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Diagrammi singolari e di Van Kampen

2.5 Prodotto riflessivo

3.1.4 Diagrammi singolari e di Van Kampen

Un diagramma singolare del disco (o, nel caso non vi siano ambiguità, dia- gramma singolare) D è un sottoinsieme compatto e contrattile di R2 dotato

di una struttura che lo rende un 2-complesso finito.

Prima di proseguire chiariamo innanzitutto cosa intendiamo per comples- so.

Definizione 3.1.3. Se K1, K2 sono complessi diremo che un’applicazione

continua φ: K1 → K2 è un morfismo di complessi (o più semplicemente

morfismo) se la restrizione di φ a ogni cella aperta di K1 è un omeomorfi-

smo con una cella aperta di K2. Una volta definiti i morfismi tra complessi

definiamo i complessi per induzione sulla loro dimensione.

Un complesso di dimensione 0 è semplicemente un insieme dotato della to- pologia discreta le cui celle aperte constano dei punti dell’insieme. Sia perciò K(n−1)un complesso di dimensione n − 1 e sia {sλ}λ∈Λuna famiglia di copie

di n-dischi chiusi, supponiamo che per ogni λ ∈ Λ sia fissato un omeomor- fismo di ∂sλ con un (n − 1)-complesso Sλ e sia inoltre dato un morfismo di

3.1 Presentazione di gruppi e piccola cancellazione tali due applicazioni.

Definiamo allora K(n) come il quoziente di K(n−1)⊔ {s

λ}λ∈Λ tramite la re-

lazione d’equivalenza che identifica t ∼ φλ(t) per ogni λ ∈ Λ e per ogni

t ∈ ∂sλ. Allora K(n) diventa, con la topologia quoziente, un complesso di

dimensione n le cui celle aperte constano delle immagini delle celle aperte di K(n−1)tramite la mappa di passaggio al quoziente e della parte interna degli sλ. Chiameremo spesso facce, lati, vertici di un complesso rispettivamente

le 2-celle, 1-celle e 0-celle del complesso. Diremo che uno spazio topologico D ha una struttura di n-complesso se è fissato un omeomorfismo di un n- complesso K(n) in D.

Posto K(1) ⊂ K l’uno-scheletro di K e U(1) ⊂ K(1) un generico aperto di

K(1)per la topologia quoziente, diremo che una 0-cella v di un complesso K

ha grado d se d è il massimo numero di componenti connesse di U(1)r{v} al variare di U(1) nell’insieme degli intorni connessi di v (nel 1-scheletro di K).

Osservazione 3.1.4. Notiamo che il vertice v in Figura 3.3 ha grado 3.

v U(1)

Figura 3.3

3 Nel seguito confonderemo spesso le n-celle di K(n) con le loro immagini

in D, ovvero nel caso in cui D sia un diagramma singolare di un disco chia- meremo spesso con facce, lati, vertici le immagini in D delle 2-celle, 1-celle e 0-celle di K(n)tramite l’omeomorfismo definente la struttura di complesso

su D.

Se D è un diagramma singolare (del disco) denoteremo con Areac(D) il

numero di facce di D, mentre, fissato un vertice p di D, scriveremo diamp(D)

per indicare la distanza da p del vertice di D più lontano, ovvero diamp(D) + max{d(p, v) | v è un vertice di D},

ove con distanza si intende, come sempre in questi casi, il numero di lati del cammino più corto congiungente p a v. D’ora in poi, per evitare patologie, supporremo sempre che i lati e: [0, 1] → D ֒→ R2 siano C. Il sostegno di

ogni lato di D ha due orientazioni possibili, pertanto per ogni lato e: [0, 1] → D possiamo considerare il lato ıe : [0, 1] → D tale che ıe(t) = e(1− t),

sull’orientazione del lato oltre che al lato in se e indicheremo con e ed ıe

lo stesso lato con orientazioni opposte. Denoteremo con SD l’insieme dei

lati orientati del diagramma singolare D. Se e1, ..., ej: [0, 1] → D sono le

1-celle che compongono il bordo di D, ordinate in modo tale che ei(1) =

ei+1(0) per ogni i ≤ j − 1 ed ej(1) = e1(0), allora chiameremo laccio del

bordo di D il laccio ottenuto componendo tra loro gli ei, ovvero il laccio

di lati ej ⋆ ej−1⋆ ... ⋆ e1: [0, 1] → D. Notiamo inoltre che il bordo di D è

composto da una parte magra ed una grassa (vedi Figura 3.4), la parte magra è composta dai lati (del bordo) che non appartengono a nessuna faccia e dai vertici v del bordo di D tali che D r {v} consta di almeno due componenti connesse, mentre con parte grassa intendiamo il più piccolo sottocomplesso di D contenente D r {parte magra}. Notiamo che la parte magra e quella grassa hanno in comune i vertici del bordo che, se tolti, sconnettono D.

