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Didona i Ènej (Didone ed Enea) è datata 1969. Il 1969 è un anno denso di spostamenti, sia pur brevi, per Brodskij: a gennaio è a Jalta e ne lascia traccia evidente nel poema Posvjaščaetsja Jalte (Dedicato a Jalta); all’inizio di luglio è a Mosca; in ottobre torna in Crimea, a Koktebel’; a novembre è a Odessa dove scrive Pered pamjatnikom Puškinu v Odesse (Dinnanzi al monumento di Puškin a Odessa); a dicembre è a Mosca per il compleanno di Evgenij Rejn, al quale regala appunto Didona i Ènej. Questo particolare non significa che la poesia riporti alcuna dedica al poeta amico, si tratta di un vero e proprio dono di compleanno. Il 1969 è, comunque, un anno segnato da viaggi nel sud, in Crimea e in Ucraina, sulle coste del Mar Nero; la geografia meridionale, durante questo anno, è dominante, i luoghi si riflettono e giocano un ruolo fondamentale nelle composizioni poetiche, le città sono talvolta indicate con chiarezza, talvolta indi- cate con metamorfosi.

Nel caso di Didona i Ènej, Cartagine è assimilata alla geografia generale, il Mediterraneo è richiamato dal Mar Nero. Il passo da Urania a Clio è breve, dalla geografia il poeta passa alla storia, alla storia antica, quando Roma già domina e si appresta alla conqui- sta definitiva e alla distruzione di Cartagine. Brodskij, però, non prende in considerazione la Terza Guerra Punica; Brodskij con- centra l’attenzione di poeta sull’amore tra la regina Didone e Enea, sull’abbandono di Didone e, quindi, allude e prelude alla fondazione di Roma stessa, mitologema di ogni impero. A tale proposito, va però sottolineato che per Brodskij Roma significa anche la civiltà contrapposta alla barbarie, Roma diffonde civiltà nel mondo, civitas e civilitas coincidono; un evidente risultato di tale convinzione è la pièce Mramor (Marmi), uscita in edizione separata solo nel 1984 e della quale si tratterà diffusamente nell’analisi del lungo e complesso poema Post aetatem nostram.

Il primo verso: «Великий человек смотрел в окно» (Il gran- de uomo guardava alla finestra,) richiama il primo verso di Sonet (Sonetto) del 1962. La poesia si apre con un’immagine-scena, il protagonista è osservato mentre compie una azione ben precisa,

stefania Pavan, Lezioni di poesia. Iosif Brodskij e la cultura classica il mito, la letteratura, la filosofia, isbn 88-8453-471-2 (online), 2006 firenze university Press.

il lettore è spettatore. I versi secondo e terzo presentano l’altra protagonista mediante una metafora spaziale: «а для неё весь мир кончался краем / его широкой, греческой туники» (ma per lei il mondo finiva con l’orlo / della sua larga tunica greca). Il poeta indica una opposizione, basata sui confini: egli, Enea, guarda fuori, il suo sguardo è proiettato all’esterno, è centrifugo; ella, Didone, vive in un mondo i cui confini sono segnati dall’orlo della tunica dell’amato, vive nell’orbita dell’amato. Le due posizioni sono, quindi, del tutto inconciliabili; la tragedia è preannunciata. Lo sguardo, il senso della vista, è metafora della mente; basta leggere i versi settimo e ottavo: «и взор его сейчас / был так далёк от этих мест, [...]» (e il suo sguardo era / adesso così lontano da questi luoghi). Lo sguardo di lui è ormai lontano, la sua mente è lontana; Didone sa di avere già perso Enea. Va notato che i nomi dei due personaggi compaiono solo nel titolo; nella poesia ci sono soltanto «он» (egli) e «она» (ella). Il binomio fondamentale è quello della coppia di amanti, il rapporto che li ha legati introduce per allusione anche l’intertesto storico-mitologico.

Le fonti artistiche di questa, che sembra all’apparenza essere una bellissima lirica di amore, sono molteplici: Virgilio, Dante, Metastasio, Purcell e Anna Achmatova.

