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Prima di prendere in considerazioni le metodologie diagnostiche che ci permettono di fare diagnosi di tenite si deve necessariamente ricordare quali sono i segni clinici di questa patologia, considerando che questi tendono a variare considerevolmente in base alla localizzazione, al tipo di lesione e al momento in cui si fa la prima visita (McIlrwaith, 1990). Può accadere, infatti, che i primi segni clinici siano in ritardo di giorni o addirittura settimane rispetto al momento in cui si è verificata la lesione o che ci sia un’incongruenza fra la gravità della lesione e quella dei segni clinici, specialmente nelle classiche core lesions che si ritrovano frequentemente nei Purosangue Inglesi. I cavalli trottatori sono invece colpiti in genere da lesioni mediali e laterali che si manifestano con un edema marcato, ma che constano poi di un minore interessamento dei fasci di fibre (Spinabella, 2007).

Le teniti e le tenosinoviti vengono classificate in base alla sede in (McIlrwaith, 1990):

- alte: interessano la regione appena distalmente al carpo e al tarso; - medie: interessano il terzo medio del metacarpo e del metatarso;

- basse: interessano il terzo distale del metacarpo o metatarso e la regione del legamento anulare, palmare o plantare. Il tendine flessore profondo del dito può anche essere coinvolto distalmente alla giuntura del nodello. Questa lesione è definita tenonco basso.

Clinicamente le teniti possono essere differenziate in acute e croniche, in base ai segni clinici rilevabili:

- tenite acuta lieve: si ha lieve edema peritendineo. L’essudato presenta poche cellule infiammatorie;

- tenite acuta grave: si ha emorragia ed edema diffuso, evidenziabile come una tumefazione a carico della regione interessata, con calore e dolore alla palpazione. L’essudato è ricco di cellule infiammatorie. Le fibre si presentano

72 assottigliate e si ha anche jalinosi. È presente zoppia modica a grave a seconda dell’entità della lesione. Nei casi molto gravi, in cui la distruzione delle fibre o lo stiramento del tendine è consistente, si assiste all’abbassamento del nodello (McIlrwaith, 1990);

- tenite cronica: si rileva un edema di lieve entità accompagnato da compromissione delle fibre e fibrosi, rilevabili come una tumefazione dura sulla faccia palmare o plantare dell’arto interessato.

Si deve tenere in considerazione che in alcuni casi le forme croniche di tenite possono essere associate a manifestazioni di tipo acuto, a seconda dello stadio del processo di riparazione in atto o se si è verificato un altro evento traumatico (McIlrwaith, 1990).

Visto che i segni clinici rilevabili in corso di tenite non sono specifici per questa patologia, per arrivare a una diagnosi corretta è necessario seguire uno standardizzato iter diagnostico.

5.1 - Segnalamento ed anamnesi

La prima fase del procedimento diagnostico prevede la raccolta dei dati che costituiscono il segnalamento. Conoscere la specie, l’età, il sesso e soprattutto l’uso a cui l’animale è destinato ci possono dare indicazioni preziose per diagnosticare la patologia tendinea. L’importanza di questi dati risiede nel fatto che la tenite e la tenosinovite si manifestano con maggiore incidenza in animali molto giovani, sottoposti ad un allenamento fisico troppo intenso, in animali anziani, a causa delle fisiologiche modificazioni a carico del tendine, e in cavalli usati per competizioni particolarmente impegnative dal punto di vista fisico.

Altrettanto importante è la raccolta dei dati anamnestici. Un’anamnesi accurata deve comprendere informazioni prossime, ma anche remote e ambientali. È infatti importante sapere da quanto tempo il cavallo manifesta zoppia, se è stato messo a riposo dopo la comparsa dei primi sintomi, se aveva precedentemente manifestato problemi simili e se è stato sottoposto ad una terapia e con quali risultati.