Parte magra

Parte grassa

Figura 3.4

Definizione 3.1.5. Sia S un insieme e sia S−1 = {a−1 | a ∈ S}. Un dia-

gramma su S è il dato di un diagramma singolare D e di una applicazione λ : SD → S ∪ S−1 che associa ad ogni lato ordinato e di D un elemento di

S∪ S−1 in modo che si abbia λ(ıe) = λ(e)−1. Ovvero λ associa un indice a ogni lato orientato in modo tale che a lati “opposti” vengano assegnati indici “opposti”. Talvolta chiameremo λ funzione indice relativa al diagramma D. Notiamo che λ si estende ovviamente dall’insieme dei cammini di lati (orien- tati) di D all’insieme delle parole nell’alfabeto S ∪ S−1. Chiameremo indice

di un lato orientato di D la sua immagine tramite λ in S ∪ S−1. Con indice

di una faccia di D intenderemo una parola w ottenuta come immagine tra- mite λ del bordo di tale faccia, ovvero, scelto a caso un punto p del bordo della faccia, allora w sarà l’immagine del cammino di lati che parte da p e “percorre” tutto il bordo della faccia. Con una diversa scelta del punto di partenza si otterrà una parola ottenuta da w con una permutazione ciclica delle lettere. Nel caso fossimo interessati a specificare da quale punto inten-

3.1 Presentazione di gruppi e piccola cancellazione diamo indicizzare una faccia parleremo di indice di una faccia a partire da p o con punto base p.

Definizione 3.1.6. Chiameremo albero massimale T di un complesso K di dimensione n un 1-sottocomplesso contrattile di K che sia massimale rispetto alla relazione d’ordine parziale fornita dal contenimento di insiemi. In particolare, per massimalità, T contiene necessariamente tutti i vertici di K.

Proposizione 3.1.7. Siano S un insieme, D un diagramma su S ed R∗ un

insieme di parole contenente tutti gli indici delle facce di D. Se la parola w è l’immagine tramite la funzione indice λ : SD → S ∪ S−1 del laccio che

percorre tutto il bordo di D a partire da un vertice p, allora nel gruppo libero F (S) w = α Y i=1 x−1i rixi, (3.1)

ove α = Areac(D), le parole xi hanno lunghezza inferiore a diamp(D) e

ri ∈ R∗. In particolare w = id nel gruppo presentato dahS|R∗i.

Dimostrazione. Fissiamo D e p appartenente al bordo. Scegliamo un albe- ro massimale T nell’1-scheletro di D a partire dal vertice p. Procediamo per induzione sul numero di facce e di lati di D, il passo base è ovvio. Possiamo quindi supporre di aver dimostrato la proposizione per ogni dia- gramma singolare D′ con Area

c(D′) < Areac(D) o con pari numero di facce

(Areac(D′) = Areac(D)) ma con un numero inferiore di lati. Chiameremo

lato isolato di un diagramma D un lato che non appartiene a nessuna faccia di D e avente un solo vertice in comune con un’altra cella di D (vedi Figura 3.5).

s, s−1

D D′

Figura 3.5

Se D contiene un lato isolato indicizzato dalla lettera s, allora la parola w si scrive come w = w1ss−1w2. Sfruttando l’ipotesi induttiva sul diagramma

D′ ottenuto da D dopo aver rimosso tale lato possiamo scrivere la parola w′ = w1w2, che indicizza il bordo di D′, come un prodotto del tipo (3.1.7).

Quindi anche w ammette una rappresentazione analoga. Notiamo inoltre che il diametro (in p) di D′ o è rimasto uguale o è diminuito al più di 1.

non può chiaramente coincidere con l’albero massimale. Seguiamo il laccio di lati del bordo a partire dal punto p fino a che non incontriamo il primo lato e (del bordo di D) che non appartiene a T .

D D′ w1 a w2 u u w1 w2 Figura 3.6

Sia a l’indice per tale lato, w1 la parola che indicizza il cammino di lati

(del bordo) che precede e e w2 quella per il cammino di lati che lo segue.

