6. LESIONI anatomo-patologiche
7.1 Diagnosi diretta
7.1.1 NECROSCOPIA
La paratubercolosi non può essere diagnosticata con un esame superficiale dell’intestino per segni di ispessimento; gli intestini devono essere aperti dal duodeno al retto per visualizzare la mucosa. L’ispezione della mucosa, specialmente nel tratto terminale dell’ileo, può mettere in evidenza, ove presente, l’aspetto tipico e caratterizzante di questa patologia che viene definito “a scala di corda”. Possono essere osservate iperemia mucosale, erosioni e petecchie. I linfonodi mesenterici sono di solito ingrossati e edematosi (Fiasconaro et al., 2012).
Strisci dalla mucosa interessata dalle lesioni e tagli dalla superficie dei linfonodi dovrebbero essere colorati con il metodo Ziehl-Neelsen ed esaminati al microscopio. Non è sempre possibile rinvenire i microrganismi acido-resistenti per cui la diagnosi in questi casi deve essere confermata dall’istologia sulle lesioni multiple intestinali e sui campioni di linfonodi. I campioni istologici dovrebbero essere esaminati sia con la colorazione ematossilina-eosina che con la colorazione di Ziehl-Neelsen ( OIE, 2008).
7.1.2 ESAME MICROSCOPICO
Gli strisci eseguiti da feci o da mucosa intestinale, dopo colorazione di Ziehl-Neelsen vengono esaminati al microscopio. L’osservazione al microscopio è una pratica rapida, economica e non richiede attrezzature particolari, ma, data la sua bassa sensibilità ( circa 1.000.000 di Micobatteri/grammo di feci), è opportuno applicare tale metodica unicamente su campioni prelevati da animali colpiti dalla forma clinica. Sicuramente non è idonea ad individuare i soggetti eliminatori subclinici nell’ambito dei piani di controllo. All’osservazione appaiono corti bacilli rosso splendenti che formano aggregati caratteristici; in particolar modo il risultato è considerato positivo quando si rilevano uno o più aggregati di almeno tre bacilli di piccole dimensioni ( 0,5 x 1,5 μm), fortemente acido resistenti (OIE,2008). La presenza di singoli bacilli acido resistenti in assenza di aggregati è un risultato inconcludente. La positività all’esame microscopico fornisce quindi un forte sospetto, ma non garantisce l’identificazione di un animale infetto. La positività va confermata con test sierologico, colturale o PCR. Analogamente
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non si può affermare che è sano un animale risultato negativo all’esame microscopico perché l’animale potrebbe non essere ancora eliminatore oppure l’animale potrebbe essere un eliminatore intermittente. Lo svantaggio di questo test, oltre a presentare una bassa sensibilità, risulta essere la bassa specificità che non permette l’identificazione di specie (Redaelli, 1998).
7.1.3 ESAME COLTURALE
La coltura di MAP su terreno è una delle metodiche più importanti ed è considerata il “gold standard” per il rilevamento di MAP; permette una diagnosi più affidabile, in quanto, pur presentando una sensibilità limitata e molto variabile in funzione dello stadio di infezione ( 23-70%) dimostra una specificità del 100% quando confermata con metodiche PCR ( Nielsen e Toft, 2008). La metodica è basata sulla coltura di micobatteri su specifici terreni nei quali è aggiunta la micobactina, fattore di crescita specifico, a partire da campioni fecali o tissutali. Sono disponibili due metodi principali per la coltura: il metodo che utilizza acido ossalico e NaOH per la decontaminazione e Lowenstein-Jensen agar (LJ) come terreno di crescita; il metodo con cloruro esadecilpiridinio (HPC) per la decontaminazione in combinazione con terreno Herrolds con tuorlo d’uovo (Herrolds Egg Yolk Medium, HEYM) per la crescita. Entrambi contengono micobactina. Altri mezzi di coltura utilizzabili sono: il Dubos, Middlebroke7H10 modificato, Middlebrook 7H9,7H10 e 7H11 (OIE, 2008).
Questi terreni risultano in grado di supportare la crescita di MAP, ma nessuno di questi sembra essere in grado di supportare la crescita di tutti i ceppi. Secondo alcuni autori, per isolare tutti i ceppi si dovrebbero utilizzare i terreni in parallelo (De Juan et al., 2006). L’incubazione avviene a 37°C e le colonie, in alcuni casi, sono visibili dopo 4 settimane, più frequentemente dopo 10-16 settimane. È stato gradualmente dimostrato che la sensibilità di questi metodi dipende in larga misura dal modo in cui viene preparato l’inoculo per la semina nel terreno di coltura e dall’assenza di contaminazione del campione (Slana et al, 2008b).
Sebbene la coltura sia il metodo maggiormente impiegato, le tecniche di coltivazione non sono standardizzate e l’abilità dei differenti laboratori varia. Un aspetto riconosciuto come critico nei metodi colturali è la preparazione del campione.