73 5.2 - Ispezione

Il primo passo della fase ispettiva è quello di procedere all’osservazione dell’animale da fermo, in stazione quadrupedale, osservandolo da tutte le prospettive, prima da una certa distanza e poi da vicino. Questa permette di considerare la costituzione, la conformazione, le condizioni generali, gli spostamenti del peso e l’appoggio degli arti del cavallo. Gli atteggiamenti osservati devono essere confrontati con quelli che si hanno in condizioni fisiologiche. Infatti, nell’atteggiamento normale, il cavallo alterna frequentemente l’appoggio del peso nel bipede posteriore e gli arti anteriori sono esattamente appaiati e su di essi grava un peso uguale. Quando sono colpiti da malattia entrambi gli anteriori, il peso viene frequentemente spostato da un piede all’altro o entrambi gli arti possono essere tenuti in una posizione detta “fuori di sé”. Inoltre si può evidenziare un’eventuale alterazione negli appiombi della parte distale degli arti, come l’arrembatura e il rampinismo, segni evidenti di un processo infiammatorio acuto a carico del tendine flessore superficiale e del tendine flessore profondo rispettivamente (Stashak, 1990). Durante l’ispezione da vicino ogni arto deve essere osservato in modo critico e paragonato a quello contro-laterale, procedendo con l’ispezione dall’estremità distale prossimalmente. I piedi devono essere valutati per evidenziare un consumo anomalo, fratture della parete cornea e contrazione dei bulbi dei talloni. Tutte le giunture e i tendini devono essere ispezionati visivamente per evidenziare eventuali tumefazioni, mentre i muscoli degli arti, della schiena e della natica vengono valutati per rilevare la presenza di gonfiore o atrofia (Stashak, 1990).

La valutazione del profilo del tendine, da tutte le angolazioni, quando l’arto è in appoggio, può fornire informazioni utili visto che, in un arto normale, la regione metacarpale ha un profilo palmare diritto e l’ TFS dovrebbe essere superficiale e parallelo al TFP. Con una leggera lesione in atto, il profilo del tendine può apparire normale se visto lateralmente, mentre può essere piegato se visto medialmente, o viceversa.

La fase diagnostica successiva è l’ispezione dell’animale in movimento, prima al passo, al trotto e in seguito, in alcuni casi, al galoppo a zig–zag. L’obiettivo principale di questa fase diagnostica è l’identificazione dell’arto o degli arti

74 interessati da zoppia, la valutazione del suo grado e dell’incoordinazione del movimento.

Visto che le zoppie degli arti anteriori vengono meglio rilevati ponendosi davanti e lateralmente all’animale, mentre quelle dei posteriori ponendosi lateralmente e posteriormente è bene osservare il movimento del cavallo da davanti, di lato e da dietro.

Si ricorda che il termine zoppia o zoppicatura indica un disordine strutturale o funzionale di uno o più arti che si manifesta durante il movimento o in stazione, definito anche claudicazione. La diagnosi della zoppicatura richiede una dettagliata conoscenza dell’anatomia e della fisiologia dei movimenti degli arti, visto che la zoppia può essere provocata da una moltitudine di situazioni diverse, come traumi, disordini circolatori e nervosi, anomalie congenite o acquisite, infezioni, disturbi metabolici, patologie tendinee, eccetera (Stashak, 1990).

Chi esamina il movimento di un cavallo dovrebbe essere anche in grado di differenziare zoppicature causate dal dolore da quelle causate da alterazioni non dolorose dell’andatura, spesso definite zoppicature meccaniche. Proprio perché questo sia possibile è necessario ricordare che le zoppicature possono essere classificate in (Stashak, 1990):

- zoppie dell’arto in appoggio: si riscontrano quando l’animale carica il peso sull’arto e possono essere dovute a lesioni ossee, articolari o dei legamenti collaterali e dei nervi motori e del piede;

- zoppie durante la fase oscillatoria dell’arto: si riscontrano quando l’arto è in movimento e le cause sono da ricercare in alterazioni patologiche che coinvolgono le capsule articolari, i muscoli, i tendini, le guaine tendinee e le borse sinoviali;

- zoppie miste: si evidenziano sia quando l’arto è in appoggio che quando è in movimento;

- zoppie complementari: sono dovute al fatto che la dolorabilità a carico di un arto causa una irregolare distribuzione del peso su uno o più arti in modo da proteggere quello malato e questo può dar luogo a zoppicatura in un arto che prima era sano. Questo tipo di zoppia si osserva comunemente in un arto anteriore come conseguenza di una zoppicatura del contro-laterale. Anche cambiamenti del carico di scarsa importanza possono causare zoppie

75 complementari alle alte velocità, soprattutto nelle lunghe distanze. Queste interessano principalmente il legamento sospensore, le ossa sesamoidee e i tendini flessori delle dita.