Il cammino di lati indicizzato dalla parola w1 non può autointersecarsi, in

quanto appartiene ad un albero, ed è inoltre localmente iniettivo poiché D non possiede lati isolati, ovvero è globalmente iniettivo. In particolare H(w1)≤ diamp(D). Poiché T contiene tutti i vertici di D se togliamo il lato

(aperto) e non sconnettiamo il diagramma, pertanto, poiché D è contrattile, e deve appartenere al bordo di qualche faccia E di D di indice r−1 +au−1. Consideriamo il sottocomplesso D′di D ottenuto togliendo il lato e e la parte

interna della faccia E. Notiamo che D′ è ancora un diagramma per S (la

funzione λ′ per Dè infatti ottenuta come restrizione di quella di D), che

l’insieme di indici delle facce di D′ è un sottoinsieme di quello di D, che il

diametro di D′ è lo stesso di quello di D, in quanto entrambi contengono T ,

ed infine che il bordo di D′ è indicizzato (a partire dal vertice p) dalla parola

w′ = w1uw2. In F (S) vale perciò

w′ = w1uw2 = (w1rw1−1)(w1aw2) = (w1rw1−1)w

Per induzione possiamo assumere che w′ possa essere espressa come prodotto

di al più Areac(D′) = Areac(D)− 1 termini della forma x−1rx con H(x) ≤

diamp(D′) = diamp(D), da ciò si deduce facilmente la tesi.

Se S è un insieme, R un insieme di parole nell’alfabeto S allora indiche- remo con R∗ il più piccolo insieme di parole contenente R, R−1 e chiuso per

permutazioni cicliche delle lettere di una parola. Notiamo che in particolare hS|Ri = hS|R∗i.

Definizione 3.1.8. Sia S un insieme, R un insieme di parole nell’alfabeto S, D un diagramma su S tale che R∗ contenga tutti gli indici delle facce di

3.1 Presentazione di gruppi e piccola cancellazione D, w una parola che indicizzi il bordo di D a partire da un vertice p di tale bordo, allora D è chiamato diagramma di Van Kampen per w rispetto al gruppo hS|Ri con punto base p.

Vale allora il seguente teorema

Teorema 3.1.9 (Lemma di Van Kampen). Sia S un insieme, w una parola nelle lettere S∪ S−1 e sia R un insieme di parole in queste lettere. Allora

1. w = id nel gruppo Γ +hS|Ri se e solo se esiste un diagramma di Van Kampen per w rispetto a hS|Ri.

2. Se w = id in Γ =hS | Ri allora

Areaa(w) = min{Areac(D)| Dè un diagramma di V.K. per wrispetto ahS|Ri}.

Per dimostrare questo teorema sono necessari due lemmi e una definizio- ne. Iniziamo pertanto introducendo una relazione d’ordine sull’insieme dei diagrammi su un dato insieme S e aventi bordo indicizzato da una stessa parola w, notiamo che equivalentemente avremmo potuto fissare un punto p di R2 ed un elemento v di S e considerare tutti i diagrammi su S aventi p

come vertice del bordo e tali che la parola w che indicizza il bordo abbia v come prima lettera. Detto in modo più triviale abbiamo fissato un punto di partenza e un verso di percorrenza del bordo dei diagrammi su S e su tale sottoclasse vogliamo definire un ordine. Nel seguito, qualora non vi siano ambiguità o qualora sia irrilevante il verso i percorcorrenza del bordo, parle- remo di diagrammi con punto base per intendere che abbiamo scelto non solo un punto ma anche un modo (verso) per percorre il bordo di tali diagrammi. All’interno della classe dei diagrammi su S con punto base p diremo che un diagramma D′ è minore di D, e scriveremo D≺ D, se Dha meno lati

di D, se le parole che indicizzano il bordo di D e D′, lette a partire dal punto

base, sono uguali come elementi del gruppo libero F (S) e infine se gli indici delle 2-celle di D′ sono contenuti in quelli delle 2-celle di D.

Lemma 3.1.10. Se D è un diagramma su S con punto base p, minimale rispetto all’ordinamento≺, allora l’indice del bordo di D è una parola ridotta in F (S), ovvero non contiene sottoparole del tipo ss1 con s∈ S ∪ S−1.

Dimostrazione. Se per assurdo la parola che indicizza il bordo di D non fos- se ridotta esisterebbe una coppia di lati contigui e, e′ indicizzati dalle lettere

a, a−1 ∈ S ∪ S−1 (rispettivamente). Se il vertice finale di ecoincide con

quello iniziale di e e viceversa, ovvero se e′ =

ıe, allora possiamo chiaramen-

e′ e c

Figura 3.7

minimalità di D.

