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Polla è un comune di poco più di cinquemila abitanti che, per chi arriva da Salerno, rappresenta l’ingresso nel Vallo di Diano. L’ospedale (voluto da Luigi Curto emigrante che fece fortuna in Argentina a inizio ‘900) e l’area industriale lo rendono uno dei paesi più attivi economicamente del territorio, capace di attirare investimenti e di svilupparne il tessuto urbano. Da qui partono per il Sacro Monte di Viggiano I devoti di Polla, un gruppo familiare allargato che con il cinto mantiene il proprio paese nell’orbita lucana.

Pellegrinaggio familiare. Questa forma di partecipazione al pellegrinaggio verso Viggiano

ristretta ai parenti e al nucleo familiare è, negli ultimi decenni, divenuta quella maggioritaria non solamente in Basilicata ma anche in altri contesti italiani. Le famiglie, con la possibilità di muoversi agiatamente in automobile, preferiscono dunque svincolarsi da viaggi organizzati o di gruppo per gestire autonomamente i propri spostamenti. Questo fenomeno, in realtà, affranca i pellegrini da una serie di pratiche rituali strettamente legate alla rappresentazione corporea e visuale della propria appartenenza territoriale: non essendoci cappelli o foulard colorati, stendardi o cinti a definirli e indicarli, si perdono nella folla multiforme dei pellegrini che affollano Viggiano la prima domenica di settembre66. Molti sono rappresentati da famiglie con

66 Un’analisi approfondita dei mutamenti del pellegrinaggio viggianese a partire dal Concilio Vaticano II è stata

redatta, unendo ai dati etnografici quelli relativi all’attività pastorale e alla produzione scientifica di stampo storico-religiosa del rettore del santuario di Viggiano dal 1958 al 1993, don Francesco Romagnano, da Enzo V. Alliegro in Alliegro E. V., Processi di trasformazione di pratiche religiose popolari, op. cit.. Per uno sguardo generale sul fenomeno: Albera D., Blanchard M. (a cura di), Pellegrini del nuovo millennio. Aspetti economici

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i propri figli (neonati, bambini, adolescenti67), tanti da coppie di sposi adulti o da anziani

accompagnati da figli e nipoti: il pellegrinaggio delle famiglie, autonomo e veloce, resta a Viggiano per poche ore unendo al saluto alla Madonna l’occasione per una scampagnata in montagna e l’acquisto di beni alla fiera. Il caso dei devoti di Polla rappresenta il punto d’incontro tra il pellegrinaggio “tradizionale”, ritualmente organizzato, e quello “nuovo” delle famiglie lucane. La famiglia in questione è composta da due sorelle e dai rispettivi figli e mariti che sostengono la fatica del cinto accompagnati da zampognari locali salariati. Assenti gli anziani genitori, coloro che hanno istillato nelle due donne la fede nella Madonna e che hanno tramandato la pratica dell’ex voto di candele. Nei ricordi dell’anziano, che ho avuto l’occasione di incontrare a casa sua, trapelano i pellegrinaggi del dopoguerra, quando per andare a Viggiano si poteva prendere il treno alla stazione di Polla, scendere a Marsico Nuovo e continuare in camion o a piedi68. Oggi le sue figlie partono da casa in auto nel primo pomeriggio del primo sabato di settembre, si dirigono al santuario sul Monte dove salgono il cinto, presentandolo alla Madonna, andandole incontro calpestando con forte emozione i pochi metri dell’edificio sacro. Dopo aver adagiato il cinto al lato della statua, partecipano alla santa messa e ridiscendono, alla fine, in direzione del paese. Qui, com’è avvenuto nel 2014, vanno incontro alla “processione dei pellegrini” che lentamente risale verso la basilica dove, dopo essersi accodati al corteo, entrano, non prima di essere stati benedetti. Qui il cinto incontrerà gli altri ex voto provenienti da diversi paesi e qui sarà riposto per poche ore. All’alba sarà rimesso sul capo dalle due donne e dai loro parenti e si avvierà verso Alli dove aspetterà la Madonna di Viggiano, lungo il suo percorso di discesa dal santuario montano. Ripresa la processione, si avviano con il cinto verso il paese. Questo, sempre accompagnato dalla musica, passa di testa in testa, anche su quelle di portatori non legati da vincoli di parentela con la famiglia. Arrivati a Piazza Papa Giovanni XXIII, lì dove il clero lucano accoglie l’arrivo di Maria, sistemano l’ex voto sul palco e partecipano alla santa messa. Ripartiranno verso casa quando la statua sarà ritornata davanti il santuario, dopo aver smembrato le candele da offrire alla Madonna.

