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Lo scopo dell’imaging nello stroke ischemico è di escludere l’eziologia emorragica, valutare la localizzazione dell’occlusione vascolare, e distinguere il core infartuato dalla penombra ischemica, che può beneficiare di una riperfusione.

Possono essere utilizzate a questo scopo sia la tomografia computerizzata (TC) che la risonanza magnetica (RM), a seconda della disponibilità dei macchinari e del personale specializzato. Tuttavia, per la sua facile reperibilità, la rapidità di utilizzo ed il basso costo, la TC è solitamente preferita in un setting d’emergenza.

È essenziale, prima di procedere all’acquisizione delle immagini, aver raccolto informazioni riguardanti la clinica, quali l’esordio dei sintomi, il punteggio NIHSS (indice di compromissione neurologica) ed i dati anamnestici di maggiore importanza (69).

2.1 - Imaging TC

2.1.1 - Tomografia computerizzata basale (NCCT – Conventional noncontrast CT)

La metodica di prima linea nella diagnosi dello stroke ischemico iperacuto (entro 6 ore dall’esordio) è la tomografia computerizzata (TC). Questa metodica permette l’acquisizione di immagini in tempi rapidi ed a basso costo, ed è diffusamente disponibile nei presidi ospedalieri (70).

In circa la metà dei pazienti, l’ictus all’esordio non presenta segni visibili alla TC. Quando però tali segni sono presenti, uno dei più frequentemente valutabili è l’ipodensità del tessuto. Non sempre si assiste ad una franca riduzione della densità: talvolta, soprattutto precocemente, è frequente che si abbia piuttosto una riduzione della differenza di densità tra sostanza bianca e grigia, nelle circonvoluzioni corticali, o nei nuclei della base, o a livello dell’insula (insular ribbon sign). Ciò è probabilmente dovuto all’edema citotossico, causato dall’acidosi lattica e dalla disfunzione delle pompe di membrana dovuta al deficit di ATP. Questo provoca una ridistribuzione dell’acqua tra i compartimenti intra- ed extracellulare troppo limitata per produrre una netta alterazione della densità .

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Oltre le 6 ore dall’esordio dei sintomi, entra invece in gioco l’edema vasogenico, dovuto alla perdita di coesione delle tight junctions endoteliali, che provoca un netto passaggio di acqua all’interno del tessuto infartuato, con comparsa di una franca ipodensità. L’attenuazione di segnale nel tessuto con ischemia acuta è direttamente proporzionale all’edema: per ogni punto percentuale di aumento nel contenuto idrico del tessuto, si ha una perdita di circa 2,5 HU (71).

Altri segni precoci di ischemia visibili alla TC comprendono l’appiattimento dei solchi corticali o l’assottigliamento della scissura di Silvio, e la compressione del sistema ventricolare e delle cisterne basali, dovuti al rigonfiamento del tessuto prodotto dall’edema. Inoltre, un segno con elevata specificità (ma poca sensibilità) che si può riscontrate è l’iperdensità di uno dei vasi del poligono di Willis (più spesso l’ACM – HMCAS, hyperdense MCA sign), dei suoi rami (MCA-dot sign) o dell’arteria basilare, indicativo della trombosi all’interno del vaso. Quando presente, l’iperdensità dell’ACM, così come l’ipoattenuazione di più del 50% del territorio dell’ACM, ha valore prognostico negativo. L’aumento di densità del vaso può verificarsi anche in presenza di placche calcifiche o poliglobulia (72).