Se invece il vertice iniziale di e non coincide con quello finale di e′ (il caso

in cui il vertice finale di e non coincida con quello iniziale di e′ è identico)

allora possiamo congiungere il primo vertice con il secondo con un arco (dif- ferenziabile) c: [−1, 1] → R2 che non intersechi D se non sui due vertici in

questione. Si può allora collassare il triangolo T di lati e, c, e′ tramite una

mappa π che sia un diffeomorfismo su R2r T e su T agisca come una re-

trazione in modo tale che i lati e ed e′ (e loro soltanto) vadano a coincidere

(vedi Figura 3.7). L’immagine π(D) + D′ eredita la struttura di complesso

da D ed il punto base, anche in questo caso abbiamo quindi ottenuto un dia- gramma sullo stesso insieme (e con lo stesso punto base) ma con un numero inferiore di lati, contro la minimalità di D.

Osservazione 3.1.11. Notiamo che la dimostrazione del precedente lemma fornisce un algoritmo per trasformare un diagramma D con punto base p in un diagramma D0 con punto base p minimale rispetto all’ordine ≺. Infatti,

ripetendo più volte il procedimento descritto nella dimostrazione, si ottiene un diagramma D0 il cui bordo è ridotto, il cui insieme di indici delle facce è

contenuto in quello di D e tale che Areac(D0)≤ Areac(D).

3 Lemma 3.1.12. Sia S un’insieme, w una parola nell’alfabeto S∪ S−1 e sia

w0 la parola ridotta uguale a w in F (S). Dato un diagramma D0 per w0 su

S è possibile costruire un diagramma D per w con Areac(D0) = Areac(D) e lo stesso insieme di indici delle facce.

Dimostrazione. Il diagramma D su S per la parola w è ottenuto facilmente inserendo ripetutamente lati isolati sul bordo di D0.

Dimostrazione del Teorema 3.1.9. Sia w = id in Γ =hS|Ri, allora nel grup- po libero su S vale che

w =

N

Y

i=1

x−1i rixi,

ove ri ∈ R±1 e N = Areaa(w). La parola alla destra dell’uguale della pre-

cedente formula indicizza il bordo di un diagramma a “palloncini” D1 con

Areac(D1) = N (vedi Figura 3.8). Sia D0 ≺ D1 un diagramma minima-

3.1 Presentazione di gruppi e piccola cancellazione Lemma 3.1.10, si deduce immediatamente che la parola w0, che indicizza

il bordo di D0, è ridotta e pari a w nel gruppo libero F (S); inoltre l’in-

sieme degli indici delle facce di D0 è un sottoinsieme di quello di D1 e

Areac(D0) ≤ Areac(D1) = Areaa(w). Applicando il Lemma 3.1.12 a D0

otteniamo un diagramma di Van Kampen D per la parola w su hS|Ri di area ≤ N. Abbiamo pertanto dimostrato un’implicazione (solo se) del primo pun- to e a la disuguaglianza ≥ del secondo punto. La Proposizione 3.1.7 dimostra l’implicazione “se” del primo punto e l’altra disuguaglianza del secondo.

x1 r1 r2 r3 rN xN x3 x2 Figura 3.8

3.1.5 Gruppi di piccola cancellazione

Definizione 3.1.13. Sia Γ un gruppo e S un sistema di generatori. Allora definiamo un 1

n-corridoio in Γ come un segmento geodetico (parametrizzato

a velocità costante) α: [0, 1] → CS(Γ) soddisfacente la seguente proprietà: se

esiste una geodetica contenente α di estremi due generici punti P e Q, allora ogni geodetica di estremi P e Q contiene α|

[ 12 −2n ,1 12 +2n ]1 .

Per esempio ogni geodetica nel grafo di Cayley usuale del gruppo libero F (S) definisce un 1-corridoio (vedi Figura 3.9). Viceversa il grafo di Cayley usuale del gruppo abeliano

a1, b1, ..., am, bm|a1b1a1−1b−11 , . . . , ambma−1m b−1m

non ammette nessun corridoio per alcun n (vedi Figura 3.10).