In genere, in caso di tenite della regione media del metacarpo, il grado di zoppia è legato alla severità della lesione; lesioni minime non sono in genere correlate a presenza di zoppia rilevabile, mentre lesioni moderate possono causare zoppia passeggera. Lesioni severe o rotture del tendine danno invece zoppia grave. Le lesioni a livello del canale del carpo o della parte prossimale del metacarpo sono consistentemente associate a zoppia.

Buona norma sarebbe far muovere il cavallo su una superficie dura in modo da provocare una concussione maggiore rispetto a quella che si avrebbe su superfici morbide. Questo accorgimento permette al veterinario sia di individuare il modo in cui l’animale appoggia i piedi sia di valutare il rumore che l’appoggio provoca. Generalmente c’è una differenza evidente tra il modo in cui il cavallo atterra con l’arto malato e con quello sano.

Infatti l’arto colpito dalla lesione provoca un rumore meno forte all’impatto con il suolo poiché è meno caricato, mentre il rumore è maggiore quando si ha l’appoggio dell’arto sano che sopporta un carico maggiore. Per evidenziare correttamente l’arto affetto da zoppia si deve osservare anche l’atteggiamento della testa e del collo durante il movimento. Infatti, nel caso in cui si abbia zoppicatura dell’arto anteriore, il cavallo tende ad abbassare la testa quando va in appoggio il piede sano e a innalzarla quando il peso si scarica sul piede o sull’arto colpito. L’esatto contrario avviene nelle zoppicature degli arti posteriori di lieve entità dove il collo e la testa vengono sollevati quando il piede sano tocca il suolo e abbassati quando il piede dell’arto colpito atterra. Lo spostamento del collo e della testa serve per ridurre il peso che grava sull’arto colpito dalla lesione (Stashak, 1990).

Altro movimento fondamentale per valutare la zoppia posteriore è quello della groppa, ben evidenziabile osservando l’animale da dietro. In situazioni dolorose, infatti, la maggior parte dei cavalli tentano di sottrarre il posteriore all’appoggio il più rapidamente possibile e la contrazione dei glutei è raccorciata cosicché la durata dell’innalzamento gluteo è diminuita.

76 Tali modificazioni del movimento potrebbero essere talmente lievi da non essere evidenziate al passo e quindi si rende necessario osservare l’animale anche al trotto, perché con questa andatura la zoppia è necessariamente esacerbata, visto che abbiamo solo due arti, un anteriore e un posteriore, in appoggio contemporaneamente al suolo. Inoltre, nell’andatura normale, i talloni vengono sollevati per primi quando l’arto avanza e quando il piede atterra i talloni dovrebbero colpire il suolo subito prima della punta. In generale, lesioni che interessano la punta del piede o le superfici flessorie, come le teniti e le tenosinoviti dei tendini flessori, causano un accorciamento della fase caudale del passo (metà del passo situata posteriormente all’orma del piede opposto), mentre l’interessamento della regione dei talloni o delle superfici estensorie determina il raccorciamento della fase craniale del passo (metà del passo situata anteriormente all’orma del piede opposto) (Stashak, 1990) (fig 5.1).

Fig 5.1 Fasi del passo. A: fase craniale del passo (porzione situata anteriormente all’orma del

pied opposto. P: fase caudale del passo (porzione situata posteriormente all’orma del piede opposto) (da Stashak, 1990; modificato).

Quando le lesioni interessano le articolazioni del garretto e della grassella degli arti posteriori possiamo notare una riduzione dell’arco di sospensione del piede con accorciamento della fase craniale del passo e allungamento compensatorio della fase caudale. In questo caso la punta dello zoccolo è spesso eccessivamente consumata. Se all’ispezione in movimento si rileva una zoppia questa dovrebbe essere classificata secondo una scala che ci serve non solo per standardizzare le zoppie, ma anche per rendere più agevole la registrazione dei dati e valutare il grado di miglioramento o peggioramento del sintomo.

77 Per classificare le zoppie è necessario valutare i movimenti di abbassamento e innalzamento della testa, i deficit dell’andatura, le alterazioni dell’ampiezza dell’arco di sospensione e della traiettoria del piede, le fasi del passo, gli angoli di flessione articolare, l’appoggio del piede e la simmetria e la durata dell’innalzamento gluteo (movimento della groppa) (Stashak, 1990).