Data la difficoltà nell’interpretazione dei segni precoci di stroke, è stato necessario ricercare un sistema che rendesse la lettura delle immagini univoca per i vari specialisti: a questo scopo nel 2000 è stato proposto l’ASPECTS (Alberta Stroke Program Early CT Score). Nell’ASPECTS, il territorio cerebrale vascolarizzato dall’ACM viene diviso in dieci regioni di interesse, comprendenti il caudato, l’insula, il nucleo lenticolare, la capsula interna e sei ulteriori regioni corticali, determinate su due fette assiali ben definite: una a livello del talamo e dei nuclei della base, ed una adiacente il margine superiore dei nuclei, in modo che questi non siano inclusi nell’immagine. Il territorio dell’ACM di un soggetto sano ha un punteggio ASPECTS di 10. Nel soggetto con sospetto stroke, viene sottratto un punto per ogni regione in cui compaia un’ipoattenuazione (una regione di anomala riduzione dell’attenuazione di segnale rispetto alla stessa regione nell’emisfero controlaterale). Un punteggio ASPECTS di 0 sta ad indicare un coinvolgimento ischemico diffuso del territorio dell’ACM (73). L’ASPECTS assume anche un certo valore prognostico: alcuni studi hanno dimostrato che, entro le prime tre ore dall’esordio dei sintomi, il valore dell’ASPECTS correla inversamente con l’NIHSS e l’outcome clinico. In particolare, un ASPECTS inferiore a 7 è indicativo di una maggiore estensione dell’infarto

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nella regione irrorata dall’ACM, e correla pertanto sia con un cattivo outcome che con una maggiore probabilità di sviluppare un’emorragia intracranica sintomatica (74).

Per ottenere delle immagini TC che consentano il miglior compromesso tra qualità dell’immagine e riduzione degli artefatti (soprattutto in fossa posteriore) è necessario applicare un protocollo di acquisizione specifico, che tuttavia può variare in relazione ai diversi modelli di TC in uso nelle varie Aziende Ospedaliere distribuite sul territorio. In generale, vengono utilizzate delle TC spirali multidetettore: il pitch della spirale dev’essere inferiore a 1, il lettino porta-paziente deve muoversi piuttosto lentamente (8-11 mm/s), mentre la rotazione del gantry dev’essere abbastanza rapida (0,5-0,8 rotazioni/s), inoltre la collimazione dev’essere più piccola possibile (in modo da aumentare la discriminazione punto-punto). Lo spessore delle fette comunemente utilizzato è di 2,5 mm, con una spaziatura tra le fette non superiore a 2,5 millimetri, ed un Field Of View (FOV) di almeno 22 cm. Le immagini acquisite interessano l’area che va dalla base cranica al vertice, con fette assiali contigue, e vengono utilizzati algoritmi di ricostruzione per osso e parenchima. Il post-processing deve utilizzare finestre e livelli che accentuino il contrasto tra sostanza bianca e sostanza grigia, in modo da riconoscere seppur minime perdite di differenziazione, che possono anche essere messe in evidenza con un’analisi delle differenze di densità tra l’emisfero colpito ed il controlaterale (quest’ultimo approccio però prolunga il tempo di interpretazione dell’immagine, e richiede un training specifico) (72).

2.1.2 - CTA (Computed tomography angiography)

La TC senza mezzo di contrasto (mdc) associata all’indagine clinica presenta però delle limitazioni per quanto riguarda l’individuazione della trombosi dei grossi vasi. Per tale motivo spesso, nel protocollo diagnostico dell’ictus iperacuto, viene utilizzata la CTA.

Tale metodica si avvale della somministrazione di mezzo di contrasto (mdc) iodato dopo l’acquisizione delle immagini basali, e consente la visualizzazione delle strutture vascolari. Permette la localizzazione dell’occlusione responsabile dello stroke, la distinzione del core e della penombra ischemica, e la distinzione dei pazienti con stroke mimics, che non solo non trarrebbero beneficio, ma potrebbero essere danneggiati dalla terapia fibrinolitica. È una metodica rapida, che prolunga solo di qualche minuto

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l’esecuzione della TC basale, ed inoltre, mediante algoritmi particolari in post-processing, consente la ricostruzione di proiezioni in 2D e in 3D per la revisione e l’interpretazione dell’immagine (la Maximum Intensity Projection – MIP - può essere eseguita direttamente alla console della TC in meno di un minuto).