Definizione 3.1.14. Se Γ è un gruppo con insieme di generatori S, relazioni Re r ∈ R indicheremo, in analogia con quanto già definito, con rl’insieme di tutte la permutazioni cicliche delle lettere di r e r−1. Diremo inoltre che

una parola u è un pezzo comune a due relazioni r1, r2 ∈ R (eventualmente

a b

Figura 3.9: Grafo di Cayley del gruppo libero di due elementi rispetto alla presentazione standard

a b

Figura 3.10: Grafo di Cayley del gruppo abeliano di due elementi rispetto alla presentazione standard

Definizione 3.1.15. Sia λ un numero positivo reale, diremo che la presenta- zione di un gruppo Γ = hS|Ri soddisfa la condizione C′(λ) se ogni pezzo u re-

lativo a una coppia di relazioni r1, r2ha lunghezza H(u) < λ min{H(r1), H(r2)},

notiamo che in particolare per ogni pezzo u di un relatore r vale che H(u) < λH(r). Un gruppo che ammette una tale presentazione si dice C′(λ)-cancellation group.

Diremo inoltre che R (o hS|Ri) soddisfa la condizione C(p) per un certo in- tero positivo p, se nessun elemento di R∗ è prodotto di un numero inferiore

a p pezzi.

Infine, se q è un numero naturale maggiore o uguale a 2, diremo che R (o hS|Ri) soddisfa la condizione T (q) se per ogni l ∈ {3, 4, . . . q − 1} e per ogni l-upla (r1, . . . , rl) di elementi di R∗ vale la seguente:

3.1 Presentazione di gruppi e piccola cancellazione r1r2, . . . , rl−1rl, rlr1 è ridotta, ovvero non contiene sottoparole della

forma ss−1 per s ∈ S.

Vi sono alcune osservazioni da fare circa la precedente definizione. In- nanzitutto osserviamo che chiaramente C′(λ) ⇒ C(µ) per ogni λ ≤ µ,

C(p)⇒ C(p) per ogni p≥ pe T (q) ⇒ T (q) per ogni q≥ q.

Notiamo inoltre che la condizione C′(1

n) implica la condizione C(n + 1) per

ogni n ∈ N, infatti se nessun pezzo puó essere piú lungo di un n-esimo del generatore a cui appartiene, allora chiaramente serviranno almeno n + 1 pez- zi per “fare” un generatore. Infine osserviamo che ogni gruppo finitamente presentato hS|Ri è T (3): la condizione (>) è infatti vera a vuoto nel caso q = 3.

Sia Σg l’unica, a meno di omeomorfismi, superficie chiusa orientata di

genere g, ove ricordiamo che il genere di una superficie è definito come il massimo numero di curve semplici chiuse disgiunte che non la sconnettono (ovvero tali che {superficie} r {unione dei supporti delle curve} è connesso). Ricordiamo che la presentazione canonica del gruppo fondamentale di Σg è

data da ha1, b1, ..., ag, bg|Qgi=1[ai, bi]i ove con la notazione [a, b] intendiamo

il commutatore tra a e b, ossia [a, b] + aba−1b−1. Notiamo che non vi sono

pezzi relativi ai generatori di lunghezza superiore a 1 e non vi sono rela- zioni di lunghezza superiore a 4g, risulta perciò che il gruppo fondamentale di una generica superficie chiusa orientata di genere g ≥ 2 è un C′( 1

4g−1)-

cancellation group. In particolare per g ≥ 2 sono tutti C′(1

6)-cancellation

groups.

Il motivo per cui ci interessiamo a tali gruppi è il seguente.

Se Γ ammette una presentazione hS|Ri che soddisfi la condizione C′(λ)

con λ ≤ 1

6, allora è possibile associare ad ogni triangolo geodetico in CS(Γ)

di lati γ1, γ2, γ3 un diagramma D della forma indicata nella Figura 3.11 ed

in modo tale che:

- se P1, P2, P3 sono i vertici del triangolo allora la parola γiè indice della

parte di bordo di D che va da Pi a Pi+1;

- l’indice del bordo di ogni faccia f di D è una parola appartenente a R∗;

- il bordo comune a due diverse facce di D è un pezzo relativo a due relazioni.

γ1 γ2 γ3 P1 P2 P3 f Figura 3.11

3.1.6 Struttura dei diagrammi di Van Kampen per gruppi C′(λ)

Quanto trattato in questa sezione è di vitale importanza per quanto vogliamo dimostrare in seguito. Scelto un gruppo finitamente presentato Γ + hS|Ri che soddisfi la condizione C′(λ) per λ 1

6 mostreremo che un’opportuna

“riduzione” del diagramma di Van Kampen associato ad una parola w0 ∈ Γ

ha una forma molto particolare (vedi Figura 3.11). Tale forma, come già accennato, sarà poi indispensabile nel corso della Sezione 3.2 per dimostrare i Lemmi 3.2.1 e 3.2.2.