Il cinto. Ogni prima domenica di settembre degli ultimi anni (tranne il 2015), tra i cinti che

aspettano ad Alli l’arrivo della Madonna di Viggiano, è presente una costruzione di candele bianche a raggiera adornata di numerosi fiori di plastica, nastri colorati e con, al centro della

67 Negli ultimi anni si assiste sempre di più alla partecipazione autonoma di comitive di ragazzi, legati alla festa

settembrina dai ricordi dei propri pellegrinaggi familiari o dall’occasione di trascorrere alcune ore, anche accampandosi per la veglia, in montagna.

68 La tratta di riferimento è la Atena L.-Brienza, reticolo delle ferrovie Calabro Lucane, inaugurata nel 1931 e

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parte superiore, un quadro contenente una fotografia della Madonna Nera. Alla sua base è affisso un cartello in carta plastificata con su scritto “I DEVOTI DI POLLA – A memoria di Francesco Caso”. Il cinto è quindi dedicato alla memoria di un congiunto della famiglia che ogni anno si carica delle spese per la cera che verrà offerta alla Madonna e che metterà in pratica quelli che sembrano essere gli elementi principali per trasformare ritualmente la costruzione di candele in un ex voto: salita al santuario sul Monte, discesa in paese, benedizione alle porte della basilica, custodia nel cappellone al lato dell’altare, processione dei pellegrini, veglia, cammino verso Alli, attesa dell’arrivo della Madonna, ritorno insieme agli altri cinti verso il paese, messa e offerta delle candele. Il tutto, ricalcando il modello caggianese, con l’accompagnamento di due musicisti del paese salariati che suonano zampogna e ciaramella. La differenza, però, tra i pellegrinaggi dei due paesi confinanti è scritta sul cartello alla base dell’ex voto di Polla.

I devoti. A reggere il peso del cinto di Polla non sono i rappresentanti della comunità ma i

membri di una famiglia che offrono il proprio essere lì, identificandone l’origine geografica ma al tempo stesso anche limitandone, attraverso una parola, la rappresentatività. “I devoti”, seppur indichi quella parte del paese che riconosce nella Madonna di Viggiano la propria Regina, afferma che tra di essi vi è una cerchia ancor più ristretta che mette in pratica le azioni del pellegrinaggio. Il sostantivo può essere interpretato anche come aggettivo indicando in questa doppia lettura una serie di azioni, compiti, gesti rituali che altri pellegrini che partono da Polla non mettono più in atto. Tanti, infatti, sono i devoti (sostantivo) che partono da questo paese e da molti altri del Vallo di Diano che non indicano visivamente la propria appartenenza e non attuano in gesti legati al cinto, diventando così, di fatto, parte di quella folla anonima non contraddistinta alla vista che riempie Viggiano nei giorni di festa. Questo “anonimato” legato al pellegrinaggio contemporaneo ha silenziato forme di partecipazione legate alla tradizione mutandone anche le componenti. La famiglia di Polla rappresenta così il nocciolo della devozione locale alla Madonna Nera, mutuandone le pratiche, accollandosi da un lato la rappresentatività e dall’altro svincolandosene. Un processo analogo, la riduzione del raggio di coinvolgimento a pratiche legate all’ex voto, sono ravvisabili in molti contesti festivi, soprattutto feste patronali, in cui l’assenza di forme di pellegrinaggio e la scarsa partecipazione degli stessi compaesani ha accollato sulle spalle di pochi rappresentanti i compiti tradizionalmente affidati al cinto o elementi rituali simili. Il caso di Polla, dunque, descrive un fenomeno non legato strettamente al contesto locale ma ravvisabile in molti altri paesi lucani in cui si sta assistendo alla progressiva scomparsa di pratiche devozionali dovuta non solamente a

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motivi religiosi (nuove mete di pellegrinaggio, nuove regole imposte dai sacerdoti) ma soprattutto a motivi culturali69.