L’acquisizione delle immagini con CTA, eseguita durante la somministrazione di un singolo bolo di contrasto, copre l’intera anatomia vascolare, dall’arco aortico al vertice, e, con i moderni macchinari multi-slice (64 slice), richiede un tempo di appena 15 secondi per essere eseguita, minimizzando gli artefatti dovuti al movimento o alla respirazione del paziente. Inoltre, con la CTA si ottiene un’accurata riproduzione anatomica della vascolarizzazione extra ed intra-cranica, con un costo ed un discomfort per il paziente inferiori rispetto alla metodica angiografica, che rappresenta tuttavia il gold standard. Di contro, non consente la rilevazione di parametri fisiologici, come la velocità e la direzione del flusso (come invece fa la RM), e le ricostruzioni 3D possono essere influenzate dalla presenza di calcificazioni circonferenziali del vaso, che possono dar luogo ad un’attenuazione del fascio tale da mimare un’occlusione (75). Infine, con la somministrazione di mdc iodato, esiste la possibilità che il paziente sviluppi reazioni allergiche o idiosincrasiche e danno glomerulare (Contrast Induced Nephropathy - CIN), In realtà, studi recenti hanno dimostrato che l’incidenza di CIN in pazienti con stroke è piuttosto bassa, anche nei pazienti di cui non si conosca il valore della creatinina basale (76). Dal punto di vista tecnico, l’ottimizzazione del timing di acquisizione delle immagini angioTC, prevede che l’inizio della scansione in fase arteriosa precoce dovrebbe cominciare in corrispondenza dell’opacizzazione dell’albero arterioso, ed essere conclusa prima che si verifichi una significativa opacizzazione venosa. Non sempre è possibile ottenere questo risultato, poiché il tempo di transito medio del contrasto attraverso i capillari cerebrali è di 2-4s. Pertanto è stato necessario ricorrere a delle tecniche che permettessero l’acquisizione del massimo volume possibile nel minor tempo possibile. La strategia più semplice consiste nell’acquisizione delle immagini dopo un certo tempo dalla somministrazione del mdc (in genere 25s, maggiore nei pazienti con ridotto output cardiaco), in modo da consentire un’opacizzazione adeguata delle strutture vascolari. Un’altra tecnica può essere l’utilizzo della funzione “bolus tracking” nei macchinari che ne sono dotati: si pone una region of interest (ROI) all’interno di un determinato vaso (generalmente l’aorta ascendente), quando questa registra un’opacizzazione di un determinato valore HU ha inizio la scansione. Tuttavia questa tecnica presenta una breve

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latenza tra il tempo in cui si desidera acquisire l’immagine e quello in cui l’immagine viene effettivamente acquisita. Inoltre presenta spazio per errori umani nella selezione del vaso di interesse (75). In alternativa, può essere utilizzata la funzione “smartscan”: qui la ROI viene posizionata in ACI, vengono iniettati 10 ml di mdc, e la regione viene sottoposta a scansione continua con corrente e voltaggio ridotti, in modo da minimizzare la dose radiante al paziente. Il macchinario registra il tempo necessario affinchè il lume del vaso si opacizzi per il 50%, e consente così di determinare la latenza necessaria ad acquisire l’immagine (77). La somministrazione di mdc avviene mediante iniettore bifasico automatico, che consente non solo di iniettare una quantità costante di mdc (in modo da uniformare l’opacizzazione) nei vasi durante tutta la durata dell’esame (78), ma anche, immediatamente a seguire, la somministrazione di soluzione fisiologica (bolus chasing), che consente di ripulire i vasi dai residui di tracciante, i quali potrebbero generare degli artefatti nell’immagine.