Iniziamo mostrando cosa intendiamo per riduzione di un diagramma. Sia pertanto Γ + hS|Ri un gruppo e sia w0∈ Γ una parola liberamente ridotta,

non vuota e omotopicamente nulla. Sia poi D un diagramma di Van Kam- pen per la parola w0 con punto base p0, come già osservato tale diagramma

consta di una parte magra ed una grassa, chiameremo allora dischi estremali DE di D i suoi sottocomplessi connessi, omeomorfi a un disco e connessi a

DrDEtramite un lato o un singolo vertice. Un disco estremale di D è perciò

il più piccolo sottocomplesso di D contenente una componente connessa di Dr{parte magra}. Notiamo che, essendo D finito, o è lui stesso un (unico) disco etremale, oppure possiede almeno un tale disco.

Sia DEun disco estremale di un diagramma di Van Kampen per w 0 ∈ Γ

con punto base p0. Sia B ⊂ DEuna faccia di tale disco e v un vertice (del

bordo di) B di grado 2. Rimuoviamo allora v e la parte interna dei due lati l1, l2 di cui è bordo, aggiungiamo infine una 1-cella l12“al posto” dei due lati

3.1 Presentazione di gruppi e piccola cancellazione tolti, ottenendo perciò una faccia B′ con un lato e un vertice in meno (vedi

Figura 3.12). B B v1 l1 v l2 v2 v1 l12 v2 Figura 3.12

Diremo che la 1-cella l12 è stata ottenuta per consolidamento delle due

1-celle l1 e l2. Iterando tale processo per tutti i vertici di grado 2 del bordo

di ogni faccia B di DE otteniamo un nuovo complesso T : il semplificato di

DE. Notiamo che, posto λDE: SDE → S ∪ S−1 la funzione, ottenuta come

restrizione della funzione indice di D, che associa un indice ai lati orientati del disco estremale DEdel diagramma di Van Kampen D, è ben definita una

applicazione λT: ST → {parole nell’alfabeto S∪S−1} (ove con ST indichiamo

l’insieme dei lati orientati di T ) ottenuta come “restrizione” di λDE, nel senso

che coincide con λDE sui lati che non sono stati coinvolti nella semplificazio-

ne di DE

, mentre associa alle 1-celle ottenute per consolidamento di due lati l1, l2 la parola λDE(l1DE(l2).

Chiameremo esterni i vertici ed i lati di T contenuti nel bordo di DE, interni

tutti quelli non esterni, mentre diremo che una faccia B di T è esterna se contiene almeno un lato esterno, interna altrimenti.

Sia D un diagramma di Van Kampen e sia λ: SD → S ∪ S−1 la funzione

indice di D, diremo allora che D è ridotto se non contiene due facce B1, B2

contigue e un lato orientato x appartenente al bordo comune alle due facce tale che, posti b1 e b2 i lacci di lati del bordo di B1 e di B2 aventi x co-

me primo lato, si abbia λ(b1) = λ(b2). Notiamo che se D è minimale per

l’ordinamento ≺ definito appena dopo il Teorema 3.1.9 allora è anche ridot- to. Supponiamo infatti che D sia minimale per l’ordinamento ≺ ma non sia ridotto. Esistono pertanto due facce B1, B2 di D aventi bordi b1 = b′1 ⋆ x

e b2 = b′2⋆ x tali che λ(b1) = λ(b2), ove λ è come sempre la funzione che

assegna un indice a tutti i lati di D. Sia y il primo lato “appartenente” a b1

ma non a b2 e z il primo appartenente a b2 e non a b1 (vedi Figura 3.13),

allora per le ipotesi fatte λ(y) = λ(z). Allora il diagramma D′ ottenuto da

D collassando tra loro i lati y e z (come fatto nel corso della dimostrazione del Lemma 3.1.10) è ancora un diagramma di Van Kampen ma è tale che

D′ ≺ D, assurdo. In particolare abbiamo mostrato che esiste sempre un

diagramma di Van Kampen ridotto.

y z x B2 B1 b′ 1 b′2 Figura 3.13

Proposizione 3.1.16. Sia D0 un diagramma di Van Kampen ridotto rela-

tivo a una parola ridotta w0 del gruppo hS|Ri.

i) Se R soddisfa la condizione C(p) per qualche p≥ 3, allora ogni faccia interna di un sottodisco (estremale) di D0 ha almeno 2p lati consolida-

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