Il II canto dell’Eneide ricorda il banchetto di Ulisse con Alcinoo nell’Odissea; anche Enea prende parte ad un banchetto e, dietro invito di Didone, narra dei sette anni trascorsi a vagabondare per mare. So- prattutto, però, con Virgilio il lettore apprende nella sua completezza il racconto della caduta di Troia, intertesto di cui si è già detto. Virgilio scrive una parte di storia che non c’è nei poemi omerici, né nel Bellum Poenicum di Nevio, né negli Annales di Ennio: Troia cade ma Enea sopravvive perché è destino che egli fondi Roma e dia origine a una discendenza, della quale fa parte lo stesso Augusto. Fin dal II canto si intuisce che dietro le vicende dell’eroe c’è uno schema, un progetto, un disegno che trascende la semplice volontà dell’uomo.

È interessante supporre che Brodskij, durante la permanenza a Roma quale poeta ospite dell’Accademia d’America nella prima metà dei Settanta, dopo l’esilio, avrà modo di vedere il famoso gruppo marmoreo del Bernini, che si trova alla galleria Borghese e che rappresenta Enea, il padre Anchise e il figlioletto Ascanio in fuga da Troia. Per analogia, Brodskij può anche aver visto in seguito, a Parigi, al Louvre il bassorilievo che rappresenta Orfeo, Ermes e Euridice e che fa parte della cosiddetta ‘Collezione Borghese’.

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Il IV canto dell’Eneide narra del suicido per amore di Didone e della pira magica e sacrificale voluta dalla regina, motivi dell’ultima strofe della poesia di Brodskij. In verità, non una sola parola di questi versi parla esplicitamente del suicidio della regina innamorata e ciò che la Didone brodskiana vede come una sorta di miraggio in mezzo alla foschia del fumo e delle fiamme è: «беззвучно рассыпался Кар- фаген // задолгo до пророчества Катона» (in silenzio andava in frantumi Cartagine // molto prima della profezia di Catone). Cartagine scompare per effetto delle fiamme e del fumo davanti alle sue mura, ma questa visione diviene un miraggio profetico della futura distru- zione della città da parte di Scipione l’Africano nella Terza Guerra Punica. Non casualmente l’ultimo verso, singolo e staccato, riporta definendole profezia le famose parole di Catone davanti al Senato: «Ceterum censeo Carthaginem esse delenda» (Quanto al resto, penso che Cartagine debba essere distrutta). Catone, interrogato al proposito, dice con molta chiarezza che Cartagine deve essere distrutta, ne va della salvezza di Roma. La poesia, che inizia con un’apparente messa a fuoco del tema dell’amore e della passione, termina con una chiara messa a fuoco del problema storico: Roma, benché storicamente non ancora Impero, non può ammettere l’esistenza di nemici; i nemici vanno distrutti. L’attenzione mirata al IV canto dell’Eneide porta con sé i motivi del dovere, del destino, della necessitas; Brodskij sottolinea la figura di Enea, quale eroe freddo e insensibile perché predestinato a compiere gesta più grandi di quelle amorose. La tragicità di Didone è legata a questa freddezza e a questo destino; essa è vittima di una volontà più forte della sua e di quella di Enea; come in Virgilio, l’epica sopravanza la lirica; la vicenda personale è lo sfondo sul quale dipanare considerazioni sulla vicenda universale dell’uomo. Enea, viaggiatore erede dell’Odisseo omerico, deve seguire il destino che per lui hanno scelto gli dei, perché la storia si realizzi, perché dalla distruzione di Troia possa nascere Roma. La visione positiva della storia, legata alla scuola filosofica dello stoicismo, suscita domande senza risposta nello stesso Virgilio o, per meglio dire, l’Eneide, quale riflessione sulla storia dell’umanità, pone le domande: quale la motivazione di tanto profondo dolore del singolo? quale il senso di tanto dolore? È a questo Virgilio che guarderà in modo sempre più riflessivo Brodskij, fino a giungere alla risposta che non esiste risposta: perché la pallottola ha colpito proprio te? Semplicemente perché ti trovavi lì, perché Urania è più vecchia di Clio, perché geografia e storia sono inscindibili in una visione metafisica di spazio e tempo114.