La classificazione delle zoppie viene fatta in gradi e si possono riconoscere (Stashak, 1990):

- Grado I: la zoppia non si osserva la passo, mentre è riconoscibile al trotto. Non vi sono movimenti evidenti di testa e collo. Nel caso in cui il cavallo venga fatto muovere su un terreno duro si evidenzia una diminuzione del rumore nel momento in cui l’arto malato appoggia al suolo. Si ha solitamente in patologie croniche o in cavalli tenuti a riposo per molto tempo prima della visita.

- Grado II: si nota un’alterazione dell’andatura al passo, non associata a chiari movimenti della testa. Al trotto la zoppicatura è ovvia come il movimento di testa e collo. Per il posteriore si nota un maggior grado di asimmetria nell’innalzamento gluteo ed una sua diminuita durata.

- Grado III: la zoppicatura è evidente sia al passo che al trotto con movimento di testa e collo molto evidente

- Grado IV: si ha mancato appoggio.

Gli ultimi due gradi sono spesso associati a gravi teniti, artriti settiche, fratture o ascessi sub-soleari.

Dopo aver osservato l’animale in stazione e in movimento si dovrebbe essere arrivati, con buona approssimazione, ad identificare l’arto o gli arti sede di zoppicatura.

78 5.3 – Palpazione (Stashak, 1990).

La palpazione è una fase essenziale dell’esame diagnostico perché ci permette di rilevare la presenza di una serie di alterazioni a carico delle strutture degli arti che possono indirizzare verso una diagnosi corretta. Grazie alla palpazione digitale, infatti, possiamo valutare la presenza di edema. L’edema è definito come un accumulo sub-cutaneo o peri-tendineo di fluidi, che, alla palpazione digitale, appare come un’area soffice o semi-solida, diffusa o localizzata, leggermente crepitante, che può impedire l’accurata palpazione dei tendini. L’edema sottocutaneo può essere associato a lesioni tendinee acute anche se è necessaria diagnosi differenziale in quanto può essere dovuto anche al mal posizionamento delle fasce, da lavoro o riposo, o alla cellulite.

Un altro segno evidenziabile con la palpazione è il calore. L’aumento della temperatura della cute può, infatti, essere il primo segno clinico di lesione o di recidiva della tenite, caratterizzata dalla presenza di infiammazione. Rilevando la temperatura della parte palpata si deve tenere in considerazione che il dato potrebbe essere falsato a causa del quotidiano uso di linimenti e di fasce, che di per sé causano un aumento della temperatura.

Un altro parametro ricavato con la palpazione e fondamentale per la diagnosi di tenite è l’ispessimento o l’allargamento del tendine, che indica o uno stato edematoso secondario a lesione acuta o la fase finale di un processo di riparazione di una lesione precedente. Nei tendini leggermente ma diffusamente lesionati il grado dell’ispessimento può essere difficile da stimare, mentre nei casi più gravi è tanto evidente da essere facilmente rilevabile. Sarebbe sempre buona norma confrontare l’arto malato con quello contro-laterale.

Due situazioni cliniche in cui è difficile diagnosticare l’ispessimento del tendine flessore superficiali digitale sono le lesioni nella regione sub-carpica, nella quale il tendine si trova all’interno del retinaculum, e lesioni in cui il tendine è rivestito dalla guaina tendinea. Durante la palpazione del tendine flessore superficiale digitale si devono valutare sia il bordo mediale che quello laterale. Tenendo l’arto in flessione è possibile palpare i due tendini separatamente, ma se entrambi sono leggermente ispessiti, la loro valutazione può essere più difficile. Di importanza fondamentale è anche la valutazione

79 dell’elasticità del tendine, che può essere utile perché un certo grado di rigidità riflette una precedente lesione.

Non di importanza minore è la rilevazione del dolore alla palpazione digitale. La stimolazione di una risposta dolorosa alla palpazione digitale diretta è un test clinico affidabile per la valutazione di lesioni tendinee. L’esame deve essere effettuato con l’arto tenuto in semi-flessione e i tendini vanno palpati sistematicamente con il pollice e l’indice a partire dalla regione metacarpale prossimale fino a quella distale, con l’intento di valutare un’eventuale risposta dolorosa. Quando si palpa un’area dolente, il cavallo generalmente cerca di sottrarre l’arto. Se si ottiene una risposta positiva bilaterale, può darsi che il cavallo sia ipersensibile all’aumento della pressione e probabilmente non ha lesioni. Viceversa, si deve anche ricordare che non tutti i cavalli con tenite hanno una risposta dolorosa positiva alla pressione. Inoltre una notevole sensibilità alla pressione digitale associata a edema locale o diffuso può indicare un problema non connesso al tendine.