Dopo l’acquisizione delle immagini si esegue il post-processing, applicando diversi algoritmi che consentono di ricostruire le immagini in 2D e 3D nei diversi piani dello spazio. L’algoritmo più rapido ed efficace a questo scopo è la Maximum Intensity Projection (MIP), che può essere eseguita direttamente alla console TC, e consente la rapida valutazione delle immagini. La MIP proietta un’immagine in 2D nella quale vengono visualizzati esclusivamente i pixel che presentano la massima attenuazione TC lungo un raggio dato, per questo motivo, è anche sensibile alla presenza di strutture ossee e di eventuali opacizzazioni venose che si trovino nelle vicinanze, e che possono generare artefatti (79). Un algoritmo simile è il Multiplanar Volume Reformat (MPR), nel quale vengono evidenziati i pixel con attenuazione media. Anche in questo caso risente della presenza di strutture ossee vicine e dell’opacizzazione venosa, ma consente di apprezzare la presenza di trombi che occludano solo parzialmente un vaso.

Per studiare l’intero decorso di un vaso lungo e tortuoso può essere utile il Curved Reformat, in cui l’utente sceglie, su immagini assiali consecutive, quali pixel utilizzare, e l’immagine risultante viene visualizzata in 2D. Questa tecnica richiede molto tempo per essere applicata, inoltre è soggetta ad errori interpretativi per cui sono necessarie almeno due acquisizioni ortogonali per lo studio accurato di una stenosi. Tuttavia mostra notevole efficacia nella valutazione rapida delle dissecazioni di ACI ed arterie vertebrali (75).

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Lo Shaded Surface Display (SSD) imposta una soglia di attenuazione ed evidenzia solo i pixel con attenuazione maggiore (mdc, osso). Dato che i pixel visualizzati sono però solo quelli sulla superficie della struttura considerata, non consente di individuare le occlusioni parziali. Il Volume Rendering (VR) invece include anche i pixel che non si trovano in superficie: questo consente di rimuovere alcuni strati dell’immagine del vaso per visualizzare strutture sottostanti. Purtroppo anche queste metodiche richiedono tempo, e non possono essere utilizzate nella valutazione in acuto dello stroke (80).

2.1.3 - CTP (Computed Tomography Perfusion)

La NCCT e la CTA forniscono delle immagini macroscopiche del tessuto infartuato e dei vasi occlusi, ma non consentono di per sè di avere un riscontro funzionale del tessuto ischemico. A questo scopo, possono essere implementate con la CTP, una metodica che rileva il flusso di sangue nei capillari cerebrali, e quindi a livello del parenchima (perfusione cerebrale), definito da alcuni parametri, tra i quali il CBF (Cerebral Blood Flow), il CBV (Cerebral Blood Volume), ed il MTT (Mean Transit Time) (81).

Il CBV è definito come il volume totale di sangue presente in un dato punto dell’encefalo, e comprende sia il sangue presente a livello tissutale, che quello presente nei vasi. Il CBV nella sostanza grigia è di circa 4 ml/100 gr di tessuto, mentre nella sostanza bianca è di circa la metà.

Il CBF è il volume di sangue che si muove attraverso un determinato volume di tessuto cerebrale nell’unità di tempo. Nella sostanza grigia, il CBF è di circa 60 ml/100gr/min, nella sostanza bianca di 25 ml/100gr/min.

Il MTT è il tempo medio che il sangue ci mette ad attraversare una determinata regione cerebrale, e dipende dall’input arterioso e dall’output venoso. Nella sostanza grigia il MTT è di circa 4 s, nella bianca di 2 s, ed è in correlazione sia con il CBV che con il CBF mediante la relazione:

MTT = CBV/CBF

La valutazione di questi dati consente di discriminare la presenza di un core ed una penombra ischemica, e di ottenerne una quantificazione immediata (sulla base del principio

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che la concentrazione del mdc è direttamente proporzionale all’attenuazione in TC, se il flusso sanguigno all’encefalo è compromesso arriverà meno mdc, e l’attenuazione sarà proporzionalmente minore). Il core ischemico corrisponde al volume della lesione misurata con il CBV, mentre la penombra viene valutata come la differenza in area del CBF o del MTT rispetto al CBV. Se esiste una differenza superiore al 20% tra queste due regioni si definisce un mismatch (82).