A memoria. La memoria a cui si fa riferimento nel cartello dell’ex voto richiama quella di un

defunto, del quale la Madonna deve proteggere e guidare la permanenza nell’aldilà, una pratica rituale che lega al pellegrinaggio un’ulteriore forma di cura di un’assenza. Il trasporto e l’offerta alla Madonna del cinto evita ai parenti del defunto, i devoti di Polla, di «passare con ciò che passa70» assurgendo al ruolo di “simbolo protettivo” che innesca la destorificazione necessaria a «ridischiudere l’agire»71. Riprendendo la ricerca sul pianto funebre in Lucania di Ernesto de

Martino, l’ex voto appare così «azione rituale circoscritta da un orizzonte mitico.72»

Il riferimento alla “crisi della presenza”, al suo superamento che potrebbe apparire forzato e non supportato da solide basi documentarie, in realtà inserisce questa pratica nel panorama magico-rituale lucano a posteriori rispetto alla ricerca demartiniana, trovando una serie di similitudini e analogie che approfondirò in seguito. Il caso del cinto “a memoria di” osservato a Viggiano non è l’unico, seppur questa dedicazione post mortem sia sempre più rara, e rappresenta l’incontro tra il pianto e la festa, tra l’ambiente domestico del ricordo e la celebrazione pubblica della memoria di un congiunto devoto scomparso.

La memoria, però, porta a interpretare il cinto di Polla quale ultimo esemplare di ex voto di candele costruito e offerto nel paese del Vallo di Diano dove, sia in occasioni di feste religiose locali, patronale (San Nicola) o particolarmente sentite (Sant’Antonio), non ho potuto osservarne altri offerti al santo, così come mi è stato riferito che in occasione di altri pellegrinaggi non ne siano costruiti. La memoria offerta è quindi l’ultimo «debito votivo73» proveniente da Polla, l’ultimo simbolo superstite di un passato che diventa assenza, l’ultimo esempio di “castello di cera” che si avvia a sciogliersi.

69 Turner V., Turner E., Il pellegrinaggio, op. cit., pp. 75-80.

70 De Martino E., Morte e pianto rituale. Dal lamento funebre antico al pianto di Maria, Bollati Boringhieri,

Torino 2005 [1958], p. 21.

71 Ivi, pp. 33-34. 72 Ivi, p. 55.

73 Mirizzi F., Gli ex voto, in «Itinerari del Sacro in Terra Lucana. Numero monografico di “Basilicata Regione”»,

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1.3 Santomenna

Santomenna è un piccolo paese di poco più di quattrocento abitanti, è situato nell’Alta Valle del Sele, punto d’incontro della provincia di Salerno con l’Irpinia e la Basilicata74. Da

questo borgo, stravolto dal terremoto del 1980, è ripreso da oltre un decennio il pellegrinaggio organizzato verso il Sacro Monte di Viggiano, riallacciando così il legame con la Madonna Nera interrotto con la tragedia naturale che ha innescato una serie di dinamiche di natura socio- economica che hanno ricostruito le case e manomesso l’equilibrio comunitario.

Dalle case ricostruite dopo il sisma arriva un gruppo, composto soprattutto da anziani e dai pochi giovani che ancora le abitano, che rappresenta il punto più a nord della rete devozionale che ha al centro Viggiano75.

Il viaggio di nozze. Una delle presenze costanti del pellegrinaggio sanmennese è quella del

vigile del paese, è lui, insieme al nipote, uno degli organizzatori del pullman che ogni settembre parte da Santomenna in direzione di Viggiano76. Un viaggio organizzato che è la “naturale”

continuazione di un altro viaggio, avvenuto più di settant’anni prima, ripescato dalla memoria dalla moglie: il viaggio di nozze dei suoi nonni. Un cammino a piedi durato dieci giorni nel 1937 che, partito dal paese salernitano, ha attraversato le montagne lucane macinando chilometri, prima prova di una lunga vita coniugale. Questo ricordo familiare, non inusuale in tante case meridionali, lega al pellegrinaggio una fase della vita ben precisa (passaggio all’età adulta, costruzione di una nuova famiglia) innestando un cortocircuito nella distinzione

liminale/liminoide adottata da Turner77. Il pellegrinaggio, così, è l’ultimo atto di un rito di

passaggio qual è il matrimonio, sancendo con il ritorno a casa degli sposi il definitivo nuovo

status della coppia di giovani. L’esperienza, della quale sono descritti soprattutto gli elementi

