Fall of the Great Powers, R a n d o m
H o u s e , N e w Y o r k 1 9 8 7 , p p . X X V - 6 7 7 , $ 2 4 . 9 5 .
" È notevole vedere quanto relati-vamente numerose siano, negli impe-ri in declino, le persone capaci di fare la giusta diagnosi e di suggerire qual-che rimedio". Così scrive Carlo Ci-polla, nella bella introduzione al li-bro da lui curato nel 1970, The
Eco-nomie Decline of Empires. Ciò
sem-bra particolarmente vero negli Stati Uniti di oggi. Da vera società dello spettacolo, quale essi sono divenuti in questi anni, e in particolare nel tempo della presidenza Reagan, si può dire che una vera e propria indu-stria del declino stia fiorendo, che sfrutta tutti i mezzi di comunicazio-ne, e prima fra tutti l'editoria, per proporre al pubblico sempre new and
improved ipotesi sulla decadenza
ine-vitabile del paese. Così accade che un libro serio, intelligente ed estre-mamente ben documentato come quello di Paul Kennedy possa diveni-re nel giro di qualche mese un travol-gente successo editoriale, recensito su tutti i settimanali, da " T i m e " a "Business W e e k " , che il suo acqui-sto e la sua non facile lettura (sono 540 pagine fitte di testo, accompa-gnate da più di cento di note) diven-gano un obbligo per managers e uomi-ni politici delle più varie tendenze, e che l'autore sia chiamato a partecipa-re ai più popolari talk shows televisivi del paese. Non resta ora che trarne un film, o almeno un serial televisi-vo...
Il libro di Kennedy non si occupa di imperi. Tratta invece dell'ascesa e declino delle grandi potenze. E seb-bene alcune grandi potenze siano state formalmente imperi, alcune tra le maggiori, come l'Unione Sovietica e gli Stati Uniti, non lo sono. Sono grandi potenze, per l'autore, gli stati capaci di misurarsi da soli contro chiunque. Concetto relativo, dun-que, e tradizionale definizione di po-tenza, quelli usati da Kennedy, che farebbero rabbrividire intere genera-zioni di economisti liberisti, sfortu-nati propugnatori del concetto di be-nessere generale. In effetti, sin dalle prime pagine dell'introduzione, Kennedy si dichiara completamente contrario all'impostazione degli eco-nomisti liberisti. Gli ispiratori della sua opera sono chiaramente, oltre al segretario fiorentino, Federico List e Vladimir Iliic Lenin, anche se il pri-mo non compare nell'indice dei nomi in fondo al volume e gli altri due, se sono citati nell'indice dei nomi, non lo sono nella bibliografia. Citato come ispiratore diretto è invece Leo-pold von Ranke del cui saggio sull'a-scesa e declino delle grossen Màchte Kennedy dichiara di aver voluto far quasi un aggiornamento.
Il relativismo dichiarato, il mer-cantilismo e il concetto della crescita inuguale delle economie nazionali, se appaiono strumenti analitici del tut-to tradizionali agli stut-torici e agli stu-diosi di relazioni internazionali, sem-brano, nell'atmosfera di liberismo arrabbiato e fideistico che pervade la facoltà di economia degli Stati Uniti e sempre di più anche dell'Europa, concetti rivoluzionari e perfino dia-bolici, da esorcizzare dalle menti in-fluenzabili dei giovani, qualora siano stati evocati, mediante opportune penitenze di esercizi di matematica la più astrusa possibile. Ma a questi concetti la stessa accoglienza è stata
riservata, per tutto il dopoguerra, negli ambienti politici americani, dai quali è promanata una dottrina uffi-ciale fatta di idee assolute, e di cer-tezza dell'inevitabilità del trionfo del liberismo. E, negli anni a noi più prossimi, anche nei dipartimenti di scienze politiche, di relazioni inter-nazionali, e persino di storia
econo-bliografiche che contiene.
Ma lasciamo gli economisti ai loro problemi di adattamento al nuovo ambiente, e occupiamoci del libro. Esso dimostra, innanzitutto, come si possa, interpretando bene lo spirito del tempo, far trangugiare a ignari
managers, uomini politici e giornalisti
americani, ancor oggi nemici dichia-rati di tutto ciò che puzza di comuni-smo, la teoria leninista dello sviluppo inuguale, a condizione che non la si citi troppo chiaramente con il suo nome. Perché è proprio questa la base teorica del libro di Kennedy, ciò che egli chiama la dinamica delle grandi potenze, che le vede nascere, crescere e decadere seguendo la cre-scita delle proprie economie. Non
Kennedy privilegia, nella sua caval-cata attraverso cinquecento anni di storia prevalentemente europea, quello geografico come il più impor-tante. E una scelta accettabile, per-ché rinforza il peso del concetto rela-tivo di potenza. La collocazione geo-grafica dell'Olanda, stretta tra Fran-cia e Inghilterra, ne rese assai breve la permanenza nella condizione di grande potenza. L'assenza di grandi potenze a Oriente, invece, ha per-messo alla Russia Imperiale e poi all'Unione Sovietica di permanere in tale condizione assai più a lungo, malgrado un tasso di sviluppo econo-mico mediamente non esaltante. Lo stesso esclusivo economicismo Ken-nedy adotta per predire gli esiti dei
A N T O N I O T A B U C C H I I D I A L O G H I M A N C A T I
II signor Pirandello è desiderato al telefono e Il tempo stringe: con queste
due pièces Tabucchi si misura per la prima volta con il teatro.