La CTP è rapida (dura qualche minuto), sicura per il paziente, e a basso costo, e potrebbe essere un predittore dell’outcome di uno stroke potenzialmente più affidabile dell’NIHSS score e dell’ASPECT. Tuttavia, i protocolli attualmente impiegati nella CTP non coprono l’intero encefalo (lungo l’asse z): con uno scanner a 64 detettori è possibile acquisire fette da 4 cm per ogni bolo il tracciante iniettato, pertanto sarebbe necessaria una maggiore quantità di mdc e un’ulteriore somministrazione di dose radiante al paziente per ottenere un’immagine completa dell’encefalo. Attualmente si preferisce acquisire due fette (una che contenga almeno un grosso vaso arterioso intracranico, che servirà per le ricostruzioni delle mappe di perfusione), una parallelamente e superiormente al tetto dell’orbita, ed una parallelamente ed inferiormente ad esso: in questo modo si ottiene un’immagine della maggior parte dei territori vascolarizzati dalle arterie cerebrali anteriore, media e posteriore (83).

Un altro limite della CTP è l’impossibilità a identificare la presenza di microemorragie, che potrebbero essere predittive di complicanze a seguito del trattamento endovascolare. Inoltre il paziente è sottoposto a radiazioni ionizzanti, ed alla somministrazione di mdc, ed il post-processing utilizzato in questa metodica richiede tempi piuttosto lunghi (anche se sono attualmente disponibili in commercio software automatizzati che accorciano sensibilmente questa fase) (84).

Per poter quantificare le mappe di perfusione è necessario conoscere il flusso di sangue in ingresso ed in uscita dai vasi cerebrali. Il flusso in ingresso (Arterial Input Function – AIF) viene misurato posizionando una piccola ROI sulla porzione centrale di un’arteria intracranica di grandi dimensioni, possibilmente disposta ortogonalmente rispetto al piano dell’immagine (per evitare che il software dia un risultato per approssimazione) e con un’intensità massima di contrasto. Nel caso in cui ci siano cause extracraniche (fibrillazione atriale, rallentato output cardiaco, stenosi severa della carotide) o intracraniche (trombo ostruttivo intracranico prossimale con scarsi collaterali) di

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rallentamento nell’apporto arterioso di sangue all’encefalo, il valore di AIF dev’essere corretto per evitare la sovrastima della penombra e del CBV. Il flusso in uscita (Venous Outflow Function – VOF) viene misurato in maniera simile all’AIF, posizionando una ROI nel seno sagittale superiore. Altri parametri utili alla ricostruzione delle immagini sono la Baseline (che rappresenta la porzione iniziale della curva densità-tempo, precedente all’incremento della curva dovuto al mdc), il post-enhancement cut-off (riferito alla porzione terminale della curva, che indica il punto in cui interrompere l’acquisizione), la segmentazione dell’immagine (che rimuove tutti i tessuti ad eccezione del parenchima cerebrale) e l’eliminazione dei pixel vascolari (piccoli vasi che riempiendosi di mdc potrebbero mimare aree di accentuata perfusione) (85).