Per standardizzare la palpazione è necessario iniziare dal fondo del piede, procedendo verso l’alto, in modo da compiere un esame completo dell’arto, senza trascurare nessuna porzione.

Valutato il piede e la pastoia, si procede sollevando l’arto dal suolo per palpare profondamente, con la pressione del pollice, i legamenti sesamoidei distali e i tendini flessori (flessore superficiale e profondo del dito) al fine di evidenziare una eventuale dolorabilità (fig. 5.2). Le lesioni “basse” (teniti o tenosinoviti) del tendine flessore profondo del dito si manifestano solitamente con l’ingrossamento del tendine e della sua guaina, distalmente al legamento anulare.

Fig 5.2 - Palpazione dei legamenti sesamoidei distali e dei tendini flessore superficiale e

80 Il tendine flessore profondo e la sua guaina e il tendine flessore superficiale del dito vengono palpati a livello del nodello per controllare calore, dolore e tumefazione (fig. 5.3), tipicamente presenti in corso di tenite e tenosinovite.

Fig 5.3 - Palpazione della guaina sinoviale digitale (grande sesamoidea) attorno ai tendini

flessori superficiali e profondo del dito (da Stashak, 1990; modificato).

Si deve ricordare che un certo grado di distensione della guaina del tendine flessore profondo del dito in tutti e quattro gli arti, non è rara in cavalli sportivi. Il legamento anulare viene palpato per riscontrarne l’eventuale costrizione. Con l’arto sollevato dal suolo si esercita pressione digitale sulle porzioni basilari, abassiali e apicali delle ossa sesamoidee.

Dopo la palpazione del nodello si sale verso il metacarpo, palpando i tendini estensori sulla faccia dorsale dello stinco e le due ossa metacarpali rudimentali per tutta la loro lunghezza, prima con l’arto in appoggio e poi sollevandolo dal suolo con il nodello flesso.

Anche il legamento sospensore deve essere palpato accuratamente, sia con l’animale in stazione quadrupedale , sia con l’arto flesso, per individuare gonfiore e dolorabilità.

I tendini flessori superficiale e profondo del dito sono localizzati palmarmente al legamento sospensore e sono intimamente associati tra loro. Il loro terzo prossimale (in rapporto con il carpo) e distale (in rapporto con il nodello) sono avvolti da guaine tendinee mentre la porzione centrale è coperta solo dallo strato peri-tendineo.

81 Ogni porzione deve essere accuratamente palpata per rilevare dolore, tumefazione e calore e viene inoltre rilevato, se si ha una deformità flessurale, il grado di tensione.

La palpazione viene effettuata con l’arto in appoggio. Questo consente di identificare quali strutture sono coinvolte dalla flogosi o quali sono in massima tensione. Dopo questa manovra la faccia dorsale dell’arto viene sollevata con una mano tenendo flesso il nodello e si tenta, con il pollice e l’indice dell’altra mano, di far scorrere e di separare il tendine flessore superficiale dal tendine flessore profondo del dito (fig. 5.4).

Fig 5.4 - Palpazione dei tendini flessori; il nodello è mantenuto flesso per poter separare il

tendine flessore superficiale da quello profondo (da Stashak, 1990; modificato).

In condizione normale i due tendini possono essere facilmente separati e differenziati, mentre in caso di teniti, sinoviti o tenosinoviti questa manovra risulta impossibile per la presenza di aderenze tra le due strutture o a causa di ispessimenti.

Riassumendo, una tumefazione dolorosa associata a minima deformità delle strutture tendinee e delle guaine sinoviali sono segni di tenite, sinovite e/o tenosinovite acuta e subacuta. Una tumefazione dura, spesso dolente, con o senza aumento di calore, associata a deformità del tendine e ispessimento della guaina tendinea, indicano la presenza di una tenite, di una sinovite o di una tenosinovite cronica. La palpazione deve essere fatta in modo sistematico in tutti e quattro gli arti, confrontando tra loro i due arti contro-laterali.

82 5.4 - Anestesia locale

Un’altra tecnica utile nel diagnosticare una patologia degli arti è l’anestesia locale, comunemente usata nella pratica ippiatrica per la sua proprietà di identificare la sede del dolore in animali in cui non esiste una malattia ovvia. Può infatti essere utile quando l’ispezione e la palpazione non hanno permesso

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