74 Santomenna non è l’unico paese della Valle del Sele a prendere parte al pellegrinaggio, uno fra questi è Contursi

Terme che ogni anno è presente con un piccolo cinto a forma di barca (nonostante nelle occasioni festive del paese questa pratica sia pressoché scomparsa). Proveniva da Oliveto Citra, un altro paese di questa zona della provincia di Salerno, un pellegrino che ha ricevuto un miracoloso prodigio dalla Madonna di Viggiano. «Nel 1854 (questo fatto risulta anche registrato in Archivio) nella cappella sul monte si trovava un gruppo di pellegrini di Oliveto Citra e la preghiera di un po’ di tutti era interessata al caso di un ragazzo, Celestino Calabrese, storpio e sordomuto portato al santuario dal padre. In uno scoppio di pianto al momento del ritorno il papà rivolto alla Madonna così gridò: “lo so che devo riportarlo storpio a casa, ma almeno fallo parlare”. Poco dopo si vide il bambino gettare le braccia e dire: “Tata (papà), la Madonna mi ha fatto la grazia!”» Tommasini N., Jamm’a lu

Monte, op. cit., p. 187. Oggi il pellegrinaggio di gruppi organizzati di pellegrini olivetani non è più attestato. 75 Ho potuto osservare altri gruppi più o meno organizzati provenienti da paesi e città situate geograficamente più

a nord (Capaccio, Montecorvino Rovella) i primi giorni di settembre a Viggiano, che, nonostante la presenza del

cinto, non rientrano nell’area di diffusione del culto, benché testimonianza di un’eco passata o, al contrario, di

una partecipazione recente. Discorso diverso, invece, per i gruppi familiari autonomi, provenienti da numerosi centri della provincia salernitana.

76 Ho incontrato il vigile e altri membri della sua famiglia anche in alcune salite la prima domenica di maggio. 77 Turner V., Turner E., Il pellegrinaggio, op. cit., pp. 49-51.

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inerenti la fatica, la stanchezza, la lunga durata, rappresenta per i discendenti di quei giovani sposi un anello che tiene insieme il passato e il presente, una sorta di mito fondativo familiare che ripesca nei ricordi e spiega l’attuale.

Pellegrini della modernità. Seppur siano tanti i riferimenti al passato, il pellegrinaggio di

Santomenna mi è parso quello che meglio descrive il fenomeno contemporaneo che ha mutato l’andare ogni prima domenica di settembre ad accompagnare la discesa della Madonna dal Sacro Monte in paese in un fenomeno di turismo religioso. In realtà, la dicotomia tra i due termini è tale che occorre trovare una definizione che medi tra “pellegrino” e “turista”. Tale definizione, mutuata dal geografo del turismo Giuseppe Rocca, è “pellegrini della modernità”.

Il pellegrinaggio cristiano odierno […], ai nostri giorni, tende sempre più a confondersi col turismo religioso: infatti i due fenomeni, oltre ad essere accomunati da alcune connotazioni (temporaneità, volontarietà, mobilità spaziale di tipo circolare, ricorrenza non necessariamente regolare), sono sempre più difficili da distinguere sulla base della componente ludica, presente ormai anche nel pellegrinaggio, seppure più circoscritta nelle forme e nei tempi. Proprio a causa di questa loro scelta, i turisti che privilegiano i luoghi sacri come meta del loro tempo libero sono infatti persone morali, che potrebbero forse ancor meglio di “turisti” essere definiti “pellegrini della modernità”78.

I fedeli sanmennesi sono dunque pellegrini che la modernità, arrivata prepotentemente nel loro paese il 23 novembre 1980, ha riportato a Viggiano in maniera diversa rispetto al passato. Non c’è un’organizzazione verticale del viaggio, così come la libertà dagli obblighi rituali lo ha aperto ad alcuni giovani del paese. È difficile riconoscere i pellegrini di Santomenna nella folla festiva, non hanno colori o capi d’abbigliamento identificatori e, soprattutto, non sono compatti nelle azioni rituali, molte delle quali sono messe in pratica autonomamente da singole persone.

Il cinto. Candele chiare, con fiori bianchi e blu e una raggera di candele e fiori il cui centro è

rappresentato da una stampa fotografica della Madonna di Viggiano, alla base un foglio con su scritto “SANTOMENNA (SA)”. Il nome mi dice, mentre i Caggianesi accompagnano la Madonna fuori dal santuario nel settembre 2014, che quello è il cinto di Santomenna, salito, a dispetto degli altri anni in cui si fermava ad Alli, per la veglia sul Monte. La pratica rituale legata al cinto sembrerebbe così ancorare il paese della Valle del Sele ad un tratto tradizionale

78 Rocca G., Dal prototurismo al turismo globale. Momenti, percorsi di ricerca, casi di studio, G. Giappichelli

Editore, Torino 2013. Il sottile confine tra pellegrinaggio e turismo, dovuto essenzialmente alla facilità di spostamenti dovuti alla meccanizzazione dei trasporti e alla nascita del “tempo libero” della società non più vincolata dal ciclo agrario è un tema approfondito soprattutto dalla sociologia del turismo, cfr. Costa N., Turismo

e pellegrinaggio. Immagini e pratiche spaziali dell’accoglienza giubilare a Roma, in «La Critica Sociologica»,