L’intertesto storico, inteso però con ampia valenza autoreferen- ziale, sembra sostenuto dalle due poesie che Tomas Venclova dedica a Iosif Brodskij nel 1995, anno della sua morte: Много лет спустя в Карфагене (Molti anni dopo a Cartagine) e Щит Ахиллеса (Lo scudo di Achille)115. La prima poesia, di sette ottave, sovrappone chiara-

mente Cartagine a Pietroburgo; il titolo presenta una vera e propria ridenominazione, in base alla quale Venclova trasferisce a Pietroburgo le parole di Catone per Cartagine: «Речь заводит трава, / рассы- пается в прах / гравий, - все, как Катон обещал» (Il linguaggio rimuove l’erba, / si frantuma in polvere / il pietrisco – tutto, come promesso da Catone). Nella seconda Venclova si rivolge a Brodskij: «Ты удаляешься. Простор. / Ты чужестранец в нём – мидиец? Грек ли?» (Ti allontani. La lontananza. / Sei straniero in essa – un medo? un greco?) Lo scudo di Achille, con metafora tratta da Au- den116, vuole indicare il foglio di carta e i versi scritti su di esso.

Enea rivede Didone nel canto VI dell’Eneide, quando compie il viaggio nel regno dei morti, accompagnato dalla Sibilla, per incon- trare il padre che gli predice il futuro e tutta la storia di Roma, fino al periodo di Augusto. Questo viaggio nel regno dei morti collega la Didone di Virgilio a quella di Dante, il cui intertesto è tra i principali della poetica brodskiana. Dante, nel V canto dell’Inferno, colloca Didone nella schiera degli amanti: Didone ha peccato di lussuria e ha tradito la memoria del primo marito Sicheo, e non importa che ciò sia avvenuto per volontà di Venere. Senza dubbio, Brodskij ha presente la figura dantesca, benché di essa non ci sia alcuna menzione nella poesia; l’intertesto è mediato da quello dell’Eneide di Virgilio:

Poiché lei non moriva di giusta morte, decisa dal fato, ma anzitempo in un accesso d’ira, Proserpina non le aveva ancora strappato di testa il biondo fatale capello e non aveva ancora consacrato il suo capo all’Inferno e allo Stige117.

L’accentuazione sulla tragedia legata all’amore rinnegato è, invece, alla base della Didone abbandonata di Pietro Metastasio, melodramma rappresentato per la prima volta a Napoli nel 1724. Brodskij, già nel 1969, conosce Metastasio e le sue opere, anche in virtù della sua passione per la musica e per ciò che essa significa in termini di composizione poetica118. Questo ci porta ai due ultimi intertesti

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Didona i Ènei

Secondo Keis Vercheil, la Didone di Virgilio è legata al ciclo di poesie di Anna Achmatova Šipovnik cvetet (Fiorisce la rosa selvatica)119, ad una sovrapposizione dei due destini. Anna Ach-

matova e Purcell sono, a loro volta, strettamente interconnessi nella vicenda umana e artistica di Brodskij120. A stare alle parole di

Brodskij stesso, il disco del melodramma di Purcell Didone e Enea è stato regalato a Iosif Brodskij da Stephen Spender, che glielo fece avere nel giugno del 1965 tramite Anna Achmatova, quando la poetessa si recò a Oxford per ricevere la laurea honoris causa. Questo stesso disco Brodskij fa suonare ai funerali della poetessa, il 5 marzo del 1966121. Brodskij afferma, inoltre, di avere più volte

ascoltato l’opera di Purcell assieme a Anna Andreevna a Koma- rovo, ancora prima della condanna da scontare a Norenskaja. A questo proposito, ribadisce di avere spesso portato dei dischi alla poetessa per ascoltarli assieme, polemizzando con quanto scritto nelle memorie di Anatolij Najman122. A riprova, nella

lettera che il 10 luglio 1965 Anna Achmatova scrive a Brodskij e lo ringrazia di averle consigliato di procurarsi e portarsi a casa proprio Didone e Enea di Purcell123. Sia Vercheil che Petrušanskaja