G I U L I A N O S C A B I A F A N T A S T I C A V I S I O N E c o n u n s a g g i o di
G i a n n i C e l a t i
Un d r a m m a serio-comico, leggibile come un racconto, sugli effetti distruttivi di un consumo che non conosce riserve.
M A R G U E R I T E D U R A S E M I L Y L.
U n albergo del N o r d della Francia, un'atmosfera da "angelo sterminatore", l'incontro inquietante di due coppie che si specchiano l'una nell'altra.
F R I E D R I C H D U R R E N M A T T R A C C O N T I
Venticinque racconti, quasi tutti inediti, scritti tra il 1942 e il 1985. U n percorso narrativo in cui si evidenziano i temi portanti dello scrittore.
R I C H A R D S E N N E T T P A L A I S - R O Y A L
D a uno dei più brillanti intellettuali americani un romanzo in cui le vicende dei personaggi si intrecciano ai grandi eventi storici e culturali | della Parigi ottocentesca.
J A C Q U E S G O L D B E R G L A C O L P A
U n a s s i o m a d e l l a p s i c o a n a l i s i
U n a delle rare opere di ispirazione psicoanalitica sul tema della colpevolezza. Un'indagine approfondita che reinterroga la metapsicologia, la clinica e l'antropologia culturale.
L A R A G I O N E P O S S I B I L E
Testi di Apel, Calabrese, Gargani, Ceruti, L u h m a n n , Morin, Starobinski, T h o m , Veca e altri A cura di G. Barbieri e P. Vidali Le condizioni e le possibilità di incontro di una pluralità di "ragioni". H A R A L D W E I N R I C H L I N G U A E L I N G U A G G I O N E I T E S T I P r e f a z i o n e di C e s a r e S e g r e | "È u n a piacevole sorpresa trovare un linguista che libera il linguaggio comune e quello poetico dai complessi d'inferiorità verso i linguaggi formalizzati..." (Cesare Segre)
U G O V O L L I
C O N T R O L A M O D A L'incisività del pamphlet e
l'ampio respiro del saggio di cultura. Un libro ironico e intelligente, cattivo quanto basta, contro l'imperialismo della Moda.
mica americani ed europei, sembrava cominciasse a farsi strada la stessa impostazione, liberista e universali-sta. Questa impostazione ben si pre-sta alla utilizzazione di strumenti di analisi formale che, introdotti dagli economisti, suscitavano anche negli altri scienziati sociali il desiderio di vestire il camice bianco e liberarsi del puzzo di vecchio delle biblioteche. Ma tant'è " I l pensiero della morte imminente concentra la mente in modo meraviglioso" — diceva Sir Francis Drake. Sono bastati due
sho-ck petroliferi e il gigantesco deficit
della bilancia commerciale Usa a far riscendere sulla terra uomini politici e scienziati sociali americani. Gli economisti per il momento sono an-cora per aria, perduti dietro le loro ubbie, ma ci sono buone speranze anche per loro. Per cominciare la loro opera di riconversione, che si preannuncia lunga e non priva di dolori, potrebbero, per esempio, leg-gere attentamente questo libro, e un certo numero delle indicazioni
bi-H O W A R D G A R D N E R L A N U O V A S C I E N Z A D E L L A M E N T E S t o r i a d e l l a r i v o l u z i o n e c o g n i t i v a U n tentativo unico di fondazione teorica e ricostruzione storica della scienza cognitiva. Dello stesso autore di Formae mentis.
esiste per Kennedy la possibilità che uno stato ottenga potenza militare se non ha prima o allo stesso tempo ottenuto potenza economica. Ugual-mente, al declino economico segue inevitabilmente quello militare, an-che se qualan-che sfasamento di velocità relativa è possibile, e può anche crea-re illusioni sulla non corcrea-relazione tra forza economica e militare. Kenne-dy, tuttavia, si spinge oltre e afferma che lo stato di grande potenza milita-re, permesso dallo sviluppo economi-co, trascina inevitabilmente a impe-gni e spése che il livello di sviluppo economico dello stato in questione, e ancor più il tasso di incremento del medesimo, non riesce a garantire. N e deriva un circolo vizioso tra spese militari e sviluppo economico, che in tempo più o meno breve porta il paese a decadere dalla condizione di grande potenza, sia militare che eco-nomica.
I tempi e i modi di questo ciclo vitale delle grandi potenze dipendo-no da numerosi fattori, tra i quali
P A O L A C A P R I O L O L A G R A N D E E U L A L I A P r e m i o G i u s e p p e B e r t o S T E F A N O B E N N I I L B A R S O T T O I L M A R E 1 0 0 . 0 0 0 c o p i e
conflitti tra grandi potenze o coali-zioni di grandi potenze. La vittoria arride inevitabilmente alla potenza o alla coalizione economicamente più forte, perché, essenzialmente, non ci sono guerre lampo e quindi 0 pro-trarsi nel tempo di un grande conflit-to porta alla mobilitazione conflit-totale del-le risorse dei due schieramenti, con il prevalere di quello che può mobilita-re una massa maggiomobilita-re di risorse eco-nomiche. A provare il suo assunto, Kennedy mobilita, è il caso di dirlo, una gran massa di statistiche, corro-borate da informazioni qualitative e dall'analisi delle condizioni econo-miche di t u t t e le grandi potenze, in prevalenza europee, che si sono af-facciate sulla scena della storia negli ultimi cinquecento anni, il valore del suo sforzo non sta tanto nel provve-dere informazioni e analisi economi-che nuove, ma nell'utilizzare con molta intelligenza quanto esiste per i propri scopi. Purtroppo, molte delle
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Cooptazione e designazione. Sulla formazione autonoma dei gruppi privilegiati. A cura di
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