138/139 2001, pp. 146-167. Per quanto concerne l’antropologia del turismo cfr. Simonicca A., Turismo e società

complesse. Saggi antropologici, Meltemi, Roma 2004; Id., Viaggi e comunità. Prospettive antropologiche,

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del pellegrinaggio, rappresentando quindi un ulteriore dato che contribuisce a definire la partecipazione sanmennese “pellegrinaggio della modernità”.

La “ripresa” del cinto, il ritorno nel pellegrinaggio sanmennese di questo ex voto è dovuto ad un giovane del paese che da una decina d’anni ha ricominciato, in seguito ad una richiesta di grazia, a donare la cera alla Regina delle Genti Lucane. Le motivazioni personali e spirituali di tale pratica, però, si intrecciano a ragioni di natura sociale e relazionale che spiegano anche il perché della presenza sul Monte del manufatto. Il giovane ha intessuto un rapporto amicale con Vittorio e gli altri uomini che gli si alternano nel canto e nel trasporto del suo cinto, un gruppo proveniente dai paesi della Val d’Agri (Viggiano, Paterno) e della Valle del Sinni che negli ultimi anni ha ripreso a frequentare feste patronali e mete di pellegrinaggio danzando e cantando con gli ex voto di cera. Il giovane di Santomenna, quindi, s’inserisce in questo processo, risolvendo una serie di questioni (richiesta di grazia, rappresentatività del paese, ripresa di un elemento della tradizione) anche grazie al coinvolgimento in una communitas frutto della modernità, una rete di relazioni che hanno nelle feste religiose dell’area lucana il proprio apice e che, sottotraccia, durano per l’intero anno79.

Al tempo stesso, però, il giovane non è lasciato solo dai suoi compaesani che durante alcuni tratti della discesa settembrina si alternano con lui nel trasporto del manufatto devozionale. Successivamente avrei capito meglio ruoli e pratiche legate ai cinti a Santomenna, durante la processione di una statua di Madonna con Bambino dal viso bruno, la Madonna delle Grazie, festa principale del paese80.

I giovani. La ricomparsa del cinto di Santomenna a Viggiano è dunque legato alla decisione di

un giovane del paese che ha ripescato dalla tradizione locale un elemento da inserire nel “pellegrinaggio della modernità”. In realtà, il devoto non è l’unico giovane di Santomenna che ho potuto osservare a Viggiano nei giorni di festa, ve n’erano altri, soprattutto adolescenti. I ragazzi di Santomenna, non diversamente dagli altri coetanei, vivono il lato ludico del pellegrinaggio soffermandosi alle bancarelle degli ambulanti, mangiando il cibo che unisce prodotti locali a quelli industriali (dal panino con la salsiccia di carne paesana al kebab), bevendo (dal vino paesano alla Coca Cola). Il “pellegrinaggio della modernità” ormai non rappresenta più la prima occasione per uscire dal proprio paese e visitare luoghi nuovi, ma

79 Nel 2012 ho visitato il deposito dove Vittorio ripone i propri cinti durante l’anno e vi ho notato anche quello di

Santomenna. Questo è un’ulteriore segnale dell’amicizia tra i due e della mancata distruzione rituale del cinto santomennese.

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conserva l’elemento esperienziale di incontro con nuovi gruppi sociali e di scambio intergenerazionale.

Noto i ragazzi di Santomenna la sera della vigilia in paese, nel 2013. Suonatori tradizionali con zampogna e organetto accompagnano il ballo di alcune coppie di loro compaesani, si avvicinano allegramente, con in testa dei cappelli di paglia bianchi comprati lì per segnare l’appartenenza ad un gruppo specifico di giovani amici, alcuni suonano dei bonghi acquistati da un ambulante di origine africana, altri cantano il repertorio dialettale, altri battono le mani e partecipano ritmicamente al cerchio musicale. Uniscono il diverso incontrato qui a Viggiano al noto che si portano dal proprio paese, mischiando latitudini e parole che seguono, grazie a loro, lo stesso ritmo.

Gli anziani. Componente principale del pellegrinaggio che ogni anno si compie da Santomenna

a Viggiano è quella della popolazione anziana del paese. A salire sul pullman il sabato mattina,