sottolineano l’inversione nell’ordine dei nomi dei due amanti: pubblicata nella raccolta Ostanovka v pustyne (Fermata nel deser- to) a New York nel 1970 come Ènej i Didona (Enea e Didone), la poesia divenne quindi Didona i Ènej (Didone ed Enea); questa inversione sarebbe dimostrazione della maggiore importanza della figura femminile e del suo tragico destino, rispetto a quello di Enea e del legame con il melodramma di Purcell. Petrušanskaja coglie anche una sfumatura di ironia nel trattare il personaggio di Enea, creata soprattutto dalla presenza dell’aggettivo «великий» (grande); sopra, invece, si è detto come il verso iniziale richiami una poesia precedente e, inoltre, l’attributo ‘grande’ è abituale nelle letterature greca e latina nei confronti di eroi e personaggi storici di rilievo. In realtà, tra i colloqui a Komarovo, i funerali di Achmatova e la creazione della poesia intercorrono alcuni anni. Essi hanno stemperato l’intertesto emotivo, lasciando della musica solo il valore ritmico. Per altro, la ritmicità di lettura era fondamentale nella corretta scansione del verso classico, il che ci riporta a Virgilio quale intertesto principe. Didona i Ènej si può a buon diritto inserire in quello che Viktor Kullè ha definito ‘epos lirico’ di Brodskij124, anche se non si tratta di una forma grande,

Il classicismo, perché di esso si tratta e non di neoclassicismo, diviene parte sempre più essenziale della poetica brodskiana, inne- standosi dapprima, come già scritto, nell’interesse che Brodskij ha per i metafisici inglesi e l’epoca del barocco. Siamo di fronte ad un complesso fenomeno di «trapianto culturale», secondo la termino- logia introdotta da Dmitrij Lichačëv, che si verifica quando interi strati culturali vengono trapiantati in suolo russo, dove iniziano un nuovo ciclo di sviluppo125. Barocco e classicismo divengono un unico

complesso intertesto nel quale, a differenza di quanto può apparire a prima vista, il barocco è l’erede diretto del dialogismo insito nella cultura classica, in opposizione al carattere assertivo del Rinascimento e di quel neoclassicismo che si pone quale suo erede diretto.

114 Cfr. J. Brodsky, Profile of Clio, cit.

115 T. Venclova, Mnogo let spustja v Karfagene (Molti anni dopo a Cartagine),

Ščit Achillesa (Lo scudo di Achille), in Iosif Brodskij: tvorčestvo, ličnost’, sud’ba, cit.,

pp. 290-92.

116 Il riferimento è alla poesia del 1955 The Shield of Achilles.

117 Virgilio, Eneide, IV; all’inizio del canto IV l’amore di Didone per Enea

è già una ferita tormentosa e irrimediabile; nel canto VI Enea, sceso nell’Ade, incontra Didone.

118 Ad una appassionata disamina dei legami tra la poesia di Iosif Brodskij e

il mondo della musica è dedicata la monografia di E. Petrušanskaja, Muzykal’nyj mir Iosifa Brodskogo (Il mondo della musica in Iosif Brodskij), izd. Zvezda, Sankt-

Peterburg 2004.

119 Cfr. K. Verchejl’, Ènej i Didona Iosifa Brodskogo (Enea e Didone di Iosif

Brodskij), in L. Losev (a cura di), Poètika Brodskogo (La poetica di Brodskij), Èrmitaž,

Tenafly 1986, pp. 121-31.

120 E. Petrušanskaja, nella monografia citata, dedica il cap. II della parte IV, pp.

127-40, alla disamina dei rapporti tra Purcell e Brodskij, focalizzando lo studio sul ruolo della musica; tale capitolo è stato in precedenza pubblicato in stesura ridotta in Iosif Brodskij: tvorčestvo, ličnost’, sud’ba, cit., pp. 73-9.

121 J. Brodsky, Remember Her, in “Times Literary Supplement”, 22 September

1995, p. 19.

122 Cfr. A. Najman, Rasskazy o Anne Achmatovoj (Racconti su Anna Achmatova),

Chudožestvennaja Literatura, Moskva 1989.

123 Cfr. S. Volkov, Dialogi s Iosifom Brodskim, cit., p. 263.

124 Cfr. V. Kullè, Iosif Brodskij: novaja Odisseja, cit., p. 290; Id., Poètičeskij dnevnik

Iosifa Brodskogo 1961 goda (Il diario poetico del 1961 di Iosif Brodskij), in Iosif Brodskij: tvorčestvo, ličnost’, sud’ba, cit., pp. 80-87.

125 Anche V. Kullè richiama la terminologia lichačeviana, ma solamente in

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