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L’approccio più comune per l’isolamento di MAP nel latte/formaggi è basato sulla centrifugazione di una buona parte della matrice e sull’utilizzazione, per la ricerca, del sedimento. Dopo la centrifugazione nel sedimento può essere rinvenuto più del 69,4% delle cellule di MAP. Le provette vengono incubate per almeno quattro mesi e osservate settimanalmente a partire dalla sesta settimana (OIE, 2008). Il MAP, nei terreni di coltura, è in forte competizione con batteri/funghi che possono essere presenti nei campioni. Il successo dell’isolamento del micobatterio da tali campioni dipende dall’inattivazione efficiente di questi microrganismi indesiderati. Il metodo ottimale di decontaminazione deve avere il minimo effetto inibitorio sulla crescita di MAP. Protocolli di decontaminazione di routine hanno mostrato di ridurre il numero di microorganismi di MAP isolati per campione di circa 2,7 log e 3,1 log rispettivamente, per le feci e tessuti (OIE, 2008).
La soglia di rilevazione della metodica è di circa 10-100 micobatteri per grammo di feci, quindi molto più sensibile rispetto all’osservazione microscopica.
Il risultato dell’esame colturale è qualitativo e semiquantitativo, in quanto permette di numerare le colonie cresciute e classificare l’animale nelle varie categorie in base al livello di escrezione del microrganismo ( Whitlock et al., 2000).
Il principale vantaggio di questo test, rispetto a quelli di tipo indiretto, è quello di individuare gli animali con escrezione in atto, i più pericolosi dal punto di vista epidemiologico. È necessario prendere in considerazione i numerosi inconvenienti che ne derivano quali i lunghi tempi d’attesa per la risposta , i frequenti inquinamenti che ne inficiano il risultato, i costi elevati, e la necessità di attrezzature e personale specializzato e dotato di esperienza.
7.1.4 METODI DI RILEVAMENTO MEDIANTE POLIMERASE CHAIN REACTION
(PCR)
Una delle maggiori difficoltà che s’incontrano nel lavorare con MAP è legata alla sua lenta crescita e la sua tendenza a formare aggregati, rendendo problematica la conta delle colonie. Per superare le difficoltà associate ai metodi di coltura tradizionali, alcuni laboratori, hanno iniziato ad utilizzare moderne tecniche biomolecolari per individuare la presenza di MAP in diversi substrati.
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La metodica è basata sulla ricerca di uno specifico frammento genetico, ovvero la sequenza d’inserzione IS900, specifica di MAP (OIE, 2008). McFadden et al. nel 1987 furono i primi ad identificare questa sequenza.
Attualmente la metodica PCR più utilizzata per la ricerca di MAP è la Real Time PCR (Slana et al., 2008b), che presenta molti vantaggi rispetto alla PCR classica (Rodriguez- Lazaro et al.,2005; Slana et al., 2008a): maggiore sensibilità, elevata specificità, grazie all’uso delle sonde (probes), possibilità di quantificazione, analisi di un maggior numero di campioni, gestione dei dati più facile e più veloce (24-48 ore invece di 4-16 settimane). Quasi tutti i protocolli PCR hanno come obiettivo la sequenza IS900, che è stata accettata come un marker standard per MAP (Slana et al., 2008b). Tuttavia, l’analisi dei genomi di altre specie di micobatteri ha rivelato che sono presenti sequenze altamente omologhe alla IS900 di MAP (Englund et al.,2002). Per questo motivo, per dimostrare l’attendibilità dell’individuazione di Map attraverso la PCR devono essere valutati altri elementi genetici specifici di MAP (Vansnick et al., 2004). Fino ad oggi, come sequenze alternative target, sono stati utilizzati l’elemento F57, l’elemento HspX, l’elemento ISMap02 (Stabel et al., 2005), presenti in singola copia nel genoma di MAP, e l’elemento ISMav2, presente in tre coppie (Strommenger et al., 2001; Slana et al., 2008b). La sequenza IS900 è presente nel genoma di MAP in un numero di copie variabile tra 12 e 18 (Pavlik et al., 1999; Bull et al., 2000). Per questa ragione la ricerca della sequenza IS900 permette di identificare MAP con una maggior sensibilità rispetto alle metodiche che ricercano sequenze presenti in singola copia come F57 (Poupart et al., 1993). Il vantaggio della ricerca della sequenza F57 è rappresentato dalla sua rigorosa unicità in MAP e dalla capacità di quantificare il numero di MAP presenti tramite la quantificazione del numero di copie presenti nel campione (Tasara e Stephan, 2005; Bolske e Herthnek, 2010).
Con l’introduzione di nuove procedure di estrazione mediante rottura meccanica della parete di MAP, abbinata a metodiche di separazione magnetica, la sensibilità della PCR ha raggiunto valori praticamente sovrapponibili alle metodiche colturali ( Kavaji et al., 2007). Lo svantaggio dei metodi PCR attualmente utilizzati per l’individuazione di MAP è dato dal fatto che non è possibile distinguere tra i micobatteri vitali e quelli non vitali presenti nel campione (Slana et al., 2008b).
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