategie di sviluppo di batteri e funghi. I batteri, ad esempio, colonizzano piccole porzioni di superficie del detrito attraverso la suddivisione unicellulare: di conseguenza i microbivori specializzati per il loro consumo sono molto piccoli e includono protozoi (amebe), sia in ambiente terrestre che acquatico, e

nematodi (Pelodera), presenti nel suolo. La maggior parte dei funghi invece tende a

formare delle strutture filamentose molto estese e che sono in grado di penetrare all’interno della materia organica. Gli organismi che si nutrono di funghi sono in grado di penetrare all’interno della materia organica e di nutrirsi del singolo filamento fungino o di alimentarsi pascolando sulle strutture tentacolari superficiali. I microbivori consumano quindi materia organica viva e non seguono la dinamica di tipo donor- controlled caratteristica del sistema basato sul detrito (Laakso et al., 2000).

Maggiori sono le dimensioni dei consumatori e più difficile per loro risulta distinguere tra detrito e microflora presente su di esso. Infatti, la maggior parte dei

detritivori coinvolti nella decomposizione della materia organica morta sono

consumatori generalisti, ossia consumano sia il detrito che le specie di funghi e batteri che lo colonizzano. Evidenze sperimentali mostrano che per i detritivori è più vantaggioso alimentarsi su foglie condizionate dai microrganismi: ne risulta infatti un aumento del tasso di sopravvivenza (Bueler, 1984), di fecondità (Graça, 1990) e di accrescimento (Lawson et al., 1984). Gli invertebrati che prendono parte alla decomposizione di materiale vegetale e animale morto appartengono a diversi gruppi tassonomici. Negli ambienti terrestri questi vengono classificati in funzione delle loro dimensioni in: microfauna (che include anche i microbivori) formata da protozoi, nematodi e rotiferi; mesofauna (di dimensioni comprese tra i 100 µm e i 2 mm) costituita principalmente da acari, collemboli e oligocheti; macrofauna (maggiori di 2

mm) che comprende diploidi, molluschi, ditteri (in fase larvale) e coleotteri. I detritivori

si trovano in tutte le tipologie di ambienti terrestri e spesso presentano un elevata ricchezza di specie e un alto numero di individui: ad esempio in un metro quadro di suolo di una foresta temperata è possibile trovare fino a mille specie di questi organismi, con popolazioni costituite da milioni di individui appartenenti alla microfauna, da centinaia di migliaia della mesofauna e qualche migliaio della macrofauna (Anderson,

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1978). Le caratteristiche del suolo e del detrito modificano la presenza delle diverse categorie di detritivori nel suolo. La temperatura gioca un ruolo fondamentale per il tasso di decomposizione del detrito mentre la presenza o meno dell’acqua nel suolo determina la presenza della microfauna (completamente assente in suoli asciutti).

Gli organismi detritivori in ambiente acquatico si distinguono in quatto grandi categorie in base al metodo con cui viene acquisita la risorsa (Cummins, 1974). I

frantumatori (shredders) sono detritivori che si alimentano principalmente di CPOM e

durante questo processo lo frammentano in porzioni più piccole. Di questa categoria fanno parte larve di mosche, gamberi di fiume e isopodi che si nutrono principalmente delle foglie che cadono all’interno dei fiumi o dei laghi. I collettori (collector) si nutrono invece di FPOM e si distinguono tra gli organismi che usano le particelle di detrito che si trovano nel sedimento (raccoglitori) e quelli che filtrano le particelle in sospensione (filtratori). I raschiatori (scrapers) che hanno appropriati apparati boccali per raschiare e consumare lo strato di materia organica morta legata a rocce e pietre. Infine si ha la categoria degli invertebrati carnivori, che si nutrono di materiale organico di provenienza animale sia morto che vivo. Spesso negli ambienti acquatici molti detritivori sono onnivori, ossia si nutrono sia di materia di origine vegetale che di origine microbica, fecale o animale. La loro scelta alimentare può essere dovuta a diversi fattori tanto che possono nutrirsi: della microflora che i sviluppa sulla matrice fogliare; dei frammenti di detrito lavorato dagli enzimi prodotti dai funghi che lo condizionano; degli enzimi microbici associati al materiale fogliare ingerito che ne aiutano la digestione. I detritivori, infatti, non sono in grado di acquisire direttamente energia dai tessuti fogliari in quanto sprovvisti degli enzimi necessari alla degradazione di tali materiali (Martin et al., 1980). Nella dieta alimentare dei detritivori, il contributo relativo alle foglie in decomposizione o ai microrganismi associati può variare ed è influenzato dallo stadio di condizionamento, dalle specie fungine che si trovano sul substrato fogliare e dalle caratteristiche digestive degli invertebrati. In molti casi, i detritivori mostrano preferenze per alcuni tipi di foglie (Herst, 1982) e per funghi specifici presenti sulle foglie in decomposizione (Suberkropp et al., 1983; Arsuffi & Suberkropp, 1984). Questo fenomeno è probabilmente dovuto ai diversi valori nutrizionali associati alle tipologie di foglie e funghi, anche se questi ultimi sembrano avere un’influenza maggiore sull’appetibilità del detrito. La preferenza potrebbe essere

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dovuta alle sostanze prodotte dai funghi che agiscono come stimolanti o deterrenti per l’alimentazione. Il detrito vegetale in ambiente acquatico presenta un mosaico di aree colonizzate da comunità di funghi che possono differire per composizione e per stadio di decomposizione del detrito. Poiché la composizione in specie della comunità fungina e la durata della colonizzazione influenza la palatabilità delle foglie, le differenze sul detrito portano alla formazione di unità di risorsa qualitativamente variabili per i detritivori che se ne nutrono.

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