Dalle immagini così ricostruite, è possibile derivare CBV, CBF e MTT. Il CBV viene calcolato con un approccio dinamico di primo passaggio, che traccia il mdc somministrato per via endovenosa con immagini seriali durante il suo primo passaggio attraverso il letto capillare cerebrale. Il tracciante di perfusione non deve essere diffusibile, né metabolizzato o assorbito dal tessuto che attraversa: ciò implica l’integrità della barriera ematoencefalica (condizione che può venire a mancare in caso di infezione, infiammazione o tumore, causando una sovrastima del CBV). Conoscendo il flusso in entrata (AIF) e in uscita (VOF) di un tracciante da un determinato voxel, è possibile risalire al volume di distribuzione ed alla clearance del mdc. Da questi valori, è possibile inferire la concentrazione di mdc nella regione di interesse, la quale è direttamente proporzionale alla variazione di attenuazione (in HU). A questo punto si può calcolare il CBV, che è determinato dal rapporto tra la variazione di attenuazione nel tessuto e nell’arteria (AIF) per il volume dei voxel contenuti in 100 grammi di tessuto (Vvoxel x N):

CBV = (∆HUtessuto/∆HUarteria) × Vvoxel × N (81)

Per calcolare CBF e MTT è necessario ricorrere a modelli matematici complessi, come i metodi basati sulla deconvoluzione e sulla non-deconvoluzione. Dei due, il primo è di più complessa esecuzione e richiede più tempo, ma risulta più affidabile del secondo, che dipende da semplificazioni dell’architettura vascolare, ed è pertanto eccessivamente approssimativo in alcune situazioni. Nel modello basato sulla non-deconvoluzione il calcolo del CBF si basa sulla massa di contrasto accumulato in un determinato voxel di tessuto cerebrale durante il completo wash-in e wash-out di una dose di contrasto in bolo (86). Nel modello basato sulla deconvoluzione entrano invece in gioco anche la funzione

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residua (frazione di tracciante ancora presente nel voxel di interesse in un certo tempo), l’AIF e le curve densità-tempo (87). In sostanza, il CBF è derivato dal gradiente del wash- in della curva densità-tempo, mentre il MTT è calcolato dal rapporto CBV/CBF.

Da una singola fetta acquisita con CTP si possono ricostruire mappe quantitative di CBF, CBV e MTT, la quali possono essere utilizzate per ricavare il core e la penombra ischemica. Le aree con incremento nei valori di CBV e MTT (o ridotto CBF) rappresentano zone di tessuto ipoperfuso ma non ancora infartuato (penombra ischemica), mentre le aree con ridotto CBV (o CBF) e MTT prolungato rappresentano il core ischemico. Una riduzione del CBF superiore al 30-50% rispetto all’emisfero controlaterale è considerata segno di un danno irreversibile. Un altro parametro che può essere indicativo di ischemia cerebrale è l’aumento del Time To Peak (TTP), il quale riflette il tempo che il bolo di contrasto ci mette a raggiungere il tessuto, superiore a 4s (88).

L’utilizzo della CTP consente di valutare quali pazienti trarranno un danno o un beneficio dalla terapia fibrinolitica, e se questa possa ancora avere un ruolo una volta superato il periodo finestra. Consente di gestire il ricovero del paziente in un reparto di terapia intensiva neurologica, e di valutare i pazienti con TIA e con ictus al risveglio, per il quale non si conosce l’orario di esordio. Inoltre, la valutazione con CTP della presenza di zone con severa ipoattenuazione (soprattutto se sottoposte a riperfusione precoce) e di microemorragie consente di predire lo sviluppo complicanze emorragiche legate alla fibrinolisi (89). Infine, non solo il volume del core ischemico correla con l’outcome a 3 mesi (90), ma è anche possibile identificare mediante CTP l’avvenuta riperfusione del tessuto ischemico (indice di riperfusione MTT >75%), ovvero la ripresa dell’afflusso di sangue all’encefalo attraverso i capillari, con conseguente miglioramento dell’outcome. La riperfusione non necessariamente è correlata alla ricanalizzazione del vaso: si ritiene che ciò possa essere legato o alla frammentazione a valle del trombo con conseguente occlusione dei piccoli vasi, o all’edema tissutale dovuto all’ischemia che può causare una compressione dei piccoli vasi impedendo il ritorno di sangue (91).